domenica 17 luglio 2005

Cina

l'Unità 17 Luglio 2005
L’esercito dei poveri
nella Cina del boom

di Lino Tamburino

VIAGGIO NELLE DISEGUAGLIANZE del Paese che vive un accelerato decollo economico. Nel 2004 il reddito nelle campagne è stato di 3000 yuan (300 euro) l’anno mentre i redditi urbani sono saliti a 10mila yuan (poco più di mille dollari). Con uno stacco cresciuto di cinque volte. E anche il premier lancia l’allarme

Lo chiamano «la nostra piccola Venezia». A poco più di cento chilometri da Shanghai, in quella rete di corsi d'acqua, piccoli laghi, canali, fiumiciattoli, il villaggio è meta preferita di turisti stranieri, quasi tutti taiwanesi e giapponesi, arrivati per fare il giro del canale che taglia in due Zhouzhuang. Se a Venezia nessuna donna è riuscita finora a superare le prove per manovrare una gondola, qui a maneggiare il nostro barcone è una robusta ex-contadina di mezza età. Il villaggio, rimasto intatto e finora non coinvolto nei tipici abbellimenti architettonici, vive ormai di turismo, favorito anche dalla non grande lontananza da Shuzou patria della seta. Sulle stradine interne affacciano negozietti di cibo, di stoffa ricamata e di perle, perle in gran quantità, perle bianche e perle nere, allevate nelle acque di questa rete di canali e offerte a prezzi irrisori. In Cina la produzione di perle ha registrato da qualche anno un vero e proprio boom e molti ritengono che nel giro di qualche decennio le cinesi vinceranno la concorrenza con quelle giapponesi, per ora di gran lunga più belle perché allevate in mare e di migliore di qualità. Qualche settimana fa il villaggio ha avuto un momento di celebrità nazionale perché sono arrivate in visita le partecipanti al concorso di miss Regina del turismo. Le ragazze sono state fotografate nei costumi locali e l'avvenimento è stato pubblicizzato perché la Cina sta puntando moltissimo sul turismo cosiddetto minore come mezzo per dare qualche opportunità alle aree interne del paese. Ormai nelle campagne è un fiorire di tante piccole iniziative, tutte all'insegna di una certa intraprendenza contadina. Vengono risistemati vecchi borghi per farne luoghi di villeggiatura per l'estate e di gite durante la primavera. A tre ore distanza da Pechino, Chuan Dixia era stato praticamente abbandonato dopo una lunga esistenza come importante stazione di posta durante le due ultime dinastie per le carovane di mercanti che si avventuravano, attraverso,le montagne, dalla capitale alla provincia dello Shanxi. Scoperto per caso da alcuni stranieri curiosi, è stato risistemato, dichiarato parco naturale, aperto al pubblico mentre le vecchie famiglie rimaste sul posto hanno trasformato le loro case in luoghi dove si può dormire e mangiare. Per aiutare le zone povere interne, il governo ha ora addirittura dato il via al progetto del «turismo rosso»: ovvero la visita alle varie «basi» rivoluzionarie, da Jinggangshan al sud a Yan'an al nord, che negli anni trenta furono toccate durante la mitica «Lunga Marcia». Sicuramente si troveranno taiwanesi o giapponesi pronti ad affrontare tutti i disagi per raggiungere luoghi poco attrezzati tra montagne inospitali. Meno probabile che lo facciano degli occidentali. Ma tutti questi sforzi confermano quanto sia assillante in Cina il problema del poco - o niente- sviluppo delle zone interne, abitate da contadini, lontane dalla costa ultrasviluppata e sovraeccititata. Il Paese sta vivendo tutti i problemi, le difficoltà, gli squilibri tipici di una fase di accelerato decollo economico. Ma, come sempre nel suo caso, a pesare non è tanto il fenomeno in sé quanto la sua dimensione. Se i contadini sono ancora tra i sette-ottocento milioni, non si può aspettare che vengano automaticamente riassorbiti dallo sviluppo che dovrebbe irradiarsi dalle grandi città. Bisogna fare qualcosa.
