Il Gazzettino Martedì, 30 Settembre 2003
A Verona una mostra di quasi 200 opere per rappresentare "La creazione ansiosa da Picasso a Bacon"
L'angoscioso ritratto del Novecento
L’emergere della psiche e la frantumazione dell’identità nei quadri di Enson, Schiele, Kokoschka
Verona, nostro servizio
Secondo gli psichiatri l'ansia è "una sensazione di disordine emotivo, uno stato effettivo di disagio che segnala una tensione interna non risolta, o l'apprensione per un possibile evento gravido di pericolo o di minaccia, indefinito e indefinibile". Le conseguenze dell'ansia sono quindi "vaghe paure, senso di colpa, inquietudine, perplessità, pessimismo, bisogno di sentirsi rassicurare". Una mostra a Verona cerca di interpretare queste condizioni ansiogene attraverso una sequenza di 195 opere, molte delle quali di grandi artisti tra fine Ottocento e primo Novecento.
La mostra è suddivisa in capitoli, che peraltro danno l'impressione di pretesti. Ad esempio: l'emergenza della psiche, la narrazione impossibile, la ferita della materia, l'identità frantumata, la crisi del soggetto. In sé la mostra centra il tema, ma appare anche dispersiva e pretenziosa. Nel catalogo Marsilio figura un solo lungo testo del curatore Giorgio Cortenova che, trascurando le opere, disquisisce di deliri, di notti disvelate e di disturbi psichici, citando soprattutto Hoelderling, Artaud, Heidegger, Lacan. La conclusione di Cortenova è che l'ansia e l'angoscia accompagnano buona parte dell'arte moderna. La citazione finale è da Trakl: "Quando l'uomo nasce alla terra / scrosciano di notte / acque azzurre nell'abisso; / gemendo scorge la sua immagine l'angelo caduto".
Lungo il tortuoso percorso di Palazzo Forti, in realtà ben adatto alla tematica della mostra, ci troviamo di fronte ad opere quasi tutte intrise di angoscia. Vediamo "Le maschere e la morte" (1897) di James Ensor, con quei colori acidi che si coniugano perfettamente all'esasperazione tragica del segno. Poi ecco Egon Schiele con alcuni suoi disegni tipici di nudi e soprattutto il dipinto del 1912 "Madre e bambino" di una ossessività allucinata. Gli sta accanto Oscar Kokoschka (siamo sempre nella "scuola di Vienna", cioè nel cuore dell'espressionismo) con due ritratti di una mestizia profonda. Ma compare all'improvviso il Picasso più truce, soprattutto con la "Testa di cavallo", particolare di "Guernica" (1937), ma anche con l'autoritratto del 1972 con quei grandi occhi dalla fissità ipnotica. Il vertice dell'alienazione più tetra è dato dai due dipinti di Francis Bacon, uno dei quali è un curioso "Omaggio a Van Gogh".
C'è anche una sezione ("La ferita della materia") che esaspera la forza in sé della materia pittorica, al di là della rappresentazione. E' il caso di Chaïm Soutine con le sue nature morte dai risvolti antropomorfi; di Georges Rouault, che fa crepitare il colore; di Jean Fautrier con una impressionante testa bronzea del 1942, per metà scavata e deturpata. Asger Jorn rende drammatici i suoi apparenti pupazzi, mentre con Jean Dubuffet colore e segno parlano di per sé un linguaggio che scavalca la rappresentazione (come del resto cerca di fare Alberto Burri con le sue Plastiche rosse e nere). Arriviamo alle più crudeli deformazioni del volto umano con le maschere-feticci di Orlan, che arriva a mutilare se stesso cambiando identità.
La mostra è tutta su questa linea. Ci sono naturalmente gli esempi classici della "Neue Sachlichkeit" con Otto Dix e George Grosz, oltre che rappresentazioni oggettive della realtà, fino ai calchi minuziosi (e rabbrividenti) di John De Andrea. Non trascurato è il versante espressionistico, compresi Permeke e Lorenzo Viani. Ma la caratteristica delle mostre di Cortenova è anche quella dell'inserimento, pur non molto congruo, di opere attuali: ad esempio Carlo Guarienti, George Baselitz, Debora Hirsch, Antonio Violetta, Konrad Klapheck. In tal modo, anche se la mostra da l'impressione di un'estrema incoerenza, la tematica dell'ansia è riportata dall'ieri all'oggi. E il risultato è impressionante.
"La creazione ansiosa da Picasso a Bacon". Verona, museo di Palazzo Forti. A cura di Giorgio Cortenova. Fino all'11 gennaio, da martedì a domenica 9.30-19.30, chiuso lunedì. Biglietti: 9 euro, ridotto 7, scolaresche 4. Informazioni tel. 199199100.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
martedì 30 settembre 2003
«tutte le libertà dell'artista»
(inviato da Daniela Venanzi)
IL MESSAGGERO 30.0.2003
"BUONGIORNO, NOTTE": IL CASO MORO SENZA DIETROLOGIE
di Gabriele Ferzetti
Ci sono due modi per guardare "Buongiorno, notte". Il primo porta a cercarvi tutto quel che non c'è sul caso Moro, verosimiglianza, illazioni, dietrologie, etc. L'altro approccio è più libero e produttivo. Basta accettare la scommessa di Marco Bellocchio, che rilegge il rapimento Moro come una storia di famiglia. Dunque racconta i 55 giorni di prigionia dello statista democristiano adottando il punto di vista, parziale quanto rivelatore, dei suoi carcerieri. Anzi di una di loro: una donna, l'anello debole della catena, l'unica a non esser disposta a rinunciare alla vita. Non è un partito preso facile da accettare. Fondendo documento storico e licenza poetica Bellocchio si prende infatti tutte le libertà dell'artista. Ma ci dà in cambio un film formidabile per impatto, penetrazione, capacità di esplorare i doppifondi della Storia "senza subire la verità storica" , come lui stesso dice.
Anziché perdersi nell'inestricabile matassa di fatti e congetture, Bellocchio insomma prosciuga, scarnifica, concentra. Riuscendo a tradurre un dramma epocale nella dimensione del singolo, in quel groviglio di conflitti in cui ognuno può ritrovarsi, e usando i corpi, i volti, lo spazio, come solo un grande regista sa fare. Con buona pace di chi lo accusa di riduzionismo, senza cogliere l'immensa portata, anche simbolica, del gesto.
__________________________________________________
Repubblica, edizione di Milano 30.9.03
Pagina XIII
BUONGIORNO, NOTTE
Bellocchio "riapre" il caso Moro: non, come altri, pretendendo di svelare la verità nascosta, ma offrendo il proprio punto di vista nel senso di sguardo attraverso quello della terrorista Chiara. Il suo è un film tutto di sguardi: che osservano, che spiano, che si negano. Quando non è in "soggettiva", la macchina da presa inquadra gli occhi di Chiara, il suo sguardo che cambia. "Tradendo" la cronaca, Bellocchio trova gli accenti giusti per dire qualcosa di nuovo. Di passaggio, ne approfitta per regolare i conti con le gerarchie ecclesiastiche e cattoliche, non ancora chiusi malgrado L'ora di religione.
IL MESSAGGERO 30.0.2003
"BUONGIORNO, NOTTE": IL CASO MORO SENZA DIETROLOGIE
di Gabriele Ferzetti
Ci sono due modi per guardare "Buongiorno, notte". Il primo porta a cercarvi tutto quel che non c'è sul caso Moro, verosimiglianza, illazioni, dietrologie, etc. L'altro approccio è più libero e produttivo. Basta accettare la scommessa di Marco Bellocchio, che rilegge il rapimento Moro come una storia di famiglia. Dunque racconta i 55 giorni di prigionia dello statista democristiano adottando il punto di vista, parziale quanto rivelatore, dei suoi carcerieri. Anzi di una di loro: una donna, l'anello debole della catena, l'unica a non esser disposta a rinunciare alla vita. Non è un partito preso facile da accettare. Fondendo documento storico e licenza poetica Bellocchio si prende infatti tutte le libertà dell'artista. Ma ci dà in cambio un film formidabile per impatto, penetrazione, capacità di esplorare i doppifondi della Storia "senza subire la verità storica" , come lui stesso dice.
Anziché perdersi nell'inestricabile matassa di fatti e congetture, Bellocchio insomma prosciuga, scarnifica, concentra. Riuscendo a tradurre un dramma epocale nella dimensione del singolo, in quel groviglio di conflitti in cui ognuno può ritrovarsi, e usando i corpi, i volti, lo spazio, come solo un grande regista sa fare. Con buona pace di chi lo accusa di riduzionismo, senza cogliere l'immensa portata, anche simbolica, del gesto.
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Repubblica, edizione di Milano 30.9.03
Pagina XIII
BUONGIORNO, NOTTE
Bellocchio "riapre" il caso Moro: non, come altri, pretendendo di svelare la verità nascosta, ma offrendo il proprio punto di vista nel senso di sguardo attraverso quello della terrorista Chiara. Il suo è un film tutto di sguardi: che osservano, che spiano, che si negano. Quando non è in "soggettiva", la macchina da presa inquadra gli occhi di Chiara, il suo sguardo che cambia. "Tradendo" la cronaca, Bellocchio trova gli accenti giusti per dire qualcosa di nuovo. Di passaggio, ne approfitta per regolare i conti con le gerarchie ecclesiastiche e cattoliche, non ancora chiusi malgrado L'ora di religione.
boxoffice, e Maya Sansa su Repubblica di lunedì 29.9
Libero news
notizia del 29/09/2003
15:58
(...)
al settimo posto ''Buongiorno, notte'' di Marco Bellocchio, che incassa 241 mila euro e arriva a sfiorare i 3 milioni
«Buongiorno, notte» 241.479 e in totale 2.767.677)
(...)
(Spe/Zn/Adnkronos)
__________________________________________________
La Repubblica 29.9.03
Incontro con l´attrice romana, interprete di "Buongiorno notte" e di "La meglio gioventù", premiata all´Efebo di Agrigento, 25ma edizione
Maya Sansa, una stella per il cinema d´autore
"Bellocchio per me è come un padre"
L'attrice si è imposta tra le interpreti più interessanti e intense del nostro cinema
Alle spalle ha una profonda determinazione e molti anni di studio
di Maria Pia Fusco
(segnalato da Sergio Grom)
AGRIGENTO - Gabriele Salvatores ha vinto l'Efebo d´oro 2003 per Io non ho paura, per il quale è stato premiato anche Niccolò Ammanniti, autore del libro che ha ispirato il film. La 25ma edizione del riconoscimento organizzato dal Centro di ricerca per la narrativa e il cinema di Agrigento ha avuto altri protagonisti di prestigio: Ettore Scola, per la quinta volta premiato ad Agrigento - stavolta alla carriera - Fabrizio Costa, Efebo d´oro per la riduzione televisiva di "La cittadella" di Cronin con relativi Efebo d´argento ai protagonisti Massimo Ghini e Barbora Bobulova. Una targa speciale è stata assegnata dal sindacato dei giornalisti cinematografici ad Antonio Monda per il libro "La magnifica illusione". Dopo una settimana di proiezioni che hanno richiamato un grande pubblico - finalmente l´Efebo si è radicato nel territorio e non solo di Atgrigento - la manifestazione si è conclusa sabato sera.
Un premio speciale è andato a Maya Sansa, l´attrice che è nel cast di due dei più importanti titoli di oggi, La meglio gioventù e Buongiorno, notte e che si è imposta tra le interpreti più interessanti e intense del nostro cinema, dopo soli quattro anni di carriera. Ma non a caso: alle spalle c'è una profonda determinazione e uno studio di quattro anni di studio in una delle più prestigiose scuole di arte drammatica a Londra. E un esordio felice: la pirandelliana Annetta, La balia di Marco Bellocchio.
«Sono molto legata a Bellocchio, per me è come un padre. Quando mi ha cercato per La balia ero ancora in Accademia a Londra, ho fatto sei provini prima di avere il ruolo, ero emozionatissima, era la mia prima volta su un set. Poi, quando ho saputo che cercava un'attrice per Buongiorno, notte morivo dalla voglia di chiamarlo ma non l'ho fatto, conoscendolo ho pensato che sarebbe stato controproducente. Alla fine mi ha chiamato lui, mi sono preparata moltissimo, ho letto la Braghetti, Franceschini, Morucci, nel ´78 avevo due anni e mezzo, non avevo ricordi personali e Marco non mi aveva dato la sceneggiatura. Ho cercato il punto di vista dei brigatisti, scegliendo di credere nella loro sincerità, se avessi cominciato a sospettare avrei solo confuso le idee . Ho fatto tre provini, il secondo era andato male, ero disperata. Marco mi ha chiamato a una settimana dalle riprese, finalmente ho avuto tutte le risposte che cercavo su Chiara».
È vero che Anna Laura Braghetti non ha voluto incontrarla?
«È stato meglio così, Chiara non è la Braghetti, è solo ispirata a lei. Qualcuno ha detto che Chiara è più buona e più donna di lei, non ne sono così sicura. Nel libro racconta che quando arrivavano i compagni con le pistole era preoccupata che rovinassero le sedie, si portava dentro l´educazione borghese e una solarità che Chiara non ha. Marco ha voluto sottolineare l´ombrosità del personaggio, che come un soldatino si sforza di essere all'altezza della situazione perché stima i compagni, è una che si è buttata nella rivoluzione per passione e per passione vorrebbe uscirne, ma non ce la fa».
A Venezia lei ha vinto il premio Pasinetti...
«L´unica buona notizia nella tristezza dell´ultimo giorno della Mostra. Il film era stato accolto benissimo, ci dicevano tutti che avremmo vinto, c'era una grande aspettativa, ci credevamo, è normale che fossimo delusi. Si sono scritte molte cose su quella giornata, in realtà è stato Marco che, vedendoci così tristi, ha deciso che saremmo partiti per andare a festeggiare a Roma, dove il film stava andando benissimo».
Chiara ombrosa e Mirella di La meglio gioventù solare e positiva: quale dei due personaggi le è più vicino?
«Posso sembrare più vicina a Chiara, sono portata alla serietà e alla riflessione, ma anche Mirella non è così solare, anche lei ha avuto i suoi momenti duri, si apre alla generosità e alla serenità quando sente che il personaggio di Luigi Lo Cascio ha bisogno del suo aiuto».
Bellocchio e Giordana, due set, due autori diversi...
«Con Bellocchio è stata una fatica gigantesca, Marco ti costringe a scavare dentro, cercare nell'intimo cose anche sgradevoli, ma per chi ama questo lavoro è una fatica meravigliosa. Con Giordana è stato un lavoro corale, c'era un clima di leggerezza, siamo legati da un'amicizia che dura nel tempo, ci cerchiamo spesso. Mi piacerebbe lavorare ancora sia con Bellocchio sia con Giordana».
È vero che lei ha conosciuto suo padre da adulta?
«Io sono nata a Roma, mia madre è italiana, mio padre è iraniano. L'ho cercato e l'ho incontrato per la prima volta quando avevo 15 anni, adesso abbiamo un bellissimo rapporto. L'estate scorsa sono andata per la prima volta in Iran a conoscere i nonni e la famiglia. È stata un'emozione forte che non so descrivere a parole, mi sono sentita accettata, accolta con espressioni di calore e d´affetto, soprattutto all'interno delle case. Mi sono "riconosciuta", del resto somiglio più a mio padre che a mia madre».
Il futuro?
«Mi piacerebbe lavorare all'estero, recitare in inglese, uscire dai ruoli ombrosi e fare una commedia, Ma per ora non ho progetti».
notizia del 29/09/2003
15:58
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al settimo posto ''Buongiorno, notte'' di Marco Bellocchio, che incassa 241 mila euro e arriva a sfiorare i 3 milioni
«Buongiorno, notte» 241.479 e in totale 2.767.677)
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(Spe/Zn/Adnkronos)
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La Repubblica 29.9.03
Incontro con l´attrice romana, interprete di "Buongiorno notte" e di "La meglio gioventù", premiata all´Efebo di Agrigento, 25ma edizione
Maya Sansa, una stella per il cinema d´autore
"Bellocchio per me è come un padre"
L'attrice si è imposta tra le interpreti più interessanti e intense del nostro cinema
Alle spalle ha una profonda determinazione e molti anni di studio
di Maria Pia Fusco
(segnalato da Sergio Grom)
AGRIGENTO - Gabriele Salvatores ha vinto l'Efebo d´oro 2003 per Io non ho paura, per il quale è stato premiato anche Niccolò Ammanniti, autore del libro che ha ispirato il film. La 25ma edizione del riconoscimento organizzato dal Centro di ricerca per la narrativa e il cinema di Agrigento ha avuto altri protagonisti di prestigio: Ettore Scola, per la quinta volta premiato ad Agrigento - stavolta alla carriera - Fabrizio Costa, Efebo d´oro per la riduzione televisiva di "La cittadella" di Cronin con relativi Efebo d´argento ai protagonisti Massimo Ghini e Barbora Bobulova. Una targa speciale è stata assegnata dal sindacato dei giornalisti cinematografici ad Antonio Monda per il libro "La magnifica illusione". Dopo una settimana di proiezioni che hanno richiamato un grande pubblico - finalmente l´Efebo si è radicato nel territorio e non solo di Atgrigento - la manifestazione si è conclusa sabato sera.
Un premio speciale è andato a Maya Sansa, l´attrice che è nel cast di due dei più importanti titoli di oggi, La meglio gioventù e Buongiorno, notte e che si è imposta tra le interpreti più interessanti e intense del nostro cinema, dopo soli quattro anni di carriera. Ma non a caso: alle spalle c'è una profonda determinazione e uno studio di quattro anni di studio in una delle più prestigiose scuole di arte drammatica a Londra. E un esordio felice: la pirandelliana Annetta, La balia di Marco Bellocchio.
«Sono molto legata a Bellocchio, per me è come un padre. Quando mi ha cercato per La balia ero ancora in Accademia a Londra, ho fatto sei provini prima di avere il ruolo, ero emozionatissima, era la mia prima volta su un set. Poi, quando ho saputo che cercava un'attrice per Buongiorno, notte morivo dalla voglia di chiamarlo ma non l'ho fatto, conoscendolo ho pensato che sarebbe stato controproducente. Alla fine mi ha chiamato lui, mi sono preparata moltissimo, ho letto la Braghetti, Franceschini, Morucci, nel ´78 avevo due anni e mezzo, non avevo ricordi personali e Marco non mi aveva dato la sceneggiatura. Ho cercato il punto di vista dei brigatisti, scegliendo di credere nella loro sincerità, se avessi cominciato a sospettare avrei solo confuso le idee . Ho fatto tre provini, il secondo era andato male, ero disperata. Marco mi ha chiamato a una settimana dalle riprese, finalmente ho avuto tutte le risposte che cercavo su Chiara».
È vero che Anna Laura Braghetti non ha voluto incontrarla?
«È stato meglio così, Chiara non è la Braghetti, è solo ispirata a lei. Qualcuno ha detto che Chiara è più buona e più donna di lei, non ne sono così sicura. Nel libro racconta che quando arrivavano i compagni con le pistole era preoccupata che rovinassero le sedie, si portava dentro l´educazione borghese e una solarità che Chiara non ha. Marco ha voluto sottolineare l´ombrosità del personaggio, che come un soldatino si sforza di essere all'altezza della situazione perché stima i compagni, è una che si è buttata nella rivoluzione per passione e per passione vorrebbe uscirne, ma non ce la fa».
A Venezia lei ha vinto il premio Pasinetti...
«L´unica buona notizia nella tristezza dell´ultimo giorno della Mostra. Il film era stato accolto benissimo, ci dicevano tutti che avremmo vinto, c'era una grande aspettativa, ci credevamo, è normale che fossimo delusi. Si sono scritte molte cose su quella giornata, in realtà è stato Marco che, vedendoci così tristi, ha deciso che saremmo partiti per andare a festeggiare a Roma, dove il film stava andando benissimo».
Chiara ombrosa e Mirella di La meglio gioventù solare e positiva: quale dei due personaggi le è più vicino?
«Posso sembrare più vicina a Chiara, sono portata alla serietà e alla riflessione, ma anche Mirella non è così solare, anche lei ha avuto i suoi momenti duri, si apre alla generosità e alla serenità quando sente che il personaggio di Luigi Lo Cascio ha bisogno del suo aiuto».
Bellocchio e Giordana, due set, due autori diversi...
«Con Bellocchio è stata una fatica gigantesca, Marco ti costringe a scavare dentro, cercare nell'intimo cose anche sgradevoli, ma per chi ama questo lavoro è una fatica meravigliosa. Con Giordana è stato un lavoro corale, c'era un clima di leggerezza, siamo legati da un'amicizia che dura nel tempo, ci cerchiamo spesso. Mi piacerebbe lavorare ancora sia con Bellocchio sia con Giordana».
È vero che lei ha conosciuto suo padre da adulta?
«Io sono nata a Roma, mia madre è italiana, mio padre è iraniano. L'ho cercato e l'ho incontrato per la prima volta quando avevo 15 anni, adesso abbiamo un bellissimo rapporto. L'estate scorsa sono andata per la prima volta in Iran a conoscere i nonni e la famiglia. È stata un'emozione forte che non so descrivere a parole, mi sono sentita accettata, accolta con espressioni di calore e d´affetto, soprattutto all'interno delle case. Mi sono "riconosciuta", del resto somiglio più a mio padre che a mia madre».
Il futuro?
«Mi piacerebbe lavorare all'estero, recitare in inglese, uscire dai ruoli ombrosi e fare una commedia, Ma per ora non ho progetti».
lunedì 29 settembre 2003
Roma, Politecnico: una iniziativa cui aderisce Marco Bellocchio
Corriere della Sera, Edizione di ROMA 29.9.03
POLITECNICO
«Guerra» di Pippo Delbono: un documentario girato in Israele fra palcoscenico e vita reale
Il film-documentario di Pippo Delbono (foto), «Guerra», torna stasera e domani al Politecnico Fandango (doppio spettacolo, ore 21 e ore 22.30). Nel gennaio 2003, la compagnia teatrale di Del Bono ha attraversato Israele e Palestina per mettere in scena la pièce «Guerra»: un progetto teatrale e culturale da cui l'artista ha tratto ispirazione per realizzare un film su ciò che è accaduto nei teatri e nelle città, sulla scena e nella vita reale. Il film racconta storie che attraversano i confini, storie «atroci e allegre, semplici e piene di poesia», sottolineando l'alta funzione civile del teatro e dell'arte. «Guerra», presentato alla Mostra del Cinema di Venezia (sezione Nuovi Territori), è ora distribuito da Fandango. La distribuzione dell’opera diretta da Delbono apre l'operazione «Visioni del reale» che porterà i titoli selezionati in numerose città italiane. Tanti i nomi che aderiscono all'iniziativa: Marco Bellocchio, Alessandro Rossetto, Leonardo Di Costanzo, Riccardo Milani, Guido Chiesa, Gianni Celati.
POLITECNICO FANDANGO ore 21 e 22.30,
via Tiepolo 13, tel. 06.36004240
POLITECNICO
«Guerra» di Pippo Delbono: un documentario girato in Israele fra palcoscenico e vita reale
Il film-documentario di Pippo Delbono (foto), «Guerra», torna stasera e domani al Politecnico Fandango (doppio spettacolo, ore 21 e ore 22.30). Nel gennaio 2003, la compagnia teatrale di Del Bono ha attraversato Israele e Palestina per mettere in scena la pièce «Guerra»: un progetto teatrale e culturale da cui l'artista ha tratto ispirazione per realizzare un film su ciò che è accaduto nei teatri e nelle città, sulla scena e nella vita reale. Il film racconta storie che attraversano i confini, storie «atroci e allegre, semplici e piene di poesia», sottolineando l'alta funzione civile del teatro e dell'arte. «Guerra», presentato alla Mostra del Cinema di Venezia (sezione Nuovi Territori), è ora distribuito da Fandango. La distribuzione dell’opera diretta da Delbono apre l'operazione «Visioni del reale» che porterà i titoli selezionati in numerose città italiane. Tanti i nomi che aderiscono all'iniziativa: Marco Bellocchio, Alessandro Rossetto, Leonardo Di Costanzo, Riccardo Milani, Guido Chiesa, Gianni Celati.
POLITECNICO FANDANGO ore 21 e 22.30,
via Tiepolo 13, tel. 06.36004240
Beniamino Placido sulla trasmissione di Gad Lerner con Marco Bellocchio
(segnalato da Sergio Grom)
Repubblica 28.9.03 Pagina 38 - Cultura
IL SESSANTOTTO CHE I RAGAZZI NON CONOSCONO
Gad Lerner ha rievocato in tivù quella stagione politica
Il problema principale è come raccontarlo ai giovani
di BENIAMINO PLACIDO
Sabato 20 settembre si è riaffacciato in televisione (su "La7") Gad Lerner per comunicarci che era per l´appunto la giornata - un tempo festiva - in cui, circa cento anni fa, i bersaglieri si fecero strada lungo la breccia di Porta Pia per fare (finalmente!) l'Italia unita.
Ma chissà se era poi veramente tutta unita, visti poi i numerosi supplementi del Risorgimento che avrebbe attraversato. Quel '68 (il 1968) cui quella puntata dell'"Infedele" era dedicata, non sapeva anch'essa di Risorgimento, più o meno compiuto, più o meno realizzato?
E il '68, difatti, avrebbe illustrato la trasmissione, insieme alle suggestioni di due film: The dreamers di Bernardo Bertolucci, sul '68 parigino, eLa meglio gioventù di Marco Tullio Giordana. Insieme anche a Buongiorno notte, il film di Marco Bellocchio dedicato al caso Moro, a quei cinquantacinque angosciosi giorni che avrebbero cambiato le nostre vite, i nostri umori, il nostro modo di pensare e di vedere le cose.
Ma ecco che comincia (è già cominciata) la confusione: che c'entrano quei terribili cinquantacinque giorni di prigionia, conclusi con un brutale assassinio, con le «radiose giornate» del '68 e forse anche del '77?
E qui viene in mente, a chiunque abbia visto con il consueto interesse, con la consueta partecipazione la trasmissione di Lerner, che non manca mai di interessare, un particolare piccolo ma trascurato.
Da cosa è venuto fuori quel movimento rivoluzionario, o pararivoluzionario, o semirivoluzionario che il '68 fu? Cosa c'era prima del '68? C´era il contrario di quel movimento. Fu quello come si esprimevano i giornali dell´epoca, un periodo di storia in cui non succedeva nulla, in cui pareva che nulla dovesse accadere. In cui sembrava che la gente (specie quella più giovane) vivesse immersa in una specie di sonnolenta apatia (out of apathy! dicevano, rimproverandoci, certe autorevoli riviste giovanili anglosassoni che avevano dattorno - e se ne lamentavano - uno sfondo altrettanto apatico del nostro).
