mercoledì 9 marzo 2005

depressione, dall'Economist

Panorama
Elettrodi contro la depressione

da The Economist
8/3/2005


E' la prima causa d'invalidità al mondo. Punto di partenza dei ricercatori: con la scansione cerebrale chiamata tomografia a emissione di positroni si è scoperto che un'area del cervello nota come corteccia cingolata subgenuale è iperattiva nei pazienti che ne soffrono. Da lì è nata l'idea di una terapia sperimentale, che su un ristretto campione ha funzionato

Rob Matte, trentottenne tecnico di laboratorio canadese, ha sofferto di una grave depressione per 20 anni. Ha provato di tutto - psicoterapia, antidepressivi (diversi tipi) e un'estenuante terapia elettroconvulsiva della durata di tre settimane - senza ottenere risultati. Poi il suo psichiatra gli ha parlato di un'operazione sperimentale in fase di studio presso il Western Hospital di Toronto, in Canada, basata su una tecnica chiamata "stimolazione cerebrale profonda" (Dbs, Deep brain stimulation).
Malgrado il rischio di emorragia, infezione o altre complicanze al cervello, Matte ha firmato il modulo di consenso. Per lui, il passo successivo sarebbe stato il suicidio
STUDIO PILOTA
Matte è uno dei sei soggetti di questo studio pilota, condotto da Helen Mayberg, Andres Lozano e alcuni colleghi presso il Western Hospital di Toronto, che ha come oggetto l'uso della Dbs per la cura della depressione. I risultati sono appena stati pubblicati sulla rivista Neuron e, nonostante l'esiguità del campione, l'esito si è rivelato stupefacente. Per Matte e altri tre pazienti, la terapia ha funzionato in pieno.
Non appena gli elettrodi impiantati nel loro cervello sono stati accesi, è stata subito notata una differenza.
Matte descrive come tutto quello che si trovava nella stanza sia diventato più luminoso: luci e colori sono sembrati più vividi.
La sua depressione è svanita così rapidamente da lasciarlo atterrito e non si è più ripresentata, non solo per i sei mesi dello studio, ma anche per il semestre successivo al completamento.
E nessuno dei pazienti coinvolti ha subito danni cognitivi evidenti in conseguenza dell'intervento.
Lo studio è stato ideato quando la dottoressa Mayberg, grazie a una tecnica di scansione cerebrale chiamata "tomografia a emissione di positroni", ha scoperto che un'area del cervello nota come corteccia cingolata subgenuale è iperattiva nei pazienti che soffrono di depressione. Ciò ha indotto a una riflessione.
IPERATTIVITÀ NEURONALE
L'iperattività neurale è conclamata o presunta in molte altre condizioni, tra cui il dolore cronico, la distonia, l'epilessia, la sindrome di Tourette, il tremore essenziale, il disturbo ossessivo-compulsivo e il morbo di Parkinson.
Tutte queste malattie sono curabili con la Dbs. E nel caso del morbo di Parkinson è risaputo che il trattamento attenua l'attività neurale.
Questo è quanto è avvenuto anche nei casi dell'esperimento in oggetto che hanno avuto successo. In realtà, la corrente elettrica immessa nell'area cingolata subgenuale non si è limitata a sopprimere l'attività di questo centro, ma ha anche rafforzato quella della corteccia frontale, dell'ipotalamo e del tronco cerebrale, tutte aree che, in caso di depressione, presentano un'attenuazione delle funzioni.
BATTERIA NEL TORACE
C'è comunque un rovescio della medaglia. Non solo i pazienti hanno elettrodi impiantati nel cervello, ma anche una batteria inserita nel torace (nel caso degli uomini) o nell'addome (nel caso delle donne, per evitare un danno al tessuto del seno). Tuttavia, si tratta di svantaggi insignificanti se si pensa che il trattamento ha addirittura permesso di vincere la tentazione del suicidio.
DATI OMS
Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, la depressione è la prima causa d'invalidità al mondo. Dei 121 milioni stimati di persone che ne soffrono, il 15-30% sono casi "refrattari", come quelli trattati da Mayberg e Lozano, ossia casi che non rispondono ad alcuna terapia. Se studi di portata più ampia dimostreranno che questo nuovo approccio alla cura della depressione refrattaria funzionerà anche solo su una minima parte di quella percentuale, è probabile che i neurochirurghi avranno molto da fare nel prossimo futuro.

© The Economist Newspaper Limited, London, 2004