lunedì 13 dicembre 2004

citato al Giovedì e al Palazzo dei Congressi
Immanuel Kant e la natura umana...

Repubblica 7.12.04
Lezioni su guerra e pace
IL DECISIVO INFLUSSO DI HOBBES
Un decennio cruciale per l'evolversi del pensiero
di MAURO VISENTIN

L'inedito di Kant, che viene qui in parte anticipato , è senza dubbio riconducibile al suo pensiero antropologico per quanto riguarda i contenuti che espone, ma nella sua materialità è costituto dall'elaborazione degli appunti di alcuni studenti del corso di antropologia che egli tenne per oltre trent'anni presso l'università Albertina della Pomerania orientale.
Queste Lezioni kantiane (curate da Gerardo Cunico che le ha antologicamente raccolte in un volume, edito da Diabasis, con il titolo Guerra e pace: politica, religiosa, filosofica, 1775- 1798) abbracciano un decennio cruciale per l'evoluzione del pensiero kantiano: quello che gravita intorno alla pubblicazione della Critica della ragion pura. Anni occupati, certo, da un'intensa riflessione sui problemi della conoscenza, ma, come dimostrano questi corsi di antropologia, anche da un lavorio ininterrotto sulle questioni del male, della natura e della destinazione ultima dell'uomo.
La cosa che forse colpisce di più, qui, è l'accentuazione del motivo, notoriamente caro a Kant, dell'«insocievolezza» in un senso quasi hobbesiano. Al punto che, nel corso del 1775-76, non si saprebbe dire se prevalga l'influenza di Hobbes (mai espressamente citato) o quella, generalmente ritenuta decisiva dai critici, di Rousseau. Per l'uomo, vi si dice, non c'è animale altrettanto temibile e pericoloso dell'uomo stesso. Il male e la tendenza ad aggredire i suoi simili gli sono connaturati. Perciò, sorge la società civile: per proteggere e difendere la vita e la proprietà dei singoli.
Così da un male nasce un bene e si può anzi credere che tutto questo sia frutto di un disegno provvidenziale. Solo a partire dal secondo corso si delinea con più precisione l'idea che l'animalità e la naturalità allo stato puro siano rousseauianamente prive di conflitti e che questi nascano dalla contaminazione, nell'uomo, della natura animale con la libertà e la ragione, cioè siano un prodotto sociale, il prodotto di una socialità non ancora compiutamente moralizzata.
Nello stesso tempo, essi sono però anche il pungolo che spinge l'umanità proprio verso la moralizzazione della costituzione civile, quindi verso il superamento di tutti i conflitti e verso una completa uguaglianza (non si comprende se e quando realizzabile).
Insomma, quasi una filosofia della storia hegeliana avant la lettre, caratterizzata da una natura originariamente armonica che si scinde in due poli contrapposti - animalità e spiritualità - e che torna, proprio in virtù del loro contrasto, a ricomporsi alla fine dei tempi.

Repubblica, stessa pagina:
L'uomo selvaggio e l'uomo spirituale
Pubblichiamo alcuni frammenti da un corso di antropologia inedito in italiano che prendono spunto da Rousseau
Il difficile cammino dell'umanità condizionata dalle origini ferine verso un futuro sconosciuto di riscatto culturale
La malvagità sta nella natura, nell'ostilità contro i propri simili
È impossibile scoprire in che modo la provvidenza ci salverà dalle guerre
di IMMANUEL KANT

