giovedì 13 gennaio 2005

una risposta sull'Unità
lettera aperta di Flamigni a Paolo Prodi

L'Unità 13.1.05
Risposta a Paolo Prodi
CHI HA PAURA DELL'EMBRIONE
Carlo Flamigni*


Carissimo Professor Paolo Prodi, nessuno di noi ha, né ha avuto per un attimo, il minimo sospetto sulla Sua buona fede. Siamo anche tutti convinti che l'Unità abbia fatto molto bene a pubblicare la Sua lettera: persone come Lei, nel nostro Paese e altrove, nel mondo, ce ne sono molte e la loro convinzione e le loro paure debbono essere ascoltate con molta attenzione.
Ci permetta però di dirLe, e speriamo che la cosa non Le dispiaccia, che riteniamo che quello che Lei dice sia sbagliato e che le Sue paure siano prive di fondamento.
Alcuni di noi hanno partecipato, in un passato recente, a un convegno organizzato ad Assisi da Italianieuropei, presenti ricercatori, bioeticisti e uomini politici. Si parlò a lungo di etica, di scienza e, in particolare, di genetica, e tutti gli studiosi presenti si affannarono a spiegare che non esiste - non perché sia stata bocciata per la sua immoralità, ma proprio perché è mille miglia lontano dalle nostre possibilità presenti e future, nonché dalla realtà biologica dell'uomo quella cHe viene chiamata (con nostro grande dispetto) l'eugenetica positiva migliorativa.
Se ricordiamo bene, furono molto criticati Habermas e il suo ultimo libro sulla genetica. Ebbene, quando gli scienziati finirono di parlare, l'uomo politico che, almeno a nostro parere, è oggi l'esponente più intelligente e colto della sinistra italiana riprese il discorso come se nessuno di noi avesse aperto bocca e ci accusò di preparare i soldati per il prossimo, prevedibile Pol Pot. Qualcosa di analogo è capitato ieri l'altro al convegno organizzato a Milano da Politeia, dove, dopo che gli scienziati avevano escluso queste possibilità, un importante esponente del centro-destra prospettò previsioni simili.
Speriamo che capirà perché allora come oggi - provammo un grande senso di stanchezza.
La genetica è una disciplina relativamente giovane, in rapido e continuo sviluppo. Malgrado ciò, è ancora completamente ancorata alle sole possibilità diagnostiche. Può scoprire se un embrione potrà diventare un uomo gravemente malato di una certa malattia genetica prima ancora che si impianti nel grembo materno: non è mai riuscita a cambiare il destino di quell'embrione, guarendolo di quella malattia. Vorremmo dire dì piu: non ci ha nemmeno mai provato.
Perché un embrione portatore di una mutazione di un gene (di uno solo, delle migliaia che lo caratterizzano) possa sfuggire al suo infelice destino e necessario che quel gene "malato" possa essere sostituito. Ebbene, non siamo capaci di farlo: non siamo capaci di eseguire la più semplice delle terapie geniche possibili, quella che riguarda le malattie monogeniche (che sono migliaia) e che consiste nella sostituzione di un solo gene.
Nel suo articolo lei immagina un mondo a venire nel quale potrebbe essere possibile prefigurare una serie di caratteristiche dell'individuo. Le vogliamo ricordare così come Lei le ha scritte: intelligenza, carattere creativo, fisico atletico, temperamento non incline alle melanconia, colore degli occhi. Ebbene, nessuna di queste caratteristiche è dipendente da un unico gene: si tratta di caratteri multigenici e multifattoriali, del cui determimsmo sappiamo poco o niente, un mistero destinato a restare tale chissà per quanto tempo ancora.
Se non siamo in grado di cambiare un gene, pensi cosa saremmo incapaci di fare con due, o dieci o chissa quanti, soprattutto se con la genetica interferiscono l'educazione e l'ambiente. Siamo chi siamo per virtù (o colpa) dei nostri geni per non più del 50%. Il resto è caso, scuola, famiglia, amici, clima, alimentazione, ecc..
Le ricordiamo ma forse ne è già informato - che molti anni or sono, negli Stati Uniti, un signor americano che aveva vinto un premio Nobel (per i suoi studi sui transistor) immaginò di creare una banca del seme i cui donatori erano tutti premi Nobel. L'impresa fu abbandonata dopo la nascita di un ennesimo cretino, e il povero scienziato si scusò dicendo che in realtà la banca del seme andava fatta usando come donatori i padri dei premi Nobel.
Caro Professor Prodi, il referendum riguarda una cosa molto semplice che - La preghiamo di crederci - è lontana dal nazismo molto più di quanto l'uomo sia lontano dalla verità. Si tratta di coppie che sono portatrici di malattie genetiche che vogliono evitare di mettere al mondo figli malati. Potrebbero fare queste indagini in gravidanza, la legge consente loro l'aborto. Preferiscono una soluzione diversa. A nostro avviso ne hanno diritto.
Caro professor Prodi, non tema la nostra povera umanità, non saranno i genetisti a farle del Male: per diminuire di 100 volte l'incidenza di uno solo dei nostri geni, ci vogliono come minimo 20.000 anni - e neppure l'accelerazione della storia riuscirà a comprimere questo tempo.
Noi siamo dell'opinione - e siamo certi che Lei converrà con noi - che l'esperienza nazista sia stata la più brutale e violenta esperienza imposta a milioni di povere vittime. Richiamarla alla memoria quando si parla di sofferenza individuale e di difficili scelte personali, ci scusi ancora Professor Prodi, non è giusto.
Abbiamo letto con piacere i Suoi riferimenti al passato, ma ci siamo stupiti perché ci sembra che Lei li ritenga solo ricordi polverosi di una cultura scomparsa. Non è così. Conosciamo, tra i sacerdoti cattolici, ilomorfisti che la pensano esattamente come Innocenzo III. E' vero, il problema esiste, ma forse non è quello al quale pensa Lei. Per noi il problema riguarda il tentativo della chiesa cattolica dì imporre a noi laici regole morali che non ci appartengono, partendo da posizioni altrettanto dogmatiche quanto incerte.
La nostra richiesta di referendum ha solo un significato: chiediamo di poter dimostrare che le regole morali che si cerca di inserire tra le norme del nostro Stato non sono sofficientemente condivise, per cui la loro imposizione per legge non è legittimata. Secondo noi questo è civile e legittimo. Lei chiede libertà, nel momento in cui i referendum La impegnano a una scelta difficile. E' la stessa cosa che chiediamo noi, libertà. Sbagliamo se la nostra libertà la cerchiamo, soprattutto, nella scienza e nella laicità?
Caro professor Prodi, il compito di chi vuol portare i cittadini del nostro Paese a esprimersi votando una serie di quesiti è difficile e complesso. Ci farebbe piacere mostrarLe le menzogne e le calunnie con le quali cercano di togliere credibilità alle nostre idee, ma capiamo che la cosa non La riguarda. Le chiediamo, pero, di non confondere la scienza con la fantascienza. Non perché, come Lei stesso scrive, Lei non ha nessuna competenza scientifica: ma perché Lei è una persona colta, seria e perbene.

* Primi firmatari:
Antonino Forabosco Demetrio Neri Maurizio Mori Mariella Immacolato Marina Mengarelli Sergio Bartolommei Giovanna Lazzari Cesare Galli