martedì 9 settembre 2003

Poincaré, il caos e l'intuizione

Repubblica 9.9.03
POINCARÉ LAMPI DI GENI
Un grande matematico e le sue ispirazioni improvvise
quanti sono i significati attribuiti al caos
i Nuovi studi dedicati al sistema solare
Torna in libreria "La scienza e l´ipotesi", il suo capolavoro divulgativo
Il suo motto era "Con la logica si dimostra, con l´intuizione si inventa"
PIERGIORGIO ODIFREDDI

Il 21 gennaio 1889, giorno del suo sessantesimo compleanno, Oscar II, re di Svezia e Norvegia, consegnò il premio che qualche anno prima, «desideroso di fornire una nuova prova del suo interesse per il progresso delle scienze matematiche», aveva istituito per celebrare non solo il proprio regale genetliaco, ma anche la soluzione del problema, nientemeno, della stabilità del sistema solare.
Dopo aver dimostrato che un pianeta isolato si muove attorno al Sole secondo le leggi di Keplero, Newton aveva infatti osservato che questa era soltanto una prima approssimazione della realtà. Anzitutto, i pianeti si influenzano a vicenda: il che fa sì che le loro orbite non siano né perfettamente ellittiche, né necessariamente chiuse. Inoltre, il sistema solare è costituito non solo dal Sole e dai pianeti, ma da un numero imprecisato di satelliti, comete e asteroidi: il che fa sì che il problema del moto complessivo di questa «mirabile compagine», come la chiamava Newton, non sia affatto ovvio.
Il caso del Sole e di un pianeta è molto speciale, perché uno dei due corpi ha una massa trascurabile rispetto all´altro: si può dunque supporre che quello grande stia fermo, e l´altro gli ruoti attorno. Newton mostrò comunque che la soluzione è simile anche nel caso generale.
Risolto così il caso di due soli corpi, il passo successivo divenne la soluzione del problema dei tre corpi, che come ci si può aspettare dall´esperienza in altri campi è non solo più eccitante, ma anche molto più difficile da gestire. A parte i triangoli amorosi, gli esempi tipici sono il sistema del Sole, della Terra e della Luna, oppure del Sole e di due pianeti. Soluzioni approssimate si possono ottenere risolvendo dapprima il problema per due corpi, e poi perturbando la soluzione in modo da tener conto dell´influsso del terzo corpo, esattamente come si fa nella vita (extra)coniugale.
Appunto allo studio del problema dei tre corpi era dedicata la memoria vincitrice del «premio Oscar», di Henri Poincaré, che non riuscí a decidere se il sistema solare sia stabile o no, ma fece fare un salto di qualità allo studio dei sistemi dinamici, introducendo quelli che egli stesso chiamò, in una trilogia uscita fra il 1892 e il 1899, I nuovi metodi della meccanica celeste .
La sua scoperta più importante fu che il problema dei tre corpi è insolubile, instabile e caotico: più precisamente, benché si conoscano esattamente le forze in gioco, in generale il comportamento del sistema non si può descrivere esplicitamente, non si mantiene indefinitamente e dipende fortemente dalle condizioni iniziali. Il che permette infinite descrizioni approssimate (scientifiche o letterarie) dei rapporti fra tre corpi, spiega perché essi invariabilmente degenerino, e rende impossibile prevedere dove andranno a parare o che piega prenderanno: ancora una volta, esattamente come nella vita (extra)coniugale.
L´aggettivo «caotico» deriva ovviamente da caos: un concetto che, come molti di quelli che abbiamo incontrato finora, arriva da lontano. Nella Teogonia di Esiodo, Chaos è un abisso sotterraneo dal quale emersero Gaia ed Eros: la Terra e l´Amore o, se si preferisce, l´universo e l´energia. Ma in origine caos significava semplicemente fenditura o apertura, e indicava lo spazio atmosferico situato tra cielo e terra. E questo significato si è preservato nel termine «gas», che il suo inventore Jan Baptista von Helmont ha espressamente dichiarato di aver derivato da caos, translitterando il vocabolo in fiammingo: halitum illum Gas vocavi, non longe a Chao veterum secretum, «questo spirito l´ho chiamato Gas, non lontano dal Caos degli antichi».