Pare che nella storia le cose vadano sempre così. Che accadano quando meno te lo aspetti. Sembrerà strano ma pare proprio che oggi i genitori che hanno fatto il '68 non amino raccontarlo ai figli. Questo è quanto sosteneva, sabato sera, Piergiorgio Bellocchio, trentenne, figlio di Marco; e se ne stupiva, se ne addolorava anche lui.
Suo padre, il regista Marco, anche lui in studio, ovviamente, non sapeva né voleva contraddirlo. Accrescendo la nostra curiosità di spettatori.
C'erano lì in studio accanto ai Bellocchio anche Marcello Flores, Luigi Manconi, anche il Professor Enrico Fenzi italianista, anche Anselma Dell´Olio, nota osservatrice americana che il suo '68 americano e femminista l'ha osservato e vissuto da quelle sponde.
C'era anche Ernesto Galli della Loggia, storico ed osservatore di costume, noto anche per la sua severità di giudizio nei confronti del '68, come del '77 e di tanti altri ingenui e presuntuosi giovanilismi. Il quale però ha sorpreso tutti dichiarando che il '68 è stato una vera rivoluzione: nei modi, nelle mode, nei detti e nei fatti.
Come sempre accade nelle trasmissioni televisive di Gad Lerner, il confronto o anche scontro di opinioni viene sempre fuori, dispiegato innanzi ai nostri occhi, avvertibile dalle nostre orecchie. Ma questa volta, dinanzi a questa prima trasmissione de "La7", i vari punti di vista - certamente diversi, talvolta probabilmente opposti - se sia stato un bene o un male avere un '68 che si è prolungato sino al '77 della sua reviviscenza universitaria, fino al '78 del caso Moro, non è stato chiarito; né forse poteva esserlo.
Forse a Gad Lerner sarà venuta voglia di fare un'altra trasmissione sull´argomento. A noi certamente è venuta la voglia di vederne tante altre. Anche per trovare un modo di rispondere ai tanti, tantissimi più giovani di noi che ci interpellano per sapere cosa si pensava, cosa si faceva e perché in quegli anni.
Noi non sappiamo rispondere e forse loro non sanno chiedere. Forse deve essere come quando, di fronte ai grandi fenomeni storici: la Rivoluzione Francese, il Cristianesimo, ci chiediamo da dove siano venuti fuori, e proprio in quel posto e proprio in quel momento.
Forse è fatale che non sappiamo rispondere e che non pretendiamo di farlo. Ma è giusto che continuiamo a chiedercelo, a bassa voce, senza far rumore, facendo finta di permanere in quella che i più giovani di noi definiranno presto o tardi come la nostra apatia, mentre apatia non è. Non ne parliamo volentieri, ma ci pensiamo sempre.
Repubblica 28.9.03 Pagina 38 - Cultura
IL SESSANTOTTO CHE I RAGAZZI NON CONOSCONO
Gad Lerner ha rievocato in tivù quella stagione politica
Il problema principale è come raccontarlo ai giovani
di BENIAMINO PLACIDO
Sabato 20 settembre si è riaffacciato in televisione (su "La7") Gad Lerner per comunicarci che era per l´appunto la giornata - un tempo festiva - in cui, circa cento anni fa, i bersaglieri si fecero strada lungo la breccia di Porta Pia per fare (finalmente!) l'Italia unita.
Ma chissà se era poi veramente tutta unita, visti poi i numerosi supplementi del Risorgimento che avrebbe attraversato. Quel '68 (il 1968) cui quella puntata dell'"Infedele" era dedicata, non sapeva anch'essa di Risorgimento, più o meno compiuto, più o meno realizzato?
E il '68, difatti, avrebbe illustrato la trasmissione, insieme alle suggestioni di due film: The dreamers di Bernardo Bertolucci, sul '68 parigino, e
Ma ecco che comincia (è già cominciata) la confusione: che c'entrano quei terribili cinquantacinque giorni di prigionia, conclusi con un brutale assassinio, con le «radiose giornate» del '68 e forse anche del '77?
E qui viene in mente, a chiunque abbia visto con il consueto interesse, con la consueta partecipazione la trasmissione di Lerner, che non manca mai di interessare, un particolare piccolo ma trascurato.
Da cosa è venuto fuori quel movimento rivoluzionario, o pararivoluzionario, o semirivoluzionario che il '68 fu? Cosa c'era prima del '68? C´era il contrario di quel movimento. Fu quello come si esprimevano i giornali dell´epoca, un periodo di storia in cui non succedeva nulla, in cui pareva che nulla dovesse accadere. In cui sembrava che la gente (specie quella più giovane) vivesse immersa in una specie di sonnolenta apatia (out of apathy! dicevano, rimproverandoci, certe autorevoli riviste giovanili anglosassoni che avevano dattorno - e se ne lamentavano - uno sfondo altrettanto apatico del nostro).
Pare che nella storia le cose vadano sempre così. Che accadano quando meno te lo aspetti. Sembrerà strano ma pare proprio che oggi i genitori che hanno fatto il '68 non amino raccontarlo ai figli. Questo è quanto sosteneva, sabato sera, Piergiorgio Bellocchio, trentenne, figlio di Marco; e se ne stupiva, se ne addolorava anche lui.
Suo padre, il regista Marco, anche lui in studio, ovviamente, non sapeva né voleva contraddirlo. Accrescendo la nostra curiosità di spettatori.
C'erano lì in studio accanto ai Bellocchio anche Marcello Flores, Luigi Manconi, anche il Professor Enrico Fenzi italianista, anche Anselma Dell´Olio, nota osservatrice americana che il suo '68 americano e femminista l'ha osservato e vissuto da quelle sponde.
C'era anche Ernesto Galli della Loggia, storico ed osservatore di costume, noto anche per la sua severità di giudizio nei confronti del '68, come del '77 e di tanti altri ingenui e presuntuosi giovanilismi. Il quale però ha sorpreso tutti dichiarando che il '68 è stato una vera rivoluzione: nei modi, nelle mode, nei detti e nei fatti.
Come sempre accade nelle trasmissioni televisive di Gad Lerner, il confronto o anche scontro di opinioni viene sempre fuori, dispiegato innanzi ai nostri occhi, avvertibile dalle nostre orecchie. Ma questa volta, dinanzi a questa prima trasmissione de "La7", i vari punti di vista - certamente diversi, talvolta probabilmente opposti - se sia stato un bene o un male avere un '68 che si è prolungato sino al '77 della sua reviviscenza universitaria, fino al '78 del caso Moro, non è stato chiarito; né forse poteva esserlo.
Forse a Gad Lerner sarà venuta voglia di fare un'altra trasmissione sull´argomento. A noi certamente è venuta la voglia di vederne tante altre. Anche per trovare un modo di rispondere ai tanti, tantissimi più giovani di noi che ci interpellano per sapere cosa si pensava, cosa si faceva e perché in quegli anni.
Noi non sappiamo rispondere e forse loro non sanno chiedere. Forse deve essere come quando, di fronte ai grandi fenomeni storici: la Rivoluzione Francese, il Cristianesimo, ci chiediamo da dove siano venuti fuori, e proprio in quel posto e proprio in quel momento.
Forse è fatale che non sappiamo rispondere e che non pretendiamo di farlo. Ma è giusto che continuiamo a chiedercelo, a bassa voce, senza far rumore, facendo finta di permanere in quella che i più giovani di noi definiranno presto o tardi come la nostra apatia, mentre apatia non è. Non ne parliamo volentieri, ma ci pensiamo sempre.
domenica 28 settembre 2003
Roberto Escobar risponde alla lettera di un "nemico" di Buongiorno, notte
e la morte di Edward Said
(segnalato da Sergio Grom. Nello stesso inserto può essere d'interesse anche "Ragionare è diabolico" (pag.33) sul libro di Odifreddi di cui si è già fatto cenno su questo blog.)
Il Sole 24ore, DOMENICALE 28.9.03
La storia secondo Bellocchio
risponde Roberto Escobar
Egregio Escobar, ho capito bene che la sua recensione al film di Bellocchio Buongiorno, notte si prefiggeva l'obiettivo di ribadire il concetto che il cinema non ha una immediata valenza politica, o - come si diceva una volta - «l'arte è autonoma», o - come ha ripetuto lei - «in quanto cinema non è realtà, ma immaginazione». Condivido, ovviamente. Ma, se è pur vero che Bellocchio «non è uno storico, ma un autore», è altrettanto vero che il suo film si occupa di storia, della nostra storia più recente e tragica, e questo significa che al di là della sua intenzione, malgrado lui, rappresenta insieme all'immaginazione anche la realtà, e se pur non da storico, tuttavia, poiché compie o non compie delle scelte ideologiche, propone un giudizio, che è anche un giudizio storico. Non si pone fuori dalla storia, oltre la storia: è in quella storia, e lei ha fatto bene a sottolineare analogie e differenze con I pugni in tasca.
Ma a questo punto le nostre strade e il nostro giudizio divergono. Confesso che da un critico come lei mi aspettavo una maggiore autonomia rispetto al teatrino incensatorio che è seguito più al mancato premio che alla visione del film. Tutti hanno premesso consociativamente l'aggettivo "bello" parlando del film. È vero che lei non lo ha fatto, ma non mi è sembrato neanche che sia andato tanto al di là della difesa d'ufficio del principio di cui sopra: non una parola sulle modeste scelte registiche, come quella di distinguere i sogni di Chiara con una dolce musica classica, mentre la realtà è sottolineata dai duri Pink Floid, o la poco più che macchiettistica riunione degli ex partigiani. Quanto all'analisi psicologica, mi pare che le sia sfuggito il non piccolo particolare che Alessandro la madre l'ha uccisa, mentre il padre - Moro Chiara non riesce a uccidere veramente, questo l'hanno fatto realmente i suoi compagni, esecutori di mandanti che restano ignoti agli spettatori (l'unico pregio del film è proprio questo di non aver seguito la solita pista della vulgata antiamericana), ma esecutori pietosi in tutti i sensi; così il film non scontenta nessuno.
Neanche quelli che allora avevano vissuto come un pugno nello stomaco l'attacco alla famiglia de I pugni in tasca, che ora sono consolati dall'affetto famigliare toccante di Moro. Un film furbo, quindi, anche se un po' di regime. Ma anche i critici e anche lei mi pare che facciano un po' i furbi, avete paura di scontentare qualcuno?
(Gian Piero Ghini - Bologna)
Riassumiamo: Marco Bellocchio non è uno storico, ma un autore, ed è signore della sua immaginazione. Il signor Ghini ce lo concede. Subito dopo però aggiunge che "Buongiorno, notte" si occupa di storia, e che perciò tanto signore della propria immaginazione il regista non ha diritto d'essere. Insomma, il signor Ghini afferma un principio, e poi sotto sotto lo nega. Se lo avesse negato subito, avrebbe risparmiato tempo e parole. Già che ci siamo: chi decide quale realtà si debba rappresentare, e come? Il signor Ghini in persona, o un comitato?
Quanto al merito - se il film sia o non sia "adeguato" alla storia -, si potrebbe rispondere che su questi fatti e su quegli anni Bellocchio dà un giudizio illuminante e spietato, e insieme quieto. E lo dà non rappresentando la realtà - qualunque cosa significhi -, ma affondando nella sua e nostra memoria lo sguardo splendidamente soggettivo della macchina da presa.
In ogni caso, il cinema è un felice discorso pubblico. In esso, per fortuna, tutte le parole e le opinioni hanno dignità. Se sono numerose e varie, quel discorso si fa ancora più felice (e così è accaduto in queste settimane per "Buongiorno, notte", talvolta con rispetto delle ragioni del cinema, talvolta con un sentore di grossolanità contenutistica).
E però meno felice, e meno elegante, è che si accusi non si sa chi d'aver messo in scena un «teatrino incensatorio». L'affermazione è generica, e dunque è volgare. Lo stesso vale per le accuse di consociativismo e di regime (quale?). Meglio stare alla larga da queste parole abusate e vuote, il cui senso non è l'apertura verso un discorso pubblico, ma la sua chiusura. Meglio non frequentarli, questi slogan in voga nei piani bassi della politica. E soprattutto: meglio sedersi in platea senza rancori, e con una fertile disponibilità. Ci si diverte di più.
P.S. Per fatto personale: quando scrivo io non faccio il furbo, ma certo ho sempre paura di scontentare qualcuno. Per la precisione: i miei lettori e le loro intelligenze, la loro sensibilità, la loro buona fede. Quanto ad Alessandro e a Chiara, non c'è dubbio: il primo uccide la madre, mentre la seconda non uccide il padre. Se il signor Ghini avrà la pazienza di rileggermi, scoprirà che proprio questo sostengo e argomento in 3.888 caratteri a stampa (spazi esclusi).
ROBERTO ESCOBAR
Il Sole 24ore, DOMENICALE 28.9.03
(segnalato da Sergio Grom, ricevuto da Paola D'Ettole)
Edward Said - Morto a 67 anni l'intellettuale palestinese che ci ha insegnato a non cadere nelle trappole degli stereotipi colonialisti
Smascherò un Oriente inventato
L'orientalismo è un insieme di concetti e immagini che l'Occidente ha cristallizzato parlando più di sé che di quei Paesi considerati esotici
di Luigi Sampietro
Era un critico letterario, Edward Said, ma era anche qualcos'altro. Era un accademico, professore alla Columbia University, ma anche qualcosa di più. Aveva scritto un paio di libri - Orientalismo (1978) e Cultura e imperialismo (1993), tradotti in più di venti lingue - che hanno contribuito in maniera decisiva a cambiare l'orientamento della cultura contemporanea. Aveva precisi interessi politici ed era un acceso anche se controverso sostenitore della causa dei palestinesi. Nel circuito, diciamo così, "intellettuale" - dibattiti televisivi, conferenze, interviste, articoli su giornali e riviste di tutto il mondo - Said era una figura di prima grandezza. In America aveva messo o rimesso in circolazione il personaggio dell'intellettuale impegnato. Ed era una superstar.
Era malato di leucemia da una decina di anni ed è morto lentamente. Sapeva di avere la spada di Damocle sopra la testa ma non aveva mai voluto sapere esattamente quanto gli restasse da vivere. Si era convinto, disse a un giornalista nel 1998, che fosse possibile, con un atto di volontà, non pensare alla morte. E ci era riuscito.
Negli ultimi tempi, le cure mediche avevano avuto un effetto negativo sulla sua memoria, e Said aveva rivolto la propria attenzione, con curiosità quasi divertita, a cercar di capire quale rappresentazione del mondo si possa avere in queste condizioni. Nel 1999 aveva scritto un libro autobiografico, Sempre nel posto sbagliato, sulla prima parte della propria vita in Medio Oriente, e aveva poi allargato la propria riflessione al problema della memoria storica in generale. Di una civiltà che cosa resta? E che cosa si cancella?
Said era nato in Palestina nel 1935, all'epoca del mandato britannico della Società delle Nazioni. Era figlio di un facoltoso arabo di religione cristiana che era emigrato negli Stati Uniti prima della Grande guerra e che era tornato a Gerusalemme negli anni Venti. Said, che aveva ricevuto il nome di Edward - pare - in onore del principe di Galles, aveva avuto una educazione strettamente anglicana e anglofona. E un'infanzia e un'adolescenza dorate, accudito da stuoli di fantesche e di servi. In casa gli era permesso parlare francese ma non in arabo. Aveva studiato al Cairo e aveva avuto come compagno di scuola Omar Sharif. A 16 anni si era trasferito con la famiglia in America. Aveva studiato a Princeton e ad Harvard. Dal 1963 abitava a New York.
La "conversione" di Said risale al 1969 ed è dovuta, come lui stesso ha ricordato in una conferenza tenuta alla New York Public Library e poi ristampata sulla London Review of Books (1998), a un'improvvida dichiarazione di Golda Meir: «I palestinesi non esistono». Era ancora fresco il ricordo della Guerra dei sei giorni (1967) e Said sentì il dovere di provare a se stesso e al mondo di esserci. Insomma, divenne quello che culturalmente non era forse mai stato.
Said ha scritto che l'Oriente è una invenzione della mente europea. A differenza della "romanità" o del "germanesimo", l'Oriente contrapposto all'Occidente è una costruzione ideologica e non corrisponde a una precisa realtà storica e culturale. L'Oriente, che in realtà è solo il Vicino Oriente, non corrisponde all'Islam e non corrisponde al mondo arabo. Comprende l'antico Egitto e l'Impero ottomano, gli ebrei della Bibbia e i cristiani. É un termine di comodo con il quale a partire dall'epoca napoleonica ci si è serviti per designare una realtà decaduta e fitta di misteri, ambigua e preziosa, che la penetrazione coloniale avrebbe dovuto salvare.
Gli europei si sono sempre rivolti all'Oriente dopo averlo addomesticato dentro la propria coscienza: dopo avere addirittura inventato la parola "orientamento". Non che l'Oriente sia stato inventato dall'orientalismo. Ma l'orientalismo è sempre stato un comodo "passepartout" per entrare in certi Paesi senza ascoltare quello che la gente del luogo avesse da dire. In altre parole, è un insieme di concetti e di immagini che l'Occidente ha cristallizzato parlando con se stesso.
Non di consenso si tratta allorché dall'incontro di Gustave Flaubert con una cortigiana egiziana nasce lo stereotipo della donna orientale (Salambo, 1862) destinato ad avere grande fortuna. La cortigiana non parla mai di sé; è Flaubert a parlare per lei. "Straniero di sesso maschile e di condizioni agiate", la possiede fisicamente e la descrive e interpreta dal proprio punto di vista; e spiega al lettore in che senso sia tipicamente orientale.
I viaggiatori, che nell'Ottocento visitavano la Siria, la Palestina o il Mahgreb, tornavano sempre con dei resoconti che rafforzavano un'immagine già elaborata in Europa dal pregiudizio degli studiosi di egittologia o di filologia semitica oppure dalla fantasia dei romanzieri o dei poeti.
Da una parte c'era la ragione e la razionalità della civiltà guida occidentale e dall'altra solo i resti di un passato caduto nelle mani dei barbari. Gli scrittori, è vero, "ristrutturarono l'Oriente rendendone visibili i suoi colori e le sue luci", ma l'Oriente reale fu al massimo uno spunto per le loro visioni e quasi mai guidò dall'interno lo sviluppo di quelle visioni.
Terra di "sensualità, promesse, terrori, sublimità, piaceri idillici e indomabile energia" e allo stesso tempo territorio del demonio che deve essere dominato, "l'Oriente degli orientalisti è un sistema di rappresentazioni circoscritto da un insieme di forze che ha introdotto l'Oriente nella cultura occidentale, poi nella consapevolezza occidentale e infine negli imperi coloniali occidentali".
Insomma, conclude Said da quel sottilissimo letterato che sapeva essere, "l'orientalismo è una scuola di interpretazione il cui oggetto è stato per caso l'Oriente. Le effettive scoperte dell'orientalismo - frutto dell'impegno di devoti studiosi che hanno curato e tradotto testi, redatto grammatiche, compilato dizionari e innalzato un edificio teorico verificabile - sono sempre state condizionate dal fatto che le sue verità, come tutte le verità trasmesse attraverso la lingua, solo nell'uso della lingua prendono consistenza". E questo è un messaggio che ne implica un altro, e cioè che entrando nelle articolazioni di quella lingua la verità, gradevole o sgradevole, è conoscibile.
Il Sole 24ore, DOMENICALE 28.9.03
La storia secondo Bellocchio
risponde Roberto Escobar
Egregio Escobar, ho capito bene che la sua recensione al film di Bellocchio Buongiorno, notte si prefiggeva l'obiettivo di ribadire il concetto che il cinema non ha una immediata valenza politica, o - come si diceva una volta - «l'arte è autonoma», o - come ha ripetuto lei - «in quanto cinema non è realtà, ma immaginazione». Condivido, ovviamente. Ma, se è pur vero che Bellocchio «non è uno storico, ma un autore», è altrettanto vero che il suo film si occupa di storia, della nostra storia più recente e tragica, e questo significa che al di là della sua intenzione, malgrado lui, rappresenta insieme all'immaginazione anche la realtà, e se pur non da storico, tuttavia, poiché compie o non compie delle scelte ideologiche, propone un giudizio, che è anche un giudizio storico. Non si pone fuori dalla storia, oltre la storia: è in quella storia, e lei ha fatto bene a sottolineare analogie e differenze con I pugni in tasca.
Ma a questo punto le nostre strade e il nostro giudizio divergono. Confesso che da un critico come lei mi aspettavo una maggiore autonomia rispetto al teatrino incensatorio che è seguito più al mancato premio che alla visione del film. Tutti hanno premesso consociativamente l'aggettivo "bello" parlando del film. È vero che lei non lo ha fatto, ma non mi è sembrato neanche che sia andato tanto al di là della difesa d'ufficio del principio di cui sopra: non una parola sulle modeste scelte registiche, come quella di distinguere i sogni di Chiara con una dolce musica classica, mentre la realtà è sottolineata dai duri Pink Floid, o la poco più che macchiettistica riunione degli ex partigiani. Quanto all'analisi psicologica, mi pare che le sia sfuggito il non piccolo particolare che Alessandro la madre l'ha uccisa, mentre il padre - Moro Chiara non riesce a uccidere veramente, questo l'hanno fatto realmente i suoi compagni, esecutori di mandanti che restano ignoti agli spettatori (l'unico pregio del film è proprio questo di non aver seguito la solita pista della vulgata antiamericana), ma esecutori pietosi in tutti i sensi; così il film non scontenta nessuno.
Neanche quelli che allora avevano vissuto come un pugno nello stomaco l'attacco alla famiglia de I pugni in tasca, che ora sono consolati dall'affetto famigliare toccante di Moro. Un film furbo, quindi, anche se un po' di regime. Ma anche i critici e anche lei mi pare che facciano un po' i furbi, avete paura di scontentare qualcuno?
(Gian Piero Ghini - Bologna)
Riassumiamo: Marco Bellocchio non è uno storico, ma un autore, ed è signore della sua immaginazione. Il signor Ghini ce lo concede. Subito dopo però aggiunge che "Buongiorno, notte" si occupa di storia, e che perciò tanto signore della propria immaginazione il regista non ha diritto d'essere. Insomma, il signor Ghini afferma un principio, e poi sotto sotto lo nega. Se lo avesse negato subito, avrebbe risparmiato tempo e parole. Già che ci siamo: chi decide quale realtà si debba rappresentare, e come? Il signor Ghini in persona, o un comitato?
Quanto al merito - se il film sia o non sia "adeguato" alla storia -, si potrebbe rispondere che su questi fatti e su quegli anni Bellocchio dà un giudizio illuminante e spietato, e insieme quieto. E lo dà non rappresentando la realtà - qualunque cosa significhi -, ma affondando nella sua e nostra memoria lo sguardo splendidamente soggettivo della macchina da presa.
In ogni caso, il cinema è un felice discorso pubblico. In esso, per fortuna, tutte le parole e le opinioni hanno dignità. Se sono numerose e varie, quel discorso si fa ancora più felice (e così è accaduto in queste settimane per "Buongiorno, notte", talvolta con rispetto delle ragioni del cinema, talvolta con un sentore di grossolanità contenutistica).
E però meno felice, e meno elegante, è che si accusi non si sa chi d'aver messo in scena un «teatrino incensatorio». L'affermazione è generica, e dunque è volgare. Lo stesso vale per le accuse di consociativismo e di regime (quale?). Meglio stare alla larga da queste parole abusate e vuote, il cui senso non è l'apertura verso un discorso pubblico, ma la sua chiusura. Meglio non frequentarli, questi slogan in voga nei piani bassi della politica. E soprattutto: meglio sedersi in platea senza rancori, e con una fertile disponibilità. Ci si diverte di più.
P.S. Per fatto personale: quando scrivo io non faccio il furbo, ma certo ho sempre paura di scontentare qualcuno. Per la precisione: i miei lettori e le loro intelligenze, la loro sensibilità, la loro buona fede. Quanto ad Alessandro e a Chiara, non c'è dubbio: il primo uccide la madre, mentre la seconda non uccide il padre. Se il signor Ghini avrà la pazienza di rileggermi, scoprirà che proprio questo sostengo e argomento in 3.888 caratteri a stampa (spazi esclusi).
ROBERTO ESCOBAR
Il Sole 24ore, DOMENICALE 28.9.03
(segnalato da Sergio Grom, ricevuto da Paola D'Ettole)
Edward Said - Morto a 67 anni l'intellettuale palestinese che ci ha insegnato a non cadere nelle trappole degli stereotipi colonialisti
Smascherò un Oriente inventato
L'orientalismo è un insieme di concetti e immagini che l'Occidente ha cristallizzato parlando più di sé che di quei Paesi considerati esotici
di Luigi Sampietro
Era un critico letterario, Edward Said, ma era anche qualcos'altro. Era un accademico, professore alla Columbia University, ma anche qualcosa di più. Aveva scritto un paio di libri - Orientalismo (1978) e Cultura e imperialismo (1993), tradotti in più di venti lingue - che hanno contribuito in maniera decisiva a cambiare l'orientamento della cultura contemporanea. Aveva precisi interessi politici ed era un acceso anche se controverso sostenitore della causa dei palestinesi. Nel circuito, diciamo così, "intellettuale" - dibattiti televisivi, conferenze, interviste, articoli su giornali e riviste di tutto il mondo - Said era una figura di prima grandezza. In America aveva messo o rimesso in circolazione il personaggio dell'intellettuale impegnato. Ed era una superstar.
Era malato di leucemia da una decina di anni ed è morto lentamente. Sapeva di avere la spada di Damocle sopra la testa ma non aveva mai voluto sapere esattamente quanto gli restasse da vivere. Si era convinto, disse a un giornalista nel 1998, che fosse possibile, con un atto di volontà, non pensare alla morte. E ci era riuscito.
Negli ultimi tempi, le cure mediche avevano avuto un effetto negativo sulla sua memoria, e Said aveva rivolto la propria attenzione, con curiosità quasi divertita, a cercar di capire quale rappresentazione del mondo si possa avere in queste condizioni. Nel 1999 aveva scritto un libro autobiografico, Sempre nel posto sbagliato, sulla prima parte della propria vita in Medio Oriente, e aveva poi allargato la propria riflessione al problema della memoria storica in generale. Di una civiltà che cosa resta? E che cosa si cancella?
Said era nato in Palestina nel 1935, all'epoca del mandato britannico della Società delle Nazioni. Era figlio di un facoltoso arabo di religione cristiana che era emigrato negli Stati Uniti prima della Grande guerra e che era tornato a Gerusalemme negli anni Venti. Said, che aveva ricevuto il nome di Edward - pare - in onore del principe di Galles, aveva avuto una educazione strettamente anglicana e anglofona. E un'infanzia e un'adolescenza dorate, accudito da stuoli di fantesche e di servi. In casa gli era permesso parlare francese ma non in arabo. Aveva studiato al Cairo e aveva avuto come compagno di scuola Omar Sharif. A 16 anni si era trasferito con la famiglia in America. Aveva studiato a Princeton e ad Harvard. Dal 1963 abitava a New York.
