martedì 23 novembre 2004

Liberazione
sul congresso degli atei a Firenze e il vittimismo dei vescovi

Liberazione 23.11.04
Sesta assise dell'Unione atei e agnostici razionalisti. Laicità in pericolo anche in Europa
Le due anime degli atei a congresso
di Fulvio Fania

Firenze, nostro inviato. Per favore non chiamateci "non credenti". Vera Pegna, responsabile internazionale dell'Uaar - Unione atei e agnostici razionalisti -, è stanca di sentirsi definita per negazione ed ancor più preoccupata che dietro quel "non credenti" si faccia intendere che chi non ha Dio non ha neppure valori.
E infatti c'è scritto grosso "atei" in fondo allo scalone del palazzo dei congressi, sul semplice cartello giallo posto a far da guida verso la sesta assise nazionale dell'Uaar, utile oltretutto a salvarti dal concomitante raduno toscano di Forza Italia.
Eppure dire atei o agnostici forse non basta ad esprimere le ambizioni dell'associazione nata nel 1987 tra un gruppo di amici veneti e oggi forte di un migliaio di iscritti e circoli in 18 città italiane. In Europa - spiega Pegna, che è anche vicepresidente della Federazione umanista europea - grandi organizzazioni laiche preferiscono denominarsi umaniste per sottolineare che l'indispensabile distinzione tra Stato e Chiesa non esaurisce il concetto di laicità né l'impegno contro tutte le discriminazioni.
L'Europa unita ha complicato le cose per le chiese ma non le ha semplificate ai laici. In Italia vige il Concordato, in Gran Bretagna la regina è capo degli anglicani e ora anche nel Trattato europeo compare un accordo con le chiese. Sotto il «polverone suscitato sulle radici cristiane» - sottolineano - è andato in porto quasi in sordina il "vero" obiettivo del Vaticano, l'articolo che stabilisce "un dialogo regolare" tra le istituzioni Ue e le chiese sulle materie che i vescovi decidono di loro competenza. Mario Ferialdi di Padova si sfoga: «Sulla tv non passano dieci minuti che appare il papa, una suora o un prete»
Prendersela con Wojtyla o soprattutto con parlamentari e governi? E' una domanda chiave per comprendere gli umori dell'assemblea. Se gli atei hanno un'anima, qui ne rivelano addirittura due. Cinque mozioni congressuali ribadiscono il richiamo all'articolo 11 della Costituzione italiana nelle Tesi dell'Uaar raccomandando la partecipazione alle iniziative contro la guerra. Tre di questi documenti vengono approvati ma i contrari sfiorano la metà. Il segretario Giorgio Villella si oppone ad un'ampliamento dell'area di intervento dell'associazione. C'è fin troppo da fare a tutelare i diritti delle persone senza religione, meglio un «sindacato, una union» contro i soprusi di uno Stato che in questi anni sta passando dal «clericalismo al multiclericalismo». Oggi - osserva Villella - per consultare gli islamici si interpellano gli iman malgrado solo il 5% degli immigrati islamici vada in moschea. D'altra parte il bilancio delle attività di "tutela" è confortante. E' bastato il sito web dell'Uaar - osservano - a garantire la buona riuscita della campagna di "sbattezzo", un'iniziativa che ha coinvolto il Garante della privacy e ha costretto la Cei ad annotare nei registri parrocchiali la richiesta di coloro che non riconoscono il proprio battesimo.
Ciononostante - sostiene Maria Turchetto nuova direttrice della rivista "L'ateo" - «certi laici bon-ton alla "Micromega"» trattano l'Uaar con «snobismo» come «laicisti e vecchi anticlericali».
Vediamoli allora da vicino. A presiedere la seduta è Raffaele Carcano, giovane bancario che sta per laurearsi in diritto ecclesiastico. L'età media è alta ma ci sono anche trentenni, molti sono professionisti ma il tesoriere Luigi Feriglio è un capostazione in pensione. Ed ecco l'intervento di Stefania Bruno, studentessa dell'Istituto Volta di Napoli. Lei è cattolica ed è arrivata qui con un gruppo di compagni, su proposta del professore di matematica applicata, sudandosi la necessaria autorizzazione del preside. Desideravano conoscere il punto di vista degli agnostici e atei. Frequentano tutti l'ora di religione e ne hanno una pessima esperienza, «è solo una perdita di tempo». La Chiesa è in minoranza tra i giovani? «Sì», risponde senza titubanze Stefania. Raccontano che i coetanei vanno in chiesa solo per conformismo, oppure perché è l'unica forma di aggregazione e questo è il suo lato positivo. Ma l'etica, sulla guerra o sul sesso, non deriva dalla religione? La risposta è negativa e va al cuore del problema affrontato in apertura del congresso da Valerio Pocar e Piergiorgio Donatelli.
Al banco dei libri sono esposti i volumi delle edizioni Kaos, testi "duri" contro le religioni, ma anche la storia del papato scritta dai cattolici Alberigo e Riccardi o lo studio di Prosperi sull'Inquisizione o un saggio del teologo della liberazione Leonardo Boff. La maglietta dell'Uaar riproduce una vignetta di Sergio Staino, chiamato a far parte del comitato di presidenza con altri intellettuali tra cui Margherita Hack. Staino porta al congresso la satira che «semina dubbi» e si dice convinto che nell'epoca del bipolarismo certe battaglie per la laicità bisognerà condurle direttamente nella società.

Liberazione, stessa data
Il parere di Valerio Pocar presidente del comitato bioetica dI Milano
«Il vittimismo dei vescovi è una strategia»
di F. F.

Valerio Pocar insegna sociologia del diritto all'università della Bicocca e presiede il comitato milanese di bioetica. Negli Usa - sostiene - la campagna integralista a favore di Bush è stata «rozza» ma quella più «sottile» della Chiesa cattolica in Europa non è meno insidiosa. Non è più «l'arroganza dello Stato-altare ma il richiamo "democratico" alla morale naturale, alla "retta morale», con la pretesa di farla valere nelle leggi di tutti. «Si dica onestamente - obietta il professore - che la morale naturale è quella che intende la natura come creazione divina secondo un disegno provvidenziale. E' dunque la morale della Chiesa, rispettabile come le altre, ma non di tutti». Quanto alle accuse di relativismo, «la lettura delle gerarchie è inaccettabile: negare una verità assoluta non significa non avere principi in cui credere fortemente».
Il cardinale Ratzinger ha parlato di «un'aggressività ideologica secolare». «Un vittimismo immotivato - replica Pocar -, non c'è aggressione né potrebbe esserci perché il vero laico rispetta le convinzioni religiose, ritiene che non esista una verità assoluta e perciò considera potenzialmente valide tutte le verità. Non sopporta invece che le istituzioni favoriscano una parte sola come è avvenuto nel Trattato europeo». «In realtà - aggiunge - il vittimismo della chiesa è una strategia per rovesciare l'oppresso in oppressore». Ratzinger ha detto che «la laicità è libertà di religione»? «Anche di religione» - risponde Pocar - ma il fatto stesso che si citi così sovente la libertà di religione è già un privilegio perché quando si afferma la libertà di opinione, espressione e pensiero si include quella di religione».