venerdì 3 giugno 2005

lo sapevamo, ma ora ci sono nuovi documenti
Heidegger era proprio un nazista fatto e finito

Corriere della Sera 3.6.05
RIVELAZIONI
Nel saggio «L'introduzione del nazismo nella filosofia» Emmanuel Faye si spinge oltre le tesi di Ott e Farias
Quando Heidegger scriveva discorsi per il Führer
di Frediano Sessi

Nessuno, fino a oggi, poteva pensare che il fascino esercitato da Hitler sul filosofo tedesco Martin Heidegger arrivasse al punto di farci considerare seriamente l'ipotesi che, tra il 1932 e il 1933, il grande pensatore tedesco avesse redatto alcuni discorsi del Führer. È questa una delle tesi più imbarazzanti sostenute dal professor Emmanuel Faye, nel suo recente saggio dal titolo Heidegger, l'introduzione del nazismo nella filosofia (pubblicato in Francia da Albin Michel). Mentre Hugo Ott e Victor Farias, nei loro lavori precedenti, avevano svolto ricerche sull'impegno politico dell'uomo trascurando però molta documentazione, Faye, basandosi su una mole inedita di materiali, tra i quali i seminari del periodo 1933-1935, si interroga sui fondamenti stessi dell'opera di Heidegger. Secondo i rapporti segreti della Polizia di sicurezza (SD) e delle SS, che avevano istruito un «Dossier Heidegger», il filosofo risulta un «fedele militante della causa nazionalsocialista» che educa i suoi figli in coerenza con i principi della gioventù hitleriana e che approva con «entusiasmo» lo Stato nazista. E ancora, dopo avere abbandonato la carica di rettore, «non tanto per dissensi o per distanza politica dal regime», ma perché «non in possesso delle capacità tattiche richieste dal ruolo», Heidegger continua a dirigere dei campi nazisti di lavoro e studio nella Foresta nera, come attesta anche una sua lettera a Erich Rothacker, rettore dell'università di Bonn e autore di un piano nazionale per l'educazione nazista, fedele amico di Goebbels.
Tra Heidegger e Rothacker il legame è intenso e forte, tanto che il filosofo di Friburgo dispensa elogi alla dottrina razziale e alla teoria criminale di distruzione umana programmata dal nazismo e teorizzata nella Filosofia della storia scritta dall'amico. In un giornale di partito del 3 maggio 1933 (Der Alemanne) si legge tra l'altro: «Sappiamo bene che Martin Heidegger, con la sua alta coscienza della responsabilità, il suo impegno per il destino e l'avvenire dell'uomo tedesco, si trova nel cuore stesso del nostro magnifico movimento. Sappiamo inoltre che egli non ha mai fatto mistero delle sue convinzioni politiche e che da anni sostiene nella maniera più efficace il partito di Adolf Hitler, nella sua dura lotta per l'essere e la potenza, che si è costantemente mostrato pronto al sacrificio per la santa causa tedesca, e che mai un nazionalsocialista ha bussato invano alla sua porta». Fedeltà politica, militanza di partito nella formazione delle nuove generazioni tedesche e spirito di delazione, sono i tratti del comportamento di Heidegger negli anni della guerra e del potere nazista.
Ma a questo punto, Emmanuel Faye, compie un passo in più. «Ho cercato di dimostrare - dichiara in una intervista del 28 aprile 2005 al Nouvel Observateur - anche l'importanza dei legami che il filosofo di Essere e Tempo intrattiene fin dal 1920 con una serie di autori e pensatori razzisti e protonazisti»; legame che ci porterebbe al centro delle basi della sua filosofia dell'essere, sviluppata spesso e volentieri davanti a un uditorio selezionato e in gran parte in uniforme delle SS e delle SA. Nei seminari inediti, Heidegger fa esplicitamente l'apologia della visione del mondo del Führer, riconoscendo senza giri di parole che il nemico da «annientare» per salvare il popolo tedesco è prima di tutto «l'ebreo assimilato». Inoltre, nel dopoguerra, pensando alla raccolta delle sue opere complete, include anche questi seminari "nazisti", superando in questo lo stesso Carl Schmitt che non fece mai ristampare i suoi scritti marcatamente hitleriani. In una lettera del 2 ottobre del 1929, Heidegger si scaglia contro «l'ebreizzazione crescente della vita spirituale tedesca» utilizzando ripetutamente in diversi scritti universitari argomenti razzisti e antisemiti nei quali, tra l'altro, ricorre di frequente a forme di stigmatizzazione del «nemico Asiatico», espressione con cui la lingua nazista designava tutti gli ebrei.
Ma non basta. Emmanuel Faye scopre lo stretto e intenso legame tra Heidegger e le associazioni studentesche antisemite che, in tutto il Reich, condussero azioni «contro lo spirito non tedesco», organizzando il rogo dei libri; e che nel giugno del 1940, il grande filosofo presenta «la motorizzazione della Wehrmacht» come un «atto metafisico», mentre nello stesso periodo, nei suoi scritti su Ernst Jünger, egli evoca positivamente «l'essere per la razza» come «fine ultimo», parlando poi «dell'essenza non ancora purificata del popolo tedesco». Insomma, la sua opera, alla luce dei nuovi inediti, nasconderebbe sotto la «metafisica» piena giustificazione della follia criminale del nazismo! In realtà, già a partire dal 1946, il filosofo Karl Löwith, che aveva avuto l’occasione di conoscere molto bene Heidegger, come uomo e pensatore, affermava che egli era «assai più radicale di Rosenberg e di Krieck». Lungi dall'aver voluto salvare le sorti dell'Università, mantenendone l'autonomia, questo «grande maestro» si è impegnato energicamente ad assoggettarla al potere e a rimodellarne i caratteri secondo i canoni nazionalsocialisti.
Una prova irrefutabile fornita da Faye mette in discussione la tesi secondo la quale il Discorso del rettorato sarebbe stato occultato dai nazisti. Un lungo brano di questo stesso discorso viene ripreso dal giurista schmittiano Ernst Forsthoff, pubblicato nel 1938, e dimostra che un'opera di chiara propaganda nazista gli riservava un posto d'onore. Insomma, il filosofo di Friburgo altri non sarebbe che una sorta di Abraham a Santa Clara, vale a dire quel predicatore vestito in modo sontuoso e capace di grandi facoltà di argomentazione, che in realtà fu un «sacerdote antisemita», per i nazisti un eroe della germanità pura. Come fare allora a credere alle parole che Emmanuel Levinas pronunciò nel 1987, davanti al Collège de Philosophie? «Malgrado tutto l'orrore che è stato associato al nome di Heidegger - e che niente arriverà mai a dissipare - nulla ha potuto intaccare la mia convinzione che Essere e Tempo sia imprescrittibile, allo stesso modo di pochi altri libri eterni della storia della filosofia».

La vita e l’opera
Heidegger nasce il 26 settembre del 1889 in Turingia. Si laurea nel 1913 con «La dottrina del giudizio nello psicologismo» e nel 1918 ottiene la libera docenza a Friburgo. Nel ’27 pubblica il suo capolavoro: «Essere e tempo». Muore il 26 maggio del 1976.
Il libro di Emmanuel Faye si intitola: «Heidegger l’introduction du nazisme dans la philosophie», è pubblicato da Albin Michel, Parigi, pagine 560, 29.