La "conversione" di Said risale al 1969 ed è dovuta, come lui stesso ha ricordato in una conferenza tenuta alla New York Public Library e poi ristampata sulla London Review of Books (1998), a un'improvvida dichiarazione di Golda Meir: «I palestinesi non esistono». Era ancora fresco il ricordo della Guerra dei sei giorni (1967) e Said sentì il dovere di provare a se stesso e al mondo di esserci. Insomma, divenne quello che culturalmente non era forse mai stato.
Said ha scritto che l'Oriente è una invenzione della mente europea. A differenza della "romanità" o del "germanesimo", l'Oriente contrapposto all'Occidente è una costruzione ideologica e non corrisponde a una precisa realtà storica e culturale. L'Oriente, che in realtà è solo il Vicino Oriente, non corrisponde all'Islam e non corrisponde al mondo arabo. Comprende l'antico Egitto e l'Impero ottomano, gli ebrei della Bibbia e i cristiani. É un termine di comodo con il quale a partire dall'epoca napoleonica ci si è serviti per designare una realtà decaduta e fitta di misteri, ambigua e preziosa, che la penetrazione coloniale avrebbe dovuto salvare.
Gli europei si sono sempre rivolti all'Oriente dopo averlo addomesticato dentro la propria coscienza: dopo avere addirittura inventato la parola "orientamento". Non che l'Oriente sia stato inventato dall'orientalismo. Ma l'orientalismo è sempre stato un comodo "passepartout" per entrare in certi Paesi senza ascoltare quello che la gente del luogo avesse da dire. In altre parole, è un insieme di concetti e di immagini che l'Occidente ha cristallizzato parlando con se stesso.
Non di consenso si tratta allorché dall'incontro di Gustave Flaubert con una cortigiana egiziana nasce lo stereotipo della donna orientale (Salambo, 1862) destinato ad avere grande fortuna. La cortigiana non parla mai di sé; è Flaubert a parlare per lei. "Straniero di sesso maschile e di condizioni agiate", la possiede fisicamente e la descrive e interpreta dal proprio punto di vista; e spiega al lettore in che senso sia tipicamente orientale.
I viaggiatori, che nell'Ottocento visitavano la Siria, la Palestina o il Mahgreb, tornavano sempre con dei resoconti che rafforzavano un'immagine già elaborata in Europa dal pregiudizio degli studiosi di egittologia o di filologia semitica oppure dalla fantasia dei romanzieri o dei poeti.
Da una parte c'era la ragione e la razionalità della civiltà guida occidentale e dall'altra solo i resti di un passato caduto nelle mani dei barbari. Gli scrittori, è vero, "ristrutturarono l'Oriente rendendone visibili i suoi colori e le sue luci", ma l'Oriente reale fu al massimo uno spunto per le loro visioni e quasi mai guidò dall'interno lo sviluppo di quelle visioni.
Terra di "sensualità, promesse, terrori, sublimità, piaceri idillici e indomabile energia" e allo stesso tempo territorio del demonio che deve essere dominato, "l'Oriente degli orientalisti è un sistema di rappresentazioni circoscritto da un insieme di forze che ha introdotto l'Oriente nella cultura occidentale, poi nella consapevolezza occidentale e infine negli imperi coloniali occidentali".
Insomma, conclude Said da quel sottilissimo letterato che sapeva essere, "l'orientalismo è una scuola di interpretazione il cui oggetto è stato per caso l'Oriente. Le effettive scoperte dell'orientalismo - frutto dell'impegno di devoti studiosi che hanno curato e tradotto testi, redatto grammatiche, compilato dizionari e innalzato un edificio teorico verificabile - sono sempre state condizionate dal fatto che le sue verità, come tutte le verità trasmesse attraverso la lingua, solo nell'uso della lingua prendono consistenza". E questo è un messaggio che ne implica un altro, e cioè che entrando nelle articolazioni di quella lingua la verità, gradevole o sgradevole, è conoscibile.
Maya Sansa: da Agrigento a Londra
Libertà 28.9.03
La protagonista del film “Buongiorno, notte” a soli 28 anni ha raggiunto prestigiosi riconoscimenti di critica e pubblico
Sansa: «Torno a Londra per fare teatro»
Scoperta da Bellocchio, ieri l'attrice ha ricevuto l'Efebo d'Oro
Agrigento. Giovedì ha compiuto 28 anni e ieri ad Agrigento ha ricevuto il premio speciale dell'Efebo d'Oro come attrice dell'anno. Il 2003 per lei non poteva essere migliore. E lei è Maya Sansa, giovane conferma del cinema italiano. A maggio era a Cannes con La meglio gioventù di Giordana, ad agosto a Locarno con Il vestito della sposa di Ornella Infascelli, a settembre a Venezia, brigatista in Buongiorno, notte il film di Bellocchio che legge il sequestro Moro non nella sua verità storica, ma “nella vita di famiglia” dei suoi lugubri rapitori. Ed è stata un'ascesa costante anche se la critica continua a definirla una “rivelazione”. Ma non lo si disse già quando debuttò ne La balia? Era il 1998 e proprio Bellocchio andò a scovare la giovane attrice romana alla prestigiosa Guildhall di Londra. «Appunto, mi piacerebbe essere vista come una conferma - ha commentato Maya mentre si apprestava a festeggiare nella sua casa un compleanno così felice -. Quando finisce il tempo della rivelazione? E comunque è stato un anno incredibile. Pieno di soddisfazioni per me e spero anche per gli spettatori». Che non hanno ancora visto il suo terzo impegnativo ruolo, quello di Mirella, una giovane donna che subisce uno stupro di gruppo alla vigilia della nozze. «Una donna che esce da una crisi nera, per rendersi disponibile alla vita ed accettare gli eventi». Maya, quanto deve alla sua faccia, bella e mediterranea con Giordana, avvolta in se stessa con Bellocchio, solare con la Infascelli? «Non lo so, non voglio esserne schiava, né essere prigioniera del mio sorriso. Faccio il mio mestiere cambiando esperienze e correndo dei rischi. Non aspiro ad essere la celebrità, la cui faccia è dappertutto. Voglio meritarmi il successo». A Venezia il Premio della critica l'ha definita matura ed emozionata. Che effetto fa? «Davvero hanno detto così? Bella definizione, mi rende molto felice. Ma l'apprendo adesso perché questo premio è arrivato quando al Lido non c'eravamo più, correvamo a Roma per superare la delusione del Leone mancato e festeggiare con il pubblico. Ma quest'è proprio un bel giudizio, non come le molte superficialità che ho letto». In compenso l'America è stata generosa. Gli Usa hanno accolto con favore “La meglio gioventù”, e Toronto ha applaudito “Buongiorno, notte”. «E' vero: per Marco Tullio Giordana una bellissima sorpresa. Non ce l'aspettavamo dopo l'ostruzionismo Rai, finalmente battuto dal giudizio del pubblico, tanto che il film passerà in tv tra febbraio e marzo. E in Canada bel viaggio, festival non competitivo, clima rilassante. E l'opera di Bellocchio è stata ricevuta in modo emozionante. Tanti vi hanno trovato paralleli con i tormenti del Quebec». Ma vediamo più da vicino Maya-Chiara. Com'è giunta al personaggio della terrorista che nella realtà fu quello di Anna Laura Braghetti, la “vivandiera” delle Brigate Rosse? «Documentandomi. All'epoca dei fatti avevo due anni e mezzo... Dovevo fare la brigatista, mi sono fidata dei loro racconti. Ho letto i loro libri, le loro interviste, evitando le dietrologie». E Braghetti s'è rifiutata di incontrarla… «Appunto, poteva almeno darci un contributo». Cosa le ha chiesto Bellocchio? «Di delineare un personaggio diverso dalla Braghetti: una donna sensibile, disciplinata, le cui passioni si frantumano molto rapidamente di fronte alla figura di Moro imprigionato. Lei vorrebbe prendersene cura ma non può. Il suo ruolo dovrebbe essere freddo e rigoroso, invece Chiara a un certo punto accetta l'emozione. E si sgretola». Com'era l'atmosfera del set? «Malgrado l'entusiasmo della troupe, la forte ispirazione, la stima di tutti verso il regista, prevaleva la dimensione claustrofobica: quella casa dentro Cinecittà e la cella dentro la casa. Il tutto concepito dal regista in modo che anche dal punto di vista tecnico fosse difficile muoversi». “Buongiorno, notte” l'ha cambiata? «Dopo ogni film scopro nuove cose di me. Questo mi ha svelato la rigidità, la cupezza, la chiusura interiore». Anche il suo volto sembra chiuso. «Sì, è vero, diversamente dalla Braghetti che nella realtà era sorridente, allegra, gioviale con i vicini, Chiara è chiusa, cupa, umbratile. Mai rilassata, i movimenti del suo corpo sono a scatti». La colonna sonora ha coinvolto gli attori? «A posteriori. Quella dei Pink Floyd è stata una scelta geniale di Francesca Calvelli, la compagna di Bellocchio. Marco se ne innamorò a tal punto che il film ha rischiato di non essere pronto per Venezia. Molte sequenze hanno dovuto essere rimontate. Per il regista è stata una scoperta di forte impatto, per gli attori una gioia. Musica emotiva, profonda, musica ribelle, implosiva». Che cos'è stato per lei lavorare con Bellocchio, che non sceglie mai lo stesso attore due volte? «Questa domanda mi emoziona e non riesco a trovare la risposta giusta, tale è stata la mia meraviglia. Sento Marco tanto vicino alla mia sensibilità. E il suo modo di comunicare le visioni mi tocca profondamente. Dopo due minuti che ci parli, ti coinvolge in un sogno». Aveva appena lasciato Lo Cascio ne “La meglio gioventù” e lo ha ritrovato nella parte del duro delle Br. «E' bello lavorare con lui, è estremamente professionale, ma non formeremo la nuova coppia del cinema italiano. Anzi è un'ipotesi che per un po' di tempo sarà meglio evitare». I suoi 28 anni? «Mi sento bene, mi piacciono i compleanni. E mi piace anche non aver paura di crescere». E ora? «Spero di tornare per un po' a Londra, magari per riprendere a fare teatro».
La protagonista del film “Buongiorno, notte” a soli 28 anni ha raggiunto prestigiosi riconoscimenti di critica e pubblico
Sansa: «Torno a Londra per fare teatro»
Scoperta da Bellocchio, ieri l'attrice ha ricevuto l'Efebo d'Oro
Agrigento. Giovedì ha compiuto 28 anni e ieri ad Agrigento ha ricevuto il premio speciale dell'Efebo d'Oro come attrice dell'anno. Il 2003 per lei non poteva essere migliore. E lei è Maya Sansa, giovane conferma del cinema italiano. A maggio era a Cannes con La meglio gioventù di Giordana, ad agosto a Locarno con Il vestito della sposa di Ornella Infascelli, a settembre a Venezia, brigatista in Buongiorno, notte il film di Bellocchio che legge il sequestro Moro non nella sua verità storica, ma “nella vita di famiglia” dei suoi lugubri rapitori. Ed è stata un'ascesa costante anche se la critica continua a definirla una “rivelazione”. Ma non lo si disse già quando debuttò ne La balia? Era il 1998 e proprio Bellocchio andò a scovare la giovane attrice romana alla prestigiosa Guildhall di Londra. «Appunto, mi piacerebbe essere vista come una conferma - ha commentato Maya mentre si apprestava a festeggiare nella sua casa un compleanno così felice -. Quando finisce il tempo della rivelazione? E comunque è stato un anno incredibile. Pieno di soddisfazioni per me e spero anche per gli spettatori». Che non hanno ancora visto il suo terzo impegnativo ruolo, quello di Mirella, una giovane donna che subisce uno stupro di gruppo alla vigilia della nozze. «Una donna che esce da una crisi nera, per rendersi disponibile alla vita ed accettare gli eventi». Maya, quanto deve alla sua faccia, bella e mediterranea con Giordana, avvolta in se stessa con Bellocchio, solare con la Infascelli? «Non lo so, non voglio esserne schiava, né essere prigioniera del mio sorriso. Faccio il mio mestiere cambiando esperienze e correndo dei rischi. Non aspiro ad essere la celebrità, la cui faccia è dappertutto. Voglio meritarmi il successo». A Venezia il Premio della critica l'ha definita matura ed emozionata. Che effetto fa? «Davvero hanno detto così? Bella definizione, mi rende molto felice. Ma l'apprendo adesso perché questo premio è arrivato quando al Lido non c'eravamo più, correvamo a Roma per superare la delusione del Leone mancato e festeggiare con il pubblico. Ma quest'è proprio un bel giudizio, non come le molte superficialità che ho letto». In compenso l'America è stata generosa. Gli Usa hanno accolto con favore “La meglio gioventù”, e Toronto ha applaudito “Buongiorno, notte”. «E' vero: per Marco Tullio Giordana una bellissima sorpresa. Non ce l'aspettavamo dopo l'ostruzionismo Rai, finalmente battuto dal giudizio del pubblico, tanto che il film passerà in tv tra febbraio e marzo. E in Canada bel viaggio, festival non competitivo, clima rilassante. E l'opera di Bellocchio è stata ricevuta in modo emozionante. Tanti vi hanno trovato paralleli con i tormenti del Quebec». Ma vediamo più da vicino Maya-Chiara. Com'è giunta al personaggio della terrorista che nella realtà fu quello di Anna Laura Braghetti, la “vivandiera” delle Brigate Rosse? «Documentandomi. All'epoca dei fatti avevo due anni e mezzo... Dovevo fare la brigatista, mi sono fidata dei loro racconti. Ho letto i loro libri, le loro interviste, evitando le dietrologie». E Braghetti s'è rifiutata di incontrarla… «Appunto, poteva almeno darci un contributo». Cosa le ha chiesto Bellocchio? «Di delineare un personaggio diverso dalla Braghetti: una donna sensibile, disciplinata, le cui passioni si frantumano molto rapidamente di fronte alla figura di Moro imprigionato. Lei vorrebbe prendersene cura ma non può. Il suo ruolo dovrebbe essere freddo e rigoroso, invece Chiara a un certo punto accetta l'emozione. E si sgretola». Com'era l'atmosfera del set? «Malgrado l'entusiasmo della troupe, la forte ispirazione, la stima di tutti verso il regista, prevaleva la dimensione claustrofobica: quella casa dentro Cinecittà e la cella dentro la casa. Il tutto concepito dal regista in modo che anche dal punto di vista tecnico fosse difficile muoversi». “Buongiorno, notte” l'ha cambiata? «Dopo ogni film scopro nuove cose di me. Questo mi ha svelato la rigidità, la cupezza, la chiusura interiore». Anche il suo volto sembra chiuso. «Sì, è vero, diversamente dalla Braghetti che nella realtà era sorridente, allegra, gioviale con i vicini, Chiara è chiusa, cupa, umbratile. Mai rilassata, i movimenti del suo corpo sono a scatti». La colonna sonora ha coinvolto gli attori? «A posteriori. Quella dei Pink Floyd è stata una scelta geniale di Francesca Calvelli, la compagna di Bellocchio. Marco se ne innamorò a tal punto che il film ha rischiato di non essere pronto per Venezia. Molte sequenze hanno dovuto essere rimontate. Per il regista è stata una scoperta di forte impatto, per gli attori una gioia. Musica emotiva, profonda, musica ribelle, implosiva». Che cos'è stato per lei lavorare con Bellocchio, che non sceglie mai lo stesso attore due volte? «Questa domanda mi emoziona e non riesco a trovare la risposta giusta, tale è stata la mia meraviglia. Sento Marco tanto vicino alla mia sensibilità. E il suo modo di comunicare le visioni mi tocca profondamente. Dopo due minuti che ci parli, ti coinvolge in un sogno». Aveva appena lasciato Lo Cascio ne “La meglio gioventù” e lo ha ritrovato nella parte del duro delle Br. «E' bello lavorare con lui, è estremamente professionale, ma non formeremo la nuova coppia del cinema italiano. Anzi è un'ipotesi che per un po' di tempo sarà meglio evitare». I suoi 28 anni? «Mi sento bene, mi piacciono i compleanni. E mi piace anche non aver paura di crescere». E ora? «Spero di tornare per un po' a Londra, magari per riprendere a fare teatro».
anoressia
Yahoo Notizie Venerdì 26 Settembre 2003, 18:09
Anoressia: Aumenta Tra Donne Over 40 e Bimbi Delle Elementari
Milano, 26 set. (Adnkronos) - Non si piacciono piu', hanno perso la fiducia in loro stesse. E per sentirsi piu' forti smettono di mangiare, perche' pensano che almeno inseguendo il 'mito' della magrezza riusciranno a sentirsi realizzate e ad accettarsi ancora. Sono le 'nuove anoressiche', ''donne sopra i quarant'anni'', non necessariamente deluse dalla vita, ma anzi ''spesso con una famiglia solida alle spalle. Un marito, dei figli''. A descrivere il fenomeno, ''mai visto prima ma emergente a livello internazionale ed evidente anche in centri come il nostro'', e' la professoressa Maria Gabriella Gentile dell'ospedale Niguarda di Milano, responsabile del Centro per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare. ''Accanto ai 'pazienti-tipo', ragazze dai 12-14 anni fino ai 25, il cui numero purtroppo continua a crescere - ha spiegato oggi l'esperta incontrando i giornalisti a margine delle Giornate di nutrizione clinica in corso a Niguarda - assistiamo a un aumento dell'anoressia tra le donne dai quarant'anni in su e tra i bambini minori di 11 anni'', che ancora vanno ancora alle elementari. Le malate adulte ''rappresentano l'1-2% circa del totale pazienti. Ma la percentuale spaventa molto - assicura Gentile - perche' fino a pochi anni fa di casi simili non ne esistevano proprio''. I motivi del nuovo fenomeno? ''Ogni paziente ha la sua storia, particolare e unica, quindi e' impossibile generalizzare e definire le ragioni di questa nuova tendenza'', risponde l'esperta. Nei bambini e' ancora piu' difficile, precisa. Di fondo, pero', almeno tra le 'over 40' che cadono nell'anoressia, si puo' riconoscere una sorta di denominatore comune: ''Una scarsa accettazione di se' e della propria immagine esteriore. E di conseguenza il lasciarsi andare alla tentazione di pensare che, almeno riuscendo a controllare freneticamente il peso, come impone il modello estetico della magrezza a tutti i costi, si possa raggiungere una certa realizzazione, un obiettivo''. Trattare questi 'nuovi malati' ''e' altrettanto difficile'', sottolinea la specialista, ricordando che ''l'anoressia, come pure la bulimia, anch'essa in crescita specie tra le donne e anche tra quelle adulte, e' una malattia molto complessa che necessita di un trattamento multidisciplinare''. Un lavoro di squadra si fa anche al Niguarda, ''tra i pochissimi ospedali pubblici italiani in grado di garantire a questi pazienti un'assistenza a 360 gradi. Su ogni caso discutono e operano insieme una ventina di persone tra nutrizionisti, psichiatri e psicoterapeuti, dietisti e infermieri professionali''. E da quest'anno, ha annunciato oggi la direzione dell'azienda ospedaliera, il Centro per disturbi del comportamento alimentare conta 27 letti tra degenza e day hospital, 15 in piu' di prima. In particolare, sei dei nuovi letti sono dedicati alla riabilitazione. (Opa/Adnkronos Salute)
Anoressia: Aumenta Tra Donne Over 40 e Bimbi Delle Elementari
Milano, 26 set. (Adnkronos) - Non si piacciono piu', hanno perso la fiducia in loro stesse. E per sentirsi piu' forti smettono di mangiare, perche' pensano che almeno inseguendo il 'mito' della magrezza riusciranno a sentirsi realizzate e ad accettarsi ancora. Sono le 'nuove anoressiche', ''donne sopra i quarant'anni'', non necessariamente deluse dalla vita, ma anzi ''spesso con una famiglia solida alle spalle. Un marito, dei figli''. A descrivere il fenomeno, ''mai visto prima ma emergente a livello internazionale ed evidente anche in centri come il nostro'', e' la professoressa Maria Gabriella Gentile dell'ospedale Niguarda di Milano, responsabile del Centro per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare. ''Accanto ai 'pazienti-tipo', ragazze dai 12-14 anni fino ai 25, il cui numero purtroppo continua a crescere - ha spiegato oggi l'esperta incontrando i giornalisti a margine delle Giornate di nutrizione clinica in corso a Niguarda - assistiamo a un aumento dell'anoressia tra le donne dai quarant'anni in su e tra i bambini minori di 11 anni'', che ancora vanno ancora alle elementari. Le malate adulte ''rappresentano l'1-2% circa del totale pazienti. Ma la percentuale spaventa molto - assicura Gentile - perche' fino a pochi anni fa di casi simili non ne esistevano proprio''. I motivi del nuovo fenomeno? ''Ogni paziente ha la sua storia, particolare e unica, quindi e' impossibile generalizzare e definire le ragioni di questa nuova tendenza'', risponde l'esperta. Nei bambini e' ancora piu' difficile, precisa. Di fondo, pero', almeno tra le 'over 40' che cadono nell'anoressia, si puo' riconoscere una sorta di denominatore comune: ''Una scarsa accettazione di se' e della propria immagine esteriore. E di conseguenza il lasciarsi andare alla tentazione di pensare che, almeno riuscendo a controllare freneticamente il peso, come impone il modello estetico della magrezza a tutti i costi, si possa raggiungere una certa realizzazione, un obiettivo''. Trattare questi 'nuovi malati' ''e' altrettanto difficile'', sottolinea la specialista, ricordando che ''l'anoressia, come pure la bulimia, anch'essa in crescita specie tra le donne e anche tra quelle adulte, e' una malattia molto complessa che necessita di un trattamento multidisciplinare''. Un lavoro di squadra si fa anche al Niguarda, ''tra i pochissimi ospedali pubblici italiani in grado di garantire a questi pazienti un'assistenza a 360 gradi. Su ogni caso discutono e operano insieme una ventina di persone tra nutrizionisti, psichiatri e psicoterapeuti, dietisti e infermieri professionali''. E da quest'anno, ha annunciato oggi la direzione dell'azienda ospedaliera, il Centro per disturbi del comportamento alimentare conta 27 letti tra degenza e day hospital, 15 in piu' di prima. In particolare, sei dei nuovi letti sono dedicati alla riabilitazione. (Opa/Adnkronos Salute)
a proposito dell'articolo del Washington Post (vedi il testo integrale originale, più sotto in questo blog)
La Gazzetta del Sud domenica 28 settembre 2003
Il giornale Usa «Washington Post» analizza il film di Bellocchio
«Aldo Moro come John Kennedy»
ROMA – Il rapimento, la prigionia e la morte di Aldo Moro hanno avuto lo stesso impatto in Italia dell'assassinio del presidente John Kennedy in America: è questa la premessa di Daniel Williams in un lungo articolo pubblicato sull'autorevole quotidiano «Washington Post» dedicato a Marco Bellocchio e al suo discusso film «Buongiorno, notte» sul caso Moro, interpretato da Roberto Herlitzka. Per far capire quanto la vicenda di Aldo Moro abbia influito sulla storia italiana e sia stata sconvolgente per le sue implicazioni anche attuali, il giornale si richiama all'assassinio del presidente americano: indagini su indagini, teorie su teorie, fiumi di parole, articoli, libri e film. L'articolo rievoca per i lettori americani quanto accaduto in Italia in quei terribili anni '70, descrivendo per sommi capi il susseguirsi degli eventi: dal «compromesso storico» fino alla tragica mattina del 16 marzo 1978 quando Moro fu rapito dalle Brigate Rosse e gli uomini della sua scorta ammazzati brutalmente, per arrivare al film di Bellocchio e alla sua ispirazione che prende le mosse dal libro «Il prigioniero» dell'ex brigatista Anna Laura Braghetti. «Io ero interessato a descrivere la vita quotidiana dei terroristi, le loro abitudini e i loro pensieri», dice il regista in una frase riportata dal «Post» nell'articolo che si chiude con quanto dichiarato da Paola Tavella, la giornalista che ha collaborato alla stesura del libro della Braghetti. Con questo film – sostiene la Tavella – si chiude il ciclo delle teorie della cospirazione riguardo a Moro: «Si mette così la parola fine a tutte queste storie di misteri. Moro fu ucciso da quattro persone che lo tennero prigioniero in un appartamento di Roma. Le teorie sulla cospirazione – conclude la Tavella – sono credute solo da coloro che non vogliono guardare in faccia alla loro generazione».
Il giornale Usa «Washington Post» analizza il film di Bellocchio
«Aldo Moro come John Kennedy»
ROMA – Il rapimento, la prigionia e la morte di Aldo Moro hanno avuto lo stesso impatto in Italia dell'assassinio del presidente John Kennedy in America: è questa la premessa di Daniel Williams in un lungo articolo pubblicato sull'autorevole quotidiano «Washington Post» dedicato a Marco Bellocchio e al suo discusso film «Buongiorno, notte» sul caso Moro, interpretato da Roberto Herlitzka. Per far capire quanto la vicenda di Aldo Moro abbia influito sulla storia italiana e sia stata sconvolgente per le sue implicazioni anche attuali, il giornale si richiama all'assassinio del presidente americano: indagini su indagini, teorie su teorie, fiumi di parole, articoli, libri e film. L'articolo rievoca per i lettori americani quanto accaduto in Italia in quei terribili anni '70, descrivendo per sommi capi il susseguirsi degli eventi: dal «compromesso storico» fino alla tragica mattina del 16 marzo 1978 quando Moro fu rapito dalle Brigate Rosse e gli uomini della sua scorta ammazzati brutalmente, per arrivare al film di Bellocchio e alla sua ispirazione che prende le mosse dal libro «Il prigioniero» dell'ex brigatista Anna Laura Braghetti. «Io ero interessato a descrivere la vita quotidiana dei terroristi, le loro abitudini e i loro pensieri», dice il regista in una frase riportata dal «Post» nell'articolo che si chiude con quanto dichiarato da Paola Tavella, la giornalista che ha collaborato alla stesura del libro della Braghetti. Con questo film – sostiene la Tavella – si chiude il ciclo delle teorie della cospirazione riguardo a Moro: «Si mette così la parola fine a tutte queste storie di misteri. Moro fu ucciso da quattro persone che lo tennero prigioniero in un appartamento di Roma. Le teorie sulla cospirazione – conclude la Tavella – sono credute solo da coloro che non vogliono guardare in faccia alla loro generazione».
un minestrone sulle religioni, da leggersi, se si voglia, in cinque minuti di noja
http://italy.indymedia.org
Tratto da: http://www.vency.com/IGNOMINIE.html
Ignominie, idiozie e curiosita’
nelle varie religioni.