L'uomo in quanto animale è un animale assai insocievole.[...] L'uomo può ben guardarsi da tutti gli animali, una volta che conosca la loro natura e il loro comportamento, ma non dal suo simile, perché questo è una creatura astuta [...] può presentarsi come amico e tuttavia agire da malvagio, è capace di fingere e di celarsi e di inventare sempre nuovi modi di rendersi pericoloso per gli altri.[...] Tra le specie animali l'uomo non va annoverato tra gli animali rapaci. [...] Ma a riguardo della sua propria specie, a riguardo degli altri uomini, egli va senz'altro considerato un animale rapace, in quanto è diffidente, violento e ostile contro i suoi simili. [...] Questa malvagità sta nella natura di tutti gli uomini. Ma poiché questo è un ordinamento universale della natura, sebbene miri immediatamente a qualcosa di male, deve pure avere mediatamente uno scopo.[...] Lo scopo della Provvidenza è «questo»: Dio vuole che gli uomini popolino tutta la terra. [...] Il mezzo migliore per favorire ciò è l'insocievolezza, la gelosia e la discordia a riguardo della proprietà. Questo ha separato gli uomini gli uni dagli altri e li ha sparsi su tutta la terra.[...]
Inoltre, quando gli uomini abitano gli uni accanto agli altri e hanno cominciato a coltivarsi, quando si sono innalzati dai semplici bisogni della natura ai bisogni artificiali, allora inizia la proprietà e allora gli uomini finiscono sempre per cadere in una guerra. [...] Per natura nessuno è sicuro della sua proprietà, in quanto, se l'uno recinge per sé un «certo» terreno e si procura «così» frutti e ortaggi, ecco venire un altro, che non si è dato alcuna fatica per questo, ma che ha voglia di questi frutti e glieli strappa, se è più forte di lui.[...] Se dunque si vuole avere una proprietà, si deve avere protezione e sicurezza.[...] Pertanto deve essere instaurato un diritto congiunto a forza. Grazie a che cosa è dunque sorta la costituzione più civilizzata tra gli uomini? Grazie alla malvagità della natura umana. [...] Il male è qui la fonte del bene.[...] Da una parte dunque la natura ci ha destinato all'animalità, dall'altra invece, ossia a riguardo della perfezione dell'umanità, all'ordine civile. Attraverso l'ordine civile dobbiamo necessariamente recare pregiudizio allo stato di natura.[...]
Dunque la costituzione civile fa violenza all´animalità. [...] Questa è l'importante questione di Rousseau, il quale indaga se il vero stato dell'uomo sia lo stato di natura oppure la costituzione civile.[...] Si è creduto che Rousseau preferisse l'uomo di natura all'uomo dell'arte e la sua opinione sembra effettivamente inclinare dal lato dell'uomo naturale. [...] Ma «l'uomo naturale» è felice e innocente solo in senso negativo: il suo stato non comporta infelicità, ma neppure «positiva» felicità. Il bene in lui non è vizio, ma neppure virtù. [...] Soltanto nello stato civile l'uomo sviluppa i suoi talenti. [...] Lo stato civile ha il vantaggio di poter rendere l´uomo positivamente felice e virtuoso. [...] E qual è il momento dello stato civile perfetto? È l'instaurazione della società [...] di esseri uguali. [...] uno stato di cose che noi non abbiamo speranza di vivere. [...]

***
[...] L'animalità e l'istinto, presi nel loro insieme, hanno luogo negli animali, e sono del tutto buoni, perché qui tutto concorda. Buone sono anche la libertà e la ragione, che dovrebbero aver luogo nell'uomo secondo la sua vera destinazione. Invece l'animalità e la libertà, che si mostrano nello stato selvaggio dell'uomo, sono le fonti degli incentivi di ogni male e la sua origine. L'uomo è una creatura che ha bisogno di un signore, a differenza degli animali. La causa è la libertà e il suo abuso.[...] Ora questo signore l'uomo non può prenderselo che dalla sua propria specie umana, cosa che è una vera sventura per il genere umano, giacché questo signore, che l'uomo sceglie sopra di sé, è appunto anch'egli un uomo che a sua volta ha bisogno di un signore. Qui risiede anche la ragione per cui non è realizzabile una costituzione civile perfetta tra gli uomini.[...].

***
[...] L'uomo è fatto per la società o no? L'uomo non è fatto come l'ape per l'alveare, né è messo al mondo come un animale isolato. Piuttosto ha, da un lato, una tendenza alla società. [...] Dall'altro lato l'uomo ha anche un principio di insocievolezza. [...] Vi sono due punti estremi dei lumi e dei progressi della destinazione umana: (1) lo stato grezzo dell'uomo (lo stato di natura); (2) lo stato accostumato (lo stato di cultura). Lo stato intermedio tra questi due è quello peggiore. Nel primo stato l'uomo era felice in senso negativo, nel secondo sarà felice in senso positivo. Lo stato intermedio tra questi due è il momento del lusso, dell'affinamento, del gusto, della socialità ecc. Pertanto Rousseau ha certo ragione a preferire a questo stato lo stato di natura. Sennonché questo non vale dello stato moralizzato. [...] La vera età dell'uomo potrebbe chiamarsi «solo» l'epoca della perfetta cultura dell'umanità [...]. Quando questa si attuerà, la destinazione animale dell'uomo non sarà più in contrasto con la destinazione spirituale. Insomma, Rousseau nei suoi paradossi ha considerato solo una facciata del foglio. [...] Questo stesso contrasto tra la natura animale e la natura spirituale dell'uomo contribuisce infine ad attuare la destinazione finale dell'uomo. [...] Ogni male morale e ogni male fisico che l'uomo commette scaturisce dallo stato grezzo della natura rispetto all'uso della nostra libertà. Quando gli uomini si strinsero «tra loro in società», sorsero ogni sorta di mali, perché non avevano ancora escogitato le regole con cui limitare la libertà. [...] Nello stato civile l'uomo deve dirigersi in base alla concorrenza della volontà «altrui» [...]. Solo qui possono essere sviluppati tutti i suoi talenti e le sue capacità. [...]
Che un giorno noi raggiungeremo un tale stato di cose in cui il benessere universale dell'intera umanità non verrà più interrotto da guerre e da tante specie di mali [...] tutto questo è certo possibile sperarlo. Ma di quali mezzi la provvidenza si servirà a tale scopo, ci resta insolubile e impossibile da scoprire.[...]