A marzo, il primo ministro Wen Jiabao ha impostato il suo discorso alla Assemblea nazionale come un unico, prolungato grido di allarme per le carenze dell'economia e l'accentuarsi degli squilibri. È apparso addirittura eccessivamente preoccupato. Ascoltandolo, per un attimo è venuta alla memoria la vecchia pratica cinese di lamentarsi anche quando le cose vanno bene per impedire agli dei di essere invidiosi. La stampa fa quotidianamente eco alle preoccupazioni governative, tacendo però le proteste o le manifestazioni di quanti vivono sulla propria pelle i disagi e gli squilibri. Le turbolenze di questi mesi nelle campagne sono state praticamente censurate. Anche se questa primavera è stato proprio uno del vertice dirigente, Pan Yue, a scrivere un articolo, che ha trovato spazio su tutta la stampa nazionale e su Internet, con una durissima denuncia dei guasti della politica economica, di cui a suo parere le vittime principali sono stati i contadini. Non esiste, ha scritto, un'area al mondo che abbia accentuato gli squilibri sociali cosi come è successo in Cina in questi ultimi quindici anni. La politica di espropriazione di spazi agricoli per esigenze urbane ha tolto ai contadini i mezzi di produzione e l'inquinamento industriale ha avvelenato le acque creando problemi di approvvigionamento per 300 milioni di abitanti delle campagne. Nell'esclusione dei contadini dai vantaggi delle riforme Pan Yue vede una grossa e non improbabile prospettiva di crisi sociale.
Squilibri, dunque, sociali e territoriali, e i dati sono incontestabili. A Shanghai hanno appena aperto tre università indipendenti, a pagamento, che sono state esentate dal rispetto dei vincoli e delle disposizioni governative in materia di istruzione superiore. Invece, nelle campagne povere del centro nord, a tutt'oggi trenta milioni di bambini poveri hanno potuto frequentare le elementari solo perché il governo ha «regalato» loro i libri di testo. Nelle grandi città le ragazze esibiscono la nuovissima borsa chiara di Vuitton ( forse falsa, chissà), mentre lo scorso anno il governo ha dovuto fornire di abiti e cibo a 69 milioni di cinesi rimasti vittime di disastri naturali. In un sondaggio condotto dal quotidiano della gioventù il 70 per cento degli intervistati ha detto di sentirsi grasso e di voler essere più magro e sono già 200 milioni i cinesi in soprappeso; e invece, secondo i dati ufficiali sono ancora 100 milioni i cinesi che mangiano e si vestono solo grazie al sussidio statale. Per frenare il malcontento nelle campagne il governo ha ridotto e in alcune aree eliminato del tutto le tasse e ha aumentato i prezzi del grano. Ma nel frattempo ai contadini non sono stati pagati gli espropri delle aree servite per l'espansione edilizia o l' installazione di nuove fabbriche. I senza lavoro in agricoltura lasciano le campagne, arrivano come pendolari nelle grandi città e diventano perciò l'ossatura del miracolo economico, ma intanto a centinaia di migliaia e per anni non hanno ricevuto il salario. A tutto il 2004 erano 367 miliardi di yuan ( 10 yuan fanno un euro) le retribuzioni non corrisposte. Sono dati ufficiali. Lo stesso primo ministro ha ammesso a marzo il fenomeno quando ha ricordato che finalmente erano stati pagati 33 miliardi di yuan come arretrati di salari e di compenso per gli espropri. Nel frattempo il reddito nella campagne si è attestato lo scorso anno a poco meno di 3000 yuan ( 300 euro) all'anno, mentre i redditi urbani sono stati quasi diecimila yuan, poco più di mille dollari, con uno stacco tra i primi e i secondi in questi anni cresciuto di cinque volte, secondo i dati di Pan Yue. La Cina futuro grande mercato di consumo per i prodotti occidentali? Ci vorrà ancora del tempo e naturalmente un grosso balzo in avanti del reddito