_____________________
Preghiera rivolta dagli Ainu dell’isola di Hokkaido all’orso sacro, al momento del suo sacrificio:
“Non avere paura, non ti faremo nulla di male. Ti uccidiamo solo per rimandarti al dio dei boschi, che ti vuole bene. Ti prepareremo un buon pasto. Il migliore che tu abbia mai avuto. L’Ainu che ti uccidera’ e’ uno dei nostri migliori cacciatori. Vedi che gia’ piange e ti chiede perdono. Noi piangeremo tutti insieme per te. … Noi ti vogliamo molto bene e i nostri figli non ti dimenticheranno mai. “
Ma l’orso, si sara’ consolato, dopo aver ascoltato ‘la preghiera’?
Secondo la tradizione Maya, l’uomo e’ stato formato da una pannocchia di mais, dopo due tentativi falliti: uno con l’argilla, l’altro con il legno.
I Maya si preparavano alle cerimonie piu’ importanti con il digiuno, la confessione dei peccati e l’astensione dai rapporti sessuali. Talvolta, nelle cerimonie, si compivano comunque sacrifici umani.
Secondo i Daiacchi, una popolazione del Borneo, gli esseri umani hanno diverse anime. Una, la tondi, presente anche negli animali, nelle piante e nelle pietre. Una, che si separa dall’uomo alla sua morte. Una, hambarvan, conservata nella vita terrena; una, liau, in quella ultraterrena, che consente loro di raggiungere la terra dei morti, una misteriosa e meravigliosa isola paradisiaca.
Cibele, dea della fecondita’ di origine Frigia, rappresentata come Magna Mater nel pantheon romano [204 a.c.], era simboleggiata con una pietra nera [forse un meteorite] proveniente dal tempio di Cibele a Pessinunte.
Cibele, violentata nel sonno da Zeus, ebbe il figlio ermafrodito Attis. Dioniso lo ubriaco’, quindi gli lego’ il membro ad un pino, di modo che’ tornando poi in se’ e alzandosi di scatto, Attis si autoevirasse. Tutto avvenne come predisposto. In piu’, dal sangue di Attis sorse un albero, i cui frutti ingravidarono la figlia del dio del fiume Sangario. Ne nacque un secondo Attis, di cui si innamoro’ Cibele, che tuttavia, indispettita dalle attenzioni rivolte da lui ad una principessa concorrente, lo fece impazzire a tal punto, che Attis II° si eviro’ da se’.
Nella cerimonia di iniziazione al culto di Attis e Cibele, gli adepti stavano in una fossa sovrastata da un graticcio di legno, sopra la quale veniva sgozzato un toro o un montone sacrificale. Il sangue che si riversava cosi’ su quelli che stavano sotto, li rendeva ‘rinati per l’eternita’.
I candidati sacerdoti del culto dei misteri di Attis, per ricordare la morte del dio, si infliggevano la castrazione in pubblici cortei.
Nella consacrazione del tempio del dio del sole Huitzilopochtli [...], gli Aztechi sacrificarono 70.000 prigionieri di guerra [era il 1486; Colombo ci stava ancora pensando].
Secondo Rummel [2002], storico dell’Universita’ delle Hawaii, hanno fatto la stessa fine almeno un milione di prigionieri ‘sacrificali’, nei cent’anni che precedettero la fine dell’impero Azteco.
Il dio Titlacahuan veniva comunemente raffigurato con una sola gamba.
Ai sacerdoti della dea dell’immondizia, Tlaelquani, si potevano confessare i peccati di adulterio.
Per celebrare la primavera e propiziarsi la redditivita’ della semina, gli Aztechi offrivano al dio della fertilita’ Xipe Totec sacrifici umani: le vittime venivano scorticate vive, e la loro pelle veniva indossata dai sacerdoti celebranti.
Alcuni loro riti ricordavano stranamente quelli del cristianesimo: era praticato il battesimo dei bambini con l’acqua, si praticavano la confessione, e il banchetto sacro [la carne delle vittime sacrificali veniva mangiata a significare la comunione con la divinita’]; si faceva anche un uso simbolico della croce.
Il culto del sole esigeva che si offrissero sacrifici umani alle divinita’, almeno 18 volte all’anno [ogni 20 giorni circa]. Oltre alla scorticatura ‘in vivo’, veniva praticata anche l’offerta del cuore, che veniva strappato caldo alle vittime sacrificali ancora vive. Alle volte le vittime venivano immolate col fuoco; talaltre, con dei coltelli.
Tale ritualita’ veniva soddisfatta con prigionieri di guerra; cosicche’ gli Aztechi dovevano intraprendere continuamente campagne militari contro le popolazioni vicine, per disporre di prigionieri e cosi’ tener buoni gli dei.
Hammurabi ricevette il ‘libro delle leggi’, il famoso ‘Codice di Hammurabi’ [1728 - 1686 a.c.], dalle mani stesse del dio del sole, Shamash. I 282 paragrafi del ‘Codice’, che definiscono la giurisprudenza locale nei confronti della divinita’, della proprieta’, della vita, della famiglia, dei gruppi sociali, sono ispirati alla cosiddetta ‘legge del taglione’: “Se uno strappa un occhio ad un altro, allora gli sara’ strappato un occhio; se uno rompe un osso ad un altro, allora gli verra’ rotto un osso; … se un patrizio strappa un occhio o rompe un osso a un plebeo, paghera’ una moneta d’argento; …” [...]
Agli ammalati, che a quell’epoca avevano veramente poche speranze di saltarne fuori, i sacerdoti consigliavano una specie di confessione - preparazione al peggio, con una serie di domande molto simili ai dieci comandamenti: ‘Aveva [il penitente] peccato contro Dio? Disprezzato il padre e la madre? Rubato nella casa del vicino? Commesso adulterio con la moglie del vicino? Ucciso qualcuno? Raccontato frottole?’
Gli adepti del movimento religioso Ananda Marga, "Societa’ per la diffusione del cammino della felicita", sorta nel 1955, sono tenuti ad indossare un tipo di mutande - le langota - .. che si allacciano in modo tale da tenere il pene verso l’alto e i testicoli aderenti al corpo, cosi’ da ridurre le eccitazioni sessuali…’
Ogni giorno il babista [adepto del movimento religioso di derivazione islamico-sciita, fondato dal persiano Mizra Ali Muhammad - 1820-1850] deve leggere 19 versi del libro sacro [Bayan] e ogni 19 giorni deve ospitare 19 persone.
La religione Baha’i [derivazione del babismo, fondata in Persia nel 1863 e con sede principale ad Haifa] si considera ‘.. la nona e ultima religione rivelata, dopo la sabea [regno di Saba, X° secolo a.c.], l’ebraica, l’induista, la zoroastriana, la buddista, la cristiana, l’islamica e la babista.’
L’esercizio liturgico e’ accompagnato dalla lettura dei testi sacri delle altre religioni, quali il Pentateuco degli ebrei, il Nuovo testamento dei cristiani, il Corano dei mussulmani, il Bayan dei babisti; anche se il testo sacro per eccellenza rimane il ‘Libro della certezza’ [kitab al-akdas] redatto dal bahaista Baha’ U’llah, in soli due giorni e due notti del 1873.
Per l’attivita’ di reclutamento ["flirty fishing"] di affiliati, il Manuale del Movimento dei Bambini di Dio [fondato ad Huntington Beach, CA, nel 1969 da David Berg, detto Mose’ (...)] affida alle donne, dette ‘esche di Gesu’ ‘, un rilievo particolare: “Nessun reggiseno! Camicette trasparenti! Mostrate cio’ che avete. In questo consiste l’esca… devono innamorarsi di voi”. Per il movimento, del resto, nessun comportamento e’ peccaminoso se viene compiuto a fini spirituali.
La figlia Faith del fondatore del movimento, si e’ definita ‘figlia del dio di Hollywood’.
In vecchiaia, nel fondatore Berg e’ aumentata l’attenzione per la sessualita’: “Noi abbiamo un Dio sessuale, una fede sessuale, una guida sessuale e un seguito sessuale. Dunque, quando tu non pratichi il sesso, ti allontani da noi.”
Il Movimento prevedeva per il 1993 un ritorno di Cristo; ma nessuno pare l’abbia visto in circolazione; o almeno non fu riferito dai media.
Secondo i Testimoni di Geova, setta fondata a Pittsburgh alla fine del millesettecento da un commerciante di pollastri, tale C.T.Russell, avrebbe dovuto esserci una specie di ‘fine del mondo’ intorno al 1914. Non ci fu. Ci si oriento’ per il 1918; poi il 1925; poi il 1975. Ma ando’ sempre buca. Ora si propende per una fine “imminente”, senza precisarne la data.
Il Signor Armstrong, fondatore delle Chiese di Dio ["Churches of God"], aveva previsto una certa qual fine del mondo tra il 1972 e il 1977: anche lui e’ nel mucchio di quelli che sono stati smentiti, com’ e’ ben noto.
Anche Cristo pare andasse predicando che era in arrivo la fine del mondo... duemila anni fa'. Stiamo ancora aspettando!
Secondo la mitologia Bon, religione tibetana indigena e pre-buddistica, i primi sette re del Tibet sono discesi dal cielo sulla terra, per mezzo di una corda tesa per loro dai dmu-tag [“spiriti della natura”]; la stessa corda sarebbe stata utilizzata per la loro salita al cielo [a forza di braccia] alla fine della loro vita.
Il Brahmano dispone del brahman, una giaculatoria che possiede insieme un potere religioso e un carattere magico, capace di assoggettare gli dei alla volonta’ e ai desideri degli uomini. Dice un proverbio indiano: “il cosmo intero e’ sottomesso agli dei, gli dei sono sottomessi alle implorazioni, e le implorazioni le fanno i brahmani. Percio’ i brahmani sono i nostri dei”.
La suddivisione della societa’ indiana in caste [dei sacerdoti; dei nobili e dei guerrieri; dei contadini, degli artigiani e dei commercianti - degli ariani; degli impuri o intoccabili, servitori e schiavi] e’ un dogma religioso. L’appartenenza ad ogni casta infatti, e’ stabilita dalla dottrina del samsara [legge della reincarnazione] e del karma, secondo la quale la condizione di vita attuale e’ determinata rigorosamente e inevitabilmente dal comportamento seguito nelle vite precedenti.
Secondo la tradizione, un brahmano che sia avido di denaro, per effetto della legge del karma, rinasce maiale.
La ‘molto acuta’ illuminazione del Buddha:
“ La nascita e’ dolore; la vecchiaia e’ dolore; la malattia e’ dolore; la morte e’ dolore; l’unione con cio’ che non si ama e’ dolore; la separazione da cio’ che si ama e’ dolore. Dolore e’ non raggiungere cio’ che si desidera. La verita’ sull’origine del dolore e’ la bramosia, che si rinnova ad ogni rinascita, la ricerca del piacere nelle cose terrene; la bramosia del divenire e dell’essere…”
Ed ecco la terapia: “la cessazione della bramosia e quindi del dolore, si compie attraverso l’annullamento dei desideri, il distacco assoluto da tutto cio’ che si desidera, raggiungibile mediante l’ottuplice sentiero: retta visione, retta risoluzione, retto parlare, retto agire, retto modo di sostentarsi, retto sforzo, retta concentrazione, retta meditazione.” [...]
Buddha, secondo la tradizione, avrebbe scelto consapevolmente di scendere tra gli uomini, assumendo la forma di un elefante bianco, e come tale penetrare nel grembo verginale della regina Maya [ma che esagerazione, perdio! Non sarebbe bastato assumere la forma di un topolino bianco?].
Al momento della morte del Buddha la terra prende a tremare e grandi tuoni si scatenano in un cielo nero di tempesta [sospetto che la stessa cosa sia accaduta circa 600 anni dopo a un tale che chiamavano Gesu’; o almeno cosi’ han detto gli evangelisti].
Quando gli viene chiesto se esista una divinita’ trascendente, Buddha da’ un’alzata di spalle e se ne va per la sua strada.
Ai monaci buddhisti non e’ consentito uscire dal monastero e andarsene a passeggio nei mesi monsonici, poiche’ camminando calpesterebbero inevitabilmente i nuovi germogli e una quantita’ di nuovi esseri viventi.
I monaci buddhisti possono abbandonare l’ordine liberamente, in qualsiasi momento. Sono espulsi d’imperio in caso di omicidio, furto e sesso estremo. L’onanismo comporta solo l’allontanamento temporaneo dal monastero.
Nel buddhismo tibetano, la recitazione delle formule sacre e’ molto tecnologicizzata: e’ effettuata con le ‘ruote di preghiera’, che sono cilindri metallici con appese 12 strisce di carta, ognuna con 41 righe di testo; ogni singola riga reca per 60 volte la scritta ‘om mani padme hum’ [“onore al gioiello del loto”]. Quando le si da’ una spinta, la ruota puo’ compiere piu’ di 100 giri al minuto, cosicche’ e’ come se la formula rituale fosse ripetuta 12x41x60x100 = 2.952.000 volte al minuto. Con una buona spinta, si puo’ anche superare questo primato.
Ma i piu’ indolenti, hanno pensato bene di astenersi dallo ‘sforzo’ rituale della ‘spinta’ alla ruota; ne hanno apprestati dei modelli piu’ leggeri, che posti sopra al caminetto sono mossi dall’aria calda che sale verso l’alto; le ruote non girano cosi’ forte, ci vuole piu’ tempo per raggiungere un analogo risultato; ma si ‘prega’ ugualmente tantissimo, e si fa meno ‘fatica’!
Nella puja, rito di meditazione del buddhismo tantrico, i devoti concludono l’atto rituale con un completo rapporto sessuale. A livello simbolico, ci si ricollega all’unione sessuale del dio Siva con la dea Durga, un’unione che rimanda all’unita’ cosmica.
Gli induisti applicano sulla fronte ogni mattina un segno colorato, il tika, in corrispondenza del ‘terzo occhio’, alla radice del naso.
Dalle sacre scritture Indu: “Gli dei sono gratificati con i sacrifici… Non si fanno sacrifici, senza latte cagliato e ghee [burro chiarificato?]… quindi le vacche, da cui derivano latte e ghee, sono indispensabili al sacrificio…dunque le vacche sono sacre. .. non c’e’ nulla di piu’ sacro delle vacche… Non si devono intralciare le vacche in alcun modo…Non si deve mai mangiare carne di vacca…Ci si puo’ sedere su sterco secco di vacca…Non si deve avere alcuna ripugnanza per l’orina e lo sterco di vacca…Non c’e’ dubbio che l’orina e lo sterco di vacca posseggono incalcolabili virtu’. .. ‘ [ricetta] per ‘pulizia’ intestinale: bere per tre giorni orina calda di vacca; bere per tre giorni ghee caldo di vacca; e per tre giorni vivere di aria. ‘
Lo sterco di vacca e’ un efficace disinfettante... Prendendo un bagno in acqua mista a sterco di vacca, ci si santifica.
Ogni mattina, la gente deve inchinarsi con rispetto davanti alle vacche. “
[ Mahabharata, Anusasana Parva, Sez. LXXXIII-LXXVII-LXXVI ] < http://www.hinduism.org.za/>
Ngo-Van-Chieu [Saigon, 1878 -1934], di educazione confuciana e di religione taoista, divenuto poi funzionario del governo coloniale francese, si sentiva ‘chiamato’ a fare qualcosa di eccelso ma non sapeva bene cosa. Finalmente nel 1925 parlo’ con Dio stesso che gli ordino’ di dare vita ad una comunita’ religiosa da chiamarsi Caodaismo, con a capo un amico suo, il ricco Le-Van-Trung, che aveva due anni piu’ di lui, e che pochi anni dopo fu addirittura proclamato “Papa” del Caodaismo. Il Papa Caodaista e’ affiancato nel suo far poco ‘da tre ho-phap [cardinali], otto don-sus [arcivescovi], trentotto phoi-sus [vescovi], una settantina di giao-sus [preti di prima categoria], e circa tremila sacerdoti semplici.’
La gerarchia e’ aperta anche alle donne, fatta eccezione per il papato.
I cartaginesi tenevano in gran conto i fanciulli, tanto che all’occorrenza - in caso di emergenza sanitaria, aggressione da parte di gente bellicosa, e comunque di difficolta’ di ogni tipo che richiedessero l’intervento propiziatorio / liberatorio della divinita’ - ne ammucchiavano un po’ sulle ginocchia della statua di Baal-Hammon [un parente stretto di Zeus], in modo che da qui’ si potessero far cadere tutti quanti - attivando un apposito congegno - nella fossa sottostante, in cui era predisposto opportunamente un gran fuoco sacro per l’arrostimento ‘in vivo’. Pare che quando furono un po’ pressati dalle furie guerresche di Agatocle di Agrigento, ne abbiano ‘sacrificati’ almeno 200 in una solo mattina, [...].
I Celti irlandesi [500 - 300 a.c.] s’erano inventati un bel paradiso con tutti i divertimenti, ben prima di Maometto. Infatti, nell’Avalon, l’isola paradisiaca nella quale andavano a trovar posto dopo la morte, i defunti rinascevano a nuova vita, tra sfolgorio di colori, musiche, danze, grandi banchetti e sesso a volonta’.
Nelle religioni dell’Arabia settentrionale si votavano al culto pietre lavorate, sassi, meteoriti, dopo averle ben immerse nel sangue di animali sacrificali, per dar loro un po’ di colore appropriato. I fedeli si divertivano a girare intorno alle pietre come fanno i girotondisti, a piedi o in cammello, e le baciavano tante volte, quanto necessario per ingraziarsi le divinita’. Le pietre piu’ famose sono quella nera della Kaaba alla Mecca, e quella bianca di Du-I-Halasa, a Tabala.
Da una stima recente, pare che gli atei siano in tutto circa 200 milioni: il 3% della popolazione attuale. [...]
Il dogma dell’ infallibilita’ del papa cattolico, decretato nel Concilio Vaticano I°, 1869 - 1870, e’ rifiutato da diversi movimenti cristiani, tra i quali l’Unione di Utrecht, che contesta anche la confessione, il celibato sacerdotale e il culto dei santi.
Al Consiglio Mondiale delle Chiese, che raggruppa piu’ di 300 chiese cristiane, con circa 400 milioni di adepti, non partecipa la Chiesa cattolica, che considera irrinunciabile il primato del pontefice.
Le analogie tra il mitraismo e il cristianesimo sono sorprendenti. Antica religione indo-iraniana divenuta la principale religione persiana nel III° secolo bc, il Mitraismo fu molto seguito a Roma, da qui si diffuse nell' europa centrale. Secondo la tradizione, il dio Mithra, intermediario tra la divinita' suprema Ormudzt e l'umanita', adorato come redentore delle anime', in perpetua lotta con Ahriman, una specie del diavolo cristiano, e' nato nel solstizio d'inverno [~ 25 dicembre], da una donna vergine, chiamata 'Madre di dio'. Essendosi il dio integrato con il sole, veniva spesso effigiato con un alone di luce attorno alla testa. Gli adepti del Mitraismo dovevano assogettarsi ad una specie di battesimo; Mithra veniva idolatrato la domenica; durante le celebrazioni, veniva consumato un 'pasto sacro' detto 'myasda', a base di pane e di vino, simboli del corpo e del sangue del dio. Gli adepti potevano sperare in una forma di vita eterna dopo la morte. Il leader del Mitraismo era un Papa. Fanno parte dell'iconografia abituale del Mitraismo, una grossa chiave, necessaria per aprire i cancelli celesti, che dovevavno essere attraversati dalle anime dei defunti. Anche i preti Mitraisti portavano come copricapo la 'mitra', come i vescovi cattolici. Anche Mitra era un dio-salvatore [pare che non fosse siciliano, malgrado il nome] che, dopo un'ultima cena con i suoi amici, era morto e poi risorto la domenica.
Il centro di massima diffusione del Mitraismo era Tarso, la citta' natale di S. Paolo, nel sud-est della Turchia. [F. Cumont, 1956, 'The Mysteries of Mithra'; M. J. Vumaseren, 1963, 'Mithras, the Secret God']
Miti e riti del Cristianesimo, sono quasi in tutto sovrapponibili a quelli del Mitraismo. E’ vero che il Cristianesimo subentro’ al Mitraismo, occupandone anche i luoghi di culto sotterranei [i mitrei], ma vien quasi da chiedersi allora se c’e’ qualcosa di autentico, autonomo dal mitraismo, nel cristianesimo.
Anche Wovoka, l’indiano americano nato Jack Wilson [1856-1939], si dichiarava figlio di dio, sceso sulla terra per combattere gli invasori bianchi. La sua religione, la Danza degli Spiriti [Ghost Dance], imponeva l’esecuzione di una danza che durava ininterrottamente per 5 giorni, officiata da un cerimoniere che stava al centro della cerchia dei danzatori, brandendo una piuma d’aquila e ancheggiando ritmicamente. Dopo i cinque giorni, i danzatori crollavano - qualcuno anche prima dei 5 giorni - sfiniti. In questo sfinimento, si mettevano in comunicazione con i principi elementari della natura [...], e gli spiriti degli antenati.
I cultori dei Misteri Dionisiaci potevano raggiungere, nel corso di feste orgiastiche, stati di ‘estasi suprema’, durante i quali dilaniavano con le mani nude animali vivi e ne divoravano le carni calde, in memoria della fine di Dioniso - dilaniato e divorato vivo dai titani, secondo la tradizione - e per stabilire un’unione mistica col dio.
Gli adepti della ‘Missione della divina luce’ [movimento fondato nel 1960 da Sri Hamsa Ji Maharaj Ji] si danno molto da fare nel rito della charamopuja, durante il quale procedono ad un lavaggio accurato dei piedi del guru fondatore - si sa, questi mistici camminano scalzi, e dopo bisogna ben fare un po’ di pulizia - e alla fine ne bevono l’acqua sacralizzata dall’utilizzo.
Tra l’altro, i fedeli di questo Movimento, devono compiere, per almeno due ore al giorno, 4 tipi di meditazione: vedere la Luce divina; ascoltare la musica celeste; percepire la parola divina; gustare il nettare celeste.
Secondo l’antica tradizione egizia, il dio Atum, generatore di tutti gli altri dei, e’ nato da se stesso.
Iside, sorella e sposa di Osiride, concepi’ il dio Horus accoccolandosi, sotto forma di sparviero, sul cadavere di Osiride. [Quando si dice il gusto dell’orrido!]
Anche la ritualita’ egizia comportava che al mattino il sommo sacerdote entrasse nel luogo piu’ sacro del tempio, dopo aver ben incensato l’ambiente, per dare-aria e salutare la divinita’ con canti e invocazioni; quindi la spogliasse [gli abiti smessi erano ambiti per fasciarne i morti] e, dopo blando lavaggio la rivestisse con bianchi tessuti di bucato, la ungesse con un po’ d’olio solare, e la truccasse con belletti colorati verdi, ocra e neri. Infine, veniva presentata alla divinita’ un’ offerta di succo di frutta, brioches e vino, colazione regolarmente rifiutata dalla divinita’, ma consumata volentieri da altri.
Il dio Charun, nella religione etrusca, distaccava e liberava l’anima dal corpo dei defunti, con un colpo di martello [...].
Pare che Odino, della mitologia germanica, gradisse i sacrifici umani. In suo onore infatti, venivano impiccati tutti i prigionieri catturati in battaglia, [...]; ed era percio’ detto anche, e giustamente, dio dell’impiccagione. Ma non si accontentava di un po’ di prigionieri impiccati ogni tanto - anche se i germanici si davano da fare [...] - ma gradiva anche un po’ di schiavi, di fuorilegge, di criminali di primo pelo [...]
I Digambara, adepti di una corrente scismatica del Jainismo [religione indiana del V° secolo a.c.] sostenevano che i monaci dovevano vivere sempre completamente nudi, ‘vestiti d’aria’, in quanto gli abiti costituivano un ostacolo alla ‘liberazione’ fisica e spirituale.
Nel giudaismo, il sabato e’ il giorno del riposo e della santificazione. Il riposo deve essere assoluto. Anche le passeggiate debbono essere brevi [Esodo 16,29], e comunque la distanza percorsa deve essere inferiore ad un Km circa. Chi cammina di piu’, compie peccato mortale:
“32 Mentre gli Israeliti erano nel deserto, trovarono un uomo che raccoglieva legna in giorno di sabato. 33 Quelli che l'avevano trovato a raccogliere legna, lo condussero a Mosè, ad Aronne e a tutta la comunità. 34 Lo misero sotto sorveglianza, perché non era stato ancora stabilito che cosa gli si dovesse fare. 35 Il Signore disse a Mosè: «Quell'uomo deve essere messo a morte; tutta la comunità lo lapiderà fuori dell'accampamento». 36 Tutta la comunità lo condusse fuori dell'accampamento e lo lapidò; quegli morì secondo il comando che il Signore aveva dato a Mosè. “ [Numeri 15, 32 - non sono numeri del lotto, intendiamoci].
[...]
Pare che “il comandamento fondamentale” dell’ebraismo sia la circoncisione, da effettuarsi all’ottavo giorno dopo la nascita.
Pare che rappresenti ‘il simbolo e il rito - non certo di grande elevatezza culturale - tramite il quale si entra a far parte dell’Alleanza che dio stipulo’ con Abramo.
E le bambine, niente Alleanza?
La preghiera ebraica e’ connessa con tre aggeggetti particolarissimi: il tallit, gli zizit e i tefillin. Il tallit e’ un rettangolo di tessuto bianco, con agli angoli delle nappe, delle frange, gli zizit appunto [«Parla agli Israeliti e ordina loro che si facciano, di generazione in generazione, fiocchi agli angoli delle loro vesti e che mettano al fiocco di ogni angolo un cordone di porpora viola. 39 Avrete tali fiocchi e, quando li guarderete, vi ricorderete di tutti i comandi del Signore….” NUMERI 15,38].
I tefillin sono custodie quadrangolari di cuoio da fissare al braccio all’altezza del cuore; contengono quattro passi della Torah [Esodo 13, 1-10, 11-16; Deuteronomio 6, 4-9; 11, 13-21] scritti su rotolini di carta. Guai a non indossare questi aggeggi alla preghiera del mattino, tutti i giorni feriali; ma non al sabato o nei giorni festivi, beninteso; ci sono precise prescrizioni scritte in proposito [Esodo, 13,9; Deuteronomio 6,8 e 11,18]. Chi tocca i tefillin, di sabato, muore.
A differenza di - forse - tutte le altre religioni, quella greca non si fondava sulla rivelazione, ma sull’animo umano.[...]
