giovedì 13 gennaio 2005

oppio cattolico e politici "ardenti"

Corriere della Sera 13.1.05 prima pagina
Il culto del santo diventa fenomeno mediatico (400mila spettatori). Corsa per pregare via satellite
Il rosario folgora i politici. Sulla tv di Padre Pio
di Gian Antonio Stella


Se Parigi val bene una messa, quattrocentomila voti valgon bene un rosario. E così, da quando hanno scoperto che il cantilenante sgranar di «avemarie» sulla tomba di Padre Pio viene visto in diretta via satellite da una massa spropositata di persone, certi politici sono stati improvvisamente colti da una strana impazienza mistica. Che si placa solo quando riescono a essere finalmente lì, a San Giovanni Rotondo, davanti alle telecamere: «Meno tre, due, uno, in onda: "Ave Maria, piena di grazia..."».
Oddio, non è che le immagini siano così appassionanti, per chi non ama il genere. Come in certi mortali film d’avanguardia l’obiettivo è inchiodato infatti, senza la più piccola variazione, sulla tomba che contiene le spoglie del frate che Giovanni Paolo II ha voluto inserire tra i nuovi santi. La tomba, la cappella, la gente intorno: fine. Una specie di «Grande fratello» mariano, funebre e giaculatorio. Ma si sa come vanno queste cose: sempre televisione è. E come insegna il varesotto Alessandro Cocco, che qualche anno fa finì nel Guinness dei Primati per aver partecipato come spettatore a 4.549 trasmissioni per un totale di 7.496 inquadrature, andare in onda è per molti un’attrazione irresistibile.
Ed ecco che un giorno hanno cominciato ad affacciarsi per il rosario i ragazzi del paese che non vedevano l’ora di dire agli amici: mi hai visto in tivù? Poi è stata la volta dei politici locali, assai solleciti nel titillare la venerazione degli elettori per il monaco con le stimmate. Finché la notizia che con la trasmissione «Santo Rosario, in diretta dalla cripta di San Pio di Pietrelcina» l’emittente «Tele Radio Padre Pio» (canale 856) quadruplicava gli ascolti e aveva un tale successo da convincere Sky a inserire la piccola televisione tra le «Top Ten», ha raggiunto i protagonisti della politica. Col risultato, come ha scritto sul Tempo Antonio Calitri, che «il telefono del santuario ha incominciato a squillare per prenotare visite private da parte di importanti personaggi politici nazionali». Primi fra tutti, dicono, il ministro degli Interni Beppe Pisanu e il segretario dell’Udc, nonché vicepresidente del Consiglio, Marco Follini.
Amen.
Meraviglia? Zero. Spazziamo via gli equivoci: la buonafede di chi crede in San Pio non può essere messa in discussione. E meno ancora la fede di chi individua nel fraticello un testimone del cristianesimo del nostro tempo. Alla larga, su questo punto, da ogni ironia. Ma intorno al traboccare di parole di devozione per padre Pio, da qualche tempo, si avverte non solo l’amato profumo di rose ma anche altri olezzi indefinibili che dovrebbero infastidire, primi fra tutti, proprio i fedeli più affezionati.
Clemente Mastella rivendica le origini campane del monaco e tuona: «Padre Pio è un santo nostro e noi di Benevento ci teniamo che si sappia». Silvio Berlusconi ci tiene a far cader l’occhio degli ospiti sul santino di Padre Pio che tiene appoggiato su una credenza nella villa di Arcore. Il suo cardinale camerlengo Sandro Bondi tiene l’immaginetta del caro monaco nel reliquiario che più gli è prezioso: appiccicato sulla foto della sacra famiglia berlusconiana dominata da Madonna Veronica. Pierluigi Castagnetti precisa: «Il leader del centrosinistra? Lo sceglieremo quando sarà il momento... e quando sarà il momento ci assisterà padre Pio». E Francesco Rutelli sospira: «Mia madre era devotissima a Padre Pio».
Beppe Drago, promosso oggi a sottosegretario nonostante sia stato condannato per essersi impossessato dei fondi riservati all’ex presidente della Regione Sicilia all’epoca in cui ricopriva la carica, si dichiara un fedele fedelissimo e con lui una schiera di parlamentari e ministri che non finisce più. E che va da Giulio Andreotti (che proprio il dì della beatificazione di Padre Pio venne in qualche modo «assolto» dai processi che aveva in ballo dal Papa stesso che ostentatamente lo benedisse) ad Antonio Di Pietro: «Padre Pio era una persona di origine modesta, con un linguaggio essenziale e anche un po’ rude con gli interlocutori. Però trasmetteva quel calore di cui ognuno aveva bisogno... Spesso sono andato al santuario di san Giovanni Rotondo, dove sono amico di Fra’ Modestino e padre Gerardo, con cui gioco a bigliardino, il passatempo dei seminaristi». Per carità: tutto già visto. Perfino Benito Mussolini, fedele alla fama che si era conquistato di essere un «ateo a orologeria», arrivò a scrivere al frate nel 1937 una lettera il cui passaggio centrale era: «Sia benedetto Iddio per averci dato un frate come te, un Santo!». Non meraviglierà dunque se Francesco Forgione, che porta lo stesso nome con cui nacque Padre Pio ma è un deputato di Rifondazione Comunista, confida: «È bello chiamarsi come lui, sì, non mi dispiace affatto... Tutti e due abbiamo fatto una scelta di campo evangelica: quella degli ultimi, anche se io dal punto di vista di Marx». Né se l’allora premier Massimo D’Alema, del quale erano noti i trasporti culinari ma non quelli religiosi, sia arrivato a mandare a Giovanni Paolo II, il giorno del suo compleanno, una lettera che diceva: «Rammento con emozione la cerimonia di beatificazione di Padre Pio, alla quale ho avuto il privilegio di intervenire con mia moglie, svoltasi con la devota presenza di un numero grandissimo di fedeli, che ha rappresentato tangibilmente il forte ed appassionato legame che unisce reciprocamente Sua Santità e l’Italia».
Il massimo però l’ha dato Irene Pivetti. La quale ha consegnato ai posteri, per mezzo dei settimanali popolari, due interviste indimenticabili. Nella prima, dove campeggiava a tutta pagina con un enorme ritratto del frate tra le braccia, la virginea ex presidentessa della Camera raccontava d’esser finita la prima volta a San Giovanni Rotondo per curiosità ma «dopo quella visita nel mio animo è scattata una molla particolare: una sincera ammirazione verso la figura di padre Pio. Oltre che una devozione vera e propria. Non aggiungo altro. Amo tenere nella massima riservatezza i miei sentimenti religiosi che riguardano la parte più intima di me stessa». Nella seconda, più recente, al giornalista che le chiedeva come potesse conciliare la sua partecipazione borchiata al programma «Bisturi» al fianco del monumentale Platinette con il fraticello barbuto, rispondeva: «Padre Pio è mio fratello e mi guida in tivù». Ma il meglio doveva ancora venire: «Il santo mi dà serenità. Placa le mie ire e mi aiuta a far divertire il pubblico nelle mie trasmissioni». E come poteva andar male, con un patrono così?