lunedì 4 aprile 2005

storia dell'uomo
i Celtiberi, gli antichi spagnoli

La Provincia 4.4.05
Celtiberi, gli spagnoli nella storia
Viaggio tra gli antichi popoli dell'Europa: così i Romani chiamavano gli abitanti della penisola iberica
Numanzia era la loro capitale e base militare: ci vollero ben 15 estenuanti mesi di assedio per espugnarla
Iole Fargnoli


Gli antichi abitanti della Spagna erano chiamati dai Romani Celtiberi. Il termine Celtiberi, secondo lo storico greco Diodoro Siculo, deriverebbe dalla fusione dei nomi dei due popoli che risiedevano nell'antica Spagna, gli Iberi e i Celti, che combatterono tra loro a causa del territorio, ma, una volta pacificatisi, si sposarono tra loro e ricevettero una denominazione comune. Ma forse Celtiberi sono semplicemente quei Celti che arrivarono nella penisola iberica intorno all'800 a.C., provenendo dal Reno in massa con i loro carri e le loro famiglie, e che colonizzarono la Catalogna, la regione aragonese e in una seconda penetrazione anche l'Andalusia. I Romani li incontrarono per la prima volta nel 218 a.C., quando, per arrestare l'espansionismo cartaginese, sbarcarono in Spagna nel 218 a.C. nell'attuale città di Ampurias, fondata dai Greci sulla costa occidentale, e si trovarono di fronte un vero e proprio mosaico etnico-culturale. Era l'impervia orografia a rendere difficili le comunicazioni e i rapporti e a favorire la divisione in distinte regioni geografiche. Mentre i Celti erano insediati nel centro-nord e in Occidente, le zone meridionali e orientali erano perlopiù occupate dai Tartessi e dagli Iberi. In realtà la penisola iberica, considerata nell'antichità l'ultima appendice a ovest del mondo conosciuto, aveva avuto insediamenti ancora più antichi. Di uno sconosciuto ceppo non indoeuropeo, giunto ancora prima delle ondate indoeuropee, la viva traccia tangibile è oggi la lingua basca parlata nei Paesi Baschi che, proprio rifacendosi alle loro antiche origini, rivendicano ferocemente la loro propria identità, ricorrendo persino - come è tristemente noto - alla violenza terroristica. Le fonti più precise sui Celtiberi sono quelle relative alle guerre di Numanzia (una città nella Spagna centrosettentrionale, poi rasa al suolo dai Romani), nel momento in cui nel II-I sec. a.C. la campagna militare consentì ai Romani di disporre di dati di prima mano. Numanzia era la capitale e base militare dei Celtiberi e i Romani ebbero bisogno di ben 15 estenuanti mesi di assedio per espugnarla. Nel 133 a.C. Scipione l'Emiliano ottenne - praticamente per fame - la resa di 8000 Celti, che preferirono però poi suicidarsi in massa piuttosto che consegnarsi ai Romani. Lo storico di età augustea, Livio, raccontava che i Celtiberi erano valorosi e amanti della guerra, che combattevano con ardore selvaggio e lucida follia e che consacravano la loro vita al capo, sapendo che non era ammesso sopravvivere a lui. Diedero molto filo da torcere ai Romani, che dovettero tribolare per ben due secoli prima di concludere la conquista della Spagna e ottenerne finalmente la pacificazione. Dipese forse anche da ciò l'opinione molto negativa che i Romani ebbero dei Celtiberi: si racconta che i sopravvissuti all'assedio di Numanzia fossero estremamente sporchi, coi capelli lunghi e che fossero selvaggi nel carattere, affatto abituati ad ubbidire agli ordini degli altri. Addirittura si dice che fossero dediti a pratiche di cannibalismo. Con la completa pacificazione della Spagna sotto l'imperatore Augusto la missione di Roma cessò di essere la conquista. Già Cesare per sistemare i veterani del suo esercito fondò le prime città romane, come Tarragona, Valencia, Cordoba e Italica. Augusto fece sorgere altre venti colonie nella penisola, come Merida e Saragozza, che eressero splendidi templi, spaziosi teatri, anfiteatri e terme. Convertiti in agricoltori i soldati romani sposarono le donne indigene, accelerando così l'acculturazione del territorio e l'assimilazione dei Celtiberi. Roma sfruttò i giacimenti minerari di argento, oro, piombo, rame e alabastro, collaborò nelle opere di ingegneria, favorì l'agricoltura e l'allevamento del bestiame. La romanizzazione degli ispanici fu tale che la Spagna diede a Roma personalità insigni come Marziale, i due Seneca e Quintiliano e persino degli imperatori come Traiano, Adriano e Teodosio. Ma non ovunque gli Ispanici si assimilarono ai Romani. Se la Betica, la costiera orientale, la valle dell'Ebro e l'Aragona assorbirono rapidamente la cultura di Roma, nei territori estremi del nord si sviluppò una duplicità culturale così profonda che l'appartenenza alla rete amministrativa dell'Impero e la lingua latina non impedirono la conservazione dei costumi celtiberi. Ancora oggi la comunità autonoma della Galizia (la capitale è Santiago de Compostela) rivendica tenacemente le sue origini celtiche, imponendo l'uso della lingua galiziana come lingua ufficiale accanto allo spagnolo nell'accanita rincorsa di una maggiore autonomia dal governo di Madrid.