martedì 9 settembre 2003

Goffredo Fofi, la parabola di un se-dicente rivoluzionario dai Quaderni Piacentini al Messaggero

Il Messaggero 9 Settembre 2003
Snobbato Bellocchio? Bene, il suo è un film infantile
di GOFFREDO FOFI

LA REAZIONE scomposta e sciovinista della dirigenza Rai di fronte al verdetto della giuria veneziana che, presieduta da un italiano, ha osato non dare il massimo premio a un loro film, a un Film Italiano, Buongiorno notte di Marco Bellocchio (di questo passo, addio Oscar a Benigni, addio Palme a Moretti: che ognuno premi i suoi, valgano o non valgano, purché con i colori nazionali!); gli entusiasmi generali dei giornali e degli ”uomini di cultura” di destra, di centro e di sinistra per il medesimo film; l’essere a un tratto diventato Bellocchio emblema quanto Ciampi e la Nazionale di calcio dell’Unità della Patria, ricostituita attorno al suo modo di rievocare il caso Moro; tutto questo dovrebbe far riflettere il regista piacentino, ma dubito che ciò avverrà.
Il plebiscito di consensi (italiani) gli può far male, con la convinzione che gli porta di aver subito una clamorosa ingiustizia. E invece no, oltre al film russo a Venezia c’erano in concorso, nel pastrocchio delle divisioni imposte dai gusti e dalle tattiche del direttore della mostra, film ben migliori di Buongiorno notte, e fuori concorso anche.
Onestamente, sono tra coloro che hanno apprezzato diverse cose del film, ma che l’avrebbero fatto con più sentimento se non avesse tirato in ballo fatti e personaggi storici precisi, e li avesse reinventati con altri nomi e storie. Così com’è, Buongiorno notte è un film politico, che affronta una delle più tremende delle tante e vergognose storie che costellano il nostro passato e il nostro presente. E, «a film politico, giudizio politico», si diceva una volta. Specularmente al film di Bertolucci sul ’68, anche quello di Bellocchio non si distacca mai più di pochi centimetri dall’ombelico del regista. Bertolucci idealizza il suo ’68 molto borghese, Bellocchio ci parla del suo ”privato”, fa un film sui suoi miti e modelli familiari, e auspica riconciliazione e armonia di una famiglia che vuole anche ”famiglia Italia”, visti il soggetto, il modo di trattarlo e le soluzioni che gli offre.
Prima del ’68, il protagonista di I pugni in tasca buttava la madre nell’abisso, e quella madre era una certa Italia. Ora Bellocchio è cresciuto, e assolve i padri (il Padre per eccellenza, Moro) e i figli (i terroristi), e auspica una storia riconciliata per via materna (la figura femminile idealistica e idealizzata della terrorista materna, i cui sogni sono il film: è lei la morale del regista).
Il caso Moro fu una tragedia piena di responsabilità, piena di colpe, della classe dirigente e dei dopo-sessantotto, con cause definibili e lasciti altrettanto interpretabili. In ogni caso è Storia, come spezzoni tv e giornali ricordano nel film, e come rammentano i nomi stessi dei personaggi. Ma Bellocchio si serve di questo per dirci i suoi bisogni di ex figlio ribelle, diventato oggi padre ossequiente con figli obbedienti. Film onirico e psicanalitico, che però vuole chiamare in causa la realtà e la storia, Buongiorno notte è un film di conciliazione e di assoluzione delle principali parti in causa, e in esso tutto mi suona falso e idealizzato. Bellocchio, come Bertolucci, non sa interpretare neanche la sua stessa storia, il suo ”pubblico” e il suo ”privato” dentro il ”pubblico” di un quarantennio. Unici nemici che gli restano, Stalin (ma suvvia, se ormai perfino Rifondazione...!) e il Papa: guarda caso, quel Paolo VI che fu una delle poche persone pubbliche a uscire pulite dall’indecorosa vicenda politico-criminale del caso Moro.
Il Padre buono e incompreso pensa da ultimo alla famiglia e ai nipoti, come la terrorista buona che ha scoperto un padre, in mezzo a colleghi che proprio non fanno paura e che non somigliano affatto agli spietati individui della realtà. Che, tra l’altro, distrussero un movimento con il loro fanatismo imbecille e aprirono la strada agli abomini politici successivi. E’ un film privato e infantile, quello di Bellocchio, che purtroppo va visto in chiave antropologica, sociologica e politica come l’esempio di un’Italia oggi riconciliata dal denaro e dal conformismo dei comportamenti. Bellocchio ha unificato da perfetto ”uomo d’ordine” l’Italia 2003 politica, televisiva, giornalistica. Che immenso successo!