e una maggiore fiducia nel futuro. Negli Stati Uniti il peso del consumo privato sul reddito è pari al 70 per cento, in Cina lo è per il 43 per cento. Negli Stati Uniti il tasso di risparmio è dell'1 per cento sul reddito personale, in Cina balza al 40 per cento. Pesano su questa percentuale la scarsa disponibilità di beni durevoli da acquistare ( la fila per l'acquisto delle auto è lunghissima e difficili sono i mutui per l'acquisto delle case) nonché l'orientamento delle famiglie a mettere da parte risparmi per gli studi dei figli (dalle elementari alle università sono a pagamento) o per spese mediche straordinarie. Ma quella percentuale cosi alta è anche l'indice di una inquieta incertezza sul futuro, futuro economico e futuro politico.
Sono i dirigenti cinesi ad accentuare al massimo la denuncia delle loro inadempienze, e forse l'Occidente frastornato dalla visione di quanto offrono Shanghai e Pechino dovrebbe prestare più attenzione a questa auto-denuncia per cercare di comprenderne il senso. Come guardare alla Cina? Come la Cina gestirà le sue contraddizioni sociali? Ne sarà travolta, rallentata, oppure saprà superarle? E perché le enfatizza tanto? La Cina ci tiene a presentarsi sul palcoscenico internazionale come un paese ancora «in via di sviluppo» - e in effetti lo è- quindi con il diritto a conquistarsi condizioni di vantaggio o di favore nelle trattative globali sull'economia. E anche con il diritto a violare regole concordate. L'Europa si lamenta per l'invasione dei nostri prodotti, dicono gli amici di Pechino, ma è questo il mercato, ed è l'Occidente che del mercato ha fatto una bandiera. Di che cosa vi lamentate? È invece sul fronte della politica che la Cina si aspetta, sullo scacchiere internazionale, un ruolo alla pari con il resto del mondo.
Ma il richiamo ai limiti delle scelte fin qui fatte ha anche un valore a fini interni. Suona naturalmente come una serrata critica all'attuazione delle decisioni prese anni fa da Deng Xiaoping. Però oggi il gruppo dirigente che ruota attorno a Hu Jintao non si attarda- almeno per il momento- a fare processi al passato. Cerca soluzioni per il presente. Una l'ha trovata nel lancio di una nuova parola d'ordine: vogliamo costruire una società armoniosa. Un sostantivo e un aggettivo che ormai si ritrovano dovunque, finanche nel discorso di Donald Tsang in occasione del suo insediamento come capo dell'amministrazione speciale di Hong Kong. Armonia è un termine che corre come un filo rosso nella storia, nella cultura, nella filosofia cinese. Finanche nella architettura ed ecco la Città proibita con la Porta dell' Armonia suprema e i palazzi della Suprema Armonia, dell'Armonia di Mezzo, dell'Armonia Preservata. È singolare questo approdo che parte dalla teoria di Mao sulla contraddizione e sulla rivoluzione permanente passa per la sottolineatura marxista di Deng Xiaoping (e Marx tutto è tranne che un fautore di armonia) per arrivare a un rilancio del passato, del tutto estraneo all'esperienza comunista. L'armonia è la sostanza dei rapporti tra gli uomini e del rapporto tra gli uomini e la natura. È dunque un disegno, un ricamo che richiede per forza la guida di qualcuno che tiri le fila di tutto, si assuma tutte le responsabilità. Non sono necessari perciò proteste, manifestazioni, dissensi, voci politiche diverse, perché sarebbero segno di disordine, non di armonia. Devono essere ignorate, censurate, punite se necessario. Con il richiamo all' armonia, il Partito comunista cinese conferma la sua volontà di mantenere il potere senza accettare di essere messo in discussione. Indicando l'obiettivo strategico di una società armoniosa, paradossalmente il Pcc chiede ai cinesi un atto di fiducia non in nome di quanto ha già garantito alla Cina, ma in nome degli errori che ha compiuto.