venerdì 13 maggio 2005

embrione: cellule, non individuo

Repubblica 13.5.05
INTERVISTA AL GENETISTA CARLO ALBERTO REDI
MA COME SI FA A DIRE INDIVIDUO
Definizioni. L'embrione è solo una delle fasi dello sviluppo dell'essere vivente ed è improprio attribuirgli la qualifica di "inizio dell'individuo"
Terminologia. Usare l'espressione "ricerca su embrioni" è improprio e forse fuorviante. La ricerca in realtà la si conduce sulle cellule
FRANCO PRATTICO

Siamo stati tutti embrioni. E ciò comporta una sorta di mozione degli affetti che ci porta a identificare teneramente il nostro caro "Io" con quel microscopico grappolino di cellule dal quale è partito il prezioso e irripetibile fenomeno che ha portato a noi stessi, attraverso uno straordinario processo che ha non solo consentito lo sviluppo di un organismo adulto e completo, un processo su cui oggi la scienza è in grado di gettare luce, ma anche di esprimere le straordinarie potenzialità racchiuse in nuce in ognuno.
Non è strano, perciò, che attorno all´attuale possibilità scientifica di "manipolare" embrioni si sia sviluppata una ondata emotiva aggrappata anche a concezioni etiche e religiose che entrano in conflitto con la fredda lucidità della scienza. Perciò abbiamo chiesto a Carlo Alberto Redi, genetista, biologo dello sviluppo, docente di zoologia e biologia dello sviluppo presso l´Università di Pavia, uno dei più giovani accademici dei Lincei italiani, di fornirci il suo parere (certamente, da scienziato, non disinteressato) su cosa, per la scienza, è un embrione.
Per un genetista come lei, qual è lo statuto dell'embrione?
«Per definizione, diciamo così, "scolastica", l´embrione è solo una delle fasi dello sviluppo di un essere vivente. Sono sconcertato dal fatto che anche personaggi di tutto rispetto parlino a tal proposito di "individuo". Per lo scienziato, per il genetista, per lo studioso dello sviluppo, si tratta in realtà di una fase dello sviluppo ontogenetico, alla quale sarebbe difficile attribuire una qualifica come "inizio dell´individuo" (definizione in sé impropria e che serve solo a caricare il discorso di significati emotivi), e tanto meno della vita umana. In biologia, la vita è un processo, che ha avuto inizio oltre quattro miliardi di anni or sono e che per esprimersi deve attraversare una serie di stadi: è un errore pensare che l´individuo appaia al momento della fecondazione, quando ancora non sono presenti tutta una serie di fasi che infine porteranno all´"inizio della vita": siamo ancora semmai all´ingresso d´un nuovo stadio dello sviluppo di un nuovo essere, che avrà una identità solo nel momento in cui - come del resto è stato chiaramente descritto fin dal 2000 sull´autorevole rivista Nature - le quattro cellule da cui in quel momento è formato lo zigote sono dotate del nuovo Dna (il materiale genetico che trasporta l´informazione che "fa" l´individuo), frutto della unione dei genomi paterno e materno, che nelle loro differenze ne fondano la specificità: fino allora sarà presente solo il Dna contenuto nell´ovulo materno fecondato».
E in quale momento avviene la fusione dei due patrimoni genetici che assicura la "specificità" dell´individuo?
«Appunto, nel momento in cui lo zigote è formato da quattro cellule, i patrimoni genetici (l´informazione che fa l´individuo) paterno e materno avranno dato luogo insieme al nuovo Dna del futuro individuo. Cioè un evento che si verifica, diciamo, dopo 40/50 ore, dopo un paio di giorni in media».
Quindi solo allora "comincia" la persona, la specificità che ci rende irripetibili e che rappresenta il nodo attorno al quale si stanno duramente scontrando in questo periodo diverse concezioni?
«Le rispondo da biologo. In biologia, il concetto di "persona" non esiste, è un concetto ideologico. Ma se vogliamo riferirci alla individualità, alla specificità di ognuno, non possiamo non riferirci al sistema nervoso. E allora dobbiamo rifarci al momento in cui cominciano a esprimersi le prime cellule che daranno poi luogo al sistema nervoso, poiché è il sistema nervoso che nel suo complesso presiede alla espressione dei caratteri (non solo fisici) di un individuo. È da quel momento che si possono considerare i caratteri fondanti dell´individualità. Ed è un processo che comincia all´incirca alla terza o quarta settimana dello sviluppo».
I nodi del contendere attuale - e in gran parte anche del prossimo referendum - riguardano appunto la possibilità per la scienza di condurre ricerche sugli embrioni (ovviamente, quelli umani) sia a fini terapeutici che conoscitivi. Ritiene importante dare il via a queste ricerche sugli embrioni, e perché?
«Mi scusi, ma usare il termine "ricerca su embrioni" è improprio e forse fuorviante. La ricerca in realtà la si conduce su cellule. E questo tipo di ricerca, sulle prime cellule, rappresenta senza dubbio oggi una grande opportunità, sia a livello terapeutico che conoscitivo, sia per studiare come le cellule si sviluppano e differenziano, sia i meccanismi molecolari coinvolti. E i cui errori possono dar luogo anche a patologie terribili. Si fa un gran parlare di cellule staminali, totipotenti, non ancora differenziate, quali sono appunto quelle embrionali. È importante per noi studiarle per comprendere come si instaurano una serie di relazioni fra cellule, e come questi processi presiedono alla formazione degli organi, alla loro specializzazione. Solo così possiamo capire come si forma un organo, una conoscenza che può avere enormi conseguenze terapeutiche».
È importante anche per comprendere l´evoluzione del nostro organismo?
«Certamente. Dobbiamo comprendere - studiando i meccanismi che presiedono alla formazione del nostro organismo - come da una cellula fecondata si evolvano e specializzino un milione di miliardi di cellule, quante sono quelle che mediamente formano il nostro corpo. Perché tutti noi deriviamo da una singola cellula. E dobbiamo studiare e comprendere in base a quali meccanismi molecolari le cellule si organizzano fino a formare un corpo, i processi che presiedono alla sua morfologia. È la ricerca fondamentale di questo millennio».