Avvenimenti n° 49, in edicola dal 17 al 23 dicembre
il pezzo che segue, di Federico Masini sulle reazioni cinesi al viaggio in Cina di Ciampi, è pubblicato sul numero 49 di Avvenimenti, ad incipit di un dossier che comprende anche un'intervista alla scrittrice Xinran, sulla condizione della donna in Cina e un pezzo di Amnesty International sui diritti umani in Cina
La visita di Ciampi serve a riguadagnare il tempo perduto Questa volta senza alcuna mediazione a favore del Vaticano.
La caduta del muro di Pechino
Ciampi in Cina
di Federico Masini*
* Sinologo, preside della Facoltà di Studi Orientali,
Università di Roma “la Sapienza”
Il 4 dicembre Ciampi è sbarcato a Pechino per una delle più imponenti visite di un capo stato occidentale in Cina, con al seguito ben quattro aerei carichi di oltre 200 imprenditori italiani, oltre a quattro ministri: Fini, Marzano, Urbani e Urso, al presidente della Confindustria Cordero di Montezemolo, al Presidente dell’Ice Quintieri e a 30 giornalisti. Mai una visita di un capo di stato europeo aveva assunto una tale dimensione ed è testimonianza del grande interesse con il quale l’Italia guarda ora alla Cina, nonché del grande sforzo profuso dalle nostre rappresentanze in Cina, l’Ambasciata d’Italia e l’Ufficio ICE a Pechino e il Consolato generale a Shanghai. Durante la visita sono stati infatti firmati otto accordi bilaterali per lo sviluppo delle relazioni politiche, economiche e culturali fra i due paesi.
Per la prima volta insomma l’Italia ha tentato di presentarsi come un sistema integrato, superando divisioni e particolarismi, nel tentativo di eguagliare l’impegno già profuso da Francia e Germania, che negli anni scorsi erano accorse in massa alla corte di Pechino, nel desiderio di trarre profitto dallo straordinario sviluppo economico e commerciale che in questi anni ha collocato la Cina al primo posto nel mondo per tasso di sviluppo, imponendola come la vera locomotiva dell’economia mondiale.
Sembrano lontanissimi i tempi, solo quindici anni fa, quando dopo i fatti di Tian’an men del 1989, nessun rappresentante occidentale veniva più in Cina, ed invece adesso quando Ciampi era ricevuto dal presidente della Repubblica Hu Jintao, dal Presidente del Consiglio Wen Jiabao e dal Presidente del Parlamento Wu Bangguo, lo seguiva a ruota nello stesso giorno il cancelliere tedesco Schröder.
La visita, se seguita da fatti concreti, potrebbe consentire al nostro paese di riguadagnare il tempo perduto, avviando relazioni sistematiche e non più sporadiche, in campo politico, economico e culturale. L’Italia fu infatti uno dei primi paesi occidentali ad avviare relazioni economiche con la Cina negli anni ‘60 e ’70, tuttavia i disastri dei programmi di cooperazione economica del nostro Ministero degli Esteri, e l’assenza in Italia di grandi gruppi, capaci di forti investimenti all’estero, aveva lasciato il mercato cinese solo alle piccole e medie imprese italiane, che negli anni ’80 avevano collocato l’Italia ai primi posti fra i paesi occidentali, per l’interscambio con la Cina, venendo però poi sopravanzata da quei paesi occidentali capaci di interventi più sistematici. L’Italia cioè non era stata in grado di profittare della sua condizione di paese sviluppato, ma con il quale la Cina non aveva quasi alcuna ruggine semicoloniale, come è il caso di Gran Bretagna, Francia e Germania.
Sul piano politico la vista di Ciampi si collocava inoltre in un momento strategico per il governo di Pechino: infatti l’8 dicembre, il premier Wen Jiabao, subito dopo aver incontrato Ciampi, è volato all’Aja per il settimo incontro UE-Cina, che egli sperava avrebbe fatto incassare alla Cina la revoca dell’embargo all’importazione di armamenti dall’Europa, imposta dopo i fatti del 1989. Durante i colloqui con Ciampi, Wen Jiabao aveva ottenuto il sostegno dell’Italia, oltre a quelli già manifestati da Francia e Germania; tuttavia l’opposizione di Gran Bretagna e Svezia, sostenute dagli Usa, non hanno consentito alla Cina di ricevere l’immediato via libera alle importazioni di armamenti, ma solo la preventiva approvazione di un “codice di condotta” UE-Cina sulle importazioni ed importazioni di armamenti. In cambio delle aperture italiane, la Cina ha dichiarato di appoggiare il progetto di riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite meno sgradito all’Italia.
