mercoledì 20 ottobre 2004

clonazione riproduttiva
Edoardo Boncinelli

Corriere della Sera 20.10.04
All'ONU
Il bando che divide il mondo in tre
di Edoardo Boncinelli

Si andrà anche più oltre realizzando la cosiddetta clonazione riproduttiva? Questi interrogativi, impensabili fino a una diecina di anni fa, sono al centro del dibattito di questi anni in tutti i Paesi del globo e saranno oggetto nei prossimi giorni dell’esame della 59ma sessione dell’Assemblea generale dell’Onu, il massimo organo mondiale di regolamentazione e di controllo. Si preannunciano molti contrasti e grandi battaglie fra i rappresentanti delle varie nazioni, schierate su diverse posizioni. C’è innanzi tutto un consenso generale sulla proibizione della clonazione riproduttiva umana, cioè la produzione di esseri umani completi attraverso tecniche di clonazione, sempre ammesso che ciò sia tecnicamente possibile. Su questo tutte le nazioni che si sono pronunciate sembrano d’accordo. Il disaccordo verte sulla clonazione terapeutica e sulle varie procedure per arrivarci. Un ampio schieramento, con gli Stati Uniti e l’Italia in prima fila, è contrario ad ogni tipo di clonazione umana, terapeutica o riproduttiva, e vorrebbe bandire del tutto questo tipo di ricerche.
All’estremo opposto si trovano quelle nazioni, tra le quali il Belgio e l’Inghilterra, che favoriscono le ricerche sulle cellule staminali umane per la loro utilizzazione a fini terapeutici, pur nel rispetto di una serie di regole e di strumenti di controllo volti a reprimere ogni abuso e a vigilare che la ricerca sia sensata e non lesiva degli interessi di nessuno. Tali nazioni tollerano anche la produzione ad hoc di embrioni umani da tenere in vita per qualche giorno per poter prelevare da questi cellule staminali embrionali di costituzione genetica predefinita. Lo scopo è quello di usare tali cellule per produrre tessuti o organi che saranno certamente «accettati» dall’organismo ricevente perché hanno in comune con questo molte caratteristiche genetiche.
Esiste anche uno schieramento di nazioni che hanno una posizione intermedia. Queste, fra le quali la Francia e la Spagna, sono favorevoli ad una cauta sperimentazione sulle cellule staminali embrionali umane a fini terapeutici, ma le cellule in questione devono essere prelevate da embrioni cosiddetti soprannumerari, cioè quegli embrioni già prodotti nella pratica della fecondazione assistita e conservati perché in eccesso rispetto a quelli effettivamente utilizzati. Esistono, ed esisteranno ancor più in futuro, molte altre posizioni intermedie sull’argomento, ma quelle principali sono le tre che abbiamo elencato.
Date queste premesse, appare molto dubbio che l’assemblea dell’Onu riesca a mettere insieme in tempi ragionevoli un pronunciamento che accontenti tutti. Appare molto più probabile che la discussione venga rinviata (di quanto?) o che si raggiungano formulazioni di compromesso di ben scarso peso. Non si tratta di somme di denaro, non si tratta di territori da annettere a questo o quel Paese, non si tratta di eserciti da inviare o bloccare, ma è facile prevedere che le discussioni saranno accesissime perché tutti sono convinti delle loro ragioni e considerano la questione della massima importanza.
Da una parte non possiamo non stupirci del fatto che una discussione su temi così squisitamente scientifici abbia raggiunto la massima assise mondiale. Dall’altra mi chiedo quali conseguenze potranno comportare sul futuro della medicina e della salute le decisioni eventualmente prese. I posteri probabilmente sorrideranno di tanto accanimento e furore argomentativo perché le soluzioni saranno quasi certamente diverse da tutto ciò che si prospetta oggi. Una cosa non posso non chiedermi, da biologo: perché tante discussioni sulle cellule staminali umane, quando c’è ancora tanto, tantissimo da fare per raggiungere un’efficace utilizzazione delle cellule staminali dei roditori o di altri mammiferi da laboratorio? Ci sta a cuore la salute dei nostri figli, se non addirittura la nostra, o preferiamo polemizzare e litigare?

qui di seguito la notizia che Boncinelli commenta:

Corriere della Sera 20.10.04
Stop alla clonazione, l’Onu si spacca
Usa, Italia e Vaticano per il divieto totale. Gran Bretagna e Cina: sì a quella terapeutica
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