Maria Fida Moro: è uno schifo
ROMA «Disappunto, contrarietà e schifo» per il film di Marco Bellocchio sul caso Moro. Maria Fida Moro, la figlia dell'ex presidente della Dc ucciso dalle Br, non usa mezzi termini per scagliarsi contro la pellicola reduce dal Festival di Venezia, accusandola di rileggere la vicenda attraverso gli occhi dei terroristi. «Siamo in un paese libero premette e quindi la signora Laura Braghetti ha il diritto di esprimersi e il regista Bellocchio ha la facoltà di fare un film. Ma io ho il diritto sacrosanto di gridare il mio disappunto, la mia contrarietà e lo schifo. Vorrei silenzio sul caso Moro, visto che le parole e i ricordi sono quasi sempre a sproposito».

I commenti all’uscita delle sale dove si proietta “Buongiorno, notte”
Il pubblico si divide in due
di DIANA LETIZIA e SIMONA TAGLIAVENTI

ROMA - In un lunedì pomeriggio carico di pioggia, generazioni di romani si incontrano nei cinema della città in cui si proietta Buongiorno, notte di Marco Bellocchio. Le polemiche sulla mancata consegna del Leone al film (molti i favorevoli ma anche i contrari) si spostano dalla Laguna a Roma. Tutti quelli che escono dal cinema Tibur di San Lorenzo sembra abbiano una gran voglia di parlare, di commentare qualcosa che hanno sentito solo raccontare dai genitori o che hanno vissuto in prima persona. «E’ la dimensione umana che rende questo film meraviglioso - spiega Chiara Lorenzoni, insegnante di 56 anni – meritava un riconoscimento maggiore per la bellezza del confronto tra realtà e immaginazione». Altre parole di elogio arrivano da Francesco, trentenne (lo ha visto due volte): «Rivedendolo ho apprezzato ancora di più il montaggio e soprattutto ho colto particolari che non ero riuscito a capire». Carla, studentessa fuori sede di vent’anni, non ha dubbi: «Era ora che qualcuno ci raccontasse il caso Moro con sensibilità. La musica dei Pink Floyd è la migliore colonna sonora che il regista potesse scegliere». Nel cinema di San Lorenzo, Buongiorno, notte è in programmazione da venerdì e il direttore del Tibur sottolinea l’alto flusso di persone che sono andate a vederlo. Dall’altra parte della Capitale, al cinema Eden, i pareri sono piuttosto discordanti. «Lo sguardo del regista – commenta Anna Rita Pinto, 32 anni, sceneggiatrice – si sofferma sull’intimità dei personaggi, raccontando una vicenda che non aderisce in tutto e per tutto alla storia. Bello il finale di ampio respiro». È proprio la visione da un punto di vista diverso l’aspetto che ha suscitato nel pubblico grandi critiche o entusiastici apprezzamenti. «Sicuramente un bel film – spiega Giampiero Carocci, 84 anni – come belle sono le musiche che volutamente stonano con la tragicità della vicenda. I brigatisti però sembrano appartenere più al mondo di oggi che a quello di trent’anni fa». Delusa Luisa Collodi: «Non mi è piaciuto, non dà per niente l’idea della tragedia». Incompleto, carente e privo di approfondimenti Buongiorno, notte per Gemma D’Agostino: «Manca l’indagine su ciò che ha mosso l’azione dei brigatisti e questo è inaccettabile». Il pubblico giovane è più indulgente: «Non ha vinto a Venezia – azzarda Angelo Costabile, 25 anni, attore al fianco di Lo Cascio in La meglio gioventù – perché il regista è un italiano. Si tratta invece di un’opera d’arte, senza pretese di aderenza alla verità storica e chi lo critica non ha afferrato questo aspetto». Commossa e ancora col cuore in gola Sabina Incardina, studentessa al Dams: «Mi sono documentata prima di vedere questo film – racconta – e mi è sembrata un’idea geniale inserire tra i brigatisti una donna che è anche travagliata dai suoi problemi». Anche Mara Venier ha partecipato alla proiezione pomeridiana dell’Eden e ha commentato il film con un consiglio: «Vale la pena andarlo a vedere».