giovedì 20 gennaio 2005

Yahoo!Notizie
20 gennaio 2005
Psichiatria: allo studio le spie della "Sindrome di Medea", una ricerca dell'Università di Roma


Roma, 20 gen (Adnkronos Salute) - Definire i "campanelli di allarme" della Sindrome di Medea. Ovvero scoprire quei comportamenti che possono predire uno degli omicidi più agghiaccianti: la madre che toglie la vita al figlio. È questo l'obiettivo di una ricerca in corso presso l'Osservatorio dei comportamenti e della devianza che fa capo alla Cattedra di psicopatologia forense dell'università La Sapienza di Roma, diretta dal professor Vincenzo Mastronardi. ''Nel nostro studio - spiega all'Adnkronos Salute l'esperto che domani parteciperà a Roma a un convegno organizzato dal Dipartimento di Scienze psichiatriche e medicina psicologica dell'ateneo capitolino - stiamo esaminando i fattori di predizione, gli indicatori di rischio che possono predire un eventuale omicidio''. La ricerca è in una buona fase di attuazione e si basa anche su una serie di sfaccettature della personalità delle mamme omicide già emerse da un altro studio, anch'esso non concluso, condotto su 20 madri omicide recluse nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mn), in collaborazione con la direzione sanitaria del penitenziario. Fra gli elementi che ricorrono più di frequente nelle "madri Medea", soprattutto la non accettazione della propria identità sessuale e quindi di madre, ''donne cioè - commenta - che non accettandosi come tali rifiutano anche il ruolo genitoriale''. Ma anche la presenza di depressione maggiore con la conseguente chiusura in se stesse. ''Altro fenomeno che stiamo registrando è la frequente amnesia che si verifica immediatamente dopo l'omicidio, e che porta le madri a cancellare completamente dalla memoria, spesso per anni, cio' che hanno commesso''. (Fei/Adnkronos)

emilianet.it 20 gennaio 2005
"Normali" e insoddisfatti: al rave si sballano per scelta
A rivelarlo uno studio dell'Ausl condotto sui giovani che hanno partecipato allo street rave parade


BOLOGNA (20 gen. 2005) - Lavorano, vanno in palestra, al cinema e all'oratorio. Sono ragazzi "normali", che spesso vivono ancora in famiglia, insoddisfatti della vita che fanno e spaventati per il futuro come tanti altri: sono i giovani che hanno partecipato allo street rave parade 2004 di Bologna.
È quanto emerge dallo studio dell'Osservatorio Epidemiologico Metropolitano per le Dipendenze Patologiche dell'Azienda USL di Bologna, che verrà presentato domani 21 gennaio a operatori e tecnici del settore. Lo studio sfata almeno due luoghi comuni: i giovani che frequentano i rave e abusano di droghe e alcol non sono né emarginati né provengono da condizioni socio-culturali particolari, l'ebbrezza, lo "sballo", l'alterazione psicofisica sono consapevolmente ricercati e non sono il frutto della cattiva influenza del gruppo, dei luoghi frequentati o della semplice disponibilità della sostanza.
I giovani, almeno quelli che hanno partecipato al rave 2004, utilizzano sostanze per rilassarsi, socializzare, star svegli fino a tarda ora, alleviare la depressione, migliorare le prestazioni sessuali.
Come sottolinea Raimondo Pavarin, responsabile dell'Osservatorio, "tra i 590 intervistati, relativamente all'ultimo mese, 7 su 10 hanno dichiarato di aver usato stupefacenti, 1 su 2 di avere disturbi di tipo psicologici, 1 su 3 ha stili di vita ad alto rischio, come mischiare stupefacenti, alcol, o guidare dopo avere bevuto. Si tratta di un campione che comunque non rappresenta l'universo giovanile, e i risultati non vanno quindi generalizzati."
Gli intervistati hanno mediamente 24 anni, 38% donne, 96% italiani, 58% vive in famiglia, 6 su 10 lavorano, la metà studia, un 15% studia e lavora.
Dai diversi profili a rischio emergono: insoddisfazione, uso recente di stupefacenti, uso di droghe pesanti, abuso di alcol.
La ricerca conferma la diffusione dell'uso abituale di cannabinoidi, l'aumento del consumo di cocaina, ed evidenzia tre diversi modi di consumo: c'è chi usa solo cannabinoidi, ci sono i poliassuntori ( mix di cocaina, amfetamine, ecstasy, ketamina e alcol), e i consumatori di droghe pesanti (eroina, cocaina, crack).
Abbastanza preoccupanti, infine, i dati sull'età media di primo uso di alcune droghe: prima dei 16 anni per quanto riguarda i cannabinoidi (c'è un 10% che addirittura li prova prima dei 14 anni), a 18 si provano eroina, cocaina, benzodiazepine, ecstasy, popper e psicofarmaci. Se consideriamo poi tutte le droghe, un quindicenne su due ne ha già provata almeno una, in ordine di probabilità: cannabinoidi, popper, cocaina.

gazzettino.it 20 gennaio 2005
SANITÀ Secondo i dati della Direzione centrale della Salute e Protezione Sociale il numero delle ricette ha subito una drastica impennata
La spesa farmaceutica schizza verso l'alto

