Influssi magnetici sulla Rivoluzione
MARCO DOTTI
Incontro con Robert Darnton, fra i maggiori specialisti delle dinamiche interne alla censura nell'epoca moderna e tra le principali autorità nel campo della sociologia della lettura e della storia delle mentalità nella Francia del XVIII secolo. In questa pagina parla di Anton Mesmer, il medico-filosofo viennese «scopritore del magnetismo animale» e protagonista di un suo libro appena tradotto. Una figura di brillante ciarlatano capace di veicolare tensioni che sarebbero violentemente esplose negli anni della Rivoluzione francese propagandosi fino all'immaginario, politico e letterario, romanticoSi ha talvolta il sospetto che gli studiosi della società abitino un mondo a parte e che il loro universo sia strutturato unicamente secondo modelli di comportamento perfetti, popolato di tipi ideali. La stessa cosa non può dirsi per Robert Darnton che nel «disordine costitutivo» della storia mostra di trovarsi e di muoversi perfettamente a proprio agio. Presidente dell'American Historical Association, docente a Princeton, osservatore attento e interessato di e-books e nuove tecnologie applicate all'editoria, Darnton è fra i maggiori specialisti per quanto attiene alle dinamiche della censura nell'epoca moderna e tra le principali autorità nel campo della sociologia della lettura e della storia delle mentalità nella Francia del diciottesimo secolo. Da Il grande massacro dei gatti (Adelphi, 1988), a Il grande affare dei lumi (Sylvestre Bonnard, 1998), monumentale affresco dedicato alle vicende editoriali dell'edizione in-quarto dell'Encyclopédie, fino al dettagliato resoconto della caduta del muro e dell'asfittico regime del suo architetto politico, Erich Honecker, pubblicato in quel singolare esercizio di «storiografia in presa diretta» che è il Diario berlinese (Einaudi, 1992), a più riprese il grande pubblico ha mostrato di apprezzare i suoi testi, scritti con chiarezza e stile esemplari e concepiti con ambizioni che vanno ben oltre i confini e il gergo del mondo accademico. Interrogato sulla sua passione per i fatti esemplari della storia e per quelli, forse meno gratificanti, dell'attualità, Robert Darnton ama ricordare - come ha puntualmente fatto nelle pagine di uno dei suoi libri più noti, Il bacio di Lamourette (Adelphi 1994) i giorni in cui, ventenne cronista di nera, venne inviato presso il commissariato di Newark, dove imparò a scontrarsi con «stereotipi e gerarchie» che regolavano la selezione, la stesura e la presentazione delle notizie: una «B» maiuscola posta su un fascicolo indicava, per esempio, che la vittima era di colore (black), classificando il fatto come «privo di interesse». Molti anni più tardi, quando aveva ormai cambiato mestiere e svolgeva ricerche tra ben altri fascicoli, Darnton confessò di aver ritrovato negli archivi francesi «racconti che presentavano una grande somiglianza» con gli articoli scritti dai giornalisti che frequentavano il comando di polizia di Newark. «Allora nessuno di noi sospettava che sul nostro modo di riportare i crimini di Newark influissero delle determinanti culturali», eppure «quando ci mettevamo alla macchina da scrivere le nostre menti non erano certo tabula rasa», soltanto che «a causa della nostra tendenza a osservare i fatti del momento piuttosto che i processi a lungo termine, ci muovevamo come ciechi».
La necessità di «non essere ciechi dinanzi agli eventi» lo portò a studiare uno dei più discussi, e tuttavia misconosciuti, momenti di crisi e di passaggio dall'illuminismo alle idee rivoluzionarie, attraverso quello sguardo «dal basso» che si sarebbe rivelato come il tratto distintivo di tutta la sua ricerca storica a venire. Nel 1968, Darnton diede infatti alle stampe il suo primo lavoro, dedicato alla vera e propria mania che si scatenò attorno alla figura di Franz Anton Mesmer, il medico-filosofo viennese «scopritore del magnetismo animale». Una figura di brillante ciarlatano capace, suo malgrado, di veicolare tensioni e conflitti che sarebbero violentemente esplosi negli anni della Rivoluzione propagandosi fino all'immaginario, politico e letterario, romantico. Nonostante il successo editoriale e gli immediati riscontri critici che accolsero il lavoro del neppure trentenne Darnton, il libro è misteriosamente sfuggito all'attenzione dei consulenti editoriali delle case editrici italiane. Solo ora, in una traduzione curata da Roberto Carretta e Renato Viola, appare per i tipi di Medusa col titolo Il mesmerismo e il tramonto dei lumi (pp. 201, euro 21). Per l'occasione, Robert Darnton, di passaggio a Monaco di Baviera, ha accettato di rispondere ad alcune domande.
Lei ha studiato sotto molti aspetti l'ambiente della letteratura bassa e della scienza popolare, analizzando soprattutto le dinamiche della circolazione e della diffusione, quasi sempre clandestina, delle idee illuministe. Ci può raccontare come è nato il suo interesse per Mesmer e per il mesmerismo?