NEW YORK - Albania, Australia, Cile, Italia, Santa Sede e Stati Uniti contro Cina, Cuba, India, Giappone, Regno Unito e Turchia. Si riapre domani al Palazzo di Vetro di New York la battaglia per bloccare gli esperimenti sugli embrioni umani che vede contrapposti due blocchi di Paesi. Uniti sulla necessità di un bando totale della clonazione umana, ma divisi sull’opportunità di lasciare aperta la porta a quella terapeutica.
DUELLO - Il primo blocco è formato da oltre 60 Paesi quasi tutti cristiani, guidati dal Costarica e di cui fanno parte, oltre all’Italia, numerose nazioni africane, decise a vietare su base mondiale ogni tipo di esperimenti sugli embrioni umani. Il loro obiettivo: l’adozione, entro il 2005, di una convenzione internazionale che metta al bando la clonazione umana a scopi sia riproduttivi che terapeutici. Secondo il primo fronte non c’è differenza tra le due dal punto di vista della procedura medico-scientifica. «Il solo distinguo è che nel primo caso l’embrione è creato per dar vita a una sorta di Frankenstein - dice un esperto giuridico dell’Onu che ha lavorato alla prima mozione - nel secondo per essere sfruttato e poi abortito, cioè ucciso». Di altro avviso il secondo blocco, guidato dal Belgio (e al quale hanno aderito 21 nazioni), che auspica un bando rapido della clonazione umana, lasciando però che siano i singoli governi a decidere su quella terapeutica. La speranza è aprire nuove prospettive per guarire malati come Christopher Reeve: il peso della sua eredità morale aleggia sul dibattito.
INDECISI - Cruciale sarà la presa di posizione dei 110 Paesi Onu, su un totale di 191, ancora indecisi. Tra questi, tutti i Paesi musulmani tranne la Turchia, e nazioni dell’Ue come la Germania. Eppure il dibattito sulla clonazione figura nell’agenda dell’Assemblea generale proprio grazie a una proposta franco-tedesca, che nel 2001 sollecitava l’adozione di un trattato internazionale per regolare la materia. Ma Parigi e Berlino non si sono ancora espresse sulla clonazione terapeutica, nonostante il bando a ogni tipo di clonazione votato dal parlamento Europeo il 29 gennaio. Dalla discussione in aula, domani e venerdì, si capirà se sono mutati o meno gli equilibri che l’anno scorso determinarono la sconfitta dei favorevoli al bando totale. I media lo definirono uno smacco per l’amministrazione Bush: all’ultimo momento, con uno dei voti più sofferti della storia Onu, la commissione legale rimandò la decisione. Dopo un voto sul filo del rasoio (80 a 79 e 15 astensioni) passò la mozione presentata dall’Iran a nome di 57 Paesi islamici e volta a rinviare ogni deliberazione.
DISACCORDO - Malgrado il bando degli esperimenti per clonare un uomo sia condiviso da tutti i 191 membri Onu, un buon numero di nazioni non vuole chiudere le porte alla ricerca sulle staminali embrionali perché, affermano, potrebbe aiutare a curare malattie come Alzheimer, tumori e Parkinson. «I Paesi dov’è stata legalizzata, come Inghilterra, Singapore e Corea del sud, non hanno ancora fornito le prove che questo tipo di ricerca funzioni - ribatte il partito del no -. La morte di Christopher Reeve, cavia in queste sperimentazioni, ne è la triste prova». Santa Sede, Usa e Italia chiedono di investire sull’utilizzo di cellule staminali adulte, «le sole che negli ultimi tempi hanno registrato progressi scientifici enormi».
«Queste cellule adulte non sono totipotenti e hanno un uso molto limitato», obietta il secondo gruppo, che accusa il primo di condurre «una crociata oscurantista e antiscientifica, simile a quella che contrappose Galileo alla Chiesa», destinata a «frantumare le speranze di milioni di malati terminali». I altri Paesi ribattono che «dietro a questo tipo di ricerche si nascondono le potentissime lobby farmaceutiche, che sperano di arricchirsi con la liberalizzazione della clonazione terapeutica».
A politicizzare ancora di più un dibattito già carico di risvolti etico-morali contribuisce la preoccupazione di molti Paesi africani, che temono la fuga di ovuli dai Paesi poveri a quelli ricchi, dove la ricerca medico-scientifica è più evoluta. «Sarebbe un odioso mercato nero - avverte un funzionario Onu - che aumenterebbe, invece di colmarlo, il divario tra nord e sud del mondo».