martedì 23 novembre 2004

il dibattito dentro Rifondazione
ideologia

Liberazione 23.11.04
La sinistra alla ricerca di una propria rappresentazione
Ideologie, l'occhio sul mondo
di Domenico Jervolino

Fausto Bertinotti ha sollevato la questione di una ripresa creativa da parte della sinistra del tema dell'ideologia, proponendo così un terreno di dibattito che a me pare opportuno e fecondo. Prima di essere sinonimo di "falsa coscienza", il fenomeno ideologico è legato alla necessità per qualsiasi gruppo sociale di dare un'immagine di se stesso, di rappresentarsi simbolicamente. L'ideologia è per la prassi sociale quello che per l'agire individuale è la motivazione. Essa è perciò anche giustificazione e progetto.
Su questo significato positivo e anzi necessario per il mantenimento del legame sociale si innestano caratteristiche di semplificazione e di schematismo, di inerzia temporale e di chiusura progressiva che avviano le ideologie ad assumere, in circostanze storico-sociali ben determinate, funzioni di mera legittimazione del potere e di mistificazione del reale. Si tratta di una deriva possibile, ma non ineluttabile e che comunque rende necessaria la marxiana critica delle ideologie, di cui non possiamo né dobbiamo fare a meno. Anche se da una certa cultura del sospetto siamo abituati a vedere nell'ideologia una lente deformante, resta il fatto che la funzione prima di una lente non è quella di deformare ma di aiutare la visione.
Nelle società moderne diventano ideologie (positive ma non indenni dalla possibilità di degenerare) i grandi eventi fondatori: la Dichiarazione d'indipendenza americana, l'Ottantanove francese, la rivoluzione di Ottobre, la Costituzione italiana, nata dalla Resistenza, ecc. Non è un caso che proprio queste memorie fondatrici sono oggi messe in questione, sicuramente non solo per la cattiveria degli avversari, ma anche per le infedeltà, gli errori, le miserie di chi avrebbe dovuto continuarne l'eredità.
Oggi si parla tanto di conflitto di civiltà, ma la situazione che si sta creando negli Stati Uniti a me sembra che riveli piuttosto un conflitto dentro quella civiltà, fra chi si richiama alla cultura illuministica dei Padri fondatori (spesso poi tradita nella pratica politica e quindi diventata ideologia nel senso deteriore) e il tentativo di fondare una nuova ideologia, una nuova "religione civile" basata sull'idea di una missione speciale conferita all'America da un Dio dai connotati molto generici e confusi ma che comunque garantisce un certo pacchetto di valori tradizionali rozzamente concepiti, da imporre al resto del mondo, ma anche ai devianti di casa propria. Si tratta di un miscuglio religioso o pseudo-religioso che non coincide con nessuna delle grandi confessioni storiche, che sono in parte coinvolte e contaminate da questa ondata. Il populismo fondamentalista, che esiterei a chiamare cristiano, non è poi diverso dal fondamentalismo islamico, che anch'esso è per tanti motivi lontano dalla grande cività araba e musulmana.
Ovviamente non basta respingere il nuovo fondamentalismo, bisogna capire i modi in cui esso si diffonde, mette radici e i bisogni che, almeno in prima istanza, riesce a soddisfare.
In Italia e in Europa abbiamo il vantaggio che i nostri paesi sono perlopiù (ma non sempre) vaccinati rispetto agli integrismi pseudo-religiosi e quindi il vantaggio di poter lottare su un terreno più favorevole, più politico. Dubito che chi vuol imitare l'America, su quel terreno, ci riesca veramente, e che per esempio l'icona di San Buttiglione martire possa da noi suscitare consensi di massa.
Peraltro la più grande attenzione deve essere dedicata all'attacco che viene mosso in Italia a quella che è la "religione civile" della nostra Repubblica, i cui valori sono messi in discussione non solo con le controriforme istituzionali, ma anche prosciugando il terreno nelle coscienze della gente, nel senso comune delle masse, disorganizzate e ridotte alla condizione di spettatori e/o di meri clienti, rispetto a quei valori che almeno a livello di principio la nostra Carta proclama: in particolare l'uguaglianza fra i cittadini, il lavoro come fondamento della democrazia, il ripudio della guerra.
Tutto questo richiede la vigilanza critica, ma non basta, occorre rilanciare quei valori anche in positivo: questa appunto sarebbe l'ideologia "buona", capace di proteggere la salute del corpo sociale, e i cui pilastri sono, per la sinistra che noi vogliamo, gli stessi indicati da Bertinotti: la nonviolenza, l'egualitarismo e la speranza che un altro mondo sia possibile. Credo che questi valori possono animare una reinvenzione della democrazia che non significa eliminare i conflitti ma saperli gestire nel contesto di quella che con Balibar chiamerei la "civilizzazione" della politica