La Stampa Tuttolibri 18.2.04
Templari, il Graal nei secoli dei secoli
gli atti dell’immenso processo non contengono solo menzogne, confessioni estorte, accuse strumentali, spuntano seri indizi che potrebbero far pensare a riti segreti
di Mario Baudino
LE posizioni sono state nette, e inconciliabili, fino all’altro ieri: da una parte gli storici, che ritenevano strumentali e costruite a tavolino le accuse di eresia rivolte contro i Templari dagli avvocati del re di Francia; dall’altra esoteristi, occultisti e romanzieri che le prendevano alle lettera, aderendo entusiasticamente a una ricca mitologia dove gli antichi monaci guerrieri nati per difendere i pellegrini in Terrasanta al tempo delle Crociate diventavano maghi, detentori di un sapere inziatico e di verità nascoste. Da Cornelio Agrippa, che nel ‘500 rilesse in questa prospettiva le carte del processo avviato da Filippo il Bello nel 1307 con una impressionante serie di arresti (culminò con la dissoluzione dell’ordine e un certo numero di roghi), a Dan Brown col suo Codice da Vinci e ora il nuovo - per l’Italia - Angeli e demoni, i Templari sono gli eroi di una magia diventata nel frattempo di massa, di una tradizione esoterica trasformatasi in cultura pop. Prendere o lasciare: gli storici hanno sempre disprezzato i tipi alla Cornelio Agrippa, e viceversa. Il processo e la storia plurisecolare dell’ordine hanno dato origine a due racconti paralleli, uno storiografico e uno mitologico. Ora però Barbara Frale, ricercatrice della Biblioteca Vaticana di Paleografia, raccogliendo anni di studi e di esplorazioni sui documenti originali conservati nell’Archivio segreto dei palazzi apostolici, propone quella che non è una via di mezzo, una conciliazione tra studiosi e narratori, ma certo rappresenta una novità inaspettata. In sostanza, spiega nel suo saggio pubblicato per Il Mulino, la serissima storiografia in proposito va corretta, anche se questo non significa assolutamente che le ricostruzioni «alternative» (magiche, massoniche, mistiche) siano da rivalutare. C’erano davvero aspetti misteriosi nell’Ordine dei Templari, e gli atti dell’immenso processo contro di loro non contengono solo menzogne, confessioni estorte, accuse strumentali. Per esempio, spuntano seri indizi che potrebbero far pensare a riti segreti di incerta origine. Fino a fornire qualche conferma della possibilità di accostare i Templari al Sacro Graal, cavallo di battaglia dell’esoterismo moderno. Costruendo per la prima volta - e in proprio - un complesso data base in grado di raffrontare elettronicamente tutti gli atti del processo (se ne può leggere una descrizione all’indirizzo www.storia.unifi.it/_RM/rivista/mater/Frale.htm), la studiosa ha fatto scoperte interessanti: «Per esempio - ci dice -ora abbiamo il documento che ci spiega un loro strano modo di celebrare la Pasqua, sotto la sola specie del vino, il sangue di Cristo come bevanda di vita eterna. Non ha nulla di eretico, ma non fa parte di nessun rituale cristiano documentato». Da dove provenga non si sa, o almeno al momento non ci sono tracce sicure in proposito, ma potrebbe essere una tradizione paleocristiana che si era conservata in Palestina. «Inoltre è noto che un poema sul Graal, il Parzival di Wolfram von Eschenbach, definisce i templari “custodi del Graal”. Sappiamo benissimo che la leggenda è più antica, e nasce nel mondo pagano, però è interessante che proprio negli anni della sua “cristianizzazione” compaia anche nel contesto templare». La prima crociata conquistò Gerusalemme nel 1099; l’Ordine del Tempio venne creato dal cavaliere Hugues de Payns con i primi compagni che si erano associati ai canonici agostiniani incaricati di celebrare il culto nella moschea di al-Aqsa, costruita sulle rovine del Tempio di Salomone, a partire dal 1120, e venne ratificato nel 1129. Quando fu composto il Parzival, tra il 1210 e il 1220 (mentre il primo romanzo dove compare il Graal, il Perceval di Chretien de Troyes, è di poco posteriore al 1180), la fama dei Templari era al suo apogeo, con alle spalle una storia ormai antica d’un secolo. Certo, per il poeta tedesco il Graal non è il calice dell’ultima cena, o quello in cui Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue di Cristo stillante dalla croce, ma una gemma preziosa: però la coincidenza è interessante. Questi Templari disciplinatissimi, riservatissimi, straordinaria macchina da guerra e anche enorme potenza finanziaria dell’epoca, stato nello stato o meglio ancora primo esempio di «multinazionale», riescono ancora a sorprenderci, al di fuori di ogni mitologia. Anche per la loro «modernità». Barbara Frale è giunta alla conclusione che il rito d’iniziazione cui venivano sottoposti i novizi, che divenne al processo l’accusa principale, non era affatto inventato. L’aspirante templare era costretto a rinnegare Cristo e sputare sulla croce, oltre che insultato, deriso, malmenato. Si è sempre pensato che anche in questo caso si trattasse di una montatura inquisitoriale, invece proprio lavorando sugli atti del processo la studiosa ha potuto concludere che le confessioni e le testimonianze convalidano l’ipotesi. «C’era una componente di “nonnismo” ma anche il desiderio di mettere alla prova i futuri cavalieri, calandoli nelle condizioni in cui si sarebbero facilmente trovati qualora fossero caduti prigionieri del nemico, e valutare le loro reazioni». Proprio come accade oggi nelle forze speciali dei vari eserciti, pur se la messinscena non contempla simboli religiosi. I Templari erano guerrieri indomiti, e almeno fino al periodo di decadenza dell’Ordine, molto fermi nella fede e nel rispetto dei voti presi in quanto monaci. Ma proprio a causa del loro amore per la segretezza giravano intorno a loro voci d’ogni genere. «Gli inquisitori selezionarono quelle più utili. Ad esempio trascurarono i pettegolezzi sull’avarizia, che non mancavano, ma non erano interessanti ai fini del processo per eresia. Oltretutto il Papa, alla fine, li assolse, anche se fu travolto dagli eventi e non poté salvarli». E questa è un’altra novità: il documento che la dimostra è stato trovato grazie ai controlli incrociati. Nessuno mai lo aveva notato perché una errata catalogazione del Seicento lo aveva reso «clandestino». Ottima scoperta storiografica, ma anche ottimo spunto per qualche scrittore a caccia di best seller: e se l’archivista, anziché banalmente sbagliarsi, avesse occultato di proposito quelle carte, magari perché apparteneva anche lui a qualche misteriosa setta esoterica?
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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