domenica 8 maggio 2005

strategie nei disturbi psichiatrici

Tempo Medico on line n. 794 7 maggio 2005
Cure primarie estese alla psiche

Un metodo per identificare gli interventi più appropriati
di Monica Oldani

Una delle questioni più complesse nella pratica della medicina generale è senz'altro la gestione dei disturbi psichiatrici. Al medico di famiglia capita spesso di essere il primo filtro o magari il referente principale per una varietà di condizioni che interessano la salute mentale, invece che quella fisica, dei suoi assistiti. E, non di rado, gli capita di trovarsi a corto di strategie decisionali e degli strumenti professionali più idonei ad affrontare una reazione depressiva a un evento traumatico, piuttosto che una situazione di disagio psicosociale o una psicosi.
A mettere alle strette i medici di medicina generale su questo tema si aggiungono i più recenti orientamenti di politica sanitaria, secondo i quali il disturbo psichiatrico di qualunque entità dovrebbe trovare spazio nell'ambito delle cure primarie; al medico curante spetterebbe un ruolo di primo piano nella sua identificazione e nella selezione del trattamento, anche di tipo specialistico. Questa è, per esempio, l'opinione espressa dal National Health Service britannico in risposta ai dubbi sollevati nel 2004 dal Committee on Safety of Medicines sull'opportunità di estendere ai disordini psichici il raggio d'azione della medicina generale. A generare la preoccupazione della commissione, e di riflesso quella di larga parte dell'opinione pubblica del Regno Unito, erano state le prime segnalazioni della possibile pericolosità degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, psicofarmaci molto utilizzati anche dai medici di medicina generale.
"Dalle stime risulta che nove pazienti depressi su dieci hanno come unico riferimento il medico di medicina generale e che circa i due terzi delle vittime di suicidio si rivolgono al curante nelle quattro settimane precedenti" spiegano due editorialisti della School of Medicine di Londra sul British Medical Journal. "Ciononostante, sono almeno la metài casi di depressione che restano nell'ombra o non trovano un'assistenza adeguata nel contesto della medicina generale. E d'altra parte, data la sua prevalenza, è impensabile che la depressione diventi di esclusiva pertinenza specialistica".
Qual è, dunque, la soluzione alle aspettative e alla forte richiesta di una competenza psichiatrica imposte oggi alla medicina generale? Sullo stesso numero della rivista, una metanalisi effettuata da due esperti britannici di strategie sanitarie delle Università di Manchester e di York ha tentato di dare una risposta metodologica al quesito. I ricercatori hanno preso in esame precedenti revisioni sull'efficacia di quattro diversi modelli di intervento mirati a migliorare le capacità gestionali dei generalisti rispetto ai disturbi psichiatrici: il tradizionale addestramento con materiale informativo, linee guida o brevi corsi; l'affiancamento di specialisti per un'attività di formazione continuativa; la collaborazione con specializzandi incaricati di seguire i pazienti e svolgere una funzione di collegamento tra specialisti e curanti; la classica consultazione specialistica.
"Data la qualità variabile degli studi inclusi nelle revisioni non abbiamo trovato prove sufficienti a stabilire in modo definitivo la superiorità di un modello su un altro" affermano. "In generale, i nostri risultati sembrerebbero penalizzare il metodo dell'addestramento, che è il più facilmente praticabile ma il meno efficace, rispetto ai sistemi che prevedono il coinvolgimento attivo degli specialisti nella gestione dei pazienti. Questi ultimi avrebbero un impatto maggiore, ma rischiano di essere molto più costosi e meno accessibili".
La questione resta ancora sospesa, quindi. Ma secondo i due analisti, i modelli concettuali da essi adottati possono essere uno strumento utile per interpretare i risultati delle varie esperienze in un'ottica di politica sanitaria. Per individuare, cioè, tra tutti i possibili interventi di qualificazione delle cure primarie quelli più appropriati in termini di efficacia, efficienza, accessibilità ed equità e per definire in modo preciso il ruolo e il livello d'azione del medico di medicina generale. Il tutto nel rispetto delle esigenze di salute mentale dei loro pazienti e delle relative necessità di trattamento, farmacologico e psicologico"