venerdì 13 maggio 2005

un film (da evitare)

La Stampa 13 Maggio 2005
BIOGRAFICO
«Modigliani, I colori dell'anima»

STORIA della tormentata e tragica storia d’amore tra il pittore Amedeo Modigliani (Andy Garcia) e Jeanne Hébuterne, madre della figlia Jeanne, che poco dopo la morte per tubercolosi dell’artista nel 1920 morì suicida; e storia dell’accanita rivalità di Modigliani nei confronti del maestro del suo tempo Pablo Picasso, manifestata soprattutto nelle grandi mostre collettive. L’unione tra il pittore e l’amante è malvista dal padre di lei, che sottrae loro la bambina. Cine-biografie più complete di Modigliani erano in «Montparnasse» di Jacques Becker, con Gérard Philipe e Anouk Aimée, e nel lavoro televisivo di Franco Taviani.
MODIGLIANI
I COLORI DELL'ANIMA
di Mick Davis
con Andy Garcia, Elsa Zylberstein, Hyppolite Girardot, Eva Herzigova; Usa/Francia/Germania/Italia/Romania/Inghilterra, 2004
Repubblica 13.5.05
Una biografia del pittore banale e anacronistica
Povero Modigliani da genio a star turistica

Di regola, le biografie degli artisti del ‘900 sono più maledette degli artisti in questione; in compenso, mancano totalmente di genio. Ci eravamo ripresi a fatica da quella di Picasso con Anthony Hopkins e dal «biopic» su Pollock, cui prestò faccia (perdendocela) e regia Ed Harris; ed ecco arrivare la peggiore di tutte, a raccontarci l´ultimo atto della vita di Amedeo Modigliani. Nella Montparnasse del dopo (grande) guerra, il pittore fa la bohème, intrattenendo rapporti tumultuosi con donne e colleghi. In particolare con la musa Jeanne, legata a lui da una passione assoluta ma piena di triboli e che ci tiene informati, tra i singhiozzi, circa il genio autodistruttivo del suo Modì.
Quanto ai colleghi-concorrenti, la parte dei leone tocca a Picasso, interpretato dal poco noto Omid Djalili, che si agita e minaccia come se fosse convinto di trovarsi in un film di gangster. Il prodigio di avere banalizzato come più non si poteva un soggetto in sé appassionante è opera dello scozzese Mick Davis, passato alla storia per avere sceneggiato il seguito di "Nove settimane e mezzo". La ricostruzione della Parigi anni ‘20 sembra una lunga pubblicità per un'agenzia turistica (dell'epoca), con gli innamorati che si baciano sulle note delle canzoni di Edith Piaf; gli artisti in pieno impeto creativo vengono ripresi al rallentatore; tira un'aria di generale anacronismo, che rende il tutto un po' ridicolo. Quanto a Andy Garcia, sembra più che mai la controfigura di Al Pacino.
(r.n.)