giovedì 13 gennaio 2005

seppure tutti l'avessero già ben capito...

il manifesto 13.1.05
È ufficiale: l'Iraq non aveva armi proibite

La ricerca dell'esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq è formalmente finita: l'arsenale proibito di Saddam Hussein non c'è, e non c'era nemmeno quando gli Stati uniti hanno cominciato a bombardare l'Iraq. Il motivo ufficiale della guerra era falso.
Un membro dell'Iraq Survey Group, ha detto al Washington Post che il rapporto già presentato nel settembre scorso dal suo responsabile Charles Duelfer - quello che sosteneva la «probabilità» che quelle armi non sarebbero mai state trovate - non è più da considerare «provvisorio», come allora si disse per non imbarazzare troppo George Bush impegnato nella campagna per la sua rielezione, ma definitivo.
Le ricerche hanno avuto termine formalmente già prima di Natale, ma c'è voluta un'indiscrezione dai servizi segreti per venirne a conoscenza. Alla Casa Bianca la consegna è minimizzare, il portavoce Scott McClellan si è limitato a confermare l'informazione.

Iraq, armi letali introvabili. La caccia è finita
Saddam non aveva armi di distruzione di massa, è ufficiale anche per gli Stati Uniti. Le ricerche erano finite prima di Natale ma non si voleva imbarazzare Bush a Capodanno. Ora i mille esperti americani, inglesi e australiani dell'Isg si ricicleranno sulla raccolta di informazioni relative alla resistenza
FRANCO PANTARELLI
NEW YORK


La ricerca dell'esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq è formalmente finita. E ieri - mentre le agenzie di stampa passavano la notizia sui loro schermi e le tv americane l'annunciavano ai loro telespettatori - la reazione generale era: ma perché, le stavano ancora cercando? Un membro del famigerato Isg, che sta per Iraq Survey Group, ha detto al Washington Post che il rapporto già presentato nel settembre scorso dal suo responsabile Charles Duelfer - quello che sosteneva la «probabilità» che quelle armi non sarebbero mai state trovate - non è più da considerare «provvisorio», come allora si disse per non imbarazzare troppo George Bush impegnato nella campagna per la sua rielezione, ma definitivo. «Abbiamo parlato con tanta di quella gente - ha detto quell'anonimo signore - che qualcuno avrebbe pure dovuto dire qualcosa». (Di «quella gente», oltre tutto, fanno parte anche Saddam Hussein medesimo e alcuni suoi ministri). Così le ricerche hanno avuto termine formalmente già prima di Natale, ma sempre per il problema dell'imbarazzo nessun annuncio era stato fatto e c'è voluta la solita indiscrezione per venirne a conoscenza. L'Isg, che è composto di «esperti» americani, inglesi e australiani, continuerà a lavorare in Iraq (non è chiaro se con i suoi oltre mille e più elementi o con un numero ridotto) ma con compiti diversi: d'ora in poi si occuperà della raccolta di informazioni sulla «insurgency» irachena, la cui composizione è come si sa ancora un mistero per le forze di occupazione americane.

Dunque, ciò che milioni di persone hanno saputo da sempre, e cioè che quella scatenata in Iraq è stata una guerra senza alcuna giustificazione, è diventato formalmente vero anche per coloro che quella guerra l'hanno voluta. Cosa avevano da dire, ieri? Alla Casa Bianca la consegna sembrava quella di minimizzare al massimo. L'unico suo inquilino che ha detto qualcosa è stato il povero Scott McClellan, il portavoce ufficiale inchiodato alla regolarità del briefing di mezzogiorno con i giornalisti. Lui naturalmente non aveva commenti e tutto ciò cui si è limitato è stata la conferma che l'informazione riportata dal Washington Post era corretta. È possibile, ha detto con l'aria di chi chiaramente vorrebbe essere altrove, che qualcuno continui ancora a cercare qua e là, ma certamente «il lavoro è largamente finito». Quanto a Bush, il modo di cavarsela lo aveva già sperimentato a settembre, quando di fronte al rapporto «provvisorio» che diceva le stesse cose di questo «finale», si era attaccato al suo solito «il mondo è più sicuro con Saddam Hussein in prigione». Poi aveva anche concesso che «molto del corpo di intelligence accumulato era sbagliato e adesso il problema è di capire come ciò è stato possibile». Era sembrato un modo di scaricare la responsabilità sulla Cia, ma poco dopo aveva negato se stesso quando aveva conferito - in una solenne cerimonia alla Casa Bianca - la «medaglia presidenziale» proprio a George Tenet, che della Cia era stato fino a poco prima il capo, motivando la decorazione con il fatto che Tenet aveva «costruito» da maestro proprio il caso della armi di distruzione di massa in possesso dell'Iraq.
Formalmente c'è una commissione d'inchiesta al lavoro per individuare gli «errori» compiuti dal servizio di informazioni. Ma non sembra probabile che le sue indagini si allarghino fino - per fare qualche esempio - alle continue «visite» che il vice presidente Dick Cheney faceva proprio al quartier generale della Cia ogni volta che un rapporto stava per essere consegnato, o agli estenuanti «negoziati» fra la Casa Bianca e la Cia medesima su ciò che Bush «poteva» dire per perorare la sua voglia matta di invadere l'Iraq senza incorrere in bugie troppo grosse. Per non parlare della luce che acquista, a questo punto, il precipitoso ritiro degli ispettori dell'Onu dall'Iraq per non ritrovarsi sotto le bombe americane. Se gli uomini di Hans Blix «avessero potuto continuare il loro lavoro - diceva ieri il commentatore della Bbc Paul Reynold - avrebbero scoperto che le armi di distruzione di massa non c'erano».