martedì 15 marzo 2005

unabomber
cosa dice Ferdinando Camon, intervistato da Avvenire

Avvenire 15.3.05
Camon: odia la serenità della nostra gente
Secondo lo scrittore esperto di Nordest, «colpisce negli altri ciò che lui non ha» Qualcuno sa e lo copre
Da Milano Lucia Bellaspiga

Un fallito. Non un genio del crimine: Unabomber è un fallito nella vita, che mal sopporta la serenità altrui, vera o presunta che sia. Giudizio tranciante, quello di Ferdinando Camon, scrittore e profondo conoscitore dei fenomeni sociali del Nordest. Che sottolinea: «Può benissimo essere uno di noi, un cittadino del felice Nordest, che non si riconosce proprio in questa felicità».
Pochi giorni fa sembrava che il maniaco avesse ormai le ore contate, eppure si è rifatto vivo. Unabomber ci sfida?
Da molto tempo. Quando è un po' che non si parla più di lui rilancia la sfida. È come un geyser: ogni serial killer - e lui lo è anche se finora è andata bene e non ha ucciso - ha bisogno di un tempo per ricaricarsi, poi esplode.
Perché lo fa?
Odia la gente riunita e gioiosa: odia la sagra, odia la vacanza spensierata sulla spiaggia, odia la Messa perché un gran numero di persone si riuniscono e pregano insieme: la pace che vede in questa gente è qualcosa che lui non ha e per ciò vuole punirla. Ancora: odia in particolare i bambini - altra cosa che quasi certamente non ha - e li colpisce preferibilmente, perché in loro vede una fonte di felicità per la società di cui non si sente parte.
Unica eccezione quando colpisce in cimitero.
Anche lì potrebbe esserci l'odio per un rito civile di superamento del dolore, che lui non è riuscito ad elaborare: può aver perso il padre, o una forte figura di riferimento, e non aver superato la crisi.
Dunque è un uomo che soffre, un infelice.
Sicuramente. Ricordo un racconto che lessi quando ero alle elementari. Parlava di un povero preso a sassate da un ricco cui aveva chiesto l'elemosina: il povero si mise il sasso in tasca per restituirgli in futuro il trattamento. Ma dopo anni, quando vide il ricco in catene trascinato in galera, buttò via il sasso: si accorse che ormai non lo odiava più perché da ricco era diventato un povero diavolo. Ecco, quando lo avremo preso, allora non lo odieremo più: vedremo solo un fallito.
Certo che, se lui domani leggesse queste parole, penso che la rabbia sarebbe enorme, la sfida aumenterebbe.
Ogni volta che Unabomber colpisce, qualche giornale mi chiede di scrivere perché lui, che certamente segue la stampa, legga e si fermi. Ma il risultato è sempre lo stesso: Unabomber legge e poi ripete i suoi gesti. Succede sempre così con maniaci e criminali. Questo perché il messaggio che scriviamo, passando da noi a loro cambia di senso, viene capovolto dalla loro psiche deviata: noi scriviamo "Unabomber è uno squilibrato", lui legge "Unabomber è un grande". Qualsiasi condanna pronunciamo non lo indurrà a meditare, lo esalterà.
Le è già successo in passato qualcosa di simile?
In un mio libro scrissi 11 pagine contro i brigatisti, definendoli dei folli criminali. Beh, nel loro covo la polizia trovò quelle 11 pagine lette e sottolineate: anziché come una critica le avevano vissute come un'esaltazione.
Qualcuno intorno a lui avrà dei sospetti?
C'è sempre qualcuno che sa. C'era per il mostro di Firenze, c'era per il mostro di Foligno, c'era pure per l'omicidio Biagi... Anche nel caso di Unabomber, un uomo che secondo l'identikit dovrebbe essere sulla cinquantina e vivere solo o con un'anziana madre, qualcuno sa ma lo copre. Specie se davvero è una vecchia madre.
Quando sarà inchiodato, risulterà come al solito un insospettabile, il classico "brav'uomo, chi l'avrebbe mai detto"...
Ogni volta i vicini dicono che era una bravissima persona. Stupidaggini: ognuno di noi è un mistero anche per chi vive nella stessa casa. Chi sa davvero cosa si nasconde nella mente del suo caro? Specie i figli, hanno un mondo tutto loro, sconosciuto ai genitori.