Solo in latino caos acquistò il significato di ammasso confuso di materia, un esempio del quale era il disordine cosmico da cui il Demiurgo trae l´ordine nel Timeo platonico, o nel Genesi ebraico. Questo è il significato nel quale lo si usa ancor oggi nel linguaggio comune, ma il caos scoperto da Poincaré è di un tipo diverso: non emerge dal disordine ma dall´ordine, ed è provocato dal fatto che piccoli cambiamenti iniziali possono produrre grandi variazioni finali. Il risultato è che gli effetti diventano comunque indeterministici, benché le cause rimangano perfettamente deterministiche: per questo si parla appunto, ossimoricamente, di «caos deterministico».
E´ chiaro che a un matematico che si confronti con situazioni del genere, ogni professione di fede nel calculemus diventa sospetta, per non dire semplicemente ridicola. E così fu appunto per Poincaré, che nel suo capolavoro divulgativo La scienza e l´ipotesi, appena ripubblicato da Bompiani in una bella edizione con testo a fronte a cura di Corrado Sinigaglia, sferrò un attacco a tutto campo alla logica matematica e alla concezione assiomatica
Il motto di Poincaré era: «con la logica si dimostra, con l´intuizione si inventa». Ovvero, per dirla alla Kant: «la logica senza intuizione è vuota, e l´intuizione senza la logica è cieca». Della logica Poincaré non aveva certo una gran opinione. Ridicolizzava le sue pretese di concisione, dicendo: «Se ci vogliono 27 equazioni per provare che 1 è un numero, quante ce ne vorranno per dimostrare un vero teorema?». E a Giuseppe Peano che proclamava, nel suo latino maccheronico: Simbolismo da alas ad mente de homo, «il simbolismo dà ali alla mente dell´uomo», ribatteva: «Com´è che, avendo le ali, non avete mai cominciato a volare?»
Al massimo Poincaré ammetteva che la logica potesse servire a controllare le intuizioni, perché obbligava a dire tutto ciò che di solito si sottintende: un procedimento certo non più veloce, ma forse più sicuro. Questo lo sapeva per esperienza, visto che nella memoria che aveva presentato per il «premio Oscar» aveva sottinteso un po´ troppo, e quando trovò un errore dopo che essa era già stata pubblicata gli toccò pagare le spese di correzione, che ammontarono al cinquanta per cento in più del premio che aveva incassato.
Quanto all´assiomatizzazione, per Poincaré essa non era che un rigore artificiale, sovraimposto all'attività matematica quand´essa era ormai stata effettuata e conclusa: fra l´altro, solo temporaneamente, perché per lui nessun problema era definitivamente risolto, ma soltanto più o meno risolto. La finzione con la quale si presenta invece la matematica come un processo ordinato che parte dagli assiomi e arriva ai teoremi, gli sembrava analoga alla leggendaria macchina di Chicago nella quale i maiali entrano vivi e ne escono trasformati in prosciutti e salsicce.
Questo è certamente il modo in cui i matematici e i salumieri presentano la loro attività al pubblico ingenuo, ma la realtà è diversa. Per limitarsi ai primi produttori, basta l´esempio di Archimede, che aveva tradotto e tradito i suoi processi mentali dietro dimostrazioni analitiche e logiche, ma li aveva trovati con un metodo sintetico ed euristico che era andato perduto, e fu ritrovato soltanto nel 1906 da uno studioso tedesco, su un palinsesto della Biblioteca di Costantinopoli.
Poincaré non aveva comunque bisogno di rifarsi all´esperienza di Archimede, perché gli bastava la sua. Egli era infatti uno dei massimi matematici della sua epoca, se non il più grande, e la sua esperienza gli suggeriva che i suoi risultati più famosi, come lui stesso raccontò, gli erano venuti con ispirazioni improvvise: dopo aver bevuto una tazza di caffè, sul predellino di un autobus sul quale stava salendo, passeggiando sulla spiaggia, attraversando la strada, ... In momenti, cioè, in cui l´inconscio aveva preso le redini del pensiero, dopo che a lungo e consciamente questo si era concentrato sui problemi da risolvere.
La cosa era confermata dalle sue abitudini di lavoro, studiate dallo psicologo Toulouse nel 1897. Esse consistevano nel concentrarsi soltanto quattro ore al giorno, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, lasciando la mente vagare nel resto del tempo. E nello scrivere senza piani precisi, non sapendo dove sarebbe andato a parare: se l´inizio gli risultava difficile, abbandonava l´argomento; altrimenti procedeva in esplosioni creative che produssero, in quarant´anni, cinquecento lavori e una trentina di libri, tra i quali un romanzo giovanile, che lo rendono uno dei più prolifici e profondi pensatori scientifici della sua epoca.