martedì 15 marzo 2005

Salman Rushdie contro tutte le religioni
«abbiamo bisogno di più insegnanti e meno sacerdoti»

Repubblica.it 15.3.05
IL MONDO DIVISO TRA CREDENTI E NON
SALMAN RUSHDIE
«Non vi è eresia né filosofia tanto aborrita dalla Chiesa quanto l'essere umano»
James Joyce

Non ho mai pensato di essere uno che scrive di religione fino a quando una religione non ha iniziato a starmi alle costole. La religione era uno degli argomenti che trattavo, ovviamente, e come avrebbe potuto essere altrimenti per uno scrittore del subcontinente indiano? Ma dal mio punto di vista disponevo altresì di molti altri pesci, più grandi e più gustosi, da mettere in padella. Ciò non di meno, quando ebbe luogo l´offensiva dovetti affrontare ciò che mi si parava davanti, e decidere a favore di che cosa volessi schierarmi a fronte di ciò che si ergeva contro di me con cotanta veemenza, violenza e prevaricazione.
Ora, a distanza di sedici anni, la religione incalza tutti noi e, anche se con ogni probabilità la maggior parte di noi - come me un tempo - avverte di avere ben altre e più importanti preoccupazioni, dovremo tutti quanti far fronte alla sfida. Se fallissimo, questo particolare pesce potrebbe finire col farci friggere tutti.
Per quanti di noi crebbero in India all´indomani delle sommosse del 1946-47 per la Separazione, scoppiate in seguito alla creazione degli Stati indipendenti di India e Pakistan, lo spettro di quei massacri è rimasto impresso quale tremendo monito di ciò che gli uomini sono disposti a fare nel nome di Dio. Troppe volte si sono già ripetute in India violenze simili, a Meerut, in Assam e più recentemente nel Gujarat. Anche la storia dell´Europa è costellata di prove dei pericoli insiti nella politicizzazione della religione: le guerre francesi di religione, gli aspri combattimenti in Irlanda, il "nazionalismo cattolico" del dittatore spagnolo Franco e gli eserciti nemici che nella guerra civile inglese partivano in battaglia cantando ambedue gli stessi inni.
L´umanità si è sempre rivolta alla religione per cercare le risposte a due delle grandi domande legate all´esistenza: da dove veniamo? Come dobbiamo vivere? Per quanto riguarda la questione delle origini, tutte le religioni hanno torto, molto semplicemente. L´universo non fu creato in sei giorni da una forza superiore che al settimo giorno si riposò. Né fu creato dal nulla da un dio celeste con uno sconvolgimento immane. Per quanto riguarda l´interrogativo sulla vita sociale, poi, la semplice verità è che quale che sia la religione ai posti di comando di una società ne sboccia sempre e soltanto una tirannia. Ne nasce l´Inquisizione, ne spuntano fuori i Talebani.
Ciò nonostante, le religioni persistono a sostenere di poter assicurare un accesso del tutto privilegiato alle verità morali e di conseguenza di meritare un trattamento speciale e protezione. Le religioni continuano a emergere dall´ambito della sfera privata - alla quale del resto appartengono, tanto quanto molte altre cose che sono pienamente accettabili quando fatte in privato tra adulti consenzienti e che diventano del tutto inaccettabili sulla pubblica piazza - per candidarsi al potere. Non è il caso di ripercorrere qui in che modo è andato affermandosi l´islam radicale, tuttavia la rinascita della fede è sicuramente un argomento più vasto di cui occorre parlare.
Negli Stati Uniti oggi pressoché chiunque - donne, gay, afro-americani, ebrei - può candidarsi ed essere eletto a qualche alta carica politica. Tuttavia, chiunque invece si dovesse professare ateo, non avrebbe neppure una chance di vittoria candidandosi a vendere popcorn all´inferno. Da qui la natura quanto mai ipocrita di gran parte del dibattito politico americano: secondo Bob Woodward l´attuale presidente si considera un "messaggero" che adempie alla "volontà del Signore" e i "valori morali" sono diventati una sorta di frase in codice per i bigotti anti-gay e anti-aborto. Anche gli sconfitti Democratici paiono affrettarsi verso questo stesso tipo di basso livello, disperando forse di poter mai tornare a vincere un´elezione in altro modo.