Per Omero, i defunti si consumavano nel ricordo e nel rimpianto della vita terrena, senza che la loro condizione avesse riferimento alcuno con quello che avevano fatto in vita.
Il dio Asclepio, o Esculapio, figlio di Apollo e Coronide, era nato ad Epidauro, dove da tempo [V° secolo a.c.] avvenivano guarigioni prodigiose. Medico degli dei, Esculapio [cosi’ rinominato dai Romani] andava in giro per Epidauro, Pergamo, e l’isola di Kos, compiendo guarigioni miracolose, strepitose; era tanto venerato per le sue capacita’ taumaturgiche, da essere considerato ancora da Giovanni evangelista, un temibile concorrente di Gesù Cristo.
Il Movimento degli Hare-Krsna prescrive agli adepti di condurre una vita sessuale morigerata, with sexual intercourses esclusivamente tra coniugi: non piu’ di un rapporto sessuale al mese; e sempre con intenzioni procreative.
Tra le altre idiozie del Movimento di Hare-Krsna, va ricordato che il principale imperativo del culto e’ la ripetizione di uno stupidissimo ‘mantra’ di 16 vocaboli [“Hare-Krsna, Hare-Krsna, Krsna, Krsna, Hare, Hare, Hare-Rama, Hare-Rama, Hare-Rama, Hare, Hare”], che va cantato almeno 1728 volte al giorno.
Si possono comprare nei supermercati delle collane apposite, come i rosari, per tenere il conto, costituite da 108 grani ciascuna; basta farle girare 16 volte: 16x108 = 1728; quelli che hanno meno di 16 dita - comprese quelle dei piedi, beninteso - possono comprare un secondo rosario, appositamente predisposto con 16 grani.
William Wade’ Harris, il fondatore [1910] del Movimento di Harris, dice di aver ‘visto’ l’Arcangelo Gabriele - e’ sempre in giro a far pasticci, sto Gabriele - che gli ha raccontato un po’ delle solite storielle sulla divinita’ e contorni, e lo ha nominato profeta di una nuova religione per la conversione dell’Africa Occidentale.
Anche il nono Inca, Cusi Yupanqui [1438-1471] ha avuto delle visioni; ma invece dell’arcangelo Gabriele, che non aveva ancora scoperto l’America, si era visto davanti il dio sole, in persona. E non fini’ accecato; non si sa come. Miracolo, fu?
Le sacerdotesse Inca, vergini, vivevano in monasteri molto riservati, a massima castita’ controllata. Quelle che violavano la consegna venivano seppellite vive e l’uomo veniva subito strangolato; li’ vicino; senza querimonie.
Gli indiani Chibcha cospargevano il Principe dei Kazike di Guatavita, prima con della resina e poi con polvere d’oro, quindi lo immergevano nel lago sacro, come offerta d’oro alla dea Bachue’, progenitrice dell’umanita’. Gli spagnoli lo chiamarono ‘el dorado’, quello dorato.
Il segno di riconoscimento dei visnuisti e’ la ‘tirunama’ , una U bianca disegnata sulla fronte, a partire dalla radice del naso, con una bio-vernice ricavata dalla combustione lenta dello sterco di vacca, mescolato con urina di prima mattina. L’applicazione della U e’ un imperativo da soddisfare quotidianamente.
Krsna, dotato di grandissima intelligenza, risiede insieme a Radha in una specie di paradiso detto goloka [“mondo delle vacche”], dove non ci sono che gioie e divertimenti.
Era quello stesso Krsna, che era sfuggito al massacro di tutti i bambini maschi del regno, ordinato da re Kamsa [si era intorno all’anno tremila a.c.], predecessore del nostro piu’ famigliare Erode.
L'unico simbolo sacro della setta sivaita dei Virasaiva e’ il linga, il fallo [...].
Per i seguaci del Saktismo, l’unione sessuale tra uomo e donna, riproduce l’unione perfetta tra Siva e Sakti [la forza, la potenza creatrice] e il coito quindi e’ una forma di venerazione di Sakti.
Secondo la tradizione indu’, Brahma creo’ questo mondo, su invocazione di Visnu’; Brahma vivra’ per 3.110.040 miliardi di anni; poi un altro brahma creera’ un altro universo, su invocazione di un’altra divinita’.
Visnu’ [...] e’ quel tale che, secondo la mitologia vedica, attraverso’ tutto l’universo in soli tre passi!
Sono noti almeno 1008 nomi, delle varie ‘manifestazioni’ di Siva.
Visnuiti e Sivaiti hanno sistematizzato la faccenda della periodica discesa [avatara] degli dei sulla terra: ogni tanto, quando occorre, un dio s’incarna in qualcuno, per poter essere d’aiuto alla gente. [...]
Si rimane sorpresi, dalla miriade di sculture, bassorilievi, che adornano le pareti esterne dei templi induisti. Puo essere utile, a comprenderne il significato, sapere che allo stesso modo di ‘come una frase in sanscrito puo’ avere, a seconda di come si suddividono le parole, un significato ascetico oppure erotico; allo stesso modo i gruppi di statue di uomini e donne nelle varie fasi del gioco d’amore erotico e dell’unione sessuale, sono simboli dell’amore umano per il divino, oppure dell’ascesa estatica.’
Maometto, l’ultimo dei 124.000 [cifra tonda] profeti di Allah, quando stava per stabilire un ‘contatto’ con la divinita’, aveva tremori, brividi di freddo, si metteva sotto una coperta, e cominciava a gemere, rantolare e addirittura urlare. Una sintomatologia che ricorda da vicino la crisi isterica, secondo la psichiatria.
La shari’a, in origine ‘la via che conduceva allo spiazzo dove si abbeveravano le bestie’, finisce per designare … il cammino da seguire, la legge canonica dei doveri religiosi islamici.
Le traduzioni del Corano non sono certo univoche, ma alcuni incitamenti, ripetuti, non e’ che siano granche’: “… uccidi gli idolatri, ovunque li trovi, e prendili prigionieri e assediali, e attendili in ogni luogo che si presti per un agguato.” [sura 9, versetto 5]; “... essi sono miscredenti...se avranno volto le spalle per allontanarsi da voi, prendeteli, uccideteli ovunque li troviate ...” [sura 4, versetto 91].
Secondo il diritto islamico, il mondo sarebbe diviso in due parti: il territorio islamico [dar al-Islam] e il territorio della guerra [dar al-harb]. In tale visione, la gihad, la guerra santa, dovrebbe continuare fino alla totale sottomissione di questo secondo territorio alla legge islamica. [...]
Al mussulmano e’ concesso avere fino a quattro mogli ed un numero illimitato di concubine; ai mussulmani schiavi, solo due mogli legittime. Maometto, tuttavia, aveva nove mogli; pare che abbia usufruito di una dispensa particolare da Allah in persona [Corano, sura 33], dati i buoni uffici del Profeta, che tanto s’era dato da fare per l’Islam [...].
Quello degli Ahmadiya e’ un movimento fondato nel Ounjab indiano intorno al 1879/80 dall’indiano Mirza Ghulam Ahmad…[essi] affermano che Gesu Cristo e’ stato certamente crocifisso, ma che quando e’ stato posto nel sepolcro, era morto solo apparentemente: dopo aver ripreso conoscenza, il Cristo sarebbe fuggito nel Kashmir - per esser sicuro di allontanarsi abbastanza da quei postacci dove inchiodavano la gente su tavole di legno - e li’ si sarebbe rimesso a predicare il Vangelo. Pare pero’ che non abbia avuto molto seguito, cola’. Sarebbe morto in un ospizio a 120 anni e sepolto a Srinagar, dove la sua tomba e’ ancor oggi venerata.’
Il compito principale del capo supremo del Movimento di Konkokyo, fondato nel 1859 dal giapponese Kawate Bunjiro, consiste in una meditazione quotidiana all’altare del santuario principale di Konko, della durata di dodici ore nette, senza sconti.
Per gli antichi lettoni, il dio del cielo, Dievs, era allevatore e proprietario di una fattoria, la’ in alto; e scendeva periodicamente ‘a far visita’ ai contadini, fertilizzare i loro campi e vegliare sul bestiame. Veramente una brava persona.
Tra le divinita’ lituane, c’era Zverine, dea protettrice dei cani.
Nel marzo del 1840, Jakob Lorber senti’ una voce che gli diceva ‘prendi una penna e scrivi!’. E fu cosi’ che comincio’ a ‘scrivere’ in tutto poco piu’ che 25 volumi soltanto, gli ‘Scritti della nuova Salem’, testo di riferimento del movimento religioso detto Societa’ di Lorber. Questo Movimento non ammette la costruzione di chiese. I riti si svolgono nelle case degli adepti [...].
I seguaci del Manicheismo dovevano osservare tre soli comandamenti, impressi sul corpo: uno sulla bocca [niente carne, sangue e vino], uno sulla mano [niente violenza] e uno sul pube [castita’]. Il loro rito piu’ importante era il banchetto sacro: si consumavano pane, cetrioli e meloni verdi.
Secondo il Mazdakismo, movimento religioso sorto nella Persia del V° secolo d.c., la liberazione dai mali del mondo si raggiungerebbe con un sistema sociale in cui tutte le donne e le ricchezze fossero patrimonio comune.
Il Mazdakismo propugnava anche un programma sociale di vegetarianismo, pacifismo, anticlericalismo e comunismo. Era una religione molto simile al buddhismo, come praticato nell’Asia Centrale. Per l’Islam, mazdakita e’ sinonimo di eretico. [Circle of Ancient Iranian Studies at the School of Oriental & African Studies, SOAS, Univ. of London, 2002].
Secondo il Movimento della Meditazione Trascendentale, chi pratica regolarmente questo tipo di meditazione per sette anni, ringiovanisce di 15 anni. Non solo, ma le prospettive sono anche migliori, se si pensa che dandosi un po’ da fare con questa meditazione, si puo’ raggiungere l’onniscienza, e quindi la conoscenza del passato e del futuro, l’invisibilita’, la levitazione, e altre simili piccole bestialita’.
Quella forza misteriosa che ogni essere vivente ha dentro di se’, questo ‘mana’ individuale, come lo chiamano gli aborigeni della Melanesia, puo’ essere accresciuto carpendolo ad altri esseri, magari tagliando loro la testa, magari mangiandoli all’uso cannibalico della migliore tradizione locale.
Tra le usanze cultuali dei Taraschi, bellicosi indigeni del Messico, vi era quella di effettuare, alla morte del re, il completo sterminio del suo seguito
Joe Smith, padre fondatore del movimento dei Mormoni [1830] ebbe la sua prima visione gia’ a 15 anni, quando Dio gli apparve per ammonirlo che tutte le altre religioni erano in errore su diverse cose; poi vide l’angelo Moroni; quattro anni dopo, lo stesso angelo gli avrebbe consegnato - in sogno ? - le tavole d’oro della nuova legge. Lui, tranquillo, ma analfabeta, si fece aiutare da un fattore, un contadino e un maestro di scuola elementare a tradurre quella specie di incomprensibili geroglifici che usavano nell’empireo, e ne trasse il libro di riferimento dei Mormoni, "The book of Mormon".
Lo stesso Joe Smith, che s’era fatto un numero di mogli stimato tra 27 e 49, penso’ bene di inserire la poligamia fra i precetti del Mormonismo. Il suo successore, Brigham Young, aveva solo 17 mogli, ma ben 56 figli.
Secondo questi tali Mormoni, ‘Gesu’ Cristo - che durante la vita terrena si era unito in matrimonio [poligamico] con Maria, Marta e Maria Maddalena - apparira’ un giorno ai Mormoni.. ‘ camminando sulle acque del lago salato [e anche un po’ asciutto], vicino a Salt Lake City.
Secondo il movimento dei Mussulmani Neri, di cui facevano parte Malcolm X e Cassius Clay, il padreterno Allah in origine aveva creato solo uomini neri; ma aveva poi affidato a certi eruditi infernali l’incarico di fare esperimenti, per vedere se usciva qualcosa di meglio. Ma l’esperimento falli’ in pieno, tanto che saltarono fuori uomini bruni, rossi, gialli, ecc. ecc.
Secondo Malcolm X: “ I rossi, i bruni, i gialli, tutti appartengono alla nazione nera; sono tutti tra loro fratelli. Solo il Bianco, e’ straniero.”
Sempre Malcolm X diceva: “Tutto quello che il Cristianesimo ha fatto per i neri e’ questo: li ha tenuti in schiavitu’.”
La chiesa Nazarethana, fondata da un certo Isahia Shembe nel 1911, e con un certo seguito nell’Africa del sud, venera un Cristo nero. Dicono infatti gli adepti, che prima Cristo venne come uomo bianco; poi si fece uomo nero, nella persona di Shembe. Percio’, Shembe e’ giustamente detto il Cristo Zulu.
Scrive lo storico R.J. Rummel, che nei secoli scorsi la Santa Cristiana Inquisizione uccise fra le 100mila e le 200mila persone, condannate come ‘eretiche’. I Protestanti, per parte loro, uccisero circa 100mila donne, condannate per stregoneria. [“Freeman: ideas on liberty” (1997), 47, 396-403]
Un certo numero di Nuove Religioni sono state fondate da donne. In Polinesia, le religioni Hapu e Iti-Atua; in Giappone, Tenrikyo, Omotokyo, Risshokosei-kai, Odoru Shokyo; negli Stati Uniti: Scienza Cristiana, Societa’ Teosofica.
Osayo [al secolo Kitamura Sayo], aveva avuto ripetuti incontri con la divinita’ suprema; e un bel giorno addirittura l’onnipotente Tensho Kotai Jingu, essere supremo dell’universo, scese nel suo corpo; non solo, ma fece posto anche ad Amaterasu, la divinita’ shintoista. Cosicche’ si formo’ la trinita’ Osayo, Tensho e Amaterasu [essendoci Amaterasu, forse stavano comodi, dentro Osayo, anche se un po’ stretti]. Diceva Osayo: “il mio corpo e’ il tempio di dio e io sono costantemente in collegamento radio con lui.” Ma non poteva semplicemente telefonargli? Eppoi, se Tensho era dentro di Lei, che bisogno c’era di tutte queste telecomunicazioni? Non poteva semplicemente dirgli: ‘Ehi, mi senti? Debbo dirti una cosa.’
Deguchi Nao, invece, la fondatrice della Religione del Grande Principio, o Omotokyo, ebbe la rivelazione con modalita’ prettamente giapponesi: stava facendo un po’ di ikebana con delle azalee che aveva li’, quando all’improvviso salto su’ dicendo «Predichero’ nel mondo il Principio della Causa Prima»; prendendo tutti di sorpresa.
Non molto tempo dopo, a dispetto della gentilezza con la quale aveva fatto ‘fiorire’ la Nuova Religione, Deguchi Nao fu dichiarata malata di mente e rinchiusa in appositi locali, con grandi pareti, sulle quali si esercitava a prendere un nugolo di appunti, che poi le servirono per riempire addirittura un migliaio intero di quaderni.
Uno degli imperativi ai quali sottostavano i seguaci dei Culti Orfici [che traevano origine dall’amico Orfeo], era quello di non indossare abiti di lana [...] e di esercitare una certa sobrieta’ nel consumo di carne, uova e fagioli.
Tra le punizioni che venivano affibbiate ai Parsi che andavano a confessarsi davanti al loro sacerdote, ve n’era una che imponeva l’uccisione delle creature malvagie di Ahriman [il loro equivalente di Lucifero], quali formiche, zanzare e scorpioni.
Bellissimo il fondamento fondante del Movimento PL-Kyodan, la giapponese 'Confraternita della Perfetta Liberta’: “ La vita e’ arte. Solo conducendo una vita all’insegna dell’arte, si puo’ giungere a conoscere il senso dell’esistenza.”
I Romani riservavano un olimpo grande alle maggiori divinita’ [dii majores: Giove e Giunone, Minerva e Nettuno, Marte e Venere, Apollo e Diana, ecc.] e un olimpo piccolo alle divinita’ minori [dii minores]. Ma stranamente - a mio avviso - nel gruppo delle divinita’ minori c’erano Pax, la dea della pace; Concordia, dea della concordia sociale; Victoria, dea della vittoria; e Hymeneus, dio del matrimonio; tutte divinita’ ‘influenti’ su questioncelle piuttosto importanti sia per il menage pubblico, che per quello privato.
Gli imperatori romani, che fuori di Roma dovevano essere considerati come divinita’ gia’ in vita, in citta’ potevano essere ‘divinizzati’ solo dopo la morte. E’ cosi’ che furono edificati templi a Giulio Cesare, ad Augusto, a Vespasiano, a Tito, ad Adriano, ad Antonino Pio, a Marco Aurelio. Solo a partire da Diocleziano, alla fine del quarto secolo d.c., gli imperatori venivano trattati subito come divinita’ anche a Roma.
Il cambiamento simbolico di sesso sembra favorire il rapimento estatico. E’ percio’ che gli sciamani, uomini e donne, si scambiano gli abiti, prima delle ‘funzioni’ cultuali.
Lo sciamano degli Sciti, se non azzeccava le sue predizioni, veniva ucciso senza esitazione. Alla morte del Principe sciita, moglie, servi e cavalli, venivano uccisi e sepolti nella stessa tomba.
Secondo il Movimento religioso Seicho-no-ie, fondato nel 1930 da Tanigichi Masaharu, “..ogni giapponese deve avere la consapevolezza di essere figlio della divinita’..”. La soluzione ai problemi ‘correnti’ puo’ essere ottenuta solo migliorando noi stessi, trasformandoci in completi uomini-dei.
I Sumeri potevano disporre di 3600 divinita’ [che beatitudine!], giusto il quadrato di 60, il loro numero magico; i sacerdoti e le sacerdotesse celebravano i riti sacrificali, nudi; ma non davanti a tutti.
Nel buddhismo tibetano si formarono due correnti dette, simpaticamente, quella dei ‘berretti gialli’ e quella dei ‘berretti rossi’.
La Chiesa dell’Unificazione, fu fondata a Seul da San Myung Mun, nel 1945. Tale fondatore, aveva avuto diversi incontri con le divinita’ superiori: aveva incontrato Gesu’ Cristo nel 1936; quindi per una decina d’anni aveva frequentato volta a volta Cristo, Dio in persona, Mose’ e Buddha. Nel gennaio del 1972, ancora si vede con Dio stesso, l’altissimo. Tutti questi incontri debbono avergli portato bene, visto che, oltre ad un certo seguito religioso, gli procurarono tra l’altro delle fabbriche d’armi di discrete dimensioni, un’industria farmaceutica [Il-WHA-Pharma], fabbriche di ginseng, di te’, ecc.; arrivo’ a fondare persino il corpo di ballo nazionale coreano.
Gli edifici del culto andrebbero costruiti impiegando la pietra sacra della Corea; ma in mancanza di questa, si puo’ consacrare il sito con un po’ di sale; il sale deve essere impiegato per ‘purificare’ il cibo, gli indumenti, e ogni cosa, comprese le automobili; quando si dorme fuori casa, bisogna sempre usare il sale per purificare la stanza dell’albergo. Insomma, ‘a maggior gloria di dio’, bisogna girare sempre col salino in tasca.
Sentite un po’ cosa e’ stato sfornato dal Concilio di Trento: «Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato, è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione». [Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia, c. 4: DS 1642.] La transustanziazione, concetto inventato pare da Ildeberto di Lavardin [~1133] e adottato da papa Alessandro III [~1150], non fu accettata da Martin Lutero e dal Protestantesimo. L'interpretazione di una trasformazione non sostanziale, ma solo simbolica, e' stata respinta anche recentemente da papa Pio XII con l'enciclica 'Humani generis' del 1950, e riaffermata da Paolo VI nel 1965: “..Cristo Signore è presente nel sacramento dell’eucaristia per la transustanziazione. Ma perché nessuno fraintenda questo modo di presenza, Cristo non si fa presente in questo sacramento se non per la conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel suo sangue;….Avvenuta la transustanziazione, le specie del pane e del vino ..contengono una nuova "realtà".. poiché convertita la sostanza o natura del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, nulla rimane più del pane e del vino…” [Mysterium Fidei’, Enciclica di Paolo VI, 1965].
Un bel ‘misterium’ davvero!
A questo punto, con l’assunzione dell’ostia che non e’ piu’ farina con acqua, ma carne fresca e del vino che e’ diventato sangue, sembra proprio che si realizzi una forma di ‘cannibalismo’ rituale convenzionale.
D’altra parte qualcuno disse per conto del Cristo: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» [Giovanni 6,53]. E ancora Gesù dice: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne….Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» [Giovanni 6, 51. 53. 54. 56].
[...]
Se queste cose le avesse dette un mussulmano, o un profeta di qualunque altra religione, tutti sarebbero stati pronti a scandalizzarsi difronte a un segno di cosi' evidente bestialita' primitiva.
Non per nulla «Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.» [Giovanni 6, 66]. [...]
[...]
Eppoi fanno tanto gli schizzinosi - i cattolici - dicendo che la Madonna e’ stata messa incinta, pur rimanendo vergine [Concilio di Costantinopoli II (anno 553), Sess. 8a, Canone 6: DS 427; papa Pio IX, 1854: Bolla Ineffabilis Deus: DS 2803.]; che ha concepito Cristo « senza seme ..., per opera dello Spirito Santo »[ Concilio Lateranense (anno 649), Canone 3: DS 503]; che ha partorito, pur rimanendo ancora vergine [San Leone Magno, Tomus ad Flavianum: DS 291; Ibid.: DS 294; Pelagio I, Lettera Humani generis: DS; Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 57: AAS 57 (1965) 61]; e che non ha piu’ avuto figli, rimanendo vergine fino alla fine [Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 52: AAS 57 (1965) 58].
Ce l’hanno tanto con una idiozia come la verginita’, eppoi si mangiano la gente cruda e ne bevono il sangue all’uso dei vampiri!
Ma e’ anche vero pero’, che per i cristiani non e’ del tutto nuova la storia del mangiarsi l’un l’altro, crudi; basta guardarsi intorno nella Bibbia:
“.. mangerai il frutto delle tue viscere, le carni dei tuoi figli e delle tue figlie, che il Signore tuo Dio ti avrà dato. L’uomo …guardera’ … il suo fratello, la sua sposa e i figli rimasti, perche’ alcuno non si prenda le carni dei suoi figli, delle quali si cibera’ [egli stesso]; ..la donna [guardera’] il proprio marito, il figlio e la figlia, e si cibera’ di nascosto di quanto esce dai suoi fianchi e dei bambini che deve ancora partorire..” [Deuteronomio 28:53-57];
“..Farò loro mangiare la carne dei figli e la carne delle figlie; si divoreranno tra di loro.” [Geremia 19:9];
“..in mezzo a te i padri divoreranno i figli e i figli divoreranno i padri…” [Ezechiele 5:10];
“.. dice il Signore: … faro’ mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori, si ubriacheranno del proprio sangue…” [Isaia 49:26];
“.. io sono il Signore vostro Dio…se non vorrete darmi ascolto…vi castighero’ …mangerete perfino la carne dei vostri figli e mangerete la carne delle vostre figlie…” [Levitico 26:1-29].
[...]
La violenza [...] divina raggiunge, nella Bibbia, culmini davvero inimmaginabili:
“… Ecco io manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà.” [Genesi 6:17];
“… Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra, uccelli, bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici, cioè quanto era sulla terra asciutta morì. Così fu sterminato ogni essere che era sulla terra: con gli uomini, gli animali domestici, i rettili e gli uccelli del cielo; essi furono sterminati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con lui nell'arca.” [Genesi 7:21-23].
[...]
“.. A mezzanotte il Signore colpi’ ogni primogenito nel paese d'Egitto, dal primogenito del faraone che siede sul trono fino al primogenito del prigioniero nel carcere sotterraneo, … non c'era casa dove non ci fosse un morto!” [Esodo 12:30]
“..dice il Signore degli eserciti…colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene… uccidi uomini, donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini…” [Samuele_1 15:3];
“.. il Signore gli disse: …non abbiate misericordia. Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio…riempite di cadaveri i cortili…” [Ezechiele 9:4-7];
“Samaria espiera’, perche’ si e’ ribellata al suo Dio. Periranno di spada, saranno sfracellati i bambini; e le donne incinte sventrate.” [Osea 14:1].
[...]
“.. Ora in quella notte l'angelo del Signore scese e colpi’ nell'accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini. Quando i superstiti si alzarono al mattino, ecco, quelli erano tutti morti. “ [Re_2 19:35].
[...]
“.. non lascerai in vita alcun essere che respiri; ma li voterai allo sterminio; Ittiti, Amorreei, Cananei, Perizziti, Evei, Gebusei, come il Signore tuo Dio ti ha comandato di fare…” [Deuteronomio 20:16-17];
“.. cosi’ Giosue’ batte’ tutto il paese, le montagne, il Negheb, il bassopiano, le pendici… Non lascio’ alcun superstite e voto’ allo sterminio ogni essere che respira, come aveva comandato il Signore Dio di Israele.” [Giosue’ 10:40].
[...]
Jahve’, quello detto eufemisticamente ‘il giardiniere’, quello che stava a bada dell’Eden - pare proprio che fosse il Signore dio di Abramo, amico sia di Cristo che di Maometto e tanti altri - proibi’ ad Adamo di mangiare dell' «albero della conoscenza», con queste parole: « perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti » [Genesi 2:17]; mica storie: o restate ignoranti, o creperete. Ma Adamo ed Eva attinsero all’ «albero della conoscenza», per nostra fortuna. Tuttavia questo peccatuccio, questo cosiddetto «peccato originale» basto’ a scatenare un putiferio. Le maledizioni si sprecano: «Sterminerò dalla terra l'uomo - e’ sempre quel bel tomo del Signore dio che parla - che ho creato: con l'uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d'averli fatti».[Genesi 6:7]; «.. sterminerò dalla terra ogni essere che ho fatto» [Genesi 7:4]. Casomai, avrebbe dovuto prendersela con Adamo, Eva e i serpenti. Cosa c'entravano tutte le altre bestie e gli uccelli del cielo? E tanto per cominciare con le delicatezze, “.. alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai i figli. [Grazie, ma come e’ buono lei!] Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà». All'uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba dei campi. Con il sudore del tuo volto ti procurerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!». [Genesi 3:16-19]
[...]
Insomma, si puo’ dire che il padreterno aveva proprio perso le staffe. E molte cose prendono ad andare di storto. Caino comincia col far fuori Abele; poi si mette a far figli con sua madre Eva, poi con le figlie, le sorelle, le nipoti, le zie, ecc. ecc.; insomma uno di quei miscugli che oggi diremmo un piccolo porcaio; senonche’, non poteva fare diversamente - al padreterno piacendo - visto che le uniche donne dell’abitato erano sua madre Eva, le sue figlie, sorelle, nipoti, ecc. ecc. Insomma, il porcaio l’aveva proprio voluto lui, il Signore dio; altrimenti, avrebbe dovuto ‘creare’ un gruppo piu’ nutrito di personaggi, fin dall’inizio, non due soltanto; cosi’ nessuno sarebbe stato costretto a far figli con sua madre, le sue sorelle, ecc. ecc.
