Una lettera di Ratzinger
La guerra dei sessi va messa al bando
Luigi Ferlazzo Natoli
Il 31 maggio 2004 con approvazione di Giovanni Paolo II viene pubblicata la lettera del cardinal Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cui titolo suona: «Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella chiesa e nel mondo». In un momento storico in cui si assiste a una vera e propria guerra di sopraffazione dell'ex sesso debole femminile nei confronti di quello maschile, si avverte nella donna una spinta esagerata alla competizione con l'uomo, inteso come maschio prevaricatore; si va incontro alla fine del dialogo e al rifiuto delle ragioni dell'altro; in siffatto frangente l'intervento della Chiesa – come si legge nella Introduzione – intende proporre «dopo una breve presentazione e valutazione critica di alcune concezioni antropologiche odierne, riflessioni ispirate dai dati dottrinali dell'antropologia biblica – indispensabili per salvaguardare l'identità della persona umana – circa alcuni presupposti per una corretta comprensione della collaborazione attiva, nel riconoscimento della loro stessa differenza, tra uomo e donna nella chiesa e nel mondo». In altri termini, in appena trentacinque pagine, dopo aver esaminato i dati fondamentali dell'antropologia biblica, la lettera esamina «l'attualità dei valori femminili nella vita della società», nonché l'attualità degli stessi valori nella vita della Chiesa. Si rivolge in prima battuta ai vescovi e quindi al mondo cattolico, ma propone – direi ovviamente o inevitabilmente – un modello per tutti. L'impatto di questa lettera con i media è stato come sempre devastante e il movimento femminista è prontamente insorto. Ricorderò per tutti l'intervento di Emma Bonino che, addirittura, paragona l'autore della lettera (Ratzinger) all'imam della moschea di Al Azar. Ciò finisce col ribaltare l'accusa di fondamentalismo all'atteggiamento della Chiesa sui rapporti uomo-donna. La mia impressione è che, se di fondamentalismo si deve parlare, esso debba essere rivolto all'atteggiamento del post-femminismo nei confronti del maschilismo ormai superato dai fatti. Se il movimento femminista storicamente è stato decisivo per rimuovere le discriminazioni nei confronti del lavoro femminile e della donna in generale (nella famiglia e nella società), oggi il post-femminismo mira all'annientamento di tutto ciò che è «maschile», utilizzando lo strumento della competitività a oltranza tra i sessi (maschile e femminile), la rottura del dialogo, la totale mancanza di ascolto dell'altro. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: e vanno dalla diminuzione dei matrimoni all'aumento dei singles, alla crisi della famiglia, alla difficile condizione dei figli. In altri termini, il fondamentalismo del post-femminismo sta nel rifiuto in toto della lettera di Ratzinger alle donne. Dopo l'excursus, compiuto nella lettera, dall'Antico al Nuovo Testamento, si perviene alla conclusione secondo cui «distinti fin dall'inizio della creazione e restando tali nel cuore stesso dell'eternità, l'uomo e la donna, inseriti nel mistero pasquale del Cristo, non avvertono, quindi, più la loro differenza come motivo di discordia da superare con la negazione o con il livellamento, ma come una possibilità di collaborazione che bisogna coltivare con il rispetto reciproco della distinzione. Di qui si aprono nuove prospettive per una comprensione più profonda della dignità della donna e del suo ruolo nella società umana e nella Chiesa». Insomma, la lettera si schiera decisamente contro la guerra dei sessi, consapevole che la posta in gioco è l'avvenire dell'intera umanità. E fuori da ogni moralismo, o peggio ancora da ogni fondamentalismo religioso, la lettera, nel solco della Rivelazione, offre il suo contributo al superamento della guerra in corso tra i sessi, o se si vuole tra post-femminismo e un vetero maschilismo, che ormai, tra l'altro, non esiste più.
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