lunedì 4 aprile 2005

a Napoli: «I contemporanei del futuro sono i classici»

Repubblica ed. di Napoli 4.4.05
Ciclo di letture al Suor Orsola
I contemporanei del futuro sono i classici
MARCO LOMBARDI

"I contemporanei del futuro. Letture di classici" è il titolo, sottratto a Giuseppe Pontiggia dall´organizzatore Gennaro Carillo, del ciclo di incontri che parte domani, alle 10,30, nella Sala degli Angeli del Suor Orsola Benincasa. Mario Vegetti, antichista sodo e arguto, si cimenterà con " Lo ‘Ierone´ di Senofonte".

Nel pomeriggio, alle 15,30, la psicoanalista Silvia Vegetti Finzi ripercorrerà " Il lungo cammino di Edipo", che è sempre la via regia per entrare nel maestoso edificio costruito da Freud. Il giorno dopo, Vegetti completerà la sua lezione, ricostruendo "La discussione sulla tirannide tra Strauss e Kojève ": il dibattito tra due giganti del Novecento prese spunto proprio dalla diversa interpretazione di Senofonte; e la Vegetti Finzi lascerà scorgere " I nuovi cammini di Edipo". Il 19, 20 e 21 aprile, Franco Montanari parlerà di Pindaro, mentre Guido Avezzù s´intratterrà su Sofocle, il 27 e il 28 dello stesso mese. Maggio vedrà Diego Lanza su Aristofane (3 e 4); Carillo su Aristofane e Platone (10 e 11); Luciano Canfora su Tucidide e Sallustio (il 31). Carillo è un consumatore di letteratura: al Suor Orsola insegna, infatti, Storia delle dottrine politiche. La regina delle arti e la filosofia civile non devono guardarsi in cagnesco. È necessario, anzi, che si interroghino reciprocamente. Una radicata convinzione di Carillo, grazie alla quale è nato "Katechein" (Editoriale Scientifica), volume pubblicato qualche mese fa: uno studio sulle contraddizioni, ancora attualissime, della democrazia greca, nel quale non si esita a contaminare Platone con Aristofane. Perché i classici - saccheggiando Italo Calvino - sono "quei testi che non riescono mai ad esaurire tutto quanto hanno da dirci". Le diverse generazioni li adoperano, rivolgendo loro quelle domande che il proprio tempo rende urgenti e necessarie. L'appuntamento inaugurale con Mario Vegetti è la dimostrazione di questa legge: Senofonte parla alla modernità per bocca di Strauss e di Kojève, che lo tirano per la giacchetta, cercando, nella sua opera, le pezze d'appoggio per conclusioni radicalmente diverse sui nostri destini politici. C'è una sorta di straniamento, nell´aprire un libro che, scavalcando i secoli, sembra scritto proprio per noi: per le nostre ansie e per i nostri bisogni. Giuseppe Pontiggia era un formidabile accumulatore di tali tesori. La felice formula "contemporanei del futuro" sintetizza il giusto approccio ai capolavori del passato: "solamente la coscienza della distanza può avvicinare i classici e insieme conservarli nella loro lontananza: due atteggiamenti difficili da fondere in un sentimento unico. Non sono nostri contemporanei: sostenerlo è un conforto idealistico e una menzogna pubblicitaria. Siamo noi che lo diventiamo di loro. Dimenticarli in nome del futuro sarebbe il fraintendimento più grande. Perché i classici sono la riserva del futuro". La biblioteca di Pontiggia è collegata con quella napoletana. Da un lato, confina con i fornitissimi ripiani occupati dalle opere di Croce. La contemporaneità della Storia può anche sottintendere che compulsare un classico è, spesso, il modo migliore per rivolgere domande più intelligenti alla propria epoca. Dall'altro, comunica con gli scaffali di quella vichiana: che cosa sarebbe stata "La Scienza Nuova", senza quel filo diretto con Platone e gli altri "autori " di Giambattista? Da esegeta (anche) di Vico, Carillo lo sa. Augurargli sale affollate ci lascia immaginare oasi sottratte a un presente appiattito sulla televisione: gramo, insomma.