Ma non finisce qui’, perche’ il disastro del ‘peccato originale’ si riversa addirittura su tutti i discendenti, su tutta l’umanita’ a venire. Dogma di fede, naturalmente: “Noi dunque riteniamo [Concilio di Trento], che il peccato originale viene trasmesso insieme con la natura umana…”.
E ancora: “Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato.” [Lettera di San Paolo ai Romani: 5, 12].
Ha mai sentito dire, signor Paolo, che la colpevolizzazione collettiva e’ considerata innammissibile, essendo norma universalmente riconosciuta - tra le persone civili - che la responsabilita’ penale e’ personale, e solo personale? Non tramandabile ne’ ereditabile?
Ma un’abitudine, quella di far ricadere le colpe dei genitori sui loro figli, che quel Signore aveva gia’ praticata:
“..Dice infatti il Signore Dio: «Si farà venire contro di loro una folla … La folla le lapiderà e le farà a pezzi [Oola’ e Ooliba’, ree di essere due prostitute] con le spade; ne ucciderà i figli e le figlie [colpevoli di essere i figli e le figlie di Oola’ e Ooliba’].” [Ezechiele 23:25-47];
“.. Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dall'alto di quella terrazza egli vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella di aspetto. Davide mandò a informarsi chi fosse la donna. Gli fu detto: «E' Betsabea figlia di Eliàm, moglie di Uria l'Hittita». Allora Davide mandò messaggeri a prenderla. Essa andò da lui ed egli giacque con lei, che si era appena purificata dalla immondezza. Poi essa tornò a casa. La donna concepì e fece sapere a Davide: «Sono incinta». [Samuele_2, 11:2-4] …Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai. Tuttavia, poiché in questa cosa tu hai insultato il Signore,… il figlio che ti è nato dovrà morire… Il Signore dunque colpì il bambino che la moglie di Uria [Betsabea] aveva partorito a Davide ed esso…mori’.” [Samuele_2 12:15-19];
“.. Giosuè allora prese Acan di Zerach,… i suoi figli, le sue figlie,… li bruciarono tutti e li uccisero tutti a sassate.” [Giosue’ 7:24-25]
Dalla Conferenza Episcopale Italiana:
“ Le verità divinamente rivelate, che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute ed espresse, furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo. La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa. Per la composizione dei Libri Sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli in essi e per loro mezzo, scrivessero, come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva fossero scritte. Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, è da ritenersi anche, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità, che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle Sacre Lettere. Pertanto "ogni scrittura divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per convincere, per correggere, per educare alla giustizia, affinché l'uomo di Dio sia perfetto, addestrato a ogni opera buona. “[ BIBBIA-CEI]
Se a dio tutto e’ possibile, nessuna cosa e’ impossibile [Genesi 17:1, 35:11; Luca 1:37; Matteo 19:26], non sara’ allora che anche l’ingiustizia, l’ignominia, la perversione, il crimine piu’ efferato, gli sono possibili?
[...]
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vency
PS: A chi gli chiedeva cosa faceva il padreterno in attesa di creare l’universo, pare che S. Agostino abbia risposto “Preparava l’inferno per quelli che fanno domande simili ”. [Hawking, S. 1996, ‘A brief History of time’]
Tratto da: http://www.vency.com/IGNOMINIE.html
Ignominie, idiozie e curiosita’
nelle varie religioni.
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Preghiera rivolta dagli Ainu dell’isola di Hokkaido all’orso sacro, al momento del suo sacrificio:
“Non avere paura, non ti faremo nulla di male. Ti uccidiamo solo per rimandarti al dio dei boschi, che ti vuole bene. Ti prepareremo un buon pasto. Il migliore che tu abbia mai avuto. L’Ainu che ti uccidera’ e’ uno dei nostri migliori cacciatori. Vedi che gia’ piange e ti chiede perdono. Noi piangeremo tutti insieme per te. … Noi ti vogliamo molto bene e i nostri figli non ti dimenticheranno mai. “
Ma l’orso, si sara’ consolato, dopo aver ascoltato ‘la preghiera’?
Secondo la tradizione Maya, l’uomo e’ stato formato da una pannocchia di mais, dopo due tentativi falliti: uno con l’argilla, l’altro con il legno.
I Maya si preparavano alle cerimonie piu’ importanti con il digiuno, la confessione dei peccati e l’astensione dai rapporti sessuali. Talvolta, nelle cerimonie, si compivano comunque sacrifici umani.
Secondo i Daiacchi, una popolazione del Borneo, gli esseri umani hanno diverse anime. Una, la tondi, presente anche negli animali, nelle piante e nelle pietre. Una, che si separa dall’uomo alla sua morte. Una, hambarvan, conservata nella vita terrena; una, liau, in quella ultraterrena, che consente loro di raggiungere la terra dei morti, una misteriosa e meravigliosa isola paradisiaca.
Cibele, dea della fecondita’ di origine Frigia, rappresentata come Magna Mater nel pantheon romano [204 a.c.], era simboleggiata con una pietra nera [forse un meteorite] proveniente dal tempio di Cibele a Pessinunte.
Cibele, violentata nel sonno da Zeus, ebbe il figlio ermafrodito Attis. Dioniso lo ubriaco’, quindi gli lego’ il membro ad un pino, di modo che’ tornando poi in se’ e alzandosi di scatto, Attis si autoevirasse. Tutto avvenne come predisposto. In piu’, dal sangue di Attis sorse un albero, i cui frutti ingravidarono la figlia del dio del fiume Sangario. Ne nacque un secondo Attis, di cui si innamoro’ Cibele, che tuttavia, indispettita dalle attenzioni rivolte da lui ad una principessa concorrente, lo fece impazzire a tal punto, che Attis II° si eviro’ da se’.
Nella cerimonia di iniziazione al culto di Attis e Cibele, gli adepti stavano in una fossa sovrastata da un graticcio di legno, sopra la quale veniva sgozzato un toro o un montone sacrificale. Il sangue che si riversava cosi’ su quelli che stavano sotto, li rendeva ‘rinati per l’eternita’.
I candidati sacerdoti del culto dei misteri di Attis, per ricordare la morte del dio, si infliggevano la castrazione in pubblici cortei.
Nella consacrazione del tempio del dio del sole Huitzilopochtli [...], gli Aztechi sacrificarono 70.000 prigionieri di guerra [era il 1486; Colombo ci stava ancora pensando].
Secondo Rummel [2002], storico dell’Universita’ delle Hawaii, hanno fatto la stessa fine almeno un milione di prigionieri ‘sacrificali’, nei cent’anni che precedettero la fine dell’impero Azteco.
Il dio Titlacahuan veniva comunemente raffigurato con una sola gamba.
Ai sacerdoti della dea dell’immondizia, Tlaelquani, si potevano confessare i peccati di adulterio.
Per celebrare la primavera e propiziarsi la redditivita’ della semina, gli Aztechi offrivano al dio della fertilita’ Xipe Totec sacrifici umani: le vittime venivano scorticate vive, e la loro pelle veniva indossata dai sacerdoti celebranti.
Alcuni loro riti ricordavano stranamente quelli del cristianesimo: era praticato il battesimo dei bambini con l’acqua, si praticavano la confessione, e il banchetto sacro [la carne delle vittime sacrificali veniva mangiata a significare la comunione con la divinita’]; si faceva anche un uso simbolico della croce.
Il culto del sole esigeva che si offrissero sacrifici umani alle divinita’, almeno 18 volte all’anno [ogni 20 giorni circa]. Oltre alla scorticatura ‘in vivo’, veniva praticata anche l’offerta del cuore, che veniva strappato caldo alle vittime sacrificali ancora vive. Alle volte le vittime venivano immolate col fuoco; talaltre, con dei coltelli.
Tale ritualita’ veniva soddisfatta con prigionieri di guerra; cosicche’ gli Aztechi dovevano intraprendere continuamente campagne militari contro le popolazioni vicine, per disporre di prigionieri e cosi’ tener buoni gli dei.
Hammurabi ricevette il ‘libro delle leggi’, il famoso ‘Codice di Hammurabi’ [1728 - 1686 a.c.], dalle mani stesse del dio del sole, Shamash. I 282 paragrafi del ‘Codice’, che definiscono la giurisprudenza locale nei confronti della divinita’, della proprieta’, della vita, della famiglia, dei gruppi sociali, sono ispirati alla cosiddetta ‘legge del taglione’: “Se uno strappa un occhio ad un altro, allora gli sara’ strappato un occhio; se uno rompe un osso ad un altro, allora gli verra’ rotto un osso; … se un patrizio strappa un occhio o rompe un osso a un plebeo, paghera’ una moneta d’argento; …” [...]
Agli ammalati, che a quell’epoca avevano veramente poche speranze di saltarne fuori, i sacerdoti consigliavano una specie di confessione - preparazione al peggio, con una serie di domande molto simili ai dieci comandamenti: ‘Aveva [il penitente] peccato contro Dio? Disprezzato il padre e la madre? Rubato nella casa del vicino? Commesso adulterio con la moglie del vicino? Ucciso qualcuno? Raccontato frottole?’
Gli adepti del movimento religioso Ananda Marga, "Societa’ per la diffusione del cammino della felicita", sorta nel 1955, sono tenuti ad indossare un tipo di mutande - le langota - .. che si allacciano in modo tale da tenere il pene verso l’alto e i testicoli aderenti al corpo, cosi’ da ridurre le eccitazioni sessuali…’
Ogni giorno il babista [adepto del movimento religioso di derivazione islamico-sciita, fondato dal persiano Mizra Ali Muhammad - 1820-1850] deve leggere 19 versi del libro sacro [Bayan] e ogni 19 giorni deve ospitare 19 persone.
La religione Baha’i [derivazione del babismo, fondata in Persia nel 1863 e con sede principale ad Haifa] si considera ‘.. la nona e ultima religione rivelata, dopo la sabea [regno di Saba, X° secolo a.c.], l’ebraica, l’induista, la zoroastriana, la buddista, la cristiana, l’islamica e la babista.’
L’esercizio liturgico e’ accompagnato dalla lettura dei testi sacri delle altre religioni, quali il Pentateuco degli ebrei, il Nuovo testamento dei cristiani, il Corano dei mussulmani, il Bayan dei babisti; anche se il testo sacro per eccellenza rimane il ‘Libro della certezza’ [kitab al-akdas] redatto dal bahaista Baha’ U’llah, in soli due giorni e due notti del 1873.
Per l’attivita’ di reclutamento ["flirty fishing"] di affiliati, il Manuale del Movimento dei Bambini di Dio [fondato ad Huntington Beach, CA, nel 1969 da David Berg, detto Mose’ (...)] affida alle donne, dette ‘esche di Gesu’ ‘, un rilievo particolare: “Nessun reggiseno! Camicette trasparenti! Mostrate cio’ che avete. In questo consiste l’esca… devono innamorarsi di voi”. Per il movimento, del resto, nessun comportamento e’ peccaminoso se viene compiuto a fini spirituali.
La figlia Faith del fondatore del movimento, si e’ definita ‘figlia del dio di Hollywood’.
In vecchiaia, nel fondatore Berg e’ aumentata l’attenzione per la sessualita’: “Noi abbiamo un Dio sessuale, una fede sessuale, una guida sessuale e un seguito sessuale. Dunque, quando tu non pratichi il sesso, ti allontani da noi.”
Il Movimento prevedeva per il 1993 un ritorno di Cristo; ma nessuno pare l’abbia visto in circolazione; o almeno non fu riferito dai media.
Secondo i Testimoni di Geova, setta fondata a Pittsburgh alla fine del millesettecento da un commerciante di pollastri, tale C.T.Russell, avrebbe dovuto esserci una specie di ‘fine del mondo’ intorno al 1914. Non ci fu. Ci si oriento’ per il 1918; poi il 1925; poi il 1975. Ma ando’ sempre buca. Ora si propende per una fine “imminente”, senza precisarne la data.
Il Signor Armstrong, fondatore delle Chiese di Dio ["Churches of God"], aveva previsto una certa qual fine del mondo tra il 1972 e il 1977: anche lui e’ nel mucchio di quelli che sono stati smentiti, com’ e’ ben noto.
Anche Cristo pare andasse predicando che era in arrivo la fine del mondo... duemila anni fa'. Stiamo ancora aspettando!
Secondo la mitologia Bon, religione tibetana indigena e pre-buddistica, i primi sette re del Tibet sono discesi dal cielo sulla terra, per mezzo di una corda tesa per loro dai dmu-tag [“spiriti della natura”]; la stessa corda sarebbe stata utilizzata per la loro salita al cielo [a forza di braccia] alla fine della loro vita.
Il Brahmano dispone del brahman, una giaculatoria che possiede insieme un potere religioso e un carattere magico, capace di assoggettare gli dei alla volonta’ e ai desideri degli uomini. Dice un proverbio indiano: “il cosmo intero e’ sottomesso agli dei, gli dei sono sottomessi alle implorazioni, e le implorazioni le fanno i brahmani. Percio’ i brahmani sono i nostri dei”.
La suddivisione della societa’ indiana in caste [dei sacerdoti; dei nobili e dei guerrieri; dei contadini, degli artigiani e dei commercianti - degli ariani; degli impuri o intoccabili, servitori e schiavi] e’ un dogma religioso. L’appartenenza ad ogni casta infatti, e’ stabilita dalla dottrina del samsara [legge della reincarnazione] e del karma, secondo la quale la condizione di vita attuale e’ determinata rigorosamente e inevitabilmente dal comportamento seguito nelle vite precedenti.
Secondo la tradizione, un brahmano che sia avido di denaro, per effetto della legge del karma, rinasce maiale.
La ‘molto acuta’ illuminazione del Buddha:
“ La nascita e’ dolore; la vecchiaia e’ dolore; la malattia e’ dolore; la morte e’ dolore; l’unione con cio’ che non si ama e’ dolore; la separazione da cio’ che si ama e’ dolore. Dolore e’ non raggiungere cio’ che si desidera. La verita’ sull’origine del dolore e’ la bramosia, che si rinnova ad ogni rinascita, la ricerca del piacere nelle cose terrene; la bramosia del divenire e dell’essere…”
Ed ecco la terapia: “la cessazione della bramosia e quindi del dolore, si compie attraverso l’annullamento dei desideri, il distacco assoluto da tutto cio’ che si desidera, raggiungibile mediante l’ottuplice sentiero: retta visione, retta risoluzione, retto parlare, retto agire, retto modo di sostentarsi, retto sforzo, retta concentrazione, retta meditazione.” [...]
Buddha, secondo la tradizione, avrebbe scelto consapevolmente di scendere tra gli uomini, assumendo la forma di un elefante bianco, e come tale penetrare nel grembo verginale della regina Maya [ma che esagerazione, perdio! Non sarebbe bastato assumere la forma di un topolino bianco?].
Al momento della morte del Buddha la terra prende a tremare e grandi tuoni si scatenano in un cielo nero di tempesta [sospetto che la stessa cosa sia accaduta circa 600 anni dopo a un tale che chiamavano Gesu’; o almeno cosi’ han detto gli evangelisti].
Quando gli viene chiesto se esista una divinita’ trascendente, Buddha da’ un’alzata di spalle e se ne va per la sua strada.
Ai monaci buddhisti non e’ consentito uscire dal monastero e andarsene a passeggio nei mesi monsonici, poiche’ camminando calpesterebbero inevitabilmente i nuovi germogli e una quantita’ di nuovi esseri viventi.
I monaci buddhisti possono abbandonare l’ordine liberamente, in qualsiasi momento. Sono espulsi d’imperio in caso di omicidio, furto e sesso estremo. L’onanismo comporta solo l’allontanamento temporaneo dal monastero.
Nel buddhismo tibetano, la recitazione delle formule sacre e’ molto tecnologicizzata: e’ effettuata con le ‘ruote di preghiera’, che sono cilindri metallici con appese 12 strisce di carta, ognuna con 41 righe di testo; ogni singola riga reca per 60 volte la scritta ‘om mani padme hum’ [“onore al gioiello del loto”]. Quando le si da’ una spinta, la ruota puo’ compiere piu’ di 100 giri al minuto, cosicche’ e’ come se la formula rituale fosse ripetuta 12x41x60x100 = 2.952.000 volte al minuto. Con una buona spinta, si puo’ anche superare questo primato.
Ma i piu’ indolenti, hanno pensato bene di astenersi dallo ‘sforzo’ rituale della ‘spinta’ alla ruota; ne hanno apprestati dei modelli piu’ leggeri, che posti sopra al caminetto sono mossi dall’aria calda che sale verso l’alto; le ruote non girano cosi’ forte, ci vuole piu’ tempo per raggiungere un analogo risultato; ma si ‘prega’ ugualmente tantissimo, e si fa meno ‘fatica’!
Nella puja, rito di meditazione del buddhismo tantrico, i devoti concludono l’atto rituale con un completo rapporto sessuale. A livello simbolico, ci si ricollega all’unione sessuale del dio Siva con la dea Durga, un’unione che rimanda all’unita’ cosmica.
Gli induisti applicano sulla fronte ogni mattina un segno colorato, il tika, in corrispondenza del ‘terzo occhio’, alla radice del naso.
Dalle sacre scritture Indu: “Gli dei sono gratificati con i sacrifici… Non si fanno sacrifici, senza latte cagliato e ghee [burro chiarificato?]… quindi le vacche, da cui derivano latte e ghee, sono indispensabili al sacrificio…dunque le vacche sono sacre. .. non c’e’ nulla di piu’ sacro delle vacche… Non si devono intralciare le vacche in alcun modo…Non si deve mai mangiare carne di vacca…Ci si puo’ sedere su sterco secco di vacca…Non si deve avere alcuna ripugnanza per l’orina e lo sterco di vacca…Non c’e’ dubbio che l’orina e lo sterco di vacca posseggono incalcolabili virtu’. .. ‘ [ricetta] per ‘pulizia’ intestinale: bere per tre giorni orina calda di vacca; bere per tre giorni ghee caldo di vacca; e per tre giorni vivere di aria. ‘
Lo sterco di vacca e’ un efficace disinfettante... Prendendo un bagno in acqua mista a sterco di vacca, ci si santifica.
Ogni mattina, la gente deve inchinarsi con rispetto davanti alle vacche. “
[ Mahabharata, Anusasana Parva, Sez. LXXXIII-LXXVII-LXXVI ] < http://www.hinduism.org.za/>
Ngo-Van-Chieu [Saigon, 1878 -1934], di educazione confuciana e di religione taoista, divenuto poi funzionario del governo coloniale francese, si sentiva ‘chiamato’ a fare qualcosa di eccelso ma non sapeva bene cosa. Finalmente nel 1925 parlo’ con Dio stesso che gli ordino’ di dare vita ad una comunita’ religiosa da chiamarsi Caodaismo, con a capo un amico suo, il ricco Le-Van-Trung, che aveva due anni piu’ di lui, e che pochi anni dopo fu addirittura proclamato “Papa” del Caodaismo. Il Papa Caodaista e’ affiancato nel suo far poco ‘da tre ho-phap [cardinali], otto don-sus [arcivescovi], trentotto phoi-sus [vescovi], una settantina di giao-sus [preti di prima categoria], e circa tremila sacerdoti semplici.’
La gerarchia e’ aperta anche alle donne, fatta eccezione per il papato.
I cartaginesi tenevano in gran conto i fanciulli, tanto che all’occorrenza - in caso di emergenza sanitaria, aggressione da parte di gente bellicosa, e comunque di difficolta’ di ogni tipo che richiedessero l’intervento propiziatorio / liberatorio della divinita’ - ne ammucchiavano un po’ sulle ginocchia della statua di Baal-Hammon [un parente stretto di Zeus], in modo che da qui’ si potessero far cadere tutti quanti - attivando un apposito congegno - nella fossa sottostante, in cui era predisposto opportunamente un gran fuoco sacro per l’arrostimento ‘in vivo’. Pare che quando furono un po’ pressati dalle furie guerresche di Agatocle di Agrigento, ne abbiano ‘sacrificati’ almeno 200 in una solo mattina, [...].
I Celti irlandesi [500 - 300 a.c.] s’erano inventati un bel paradiso con tutti i divertimenti, ben prima di Maometto. Infatti, nell’Avalon, l’isola paradisiaca nella quale andavano a trovar posto dopo la morte, i defunti rinascevano a nuova vita, tra sfolgorio di colori, musiche, danze, grandi banchetti e sesso a volonta’.
Nelle religioni dell’Arabia settentrionale si votavano al culto pietre lavorate, sassi, meteoriti, dopo averle ben immerse nel sangue di animali sacrificali, per dar loro un po’ di colore appropriato. I fedeli si divertivano a girare intorno alle pietre come fanno i girotondisti, a piedi o in cammello, e le baciavano tante volte, quanto necessario per ingraziarsi le divinita’. Le pietre piu’ famose sono quella nera della Kaaba alla Mecca, e quella bianca di Du-I-Halasa, a Tabala.
Da una stima recente, pare che gli atei siano in tutto circa 200 milioni: il 3% della popolazione attuale. [...]
Il dogma dell’ infallibilita’ del papa cattolico, decretato nel Concilio Vaticano I°, 1869 - 1870, e’ rifiutato da diversi movimenti cristiani, tra i quali l’Unione di Utrecht, che contesta anche la confessione, il celibato sacerdotale e il culto dei santi.
Al Consiglio Mondiale delle Chiese, che raggruppa piu’ di 300 chiese cristiane, con circa 400 milioni di adepti, non partecipa la Chiesa cattolica, che considera irrinunciabile il primato del pontefice.
Le analogie tra il mitraismo e il cristianesimo sono sorprendenti. Antica religione indo-iraniana divenuta la principale religione persiana nel III° secolo bc, il Mitraismo fu molto seguito a Roma, da qui si diffuse nell' europa centrale. Secondo la tradizione, il dio Mithra, intermediario tra la divinita' suprema Ormudzt e l'umanita', adorato come redentore delle anime', in perpetua lotta con Ahriman, una specie del diavolo cristiano, e' nato nel solstizio d'inverno [~ 25 dicembre], da una donna vergine, chiamata 'Madre di dio'. Essendosi il dio integrato con il sole, veniva spesso effigiato con un alone di luce attorno alla testa. Gli adepti del Mitraismo dovevano assogettarsi ad una specie di battesimo; Mithra veniva idolatrato la domenica; durante le celebrazioni, veniva consumato un 'pasto sacro' detto 'myasda', a base di pane e di vino, simboli del corpo e del sangue del dio. Gli adepti potevano sperare in una forma di vita eterna dopo la morte. Il leader del Mitraismo era un Papa. Fanno parte dell'iconografia abituale del Mitraismo, una grossa chiave, necessaria per aprire i cancelli celesti, che dovevavno essere attraversati dalle anime dei defunti. Anche i preti Mitraisti portavano come copricapo la 'mitra', come i vescovi cattolici. Anche Mitra era un dio-salvatore [pare che non fosse siciliano, malgrado il nome] che, dopo un'ultima cena con i suoi amici, era morto e poi risorto la domenica.
Il centro di massima diffusione del Mitraismo era Tarso, la citta' natale di S. Paolo, nel sud-est della Turchia. [F. Cumont, 1956, 'The Mysteries of Mithra'; M. J. Vumaseren, 1963, 'Mithras, the Secret God']
Miti e riti del Cristianesimo, sono quasi in tutto sovrapponibili a quelli del Mitraismo. E’ vero che il Cristianesimo subentro’ al Mitraismo, occupandone anche i luoghi di culto sotterranei [i mitrei], ma vien quasi da chiedersi allora se c’e’ qualcosa di autentico, autonomo dal mitraismo, nel cristianesimo.
Anche Wovoka, l’indiano americano nato Jack Wilson [1856-1939], si dichiarava figlio di dio, sceso sulla terra per combattere gli invasori bianchi. La sua religione, la Danza degli Spiriti [Ghost Dance], imponeva l’esecuzione di una danza che durava ininterrottamente per 5 giorni, officiata da un cerimoniere che stava al centro della cerchia dei danzatori, brandendo una piuma d’aquila e ancheggiando ritmicamente. Dopo i cinque giorni, i danzatori crollavano - qualcuno anche prima dei 5 giorni - sfiniti. In questo sfinimento, si mettevano in comunicazione con i principi elementari della natura [...], e gli spiriti degli antenati.
I cultori dei Misteri Dionisiaci potevano raggiungere, nel corso di feste orgiastiche, stati di ‘estasi suprema’, durante i quali dilaniavano con le mani nude animali vivi e ne divoravano le carni calde, in memoria della fine di Dioniso - dilaniato e divorato vivo dai titani, secondo la tradizione - e per stabilire un’unione mistica col dio.
Gli adepti della ‘Missione della divina luce’ [movimento fondato nel 1960 da Sri Hamsa Ji Maharaj Ji] si danno molto da fare nel rito della charamopuja, durante il quale procedono ad un lavaggio accurato dei piedi del guru fondatore - si sa, questi mistici camminano scalzi, e dopo bisogna ben fare un po’ di pulizia - e alla fine ne bevono l’acqua sacralizzata dall’utilizzo.
Tra l’altro, i fedeli di questo Movimento, devono compiere, per almeno due ore al giorno, 4 tipi di meditazione: vedere la Luce divina; ascoltare la musica celeste; percepire la parola divina; gustare il nettare celeste.
Secondo l’antica tradizione egizia, il dio Atum, generatore di tutti gli altri dei, e’ nato da se stesso.
Iside, sorella e sposa di Osiride, concepi’ il dio Horus accoccolandosi, sotto forma di sparviero, sul cadavere di Osiride. [Quando si dice il gusto dell’orrido!]
Anche la ritualita’ egizia comportava che al mattino il sommo sacerdote entrasse nel luogo piu’ sacro del tempio, dopo aver ben incensato l’ambiente, per dare-aria e salutare la divinita’ con canti e invocazioni; quindi la spogliasse [gli abiti smessi erano ambiti per fasciarne i morti] e, dopo blando lavaggio la rivestisse con bianchi tessuti di bucato, la ungesse con un po’ d’olio solare, e la truccasse con belletti colorati verdi, ocra e neri. Infine, veniva presentata alla divinita’ un’ offerta di succo di frutta, brioches e vino, colazione regolarmente rifiutata dalla divinita’, ma consumata volentieri da altri.
Il dio Charun, nella religione etrusca, distaccava e liberava l’anima dal corpo dei defunti, con un colpo di martello [...].