L’aumento in regione è stato del 9,3 per cento. In questo modo si rischia di sfondare il tetto massimo fissato al 13%

Udine - A dispetto delle previsioni, l'aumento della spesa farmaceutica regionale non conosce tregua. Al 30 settembre 2004, il conto lordo a carico del Servizio Sanitario del Friuli Venezia Giulia era di 187 milioni di euro mentre la spesa netta ha raggiunto i 174.605 milioni di euro. Se si raffronta quest'ultimo dato con quello riferito allo stesso periodo 2003 (159.679.000 euro) emerge un rialzo di 14.926.000 euro. In termini percentuale significa un 9,3% in più che rischia di sfondare il tetto al 13% fissato dal decreto 347 del 2001. Da che le ricette (6.653.506) hanno subito parimenti un'impennata al + 7,3%, a fronte della stessa utenza di 1.197.000 assistiti. I dati diramati dalla Direzione Centrale della Salute e Protezione Sociale, si riferiscono alle categorie di farmaci più richiesti nei primi sette mesi del 2004 rispetto allo stesso periodo 2003, tenuto anche conto che da luglio 2004 l'industria farmaceutica pratica uno sconto medio a favore del Servizio Sanitario Nazionale del 3,6%. Ma tant'è, l'incremento della spesa complessiva non conosce tregua, sia per l'aumento delle prescrizioni che per quello dei prezzi dei listini. Le maggiori incidenze di costo vengono dagli anticolesterolo e trigliceridi (statine); 12,475 milioni di euro pari ad un +20,6% sul 2003. Seguono nell'ordine i farmaci per l'ulcera (inibitori di pompa acida) con 10,8 milioni di euro (+16,7%), gli antipertensivi (sartani) e diuretici con 4.187 milioni di euro (+ 6,1%), gli omega3-trigliceridi (+5,7%), gli antinfiammatori (coxib) (+ 4,5%), gli antidepressivi. La rassegna (riferita sempre ai farmaci) fra le singole aziende regionali, evidenzia che la 4 "Medio Friuli" è stata la più spendacciona con 49,590 milioni di euro rispetto ai 44,711 milioni del 2003 (+ 10,8%). La lista dei conti in rosso prosegue con la 2 "Isontina" con un + 10,3%, la 1 "Triestina" con un + 9,3%, la 6 "Friuli Occidentale" con un + 8,7%, la 5 "Bassa Friulana" con un + 7,4% e la 3 "Alto Friuli" con un + 6,8%. Dalla Direzione Centrale della Salute, si spiega che il fenomeno è in parte "fisiologico", essendo imputabile sia all'aumento del numero dei trattamenti come pure alle indicazioni d'impiego dei farmaci. Senza contare che negli ultimi anni è risultata più estesa la rimborsabilità. Tutto però lascia presagire che senza l'adozione di opportuni correttivi, il trend sui farmaci continuerà a salire. Non per nulla la Regione è già corsa ai ripari con la sottoscrizione di un primo accordo pilota con l'Azienda sanitaria 4 Medio Friuli. La più estesa fra le aziende regionali con 340 mila assistiti ed una spesa annua sui 66 milioni di euro. Con tale accordo si punta a modificare i criteri di acquisto e distribuzione dei medicinali più costosi finora adottati, prevedendo un risparmio sino al 20%. Principio che è pure sancito da una delibera della Giunta regionale (la 2927 del 29 ottobre 2004), con tanto di accordo regione, aziende sanitarie, Federfarma, Assofarma e distributori Adf, sull'acquisto e distribuzione dei medicinali. Fra gli obiettivi, la razionalizzazione della spesa farmaceutica a parità di assistenza erogata; il mantenimento della capillarità sul territorio a favore dei pazienti, nonchè la ridistribuzione delle risorse dal versante amministrativo a quello sanitario. In pratica è l'azienda sanitaria ad acquistare direttamente dall'industria farmaceutica i medicinali a prezzi scontati. Tali farmaci (sono i più costosi per l'appunto e costituiscono circa il 7-8 % della globalità della spesa farmaceutica), vengono distribuiti a minor prezzo dalle farmacie convenzionate, con la clausola d'accordo che stabilisce che a farmacisti e grossisti sono riconosciuti margini inferiori rispetto alla distribuzione tradizionale. Le linee di gestione per l'assistenza farmaceutica 2005, oltre alla citata distribuzione diretta dei medicinali ad alto costo e primo ciclo di terapia in dimissione ospedaliera, comprendono altri criteri migliorativi; dall'avviamento di interventi di promozione dell'appropriatezza prescrittiva, alla revisione del prontuario farmaceutico, dal monitoraggio dei consumi al potenziamento nei distretti dell'attività di supporto ai medici di base. Cambia inoltre il criterio di attribuzione dei finanziamenti per la spesa farmaceutica convenzionate alle aziende sanitarie. Da quello attuale basato su quanto erogato dalle farmacie afferenti all'azienda sanitaria, indipendentemente dalla residenza del paziente, si passa alla "pesatura" della popolazione residente in ciascuna azienda, in funzione di età e sesso.