Stando a quanto afferma Jacques Delors, ex presidente della Commissione europea, "negli anni a venire lo scontro tra coloro che credono e coloro che non credono diverrà un aspetto primario e dominante delle relazioni tra Stati Uniti ed Europa". Gli attentati a una stazione ferroviaria di Madrid e l´omicidio del regista olandese Theo van Gogh in Europa sono considerati alla stregua di altrettanti segnali d´allarme, che invitano a difendere e rafforzare i principi laici alla base di qualunque democrazia umanista. Ancor prima che questi terribili eventi avessero luogo, la decisione francese di mettere al bando capi di vestiario aventi una connotazione religiosa, come il velo islamico, aveva ottenuto il pieno avallo di tutto lo spettro politico. Le richieste degli islamisti di istituire nelle scuole classi riservate e distinte nonché intervalli per la preghiera erano state respinte. Pochi europei oggi si dicono osservanti: soltanto il 21 per cento, secondo un recente studio intitolato "I valori europei", a fronte di una percentuale del 59 per cento rilevata tra gli americani dal
Pew Forum. In Europa l´Illuminismo rappresentò una via di salvezza dal potere che aveva la religione di apporre al pensiero dei confini precisi, mentre in America rappresentò la via di fuga nella libertà religiosa del Nuovo Mondo, un avvicinamento alla fede, più che un allontanamento da essa. Molti europei oggi reputano allarmante la fusione americana di religione e nazionalismo.
L´eccezione al laicismo europeo la si rinviene in Gran Bretagna, o quanto meno nel governo di Tony Blair - devotamente cristiano e sempre più autoritario - che sta cercando di far approvare a tutti i costi al Parlamento una legge contro "l´istigazione all´intolleranza religiosa", nel cinico tentativo di accalappiare dei voti per placare i sostenitori dei musulmani britannici, alle cui orecchie suona offensiva qualsiasi critica dell´islam. Giornalisti, avvocati e un lungo elenco di personaggi pubblici hanno messo in guardia contro le conseguenze di questa legge, che potrebbe ostacolare in modo radicale la libertà di parola venendo inoltre meno al proprio scopo, e che potrebbe amplificare il putiferio religioso, invece di mitigarlo. Il governo di Blair pare contemplare l´intera questione delle libertà civili con arroganza: quanto potranno mai contare le libertà - per quanto a caro prezzo conquistate e a lungo salvaguardate - a fronte delle esigenze di un governo che punta alla rielezione?
Ciò nondimeno, la politica blairiana dell'
appeasement deve essere messa fuori gioco. La Camera dei Lord forse farà quello che i Common hanno evitato di fare, e getterà questa pessima legge nel mucchio di quelle abortite. E forse - cosa tuttavia più difficile - i Democratici americani perverranno a comprendere che oggi, in un´America spaccata esattamente a metà, avranno maggiormente da guadagnare opponendosi alla Christian Coalition e ai suoi adepti, e impedendo che la visione del mondo di Mel Gibson plasmi la politica sociale e la politica americana. Se tutto ciò non dovesse accadere, se America e Gran Bretagna consentissero alla fede religiosa di controllare e dominare addirittura il dibattito pubblico, allora l´Alleanza Occidentale si troverebbe assoggettata a ulteriori e quanto mai crescenti tensioni, mentre gli altri baciapile, quelli contro i quali si suppone che noi ci si debba battere, avranno davvero di che esultare.
Victor Hugo scrisse: «In ogni villaggio c´è una fiamma, il maestro di scuola, e c´è un estintore, il curato». Nelle nostre vite abbiamo bisogno di più insegnanti e di meno sacerdoti, perché come disse una volta James Joyce: «Non vi è eresia né filosofia tanto aborrita dalla Chiesa quanto l´essere umano». Forse, chi propugna il laicismo meglio di tutti è il grande avvocato americano Clarence Darrow che ha detto: «Non credo in Dio perché non credo in Mamma Oca».


Copyright 2005 . Distribuito da The New York Times Syndicate. (Traduzione di Anna Bissanti)