martedì 14 settembre 2004

citato al Lunedì
Umberto Eco!

Repubblica 12.9.04
Così la bellezza si è trasformata
Una fila lunga quattrocento metri di persone in attesa di asssistere Dopo la Bardot sullo schermo appare Berlusconi: il pubblico si diverte Grande erudizione e gioco intellettuale per girovagare attorno al concetto del bello Il gusto preromantico che predilige la tempesta, le rovine, il 'tremendo' Ieri lo scrittore ha tenuto a Mantova un' affollatissima lezione
FRANCESCO ERBANI

MANTOVA. Una fila lunga trecento, forse quattrocento metri, si allunga sul fondo di Piazza Sordello. Aspettano di entrare nel grande cortile del Castello. Umberto Eco parla di storia e teoria della bellezza davanti a 1500 persone, ma probabilmente di più, sotto un cielo coperto da nuvole azzurre. Parla e dietro di lui si proiettano immagini. E' , finora, l' incontro più affollato di questo festival che oggi spegne i suoi riflettori dopo quattro giorni in cui si sono alternati duecentoventi appuntamenti. Oggi sono di scena Norman Manea e Antonio Tabucchi (che ieri ha letto brani dal suo Tristano muore, edito da Feltrinelli, e dialogato con un pubblico foltissimo), e i reading di J. M. Coetzee e Doris Lessing. E' la seconda volta di Eco a Mantova. Quattro anni fa venne ed annunciò che stava scrivendo un nuovo romanzo, intitolato Baudolino. La lezione sulla bellezza, invece, è l' assaggio di una Storia della bellezza che dal 6 ottobre sarà in libreria edito da Bompiani. Un libro a più voci, che Eco ha curato, anticipandolo in parte con un Cd-Rom venduto tempo fa con l' Espresso. Folla grande in platea e arrampicata fin sugli scalini degli spalti ai due lati e di fronte al vasto palco dove campeggiano solo un tavolino di legno, pieghevole, come quelli da giardino, un microfono, un computer portatile e una bottiglia d' acqua. «Avrei preferito parlare al coperto», dice lo scrittore prima di salire sulla pedana, mentre firma qualche centinaio di copie a chi dopo la prima si mette in fila anche una seconda volta. «Temo che all' aperto le immagini si vedano sbiadite», esordisce dopo un lungo applauso. «E' come se invitassero un tuffatore in una piscina e poi gli dicessero, be' non c' è posto vai a tuffarti in una piazza». 1500 persone, o quante erano in effetti, però, non sarebbero mai entrate nel Teatro Sociale, dove l' incontro era previsto. E allora tutti qui, come in un raduno rock (prima di Eco su questo palco sono saliti Patti Smith, Vinicio Capossela ed Elio e le Storie Tese). «Chi vuole può andare al cinema», scherza Eco, «oppure torni più tardi per sentire Ken Follett, che è tutto sonoro». Parole e immagini sono il tracciato che segna la lunga cavalcata di Eco nell' idea di bellezza così come l' hanno concepita dal mondo classico ad oggi. Questa Storia della bellezza fu pensata quarant' anni fa, dice il professore, poi è rimasta negli armadi e ora ritorna. Ma la teoria del bello sfuma dai trattati di estetica alla parlata quotidiana, per cui «noi diciamo una bella bistecca o un bel bambino, quasi che per muoverci nel mondo d' oggi preferissimo accorpare sotto le parole bello, brutto, buono e cattivo, tanti concetti che una volta si esprimevano diversamente». Eco inchioda il suo pubblico girovagando con sapienza fra le citazioni, assimilandole o facendole stridere con effetto comico, ma anche come gioco della mente. Il suo funambolico tragitto si alimenta di erudizione che sconcerterebbe chiunque in un contesto diverso. Ma qui è sciolto in un labirinto di rimandi, di assonanze e di attriti, di cultura alta e di consumo, di linguaggi pittorici e pubblicitari. Si comincia con Guido Guinizelli (sullo sfondo sfilano statue di giovani donne d' età gotica) e si scivola fino a Marinetti e a Piet Mondrian. «La storia della bellezza non è una storia dell' arte, lo è solo dall' idealismo in poi, prima il bello era prevalentemente il bello della natura». Un ideale di bellezza? Questione antica e irrisolvibile e nella quale Eco neanche ci si infila, preferendo le versioni relative del bello, così come i secoli le hanno codificate. Sullo schermo compare Brigitte Bardot e dopo di lei un Silvio Berlusconi in assetto teatrale, un sorriso sfolgorante, la mano che sfiora il nodo della cravatta. Risate, qualche brusio e un sonoro fischio. Per i teorici medievali il bello si identificava nella proporzione. Tommaso indicava tre elementi: la proporzione, appunto, l' integrità e la claritas, la lucentezza. Ma già Pitagora additava come bello l' intervallo regolare delle colonne. E a qualcosa di analogo pensava Platone nel Timeo. Fra Umanesimo e Rinascimento ecco le teorie di Luca Pacioli sulla sezione aurea: dietro Eco appare la Flagellazione di Piero della Francesca. Più fascinosa la navigazione fra i flutti della claritas. Qui Eco maneggia teorici e scrittori medievali con la sicurezza di un prestigiatore: la luminosità che emana dalle figure di Giotto e di qui fino alle vetrate di una cattedrale gotica; l' immagine di luce di santa Ildegarda di Bingen; la luce che mandano gli occhi di Beatrice nel Paradiso dantesco; e poi Bonaventura e altri ancora. Di contro si sviluppava la teoria del brutto: ed ecco bestiari, cinocefali, grifoni, dragoni, fenici e tutto l' universo delle mostruosità. I secoli trascorrono e la proporzione resta un riferimento certo (Giorgione, Rubens, Rembrandt). L' idea del bello si rovescia sul finire del Settecento, quando compare l' estetica del sublime, dell' informe, del tremendo, dello stupefacente. E' il gusto preromantico delle rovine, della tempesta che è, appunto, sublime, scrive Kant nella Critica del giudizio, se la si guarda da lontano, stando al riparo e confrontandola con la nostra forza morale. Il finale è sul '900, sul suo stralunato accumularsi di oggetti e di modelli contraddittori. Il buio cala su Piazza Castello. Si illuminano il campanile e una torre. La voce di Eco sfuma. E nel frattempo il grande schermo proietta le immagini di un secolo diviso fra le avanguardie e la produzione da mass media. Conclude Eco: «Lo spazio fra arte di provocazione e quella di consumo si assottiglia sempre di più».