Pare che Odino, della mitologia germanica, gradisse i sacrifici umani. In suo onore infatti, venivano impiccati tutti i prigionieri catturati in battaglia, [...]; ed era percio’ detto anche, e giustamente, dio dell’impiccagione. Ma non si accontentava di un po’ di prigionieri impiccati ogni tanto - anche se i germanici si davano da fare [...] - ma gradiva anche un po’ di schiavi, di fuorilegge, di criminali di primo pelo [...]
I Digambara, adepti di una corrente scismatica del Jainismo [religione indiana del V° secolo a.c.] sostenevano che i monaci dovevano vivere sempre completamente nudi, ‘vestiti d’aria’, in quanto gli abiti costituivano un ostacolo alla ‘liberazione’ fisica e spirituale.
Nel giudaismo, il sabato e’ il giorno del riposo e della santificazione. Il riposo deve essere assoluto. Anche le passeggiate debbono essere brevi [Esodo 16,29], e comunque la distanza percorsa deve essere inferiore ad un Km circa. Chi cammina di piu’, compie peccato mortale:
“32 Mentre gli Israeliti erano nel deserto, trovarono un uomo che raccoglieva legna in giorno di sabato. 33 Quelli che l'avevano trovato a raccogliere legna, lo condussero a Mosè, ad Aronne e a tutta la comunità. 34 Lo misero sotto sorveglianza, perché non era stato ancora stabilito che cosa gli si dovesse fare. 35 Il Signore disse a Mosè: «Quell'uomo deve essere messo a morte; tutta la comunità lo lapiderà fuori dell'accampamento». 36 Tutta la comunità lo condusse fuori dell'accampamento e lo lapidò; quegli morì secondo il comando che il Signore aveva dato a Mosè. “ [Numeri 15, 32 - non sono numeri del lotto, intendiamoci].
[...]
Pare che “il comandamento fondamentale” dell’ebraismo sia la circoncisione, da effettuarsi all’ottavo giorno dopo la nascita.
Pare che rappresenti ‘il simbolo e il rito - non certo di grande elevatezza culturale - tramite il quale si entra a far parte dell’Alleanza che dio stipulo’ con Abramo.
E le bambine, niente Alleanza?
La preghiera ebraica e’ connessa con tre aggeggetti particolarissimi: il tallit, gli zizit e i tefillin. Il tallit e’ un rettangolo di tessuto bianco, con agli angoli delle nappe, delle frange, gli zizit appunto [«Parla agli Israeliti e ordina loro che si facciano, di generazione in generazione, fiocchi agli angoli delle loro vesti e che mettano al fiocco di ogni angolo un cordone di porpora viola. 39 Avrete tali fiocchi e, quando li guarderete, vi ricorderete di tutti i comandi del Signore….” NUMERI 15,38].
I tefillin sono custodie quadrangolari di cuoio da fissare al braccio all’altezza del cuore; contengono quattro passi della Torah [Esodo 13, 1-10, 11-16; Deuteronomio 6, 4-9; 11, 13-21] scritti su rotolini di carta. Guai a non indossare questi aggeggi alla preghiera del mattino, tutti i giorni feriali; ma non al sabato o nei giorni festivi, beninteso; ci sono precise prescrizioni scritte in proposito [Esodo, 13,9; Deuteronomio 6,8 e 11,18]. Chi tocca i tefillin, di sabato, muore.
A differenza di - forse - tutte le altre religioni, quella greca non si fondava sulla rivelazione, ma sull’animo umano.[...]
Per Omero, i defunti si consumavano nel ricordo e nel rimpianto della vita terrena, senza che la loro condizione avesse riferimento alcuno con quello che avevano fatto in vita.
Il dio Asclepio, o Esculapio, figlio di Apollo e Coronide, era nato ad Epidauro, dove da tempo [V° secolo a.c.] avvenivano guarigioni prodigiose. Medico degli dei, Esculapio [cosi’ rinominato dai Romani] andava in giro per Epidauro, Pergamo, e l’isola di Kos, compiendo guarigioni miracolose, strepitose; era tanto venerato per le sue capacita’ taumaturgiche, da essere considerato ancora da Giovanni evangelista, un temibile concorrente di Gesù Cristo.
Il Movimento degli Hare-Krsna prescrive agli adepti di condurre una vita sessuale morigerata, with sexual intercourses esclusivamente tra coniugi: non piu’ di un rapporto sessuale al mese; e sempre con intenzioni procreative.
Tra le altre idiozie del Movimento di Hare-Krsna, va ricordato che il principale imperativo del culto e’ la ripetizione di uno stupidissimo ‘mantra’ di 16 vocaboli [“Hare-Krsna, Hare-Krsna, Krsna, Krsna, Hare, Hare, Hare-Rama, Hare-Rama, Hare-Rama, Hare, Hare”], che va cantato almeno 1728 volte al giorno.
Si possono comprare nei supermercati delle collane apposite, come i rosari, per tenere il conto, costituite da 108 grani ciascuna; basta farle girare 16 volte: 16x108 = 1728; quelli che hanno meno di 16 dita - comprese quelle dei piedi, beninteso - possono comprare un secondo rosario, appositamente predisposto con 16 grani.
William Wade’ Harris, il fondatore [1910] del Movimento di Harris, dice di aver ‘visto’ l’Arcangelo Gabriele - e’ sempre in giro a far pasticci, sto Gabriele - che gli ha raccontato un po’ delle solite storielle sulla divinita’ e contorni, e lo ha nominato profeta di una nuova religione per la conversione dell’Africa Occidentale.
Anche il nono Inca, Cusi Yupanqui [1438-1471] ha avuto delle visioni; ma invece dell’arcangelo Gabriele, che non aveva ancora scoperto l’America, si era visto davanti il dio sole, in persona. E non fini’ accecato; non si sa come. Miracolo, fu?
Le sacerdotesse Inca, vergini, vivevano in monasteri molto riservati, a massima castita’ controllata. Quelle che violavano la consegna venivano seppellite vive e l’uomo veniva subito strangolato; li’ vicino; senza querimonie.
Gli indiani Chibcha cospargevano il Principe dei Kazike di Guatavita, prima con della resina e poi con polvere d’oro, quindi lo immergevano nel lago sacro, come offerta d’oro alla dea Bachue’, progenitrice dell’umanita’. Gli spagnoli lo chiamarono ‘el dorado’, quello dorato.
Il segno di riconoscimento dei visnuisti e’ la ‘tirunama’ , una U bianca disegnata sulla fronte, a partire dalla radice del naso, con una bio-vernice ricavata dalla combustione lenta dello sterco di vacca, mescolato con urina di prima mattina. L’applicazione della U e’ un imperativo da soddisfare quotidianamente.
Krsna, dotato di grandissima intelligenza, risiede insieme a Radha in una specie di paradiso detto goloka [“mondo delle vacche”], dove non ci sono che gioie e divertimenti.
Era quello stesso Krsna, che era sfuggito al massacro di tutti i bambini maschi del regno, ordinato da re Kamsa [si era intorno all’anno tremila a.c.], predecessore del nostro piu’ famigliare Erode.
L'unico simbolo sacro della setta sivaita dei Virasaiva e’ il linga, il fallo [...].
Per i seguaci del Saktismo, l’unione sessuale tra uomo e donna, riproduce l’unione perfetta tra Siva e Sakti [la forza, la potenza creatrice] e il coito quindi e’ una forma di venerazione di Sakti.
Secondo la tradizione indu’, Brahma creo’ questo mondo, su invocazione di Visnu’; Brahma vivra’ per 3.110.040 miliardi di anni; poi un altro brahma creera’ un altro universo, su invocazione di un’altra divinita’.
Visnu’ [...] e’ quel tale che, secondo la mitologia vedica, attraverso’ tutto l’universo in soli tre passi!
Sono noti almeno 1008 nomi, delle varie ‘manifestazioni’ di Siva.
Visnuiti e Sivaiti hanno sistematizzato la faccenda della periodica discesa [avatara] degli dei sulla terra: ogni tanto, quando occorre, un dio s’incarna in qualcuno, per poter essere d’aiuto alla gente. [...]
Si rimane sorpresi, dalla miriade di sculture, bassorilievi, che adornano le pareti esterne dei templi induisti. Puo essere utile, a comprenderne il significato, sapere che allo stesso modo di ‘come una frase in sanscrito puo’ avere, a seconda di come si suddividono le parole, un significato ascetico oppure erotico; allo stesso modo i gruppi di statue di uomini e donne nelle varie fasi del gioco d’amore erotico e dell’unione sessuale, sono simboli dell’amore umano per il divino, oppure dell’ascesa estatica.’
Maometto, l’ultimo dei 124.000 [cifra tonda] profeti di Allah, quando stava per stabilire un ‘contatto’ con la divinita’, aveva tremori, brividi di freddo, si metteva sotto una coperta, e cominciava a gemere, rantolare e addirittura urlare. Una sintomatologia che ricorda da vicino la crisi isterica, secondo la psichiatria.
La shari’a, in origine ‘la via che conduceva allo spiazzo dove si abbeveravano le bestie’, finisce per designare … il cammino da seguire, la legge canonica dei doveri religiosi islamici.
Le traduzioni del Corano non sono certo univoche, ma alcuni incitamenti, ripetuti, non e’ che siano granche’: “… uccidi gli idolatri, ovunque li trovi, e prendili prigionieri e assediali, e attendili in ogni luogo che si presti per un agguato.” [sura 9, versetto 5]; “... essi sono miscredenti...se avranno volto le spalle per allontanarsi da voi, prendeteli, uccideteli ovunque li troviate ...” [sura 4, versetto 91].
Secondo il diritto islamico, il mondo sarebbe diviso in due parti: il territorio islamico [dar al-Islam] e il territorio della guerra [dar al-harb]. In tale visione, la gihad, la guerra santa, dovrebbe continuare fino alla totale sottomissione di questo secondo territorio alla legge islamica. [...]
Al mussulmano e’ concesso avere fino a quattro mogli ed un numero illimitato di concubine; ai mussulmani schiavi, solo due mogli legittime. Maometto, tuttavia, aveva nove mogli; pare che abbia usufruito di una dispensa particolare da Allah in persona [Corano, sura 33], dati i buoni uffici del Profeta, che tanto s’era dato da fare per l’Islam [...].
Quello degli Ahmadiya e’ un movimento fondato nel Ounjab indiano intorno al 1879/80 dall’indiano Mirza Ghulam Ahmad…[essi] affermano che Gesu Cristo e’ stato certamente crocifisso, ma che quando e’ stato posto nel sepolcro, era morto solo apparentemente: dopo aver ripreso conoscenza, il Cristo sarebbe fuggito nel Kashmir - per esser sicuro di allontanarsi abbastanza da quei postacci dove inchiodavano la gente su tavole di legno - e li’ si sarebbe rimesso a predicare il Vangelo. Pare pero’ che non abbia avuto molto seguito, cola’. Sarebbe morto in un ospizio a 120 anni e sepolto a Srinagar, dove la sua tomba e’ ancor oggi venerata.’
Il compito principale del capo supremo del Movimento di Konkokyo, fondato nel 1859 dal giapponese Kawate Bunjiro, consiste in una meditazione quotidiana all’altare del santuario principale di Konko, della durata di dodici ore nette, senza sconti.
Per gli antichi lettoni, il dio del cielo, Dievs, era allevatore e proprietario di una fattoria, la’ in alto; e scendeva periodicamente ‘a far visita’ ai contadini, fertilizzare i loro campi e vegliare sul bestiame. Veramente una brava persona.
Tra le divinita’ lituane, c’era Zverine, dea protettrice dei cani.
Nel marzo del 1840, Jakob Lorber senti’ una voce che gli diceva ‘prendi una penna e scrivi!’. E fu cosi’ che comincio’ a ‘scrivere’ in tutto poco piu’ che 25 volumi soltanto, gli ‘Scritti della nuova Salem’, testo di riferimento del movimento religioso detto Societa’ di Lorber. Questo Movimento non ammette la costruzione di chiese. I riti si svolgono nelle case degli adepti [...].
I seguaci del Manicheismo dovevano osservare tre soli comandamenti, impressi sul corpo: uno sulla bocca [niente carne, sangue e vino], uno sulla mano [niente violenza] e uno sul pube [castita’]. Il loro rito piu’ importante era il banchetto sacro: si consumavano pane, cetrioli e meloni verdi.
Secondo il Mazdakismo, movimento religioso sorto nella Persia del V° secolo d.c., la liberazione dai mali del mondo si raggiungerebbe con un sistema sociale in cui tutte le donne e le ricchezze fossero patrimonio comune.
Il Mazdakismo propugnava anche un programma sociale di vegetarianismo, pacifismo, anticlericalismo e comunismo. Era una religione molto simile al buddhismo, come praticato nell’Asia Centrale. Per l’Islam, mazdakita e’ sinonimo di eretico. [Circle of Ancient Iranian Studies at the School of Oriental & African Studies, SOAS, Univ. of London, 2002].
Secondo il Movimento della Meditazione Trascendentale, chi pratica regolarmente questo tipo di meditazione per sette anni, ringiovanisce di 15 anni. Non solo, ma le prospettive sono anche migliori, se si pensa che dandosi un po’ da fare con questa meditazione, si puo’ raggiungere l’onniscienza, e quindi la conoscenza del passato e del futuro, l’invisibilita’, la levitazione, e altre simili piccole bestialita’.
Quella forza misteriosa che ogni essere vivente ha dentro di se’, questo ‘mana’ individuale, come lo chiamano gli aborigeni della Melanesia, puo’ essere accresciuto carpendolo ad altri esseri, magari tagliando loro la testa, magari mangiandoli all’uso cannibalico della migliore tradizione locale.
Tra le usanze cultuali dei Taraschi, bellicosi indigeni del Messico, vi era quella di effettuare, alla morte del re, il completo sterminio del suo seguito
Joe Smith, padre fondatore del movimento dei Mormoni [1830] ebbe la sua prima visione gia’ a 15 anni, quando Dio gli apparve per ammonirlo che tutte le altre religioni erano in errore su diverse cose; poi vide l’angelo Moroni; quattro anni dopo, lo stesso angelo gli avrebbe consegnato - in sogno ? - le tavole d’oro della nuova legge. Lui, tranquillo, ma analfabeta, si fece aiutare da un fattore, un contadino e un maestro di scuola elementare a tradurre quella specie di incomprensibili geroglifici che usavano nell’empireo, e ne trasse il libro di riferimento dei Mormoni, "The book of Mormon".
Lo stesso Joe Smith, che s’era fatto un numero di mogli stimato tra 27 e 49, penso’ bene di inserire la poligamia fra i precetti del Mormonismo. Il suo successore, Brigham Young, aveva solo 17 mogli, ma ben 56 figli.
Secondo questi tali Mormoni, ‘Gesu’ Cristo - che durante la vita terrena si era unito in matrimonio [poligamico] con Maria, Marta e Maria Maddalena - apparira’ un giorno ai Mormoni.. ‘ camminando sulle acque del lago salato [e anche un po’ asciutto], vicino a Salt Lake City.
Secondo il movimento dei Mussulmani Neri, di cui facevano parte Malcolm X e Cassius Clay, il padreterno Allah in origine aveva creato solo uomini neri; ma aveva poi affidato a certi eruditi infernali l’incarico di fare esperimenti, per vedere se usciva qualcosa di meglio. Ma l’esperimento falli’ in pieno, tanto che saltarono fuori uomini bruni, rossi, gialli, ecc. ecc.
Secondo Malcolm X: “ I rossi, i bruni, i gialli, tutti appartengono alla nazione nera; sono tutti tra loro fratelli. Solo il Bianco, e’ straniero.”
Sempre Malcolm X diceva: “Tutto quello che il Cristianesimo ha fatto per i neri e’ questo: li ha tenuti in schiavitu’.”
La chiesa Nazarethana, fondata da un certo Isahia Shembe nel 1911, e con un certo seguito nell’Africa del sud, venera un Cristo nero. Dicono infatti gli adepti, che prima Cristo venne come uomo bianco; poi si fece uomo nero, nella persona di Shembe. Percio’, Shembe e’ giustamente detto il Cristo Zulu.
Scrive lo storico R.J. Rummel, che nei secoli scorsi la Santa Cristiana Inquisizione uccise fra le 100mila e le 200mila persone, condannate come ‘eretiche’. I Protestanti, per parte loro, uccisero circa 100mila donne, condannate per stregoneria. [“Freeman: ideas on liberty” (1997), 47, 396-403]
Un certo numero di Nuove Religioni sono state fondate da donne. In Polinesia, le religioni Hapu e Iti-Atua; in Giappone, Tenrikyo, Omotokyo, Risshokosei-kai, Odoru Shokyo; negli Stati Uniti: Scienza Cristiana, Societa’ Teosofica.
Osayo [al secolo Kitamura Sayo], aveva avuto ripetuti incontri con la divinita’ suprema; e un bel giorno addirittura l’onnipotente Tensho Kotai Jingu, essere supremo dell’universo, scese nel suo corpo; non solo, ma fece posto anche ad Amaterasu, la divinita’ shintoista. Cosicche’ si formo’ la trinita’ Osayo, Tensho e Amaterasu [essendoci Amaterasu, forse stavano comodi, dentro Osayo, anche se un po’ stretti]. Diceva Osayo: “il mio corpo e’ il tempio di dio e io sono costantemente in collegamento radio con lui.” Ma non poteva semplicemente telefonargli? Eppoi, se Tensho era dentro di Lei, che bisogno c’era di tutte queste telecomunicazioni? Non poteva semplicemente dirgli: ‘Ehi, mi senti? Debbo dirti una cosa.’
Deguchi Nao, invece, la fondatrice della Religione del Grande Principio, o Omotokyo, ebbe la rivelazione con modalita’ prettamente giapponesi: stava facendo un po’ di ikebana con delle azalee che aveva li’, quando all’improvviso salto su’ dicendo «Predichero’ nel mondo il Principio della Causa Prima»; prendendo tutti di sorpresa.
Non molto tempo dopo, a dispetto della gentilezza con la quale aveva fatto ‘fiorire’ la Nuova Religione, Deguchi Nao fu dichiarata malata di mente e rinchiusa in appositi locali, con grandi pareti, sulle quali si esercitava a prendere un nugolo di appunti, che poi le servirono per riempire addirittura un migliaio intero di quaderni.
Uno degli imperativi ai quali sottostavano i seguaci dei Culti Orfici [che traevano origine dall’amico Orfeo], era quello di non indossare abiti di lana [...] e di esercitare una certa sobrieta’ nel consumo di carne, uova e fagioli.
Tra le punizioni che venivano affibbiate ai Parsi che andavano a confessarsi davanti al loro sacerdote, ve n’era una che imponeva l’uccisione delle creature malvagie di Ahriman [il loro equivalente di Lucifero], quali formiche, zanzare e scorpioni.
Bellissimo il fondamento fondante del Movimento PL-Kyodan, la giapponese 'Confraternita della Perfetta Liberta’: “ La vita e’ arte. Solo conducendo una vita all’insegna dell’arte, si puo’ giungere a conoscere il senso dell’esistenza.”
I Romani riservavano un olimpo grande alle maggiori divinita’ [dii majores: Giove e Giunone, Minerva e Nettuno, Marte e Venere, Apollo e Diana, ecc.] e un olimpo piccolo alle divinita’ minori [dii minores]. Ma stranamente - a mio avviso - nel gruppo delle divinita’ minori c’erano Pax, la dea della pace; Concordia, dea della concordia sociale; Victoria, dea della vittoria; e Hymeneus, dio del matrimonio; tutte divinita’ ‘influenti’ su questioncelle piuttosto importanti sia per il menage pubblico, che per quello privato.
Gli imperatori romani, che fuori di Roma dovevano essere considerati come divinita’ gia’ in vita, in citta’ potevano essere ‘divinizzati’ solo dopo la morte. E’ cosi’ che furono edificati templi a Giulio Cesare, ad Augusto, a Vespasiano, a Tito, ad Adriano, ad Antonino Pio, a Marco Aurelio. Solo a partire da Diocleziano, alla fine del quarto secolo d.c., gli imperatori venivano trattati subito come divinita’ anche a Roma.
Il cambiamento simbolico di sesso sembra favorire il rapimento estatico. E’ percio’ che gli sciamani, uomini e donne, si scambiano gli abiti, prima delle ‘funzioni’ cultuali.
Lo sciamano degli Sciti, se non azzeccava le sue predizioni, veniva ucciso senza esitazione. Alla morte del Principe sciita, moglie, servi e cavalli, venivano uccisi e sepolti nella stessa tomba.
Secondo il Movimento religioso Seicho-no-ie, fondato nel 1930 da Tanigichi Masaharu, “..ogni giapponese deve avere la consapevolezza di essere figlio della divinita’..”. La soluzione ai problemi ‘correnti’ puo’ essere ottenuta solo migliorando noi stessi, trasformandoci in completi uomini-dei.
I Sumeri potevano disporre di 3600 divinita’ [che beatitudine!], giusto il quadrato di 60, il loro numero magico; i sacerdoti e le sacerdotesse celebravano i riti sacrificali, nudi; ma non davanti a tutti.
Nel buddhismo tibetano si formarono due correnti dette, simpaticamente, quella dei ‘berretti gialli’ e quella dei ‘berretti rossi’.
La Chiesa dell’Unificazione, fu fondata a Seul da San Myung Mun, nel 1945. Tale fondatore, aveva avuto diversi incontri con le divinita’ superiori: aveva incontrato Gesu’ Cristo nel 1936; quindi per una decina d’anni aveva frequentato volta a volta Cristo, Dio in persona, Mose’ e Buddha. Nel gennaio del 1972, ancora si vede con Dio stesso, l’altissimo. Tutti questi incontri debbono avergli portato bene, visto che, oltre ad un certo seguito religioso, gli procurarono tra l’altro delle fabbriche d’armi di discrete dimensioni, un’industria farmaceutica [Il-WHA-Pharma], fabbriche di ginseng, di te’, ecc.; arrivo’ a fondare persino il corpo di ballo nazionale coreano.
Gli edifici del culto andrebbero costruiti impiegando la pietra sacra della Corea; ma in mancanza di questa, si puo’ consacrare il sito con un po’ di sale; il sale deve essere impiegato per ‘purificare’ il cibo, gli indumenti, e ogni cosa, comprese le automobili; quando si dorme fuori casa, bisogna sempre usare il sale per purificare la stanza dell’albergo. Insomma, ‘a maggior gloria di dio’, bisogna girare sempre col salino in tasca.
Sentite un po’ cosa e’ stato sfornato dal Concilio di Trento: «Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato, è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione». [Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia, c. 4: DS 1642.] La transustanziazione, concetto inventato pare da Ildeberto di Lavardin [~1133] e adottato da papa Alessandro III [~1150], non fu accettata da Martin Lutero e dal Protestantesimo. L'interpretazione di una trasformazione non sostanziale, ma solo simbolica, e' stata respinta anche recentemente da papa Pio XII con l'enciclica 'Humani generis' del 1950, e riaffermata da Paolo VI nel 1965: “..Cristo Signore è presente nel sacramento dell’eucaristia per la transustanziazione. Ma perché nessuno fraintenda questo modo di presenza, Cristo non si fa presente in questo sacramento se non per la conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel suo sangue;….Avvenuta la transustanziazione, le specie del pane e del vino ..contengono una nuova "realtà".. poiché convertita la sostanza o natura del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, nulla rimane più del pane e del vino…” [Mysterium Fidei’, Enciclica di Paolo VI, 1965].
Un bel ‘misterium’ davvero!
A questo punto, con l’assunzione dell’ostia che non e’ piu’ farina con acqua, ma carne fresca e del vino che e’ diventato sangue, sembra proprio che si realizzi una forma di ‘cannibalismo’ rituale convenzionale.
D’altra parte qualcuno disse per conto del Cristo: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» [Giovanni 6,53]. E ancora Gesù dice: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne….Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» [Giovanni 6, 51. 53. 54. 56].
[...]
Se queste cose le avesse dette un mussulmano, o un profeta di qualunque altra religione, tutti sarebbero stati pronti a scandalizzarsi difronte a un segno di cosi' evidente bestialita' primitiva.
Non per nulla «Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.» [Giovanni 6, 66]. [...]
[...]
Eppoi fanno tanto gli schizzinosi - i cattolici - dicendo che la Madonna e’ stata messa incinta, pur rimanendo vergine [Concilio di Costantinopoli II (anno 553), Sess. 8a, Canone 6: DS 427; papa Pio IX, 1854: Bolla Ineffabilis Deus: DS 2803.]; che ha concepito Cristo « senza seme ..., per opera dello Spirito Santo »[ Concilio Lateranense (anno 649), Canone 3: DS 503]; che ha partorito, pur rimanendo ancora vergine [San Leone Magno, Tomus ad Flavianum: DS 291; Ibid.: DS 294; Pelagio I, Lettera Humani generis: DS; Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 57: AAS 57 (1965) 61]; e che non ha piu’ avuto figli, rimanendo vergine fino alla fine [Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 52: AAS 57 (1965) 58].
Ce l’hanno tanto con una idiozia come la verginita’, eppoi si mangiano la gente cruda e ne bevono il sangue all’uso dei vampiri!
Ma e’ anche vero pero’, che per i cristiani non e’ del tutto nuova la storia del mangiarsi l’un l’altro, crudi; basta guardarsi intorno nella Bibbia:
“.. mangerai il frutto delle tue viscere, le carni dei tuoi figli e delle tue figlie, che il Signore tuo Dio ti avrà dato. L’uomo …guardera’ … il suo fratello, la sua sposa e i figli rimasti, perche’ alcuno non si prenda le carni dei suoi figli, delle quali si cibera’ [egli stesso]; ..la donna [guardera’] il proprio marito, il figlio e la figlia, e si cibera’ di nascosto di quanto esce dai suoi fianchi e dei bambini che deve ancora partorire..” [Deuteronomio 28:53-57];
“..Farò loro mangiare la carne dei figli e la carne delle figlie; si divoreranno tra di loro.” [Geremia 19:9];
“..in mezzo a te i padri divoreranno i figli e i figli divoreranno i padri…” [Ezechiele 5:10];
“.. dice il Signore: … faro’ mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori, si ubriacheranno del proprio sangue…” [Isaia 49:26];
“.. io sono il Signore vostro Dio…se non vorrete darmi ascolto…vi castighero’ …mangerete perfino la carne dei vostri figli e mangerete la carne delle vostre figlie…” [Levitico 26:1-29].
[...]
La violenza [...] divina raggiunge, nella Bibbia, culmini davvero inimmaginabili:
“… Ecco io manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà.” [Genesi 6:17];
“… Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra, uccelli, bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici, cioè quanto era sulla terra asciutta morì. Così fu sterminato ogni essere che era sulla terra: con gli uomini, gli animali domestici, i rettili e gli uccelli del cielo; essi furono sterminati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con lui nell'arca.” [Genesi 7:21-23].
[...]