In campo economico - anche grazie alla dichiarazione di Ciampi di voler “contrastare la demagogia protezionistica” - la visita potrebbe consentire alle oltre 500 imprese italiane presenti in Cina nuovi margini di sviluppo, in particolare nel settore agro-alimentare e della progettazione di mezzi di locomozione ecologici. Presso l’università di Qinghua, la più grande istituzione accademica cinese nel settore scientifico, Ciampi ha infatti posto la prima pietra di un palazzo ecologico, frutto della collaborazione con il ministero dell’ambiente italiano. A Shanghai, il capo dello Stato ha presenziato un forum organizzato dalla Confindustria e dall’Ice per la promozione del “Made in Italy” in Cina.
Le dichiarazioni di Ciampi a Pechino hanno però procurato una levata di scudi in Italia, dove la Lega ha criticato le aperture economiche alla Cina, come aveva fatto a già suo tempo il Ministro Tremonti, reclamando l’introduzione di anacronistiche forme di protezionismo commerciale; mentre i Radicali e il Partito della Rifondazione Comunista hanno stigmatizzato le aperture politiche di Ciampi, protestando vibratamente per la disponibilità dell’Italia a favorire le forniture di armamenti alla Cina.
In campo educativo c’è da sperare che finalmente l’Italia comprenda come solo sviluppando più ampie relazioni culturali si potrebbe imprimere una dimensione di continuità alla nostra presenza in Cina. Il presidente ha infatti visitato una mostra sulle relazioni fra l’Italia e la Cina allestita presso il nostro istituto di cultura di Pechino da Roberto Ciarla, curatore del Museo d’Arte Orientale di Roma e da Filippo Salviati, professore presso la Facoltà di Studi Orientali de “la Sapienza”, che testimonia l’ininterrotta storia di relazioni fra l’Italia e la Cina fin dai tempi degli antichi romani, storia che nessun altro paese al mondo può vantare. In campo culturale - grazie al memorandum per l’organizzazione nel 2006 di un anno dedicato all’Italia in Cina e alla firma del protocollo per le relazioni culturali per il triennio 2004-2006 - si auspica inoltre che la visita possa incrementare il numero degli studenti cinesi in Italia, che sono solo 800, a fronte delle decine di migliaia che studiano presso università francesi, tedesche e inglesi, favorendo al contempo la valorizzazione dello studio della lingua cinese presso le università italiane, dove attualmente oltre tremila ragazzi hanno scelto questa lingua, senza che sia giunto dal Ministero dell’università alcun sostegno specifico.
La vista di Ciampi è stata ampiamente celebrata tanto sulla stampa italiana, come su quella cinese, tuttavia non una sola parola è stata spesa dai media cinesi sui reali contenuti del discorso pronunciato da Ciampi dinanzi agli studenti di economia dell’Università di Qinghua, incentrato sui principi costituzionali dell’UE, cioè sui diritti umani dei popoli - secondo i resoconti della stampa italiana -, teso invece allo sviluppo delle relazioni economiche fra i popoli - secondo la stampa cinese.
A margine vale la pena notare inoltre, che non risulta che Ciampi sia intervenuto per favorire la normalizzazione delle relazioni con il Vaticano, cosa che era stata sempre oggetto di particolare interesse durante analoghe visite in passato. A riprova di ciò le sconvolgenti dichiarazioni rilasciate dal Cardinale Ruini, secondo cui “il vero pericolo per il cristianesimo è la Cina”; “Poiché in questa civiltà la religione ha un ruolo minore e ignora la fede in un Dio personale, Ruini prevede che essa non aiuterà, in Occidente, un rafforzamento dell’identità cristiana – come oggi avviene con l’Islam – ma all’opposto un suo indebolimento” (Avanti! 9-12-2004).
Vedere che finalmente l’Italia si sia accorta dell’esistenza della Cina non può che essere motivo di soddisfazione, resta tuttavia l’incognita, tutta italiana, se tante parole saranno seguite da fatti concreti, oppure, ancora una volta, rimarranno solo belle speranze; come accadde quando si fece una scampagnata a Pechino l’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, a metà degli anni ’80, con al seguito decine di amici, parenti e conoscenti, che ispirò la meravigliosa battuta che Beppe Grillo volle mettere in bocca all’allora leader Deng Xiaoping, il quale vedendo gli italiani uscire dall’aereo (uno solo in quell’occasione!) avrebbe esclamato: “Non pensavo che questi italiani fossero più di noi!”.