domenica 8 maggio 2005

Don Chisciotte, secondo Erri De Luca

Il Mattino 8.5.05
Don Chisciotte il visionario

Una domenica con Erri De Luca al Salone di Torino: lo scrittore napoletano, appena rientrato dall’Himalaya, terrà una conferenza sul tema del sogno, leit-motiv della Fiera. De Luca parlerà su «Don Chisciotte l’invincibile», omaggio a Cervantes.
Erri De Luca: Delle due volte che ho letto le avventure di Don Chisciotte, non ricordo il racconto di un suo sogno. Il titolo di sognatore, a mia memoria almeno, non gli si addice. La sua tempra è di quelle che esauriscono il necessario sfogo di sognare senza chiudere gli occhi, in stato di veglia, coi sensi ben presenti. Dorme poco e la sua insonnia brulica di visioni, incantesimi, apparizioni, insomma il repertorio della febbre. Il sognatore il sogno lo subisce, ma pure quando è atroce e lo minaccia a morte, ne esce illeso con un provvidenziale colpo di risveglio. Al contrario, Chisciotte è un visionario, uno che sta in piena realtà sensibile con la vocazione di agire per correggerla. Dove si parla di sognatori e sogni, lui è clinicamente fuori posto. Altra diceria che non lo riguarda è l’utopia, ingegneria che predica con petulanza un altrove migliore, un luogo venturo di minuziosa e molesta perfezione. La «Repubblica» di Platone manda al potere i filosofi ed espelle dalla città i poeti. L’utopia, progetto di felicità forzate, esclude la realtà e fonda fuori di esse la sua disciplinata città futura. Chisciotte, predicando di essere venuto a ristabilire l’epopea dei cavalieri erranti, compie la sua missione subito e dappertutto, la vuole realizzata sul posto e sul momento, qui ora, appena se ne presenti il caso e l’avventura. Non coltiva giardini recintati, batte le strade del suo tempo per riparare i torti. Li riconosce anche sotto i molti travestimenti, si lancia magro e solitario contro le sopraffazioni. Chisciotte vuole smascherare, sa che il suo nemico si camuffa: se gigantesco, si traveste da mulino a vento, se rapitore di fanciulle, prende aspetto di una cerimonia religiosa che trasporta una statua di madonna. Il mondo a lui dinnanzi, sta sotto un incantesimo che a lui spetta svelare, dissipare. Né sognatore, né utopista, Chisciotte, l’invincibile che non ne vince una, resta invincibile perché da nessuna sconfitta annientato, anzi da ogni sconfitta resuscitato per battersi di nuovo. Fosse risorto, riscritto oggi, Chisciotte vedrebbe nei soldati spediti in Irak in missione di pace, una forza di guerra in casa d’altri. Vedrebbe sotto il nome ospitale di «Centri di prima accoglienza», recinti fuorilegge per rinchiudere stranieri di passaggio. Vedrebbe nella chiusura del processo per la strage di Milano del 1969, un’assoluzione dello Stato di allora che imbrogliò le indagini e le carte, più che il proscioglimento di tre esecutori decrepiti e al sicuro. Chisciotte il visionario sarebbe fuori da ogni schieramento e non si farebbe rinchiudere nel padiglione letterario dei sognatori e degli abbindolati da utopia. Infine non avrebbe, così come non ha, uno straccio di scrittore che lo canti di nuovo.