martedì 9 settembre 2003

l'immagine dell'aldilà

Corriere della Sera
ANTEPRIMA
Nel «Dizionario medievale» la molteplice identità del continente
L’immagine dell’aldilà nasce nell’alto medioevo: nel cielo superiore sta il bene e il male è in basso

Essenzialmente, l’immagine cristiana di aldilà si definisce lungo l’alto medioevo. Per accedervi, è necessario passare sia attraverso il giudizio collettivo del giudizio finale, sia attraverso un giudizio individuale. Nel primo caso, l’attore principale è il Cristo - giudica assiso in un tribunale che ricorda la giustizia romana dell’antichità. I verdetti sono emessi dopo aver consultato i libri, tenuti dagli angeli, in cui vengono registrate le buone e le cattive azioni degli uomini. Nel secondo caso, il momento decisivo è quello della pesa delle anime, effettuata dall’arcangelo Gabriele dopo la resurrezione. Il custode del paradiso, san Pietro, e il signore dell’inferno, Satana, si disputano l’anima facendo peso sull’uno o sull’altro dei piatti della bilancia. Ottenuto il verdetto, gli eletti ascendono verso il paradiso, di cui san Pietro apre loro la porta, mentre i dannati sono gettati nella gola dell’inferno. Il paradiso è un luogo di pace e di gioia che gli eletti si godono con i principali sensi: fiori e luce per gli occhi, canti per le orecchie, soavi profumi per il naso, sapore di frutti deliziosi per la bocca, tessuti vellutati per le dita (in genere, infatti, i pudichi eletti indossano belle vesti bianche e solo sporadicamente qualche artista ha restituito loro quella ritrovata nudità che era stata caratteristica dell’innocente del paradiso terrestre prima della Caduta). Talvolta, il paradiso è circondato da alte mura di pietre preziose e comprende spazi concentrici, a loro volta protetti da mura, ognuno dei quali diventa più luminoso, più profumato, più saporito, più armonioso man mano che ci si avvicina al centro in cui sta Dio, che tiene in serbo la visione beatifica. Il paradiso della Genesi era un giardino, in conformità con le realtà del clima e dell’immaginario degli Orientali; il paradiso dell’Occidente medievale, mondo di città vecchie e nuove fu concepito perlopiù in forma urbana all’interno di una cinta di mura, sul modello della Gerusalemme celeste. Questo paradiso era strettamente riservato ai buoni battezzati, in quanto il battesimo era il passaporto necessario (benché non sufficiente) per il paradiso.
L’inferno è caratterizzato dal fuoco inestinguibile che brucia senza tregua i dannati e che illumina soltanto di sbuffi nerastri e di spaventosi baluginii rosseggianti un mondo di tenebre, di urla, di orrendi rumori, di lezzo. È un inferno rosso e nero. Il lato peggiore è che i dannati patiscono in perpetuo i crudeli supplizi inflitti da demoni raccapriccianti. Quando se ne intravede il passaggio, l’aldilà infernale risulta orribile, composto com’è di monti scoscesi, di valli profonde, di fiumi e di laghi puzzolenti colmi di metalli fusi, di rettili e di mostri. In questo inferno si arriva in seguito alla caduta dentro un pozzo, oppure dopo la prova, insormontabile, di camminare al di sopra degli abissi su di un ponte sempre più stretto e sempre più scivoloso. Alle volte, il luogo è diviso in ricettacoli che racchiudono le diverse categorie di peccatori dannati; in altri casi, è tutto d’un pezzo, ma strutturato in giorni specializzati a seconda delle punizioni inflitte ai dannati, oppure in piani sempre più oscuri e incandescenti che conducono fino alla massima profondità, dove regna Satana in persona.
Sebbene abbia raccolto gran parte del proprio bagaglio di immagini dagli aldilà pagani, l’aldilà cristiano medievale presenta una differenza di struttura sostanziale. Inferno e paradiso non sono infatti giustapposti sotto terra, bensì disposti fra l’alto e il basso, secondo un orientamento simbolico fondamentale nell’organizzazione spaziale cristiana: il cielo superiore, il bene, in alto; l’inferno inferiore, il male, in basso.
L’assimilazione cielo-paradiso palesa la visione di fondo del cristianesimo che, più di quanto non facessero le religioni e le filosofie precedenti, definisce l’itinerario dell’anima, il realizzarsi dell’ascesi salvifica come una elevazione verso l’alto, verso il cielo, ossia verso Dio. Si tratta di replicare il moto che corona la vita terrena di Gesù e quella della Vergine: Ascensione, Assunzione che riscatta dalla discesa agli inferi. Un’immagine veterotestamentaria conobbe notevole fortuna nell’iconografia medievale dell’aldilà celeste. È quella della scala di Giacobbe (Genesi, 28.10-22): «E fece un sogno, ed ecco una scala era poggiata sulla terra e la sua cima arrivava fino al cielo. Ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano per essa. Ed ecco, il Signore stava sopra di essa e diceva: "Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. Io darò a te e alla tua discendenza la terra sopra la quale tu ora sei coricato"».