domenica 17 luglio 2005

diagnosi pre-impianto e diritti delle donne

Corriere della Sera 17.7.05
Il caso sollevato da un tribunale
Procreazione assistita: sulla diagnosi pre-impianto deciderà la Consulta

CAGLIARI - La salute della donna o la tutela dell’embrione? Da quando è in vigore la legge 40, per la prima volta la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sulla legittimità di uno degli aspetti più discussi, l’articolo 13, e sul caso di una signora che non vuole rischiare di avere un figlio talassemico né essere costretta a ricorrere all’aborto terapeutico.
Il tribunale civile di Cagliari ha ritenuto fondato il problema della legittimità dell’articolo 13 (che nega la possibilità di diagnosi sull’embrione prima dell’impianto nell’utero) e ha inviato gli atti alla Consulta. La sentenza rileva un possibile contrasto con gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, che tutelano i diritti e la salute delle donne. «E’ in gioco la salute della donna», commenta Marco Cappato dei Radicali. Lanfranco Turci, senatore diessino, è fiducioso: «La corte rileverà il contrasto della legge. E’ una svolta importante».
La vicenda della coppia di Cagliari è fra i casi-limite segnalati dai sostenitori del sì ai quesiti referendari. Marito e moglie, entrambi portatori sani di betatalassemia e il 25 per cento di probabilità di trasmettere la malattia alla prole, tentavano da anni di avere un bimbo. Entrambi infertili, sono andati all’ospedale microcitemico di Cagliari nel 2004 poco dopo l’approvazione della legge 40. Giovanni Monni, primario di ginecologia, ricorda: «Lei voleva fare la procreazione medico assistita e ha chiesto di eseguire la diagnosi genetica preimpianto. Ho dovuto rifiutare: la legge lo proibiva».
La donna ha accettato comunque l’impianto dell’embrione ed è rimasta incinta. La diagnosi è stata eseguita all’undicesima settimana di gravidanza e ha rivelato che anche il feto sarebbe stato portatore della malattia. La signora ha chiesto (e ottenuto) l’aborto terapeutico, causa di gravi forme di ansia e depressione. Lo scorso maggio nuovo tentativo: ma stavolta la donna ha rifiutato l’impianto dell’embrione «alla cieca» e si è rivolta al tribunale; il suo avvocato Luigi Concas ha chiesto l’esecuzione immediata della diagnosi preimpianto (questa anche la richiesta del pm Mario Marchetti) o l’invio degli atti alla Corte Costituzionale.
In attesa della decisione della Consulta il dottor Monni ha dovuto congelare l’embrione e la signora, se vuole avere la certezza di avere un figlio sano, dovrà fare la procreazione medico assistita all’estero.