Liberazione 13.1.05
LE RADICI RELIGIOSE DELL'ANTISEMITISMO
Il dibattito sulla figura di Pio XII. Intervista allo storico Maurizio Ghiretti
Guido Calwron
Si è riaperto da giorni il dibattito sul difficile rapporto tra la Chiesa cattolica egli ebrei prima del Concilio Vaticano Il. A dare l'avvio alla ripresa del confronto, è stata la pubblicazione sulle pagine del Corriere della Sera di una direttiva vaticana del 1946, trasmessa alla Nunziatura di Parigi, nella quale si chiedeva di non restituire alle famiglie i piccoli ebrei battezzati. Ne abbiamo parlato con Maurizio Ghiretti, un ricercatore che studia da anni le radici dell'odio antiebraico e che ha pubblicato per la Bruno Mondadori un'ampia e aggiornata Storia dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo.
Professor Ghiretti, qual è il peso della vicenda illustrata dal documento vaticano, pubblicato dal Corriere, nel complesso dei rapporti tra la Chiesa cattolica egli ebrei?
A mio parere quel documento è in sintonia con la tradizione della Chiesa nei confronti dell'ebraismo. Uno degli elementi fondamentali di questa tradizione è infatti rappresentato dalla conversione degli ebrei. Un bambino ebreo battezzato non doveva essere restituito alla famiglia d'origine perché non lo avrebbero allevato nella verità cristiana. Questo è il punto fondamentale. Nel 1946-47 non era cambiato nulla rispetto a cento anni prima, vale a dire rispetto alla vicenda di Edgardo Mortara, un bambino ebreo di sei anni che nel 1858 fu rapito a Bologna per essere portato a Roma e battezzato. La Chiesa ha continuato su questa linea fino alla svolta avvenuta, non senza contrasti, dopo la morte di Pio XII al tempo del Concilio Vaticano II nel 1963-65. In quel momento vi fu una prima svolta nell'atteggiamento della Chiesa nei confronti degli ebrei, ma fino ad allora la dottrina del Vaticano era quella di cercare di convertirli.
A tal punto questa era la dottrina ufficiale della Chiesa, che oggi appare davvero paradossale cercare di escludere il ruolo svolto da Pio XII rispetto a quella vicenda.Visto che si è aperto il suo processo di beatificazione, c'è infatti chi lo difende, parlando addirittura di una campagna "inquisitoria anticattolica". Qual è la sua opinione sul profilo di quel pontificato rispetto agli ebrei?
Credo si debba tener presente la visione provvidenzialistica della storia che aveva questo Papa, come del resto tutti i credenti. Così tutte le cose, anche terribili, che accaddero allora, penso in particolare allo sterminio degli ebrei d'Europa, furono viste attraverso quest'ottica: è la divina provvidenza che muove le cose del mondo. Quindi penso che Pio XII vedesse in qualche modo in ciò che stava accadendo agli ebrei in quegli anni, una sorta di mano della provvidenza per spingere gli ebrei alla conversione. Io vedo Pio XII attento ad aiutare chi ha bisogno nel momento in cui egli si trova di fronte il perseguitato, ma ho l'impressione che guardi a quel che sta accadendo in quel momento in tutta Europa con un occhio religioso. Tutto ciò, ancora una volta, all'interno di una visione che però la Chiesa ha portato avanti per migliaia di anni nei confronti degli ebrei.
Nel dibattito di queste settimane c'è anche chi ha detto che non si può guardare alla storia precedente con gli occhi di chi ha conosciuto gli orrori della Shoah, proiettare il giudizio posteriore a quei fatti sulla Chiesa dell'epoca. Utilizzando questa impostazione, viene però da chiedersi quale rapporto esista tra la tradizione antigiudaica religiosa, di cui lei ha parlato fin qui, e l'antisemitismo razziale che aprì la strada a Auschwitz?
L'antigiudaismo cattolico permane nel corso della Shoah, naturalmente ci sono poi i casi di tanti religiosi - si pensi solo al salvataggio di tanti ebrei romani - che si sono prodigati per salvare i perseguitati. Se l'antigiudaismo permane, la Chiesa però condanna la persecuzione fisica, e soprattutto viene rigettata quella forma di antisemitismo legata al mito della razza. La Chiesa ha perciò condannato la persecuzione razziale degli ebrei, mentre si è mostrata sempre favorevole a delle misure legislative che andassero nella direzione di una "de-emancipazione" degli ebrei, vale a dire perché gli ebrei non fossero considerati uguali ai cittadini cristiani e cattolici. Questo lo si può leggere su "Civiltà Cattolica" dell'epoca a proposito delle leggi antiebraiche in Ungheria o a proposito di quelle varate in Germania o in Italia. Si può perciò affermare che la Chiesa è stata sempre contraria all'antisemitismo razzista, ma è sempre stata favorevole a una diminuzione delle libertà concesse dall'emancipazione agli ebrei, in particolare l'uguaglianza rispetto agli altricittadini.
Lei ha descritto la genesi e lo sviluppo dell'odio antiebraico fino al nostri giorni. In questa prospettiva di lungo periodo, quale posto occupano le radici dell'antigiudaismo religioso, rispetto alle evoluzioni successive?
Il fattore religioso fa da bacino collettore e rimane, per così dire,in sottofondo rispetto all'antisemitismo successivo. Su questa ostilità antiebraica di origine religiosa si sedimentano progressivamente altre forme di odio, soprattutto dopo l'emancipazione degli ebrei. Nel corso dell'Ottocento e nei primi decenni del Novecento,via via che appaiono forme di ostilità culturale, sociale, economica e politica per l'avanzamento degli ebrei, questi strati nuovi finiscono per posarsi proprio su un substrato di tipo religioso. Poi, già con la seconda metà dell'Ottocento, appare l'ideologia razzista che rappresenta qualcosa di nuovo, ma la tradizione antigiudaica secolare permane.
Durante la seconda guerra mondiale, quanto ha pesatoquesto sentimento antiebraico nel sostegno e nella collaborazione offerti, in alcuni paesi cattolici dell'Europa Orientale, al progetto nazista della "soluzione finale"?
La tradizione antigiudaica in queste societa è fortissima. Croazia, Ungheria, Romania, e la stessa Polonia, hanno dato un contributo fortissimo al progetto nazista di sterminio degli ebrei. Del resto, già prima, anche in Austria la tradizione cattolica antigiudaica ha giocato un ruolo molto importante, basti pensare anche soltanto ai partiti cristiano sociali e alla loro lotta costante contro gli ebrei, sia sul piano sociale che su quello politico.
Dopo la Shoah, la matrice religiosa dell'odio antiebraico sembra essere stata quasi definitivamente accantonata. Eppure, talvolta, qualche segnale del genere riemerge. Qual è lo stato delle cose?
È sopravvissuta all'interno di gruppi di minoranza che respingono la nuova dottrina della Chiesa cattolica nei confronti degli ebrei. Si tratta di piccoli gruppi che continuano a riproporre l'antica tradizione antiebraica. Non sono certo gruppi molto forti, ma continuano comunque a esistere, sia nel mondo cattolico che in quello protestante. Ma soprattutto in quello cattolico.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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