“.. A mezzanotte il Signore colpi’ ogni primogenito nel paese d'Egitto, dal primogenito del faraone che siede sul trono fino al primogenito del prigioniero nel carcere sotterraneo, … non c'era casa dove non ci fosse un morto!” [Esodo 12:30]
“..dice il Signore degli eserciti…colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene… uccidi uomini, donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini…” [Samuele_1 15:3];
“.. il Signore gli disse: …non abbiate misericordia. Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio…riempite di cadaveri i cortili…” [Ezechiele 9:4-7];
“Samaria espiera’, perche’ si e’ ribellata al suo Dio. Periranno di spada, saranno sfracellati i bambini; e le donne incinte sventrate.” [Osea 14:1].
[...]
“.. Ora in quella notte l'angelo del Signore scese e colpi’ nell'accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini. Quando i superstiti si alzarono al mattino, ecco, quelli erano tutti morti. “ [Re_2 19:35].
[...]
“.. non lascerai in vita alcun essere che respiri; ma li voterai allo sterminio; Ittiti, Amorreei, Cananei, Perizziti, Evei, Gebusei, come il Signore tuo Dio ti ha comandato di fare…” [Deuteronomio 20:16-17];
“.. cosi’ Giosue’ batte’ tutto il paese, le montagne, il Negheb, il bassopiano, le pendici… Non lascio’ alcun superstite e voto’ allo sterminio ogni essere che respira, come aveva comandato il Signore Dio di Israele.” [Giosue’ 10:40].
[...]
Jahve’, quello detto eufemisticamente ‘il giardiniere’, quello che stava a bada dell’Eden - pare proprio che fosse il Signore dio di Abramo, amico sia di Cristo che di Maometto e tanti altri - proibi’ ad Adamo di mangiare dell' «albero della conoscenza», con queste parole: « perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti » [Genesi 2:17]; mica storie: o restate ignoranti, o creperete. Ma Adamo ed Eva attinsero all’ «albero della conoscenza», per nostra fortuna. Tuttavia questo peccatuccio, questo cosiddetto «peccato originale» basto’ a scatenare un putiferio. Le maledizioni si sprecano: «Sterminerò dalla terra l'uomo - e’ sempre quel bel tomo del Signore dio che parla - che ho creato: con l'uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d'averli fatti».[Genesi 6:7]; «.. sterminerò dalla terra ogni essere che ho fatto» [Genesi 7:4]. Casomai, avrebbe dovuto prendersela con Adamo, Eva e i serpenti. Cosa c'entravano tutte le altre bestie e gli uccelli del cielo? E tanto per cominciare con le delicatezze, “.. alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai i figli. [Grazie, ma come e’ buono lei!] Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà». All'uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba dei campi. Con il sudore del tuo volto ti procurerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!». [Genesi 3:16-19]
[...]
Insomma, si puo’ dire che il padreterno aveva proprio perso le staffe. E molte cose prendono ad andare di storto. Caino comincia col far fuori Abele; poi si mette a far figli con sua madre Eva, poi con le figlie, le sorelle, le nipoti, le zie, ecc. ecc.; insomma uno di quei miscugli che oggi diremmo un piccolo porcaio; senonche’, non poteva fare diversamente - al padreterno piacendo - visto che le uniche donne dell’abitato erano sua madre Eva, le sue figlie, sorelle, nipoti, ecc. ecc. Insomma, il porcaio l’aveva proprio voluto lui, il Signore dio; altrimenti, avrebbe dovuto ‘creare’ un gruppo piu’ nutrito di personaggi, fin dall’inizio, non due soltanto; cosi’ nessuno sarebbe stato costretto a far figli con sua madre, le sue sorelle, ecc. ecc.
Ma non finisce qui’, perche’ il disastro del ‘peccato originale’ si riversa addirittura su tutti i discendenti, su tutta l’umanita’ a venire. Dogma di fede, naturalmente: “Noi dunque riteniamo [Concilio di Trento], che il peccato originale viene trasmesso insieme con la natura umana…”.
E ancora: “Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato.” [Lettera di San Paolo ai Romani: 5, 12].
Ha mai sentito dire, signor Paolo, che la colpevolizzazione collettiva e’ considerata innammissibile, essendo norma universalmente riconosciuta - tra le persone civili - che la responsabilita’ penale e’ personale, e solo personale? Non tramandabile ne’ ereditabile?
Ma un’abitudine, quella di far ricadere le colpe dei genitori sui loro figli, che quel Signore aveva gia’ praticata:
“..Dice infatti il Signore Dio: «Si farà venire contro di loro una folla … La folla le lapiderà e le farà a pezzi [Oola’ e Ooliba’, ree di essere due prostitute] con le spade; ne ucciderà i figli e le figlie [colpevoli di essere i figli e le figlie di Oola’ e Ooliba’].” [Ezechiele 23:25-47];
“.. Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dall'alto di quella terrazza egli vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella di aspetto. Davide mandò a informarsi chi fosse la donna. Gli fu detto: «E' Betsabea figlia di Eliàm, moglie di Uria l'Hittita». Allora Davide mandò messaggeri a prenderla. Essa andò da lui ed egli giacque con lei, che si era appena purificata dalla immondezza. Poi essa tornò a casa. La donna concepì e fece sapere a Davide: «Sono incinta». [Samuele_2, 11:2-4] …Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai. Tuttavia, poiché in questa cosa tu hai insultato il Signore,… il figlio che ti è nato dovrà morire… Il Signore dunque colpì il bambino che la moglie di Uria [Betsabea] aveva partorito a Davide ed esso…mori’.” [Samuele_2 12:15-19];
“.. Giosuè allora prese Acan di Zerach,… i suoi figli, le sue figlie,… li bruciarono tutti e li uccisero tutti a sassate.” [Giosue’ 7:24-25]
Dalla Conferenza Episcopale Italiana:
“ Le verità divinamente rivelate, che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute ed espresse, furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo. La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa. Per la composizione dei Libri Sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli in essi e per loro mezzo, scrivessero, come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva fossero scritte. Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, è da ritenersi anche, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità, che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle Sacre Lettere. Pertanto "ogni scrittura divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per convincere, per correggere, per educare alla giustizia, affinché l'uomo di Dio sia perfetto, addestrato a ogni opera buona. “[ BIBBIA-CEI]
Se a dio tutto e’ possibile, nessuna cosa e’ impossibile [Genesi 17:1, 35:11; Luca 1:37; Matteo 19:26], non sara’ allora che anche l’ingiustizia, l’ignominia, la perversione, il crimine piu’ efferato, gli sono possibili?
[...]
_________________
vency
PS: A chi gli chiedeva cosa faceva il padreterno in attesa di creare l’universo, pare che S. Agostino abbia risposto “Preparava l’inferno per quelli che fanno domande simili ”. [Hawking, S. 1996, ‘A brief History of time’]
sabato 27 settembre 2003
il Medio Evo di Jacques Le Goff a Parma
La Stampa 27 Settembre 2003
SI APRE OGGI A PARMA LA MOSTRA «IL MEDIOEVO EUROPEO», IDEATA DAL GRANDE STORICO FRANCESE, CHE NE HA SCELTO I CAPOLAVORI
Costume e bellezza
«Costume e bellezza nell’Italia antica» è il titolo della rassegna che si inaugura oggi in oltre 80 siti e musei archeologici, fino al marzo del 2004. Scopo della manifestazione, come ha detto il ministro Urbani, valorizzare il nostro patrimonio artistico, abbinare le vestigia del passato alla creatività della moda moderna.
LE GOFF
fate e streghe
sogni e gioco
Il carattere fondamentale della donna medievale è la sua ambiguità: a volta Eva a volte Maria La prima incarna l’ideale della bellezza e del nudo e l’ossessione del corpo in quella società
Troppo spesso si parla di quei secoli come tristi e pieni di gemiti Al contrario il Medioevo ha conosciuto il riso ed è vissuto in mezzo a sonorità e melodie Ai divertimenti di palla del tempo risale l’origine del calcio
di Jacques Le Goff
SOGNO e cortesia. Il mondo medioevale è un mondo di gente che sogna, ma a differenza di uomini e donne dell'Antichità, che potevano rivolgersi a numerosi interpreti professionali dei sogni, che esercitavano persino nei mercati, la Chiesa medioevale proscriveva l'interpretazione dei sogni, attribuiti per la maggior parte a Satana, o all'indecenza di corpi travagliati dall'indigestione, dall'ubriachezza o dal desiderio erotico. La Chiesa riconobbe dunque agli inizi solo alcune categorie di sognatori privilegiati: santi, re, monaci; poi si moltiplicarono nell'arte le raffigurazioni di sognatori illustri, mentre l'interpretazione dei sogni si faceva sempre più democratica. Gli artisti medioevali giunsero a definire una postura quasi liturgica per la persona che sogna: per lo più non supina, ma coricata su un fianco e appoggiata su un braccio. Il sogno diventa un genere letterario. Dai sogni di Carlo Magno nella Chanson de Roland fino al Roman de la Rose il sogno é stato un grande tema, che ha sublimato questo aspetto della quotidianità di uomini e donne. Il sogno infine si inserisce nella crescente raffinazione dei costumi che Elias ha chiamato «processo di civilizzazione». Buone maniere a tavola, scene d'amore, bagni, si diffondono in un'atmosfera signorile in cui gli oggetti lussuosi delle arti minori - specchi, avori, gioielli - occupavano un posto centrale. Sogni e scene cortesi sono presenti e frequenti nella società del XV secolo che il grande storico olandese Johan Huzinga ha chiamato L'Autunno del medioevo.
Personaggi umani, personaggi femminili. Il mondo delle donne e degli uomini è ampiamente presente nell'arte medioevale. Certo, nell'insieme predominano gli uomini: è il «medioevo maschio» descritto da Georges Duby; ma le donne sono ben presenti nelle rappresentazioni figurative, nelle quali si rende manifesto il loro potere di seduzione, nel bene e nel male. Ecco quindi che il tema evangelico delle vergini sagge e folli offre all'arte gotica lo spunto per belle statue dai forti contrasti. Il carattere che si vuole fondamentale della donna è la sua ambiguità, il suo essere volta a volta Eva o Maria. Ambiguità condivisa anche dai personaggi, che a volte il medioevo ricupera, dei vecchi depositi mitici e popolari. Così anche le fate trovano posto nel mondo cristiano medioevale. Una di loro, Melusina, seduttrice di cavalieri, sedusse anche romanzieri e miniatori. Donna-serpente divenuta umana, feconda e benefica, dissoda terre, costruisce castelli, allatta i suoi figli. Ma la sua natura viene scoperta dal marito, che con ciò la condanna, sia pure involontariamente, ad abbandonare sposo, figli, dimora; potrà solo tornare di notte, lanciando «le grida della fata» descritte da Gérard de Nerval.
In questo mondo che spesso ignora la frontiera tra realtà e immaginazione si crede all'esistenza di un prestigioso animale simbolico, l'unicorno, interpretato come una vergine che fugge i cacciatori e va a rifugiarsi in grembo alla Madonna, la vergine per eccellenza. Dopo innumerevoli raffigurazioni, l'unicorno ispirò un capolavoro del XV secolo: il ciclo di sei grandi arazzi della Dame à la licorne , tra le opere più suggestive conservate al Musée du Moyen Age di Parigi.
Abbiamo visto Maria tra i personaggi divini; tra quelli umani e femminili bisogna cominciare da Eva, che del resto nell'arte medioevale finisce col perdere la natura malefica. Nel suo ruolo di tentatrice, principale colpevole del peccato originale, Eva può incarnare la bellezza femminile, in particolare il nudo, forma in cui Maria non può certo essere raffigurata. Così esposta Eva rappresenta tra l'altro l'ossessione del corpo vissuta dalla società medioevale. I corpi delle donne aristocratiche incarnano sempre più, nella statuaria, nel ritratto, la bellezza femminile, conservando però nell'espressione del viso se non l'ambiguità certo almeno un'aura di segreto. È il caso della marchesa Uta, nella cattedrale di Naumburg.
La musica e il gioco. Il medioevo non è il mondo triste, pieno di gemiti, di cui troppo spesso si parla e si scrive. Al contrario, ha conosciuto il riso, si è divertito, è vissuto in mezzo a sonorità e melodie. Ha inventato o perfezionato non pochi strumenti musicali. Ha fatto progredire l'arte corale con il canto fermo, chiamato anche gregoriano. Ha aperto la strada alla polifonia e, sul finire, grazie anche a nuove forme di devozione - la Devotio moderna - ha creato una forma musicale moderna, l' Ars Nova. Abbiamo poche testimonianze sulla musica profana e sulla danza aristocratica, ma sappiamo dai testi che furono praticate abbastanza da suscitare l'ostilità, fortunatamente inefficace, del clero. E tuttavia la presenza eminente della musica nella società e nella cultura medioevali ha avuto sovente come teatro il luogo cruciale di quella società e di quella civiltà: la chiesa. Il medioevo infatti ha sviluppato anche uno strumento destinato a enorme fortuna: l'organo. E in più, anche se in ritardo rispetto all'India e all'Estremo Oriente, ha diffuso suoni legati alla liturgia, questo autentico calendario sonoro dell'Occidente. Parliamo delle campane, che dai campanili, a partire dal VII secolo, hanno risuonato con sempre maggior forza in tutto l'Occidente medioevale.
Dalla Bibbia gli artisti hanno fatto uscire un regale musicista: Davide, e attraverso di lui hanno innalzato al trono uno strumento, liuto o arpa, e una pratica sacra dall'origine: la danza.
Anche nel campo del gioco le pratiche, i divertimenti sono stato numerosi. Anche qui, per lo più con una frontiera netta a separare i giochi degli strati superiori della società da quelli dei ceti popolari. Certo nel medioevo non si è praticato lo sport come si faceva nell'Antichità e come si tornerà a fare nell'Europa del XIX secolo, ma i giochi di palla sono stati presenti, tanto che l'origine del nostro calcio è da ricercarsi proprio nel medioevo. In questa mostra compare uno dei giochi più tipici dei divertimenti aristocratici, segno ancora una volta delle influenze orientali, giacché arriva dall'Asia per tramite degli arabi tra XI e XII secolo: gli scacchi. Acquisteranno tale prestigio che un bell'esemplare del XII secolo verrà attribuito ad un possessore illustre, Carlo Magno. Circa l'anno 1300 il domenicano italiano Iacopo da Cessole, seguendo il gusto letterario dell'epoca per le opere di «moralità»", redige il Liber super ludo scaccorum , nel quale l'interpretazione dei pezzi e del gioco degli scacchi dà luogo a una delle più interessanti descrizioni della società e delle mentalità medioevali.
La morte e l'aldilà. La mostra inizia con le porte e l'evocazione degli spazi terrestri nei quali si è sviluppata la civiltà medioevale. Si chiude con un'altra apertura : quella sull'Aldilà e sull'eternità. È il tipo di fine su cui ruminavano donne e uomini del medioevo, spintivi dalla Chiesa o anche all'interno della loro devozione personale. I rapporti tra i vivi e i morti costituiscono un aspetto fondamentale di ogni società. La società medioevale ha conosciuto un'evoluzione essenziale di questi rapporti. I vivi erano tenuti a pregare per i morti, ma a partire dalla fine del XII secolo seppero che avevano speciali doveri di preghiera verso una particolare categoria di morti: le anime del Purgatorio. È questo il momento in cui si inventa questo terzo luogo del mondo ultraterreno. Da allora la geografia dell'Aldilà comprenderà cinque luoghi deputati, di cui due limbi (uno dei bambini e uno dei Patriarchi), e tre luoghi principali: Inferno, Purgatorio, Paradiso. L'Inferno e il Paradiso, a differenza dal Purgatorio, dovranno durare in eterno: l'umanità medioevale cristiana aspira alla salvezza, spera di essere accolta in Paradiso. L'attesa della fine dei tempi, della fine della storia, che dovrebbe sfociare nell'eternità, a ispirato la massima opera del medioevo, che non poteva mancare qui: la Divina Commedia .
La presenza dell'Aldilà e dell'Eternità coinvolge due aspetti essenziali. Da un lato, il coronamento della storia umana è la risurrezione dei corpi, perché il cristianesimo, unico tra le altre religioni, ne ha fatto un dogma di fede. Dall'altro, questa è un'altra occasione di rendere manifesta l'importanza del corpo nella civiltà medioevale.
Infine, come eco alla creazione, evento fondatore della storia, la società medioevale prevede per la propria fine un altro grande avvenimento. Poiché, durante il medioevo, ci si preoccupò sempre più attentamente della elaborazione del diritto e della giustizia, l'atto finale è un giudizio: il Giudizio Universale. Qui finisce la storia, qui il visitatore della mostra conclude il suo viaggio col messaggio di speranza proposto dalla Risurrezione.
(all’ Introduzione al catalogo della mostra «Il medioevo europeo». Traduzione di Daniela Romagnoli)
SI APRE OGGI A PARMA LA MOSTRA «IL MEDIOEVO EUROPEO», IDEATA DAL GRANDE STORICO FRANCESE, CHE NE HA SCELTO I CAPOLAVORI
Costume e bellezza
«Costume e bellezza nell’Italia antica» è il titolo della rassegna che si inaugura oggi in oltre 80 siti e musei archeologici, fino al marzo del 2004. Scopo della manifestazione, come ha detto il ministro Urbani, valorizzare il nostro patrimonio artistico, abbinare le vestigia del passato alla creatività della moda moderna.
LE GOFF
fate e streghe
sogni e gioco
Il carattere fondamentale della donna medievale è la sua ambiguità: a volta Eva a volte Maria La prima incarna l’ideale della bellezza e del nudo e l’ossessione del corpo in quella società
Troppo spesso si parla di quei secoli come tristi e pieni di gemiti Al contrario il Medioevo ha conosciuto il riso ed è vissuto in mezzo a sonorità e melodie Ai divertimenti di palla del tempo risale l’origine del calcio
di Jacques Le Goff
SOGNO e cortesia. Il mondo medioevale è un mondo di gente che sogna, ma a differenza di uomini e donne dell'Antichità, che potevano rivolgersi a numerosi interpreti professionali dei sogni, che esercitavano persino nei mercati, la Chiesa medioevale proscriveva l'interpretazione dei sogni, attribuiti per la maggior parte a Satana, o all'indecenza di corpi travagliati dall'indigestione, dall'ubriachezza o dal desiderio erotico. La Chiesa riconobbe dunque agli inizi solo alcune categorie di sognatori privilegiati: santi, re, monaci; poi si moltiplicarono nell'arte le raffigurazioni di sognatori illustri, mentre l'interpretazione dei sogni si faceva sempre più democratica. Gli artisti medioevali giunsero a definire una postura quasi liturgica per la persona che sogna: per lo più non supina, ma coricata su un fianco e appoggiata su un braccio. Il sogno diventa un genere letterario. Dai sogni di Carlo Magno nella Chanson de Roland fino al Roman de la Rose il sogno é stato un grande tema, che ha sublimato questo aspetto della quotidianità di uomini e donne. Il sogno infine si inserisce nella crescente raffinazione dei costumi che Elias ha chiamato «processo di civilizzazione». Buone maniere a tavola, scene d'amore, bagni, si diffondono in un'atmosfera signorile in cui gli oggetti lussuosi delle arti minori - specchi, avori, gioielli - occupavano un posto centrale. Sogni e scene cortesi sono presenti e frequenti nella società del XV secolo che il grande storico olandese Johan Huzinga ha chiamato L'Autunno del medioevo.
Personaggi umani, personaggi femminili. Il mondo delle donne e degli uomini è ampiamente presente nell'arte medioevale. Certo, nell'insieme predominano gli uomini: è il «medioevo maschio» descritto da Georges Duby; ma le donne sono ben presenti nelle rappresentazioni figurative, nelle quali si rende manifesto il loro potere di seduzione, nel bene e nel male. Ecco quindi che il tema evangelico delle vergini sagge e folli offre all'arte gotica lo spunto per belle statue dai forti contrasti. Il carattere che si vuole fondamentale della donna è la sua ambiguità, il suo essere volta a volta Eva o Maria. Ambiguità condivisa anche dai personaggi, che a volte il medioevo ricupera, dei vecchi depositi mitici e popolari. Così anche le fate trovano posto nel mondo cristiano medioevale. Una di loro, Melusina, seduttrice di cavalieri, sedusse anche romanzieri e miniatori. Donna-serpente divenuta umana, feconda e benefica, dissoda terre, costruisce castelli, allatta i suoi figli. Ma la sua natura viene scoperta dal marito, che con ciò la condanna, sia pure involontariamente, ad abbandonare sposo, figli, dimora; potrà solo tornare di notte, lanciando «le grida della fata» descritte da Gérard de Nerval.
In questo mondo che spesso ignora la frontiera tra realtà e immaginazione si crede all'esistenza di un prestigioso animale simbolico, l'unicorno, interpretato come una vergine che fugge i cacciatori e va a rifugiarsi in grembo alla Madonna, la vergine per eccellenza. Dopo innumerevoli raffigurazioni, l'unicorno ispirò un capolavoro del XV secolo: il ciclo di sei grandi arazzi della Dame à la licorne , tra le opere più suggestive conservate al Musée du Moyen Age di Parigi.
Abbiamo visto Maria tra i personaggi divini; tra quelli umani e femminili bisogna cominciare da Eva, che del resto nell'arte medioevale finisce col perdere la natura malefica. Nel suo ruolo di tentatrice, principale colpevole del peccato originale, Eva può incarnare la bellezza femminile, in particolare il nudo, forma in cui Maria non può certo essere raffigurata. Così esposta Eva rappresenta tra l'altro l'ossessione del corpo vissuta dalla società medioevale. I corpi delle donne aristocratiche incarnano sempre più, nella statuaria, nel ritratto, la bellezza femminile, conservando però nell'espressione del viso se non l'ambiguità certo almeno un'aura di segreto. È il caso della marchesa Uta, nella cattedrale di Naumburg.
La musica e il gioco. Il medioevo non è il mondo triste, pieno di gemiti, di cui troppo spesso si parla e si scrive. Al contrario, ha conosciuto il riso, si è divertito, è vissuto in mezzo a sonorità e melodie. Ha inventato o perfezionato non pochi strumenti musicali. Ha fatto progredire l'arte corale con il canto fermo, chiamato anche gregoriano. Ha aperto la strada alla polifonia e, sul finire, grazie anche a nuove forme di devozione - la Devotio moderna - ha creato una forma musicale moderna, l' Ars Nova. Abbiamo poche testimonianze sulla musica profana e sulla danza aristocratica, ma sappiamo dai testi che furono praticate abbastanza da suscitare l'ostilità, fortunatamente inefficace, del clero. E tuttavia la presenza eminente della musica nella società e nella cultura medioevali ha avuto sovente come teatro il luogo cruciale di quella società e di quella civiltà: la chiesa. Il medioevo infatti ha sviluppato anche uno strumento destinato a enorme fortuna: l'organo. E in più, anche se in ritardo rispetto all'India e all'Estremo Oriente, ha diffuso suoni legati alla liturgia, questo autentico calendario sonoro dell'Occidente. Parliamo delle campane, che dai campanili, a partire dal VII secolo, hanno risuonato con sempre maggior forza in tutto l'Occidente medioevale.
Dalla Bibbia gli artisti hanno fatto uscire un regale musicista: Davide, e attraverso di lui hanno innalzato al trono uno strumento, liuto o arpa, e una pratica sacra dall'origine: la danza.
Anche nel campo del gioco le pratiche, i divertimenti sono stato numerosi. Anche qui, per lo più con una frontiera netta a separare i giochi degli strati superiori della società da quelli dei ceti popolari. Certo nel medioevo non si è praticato lo sport come si faceva nell'Antichità e come si tornerà a fare nell'Europa del XIX secolo, ma i giochi di palla sono stati presenti, tanto che l'origine del nostro calcio è da ricercarsi proprio nel medioevo. In questa mostra compare uno dei giochi più tipici dei divertimenti aristocratici, segno ancora una volta delle influenze orientali, giacché arriva dall'Asia per tramite degli arabi tra XI e XII secolo: gli scacchi. Acquisteranno tale prestigio che un bell'esemplare del XII secolo verrà attribuito ad un possessore illustre, Carlo Magno. Circa l'anno 1300 il domenicano italiano Iacopo da Cessole, seguendo il gusto letterario dell'epoca per le opere di «moralità»", redige il Liber super ludo scaccorum , nel quale l'interpretazione dei pezzi e del gioco degli scacchi dà luogo a una delle più interessanti descrizioni della società e delle mentalità medioevali.
La morte e l'aldilà. La mostra inizia con le porte e l'evocazione degli spazi terrestri nei quali si è sviluppata la civiltà medioevale. Si chiude con un'altra apertura : quella sull'Aldilà e sull'eternità. È il tipo di fine su cui ruminavano donne e uomini del medioevo, spintivi dalla Chiesa o anche all'interno della loro devozione personale. I rapporti tra i vivi e i morti costituiscono un aspetto fondamentale di ogni società. La società medioevale ha conosciuto un'evoluzione essenziale di questi rapporti. I vivi erano tenuti a pregare per i morti, ma a partire dalla fine del XII secolo seppero che avevano speciali doveri di preghiera verso una particolare categoria di morti: le anime del Purgatorio. È questo il momento in cui si inventa questo terzo luogo del mondo ultraterreno. Da allora la geografia dell'Aldilà comprenderà cinque luoghi deputati, di cui due limbi (uno dei bambini e uno dei Patriarchi), e tre luoghi principali: Inferno, Purgatorio, Paradiso. L'Inferno e il Paradiso, a differenza dal Purgatorio, dovranno durare in eterno: l'umanità medioevale cristiana aspira alla salvezza, spera di essere accolta in Paradiso. L'attesa della fine dei tempi, della fine della storia, che dovrebbe sfociare nell'eternità, a ispirato la massima opera del medioevo, che non poteva mancare qui: la Divina Commedia .
La presenza dell'Aldilà e dell'Eternità coinvolge due aspetti essenziali. Da un lato, il coronamento della storia umana è la risurrezione dei corpi, perché il cristianesimo, unico tra le altre religioni, ne ha fatto un dogma di fede. Dall'altro, questa è un'altra occasione di rendere manifesta l'importanza del corpo nella civiltà medioevale.
Infine, come eco alla creazione, evento fondatore della storia, la società medioevale prevede per la propria fine un altro grande avvenimento. Poiché, durante il medioevo, ci si preoccupò sempre più attentamente della elaborazione del diritto e della giustizia, l'atto finale è un giudizio: il Giudizio Universale. Qui finisce la storia, qui il visitatore della mostra conclude il suo viaggio col messaggio di speranza proposto dalla Risurrezione.
(all’ Introduzione al catalogo della mostra «Il medioevo europeo». Traduzione di Daniela Romagnoli)
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