Avevo incrociato, da poco, quel ramo della nostra disciplina che gli storici francesi chiamano «storia delle mentalità». Allora pensai - e anche oggi continuo a pensarla in questo modo - che lo studio della scienza popolare offrisse un percorso importante per esplorare e comprende l'orizzonte mentale delle donne e degli uomini francesi durante l'Ancien régime. Ovunque, negli scritti e negli opuscoli scientifico-popolari dell'epoca, trovavo riferimenti a forze meravigliose e invisibili, come quelle che alimentavano gli esperimenti con l'elettricità e i primi voli su palloni aerostatici e mongolfiere, forze che si ritrovavano in eguale misura anche nell'aria e nell'acqua e che per la prima volta i chimici erano in grado di scomporre e classificare nei loro singoli elementi. Franz Anton Mesmer annunciò la scoperta di una energia di questo genere, un fluido invisibile che, se correttamente manipolato, poteva curare malattie e malanni di ogni tipo, una sorta di panacea, ingenua quanto si vuole, ma pur sempre tale. Il pubblico rimase affascinato da questo proclama. Centinaia di persone affluirono a Parigi, dopo che, nel febbraio del 1778, Mesmer vi si era trasferito lasciando la sua bella abitazione viennese. Occorre infine ricordare che mesmerismo e magnestismo animale furono usati come sinonimi nella lingua di fine Settecento. Si trattò del movimento più ampiamente discusso ed esaminato, eccezion fatta, forse, per le mongolfiere, negli anni ottanta del XVIII secolo. Seguire il corso di quel movimento, ora, a due secoli di distanza, significa entrare in un mondo non certo costruito da Mesmer, ma forgiato - ecco il punto - dall'immaginazione collettiva. Un esempio che può illustrare il contesto di cui stiamo parlando si ritrova, ad esempio, in una nota scena «mesmerica» del Così fan tutte di Mozart.
Dopo essere stati osteggiati in ogni modo dall'ufficialità medica viennese, anche in Francia, a partire dal 1779, i metodi di Mesmer divennero oggetto di ferocissimi attacchi sferrati dalle pagine del «Journal de Médecine» e dalla «Gazette de Santé». Ma, al di là delle polemiche sulla «scientificità» della sua pratica terapeutica, esiste forse qualche altra ragione per cui le autorità cominciarono ad allarmarsi e, ben presto, dichiararono illegale il mesmerismo. In un certo senso, proprio grazie al mesmerismo, le tanto temute idee radicali stavano rientrando dalla porta di servizio.
Certamente, concordo sul fatto che le idee più radicali e innovative rientrino, talvolta, dalle «porte di servizio» della coscienza collettiva. Allo stesso modo, succede col commercio e lo scambio di libri clandestini, il cui passaggio di mano in mano avveniva spesso, letteralmente, dalle porte e dalle finestre poco in vista delle librerie. Potremmo scoprirne casi esemplari un po' dovunque, tranne che nei posti più ovvi, dove tutti si aspetterebbero di trovarne: è proprio questa una delle cose più affascinanti, credo, del nostro genere di ricerche. Nei manoscritti di quello che, nel 1780, era il capo della polizia parigina, ho trovato una nota informativa molto interessante. Se ne deduce che la polizia aveva motivo di ritenere che i luoghi dove si svolgevano gli incontri tra mesmeristi fossero pericolosi centri di fermento ideologico radicale. Nei manoscritti della «Società per l'Armonia universale», infine, ho scoperto le prove che i sospetti della polizia erano fondati. Simili commistioni di ideologia e mondanità possono trovarsi in alcune (non molte) logge massoniche del tempo. Ora che sono tornato a studiare le fonti delle polizia, agli archivi di Quai d'Orsay, sono più impressionato che mai dalla scaltrezza delle autorità durante l'Ancien Régime. La sapevano lunga anche loro, riguardo alle «porte di servizio».
Una di queste brecce fu aperta nei confronti di un'altra rivoluzione, quella americana. Che rapporto intercorse tra le idee di Mesmer e quelle che si andavano affermando oltre oceano?
Gli autorevoli membri della mesmerista «Società dell'Armonia universale», non escluso La Fayette, erano fortemente schierati al fianco della Rivoluzione americana. Bergasse e Brissot, entrambi ferventi seguaci di Mesmer, diedero vita a una «Gallo-American Society», attraverso la quale venivano diffuse idee radicali legate alla Rivoluzione americana. La Fayette cercò pure di «convertire» George Washington al mesmerismo. Come ho provato a raccontare nel mio ultimo libro, La dentiera di Washington (trad. di Andrea Bianchi, Donzelli) che è anch'esso uno studio sull'ideologia e «le mentalità», il povero presidente soffriva di un terribile mal di denti. Usava una dentiera di legno, e non poteva mangiare carne senza provare un terribile dolore alle gengive. Per questo, essendo alla ricerca di una cura, gli fu offerto il «rimedio universale» del fluido animale... Ciò nonostante non si convertì al mesmerismo.
Tra le idee progressiste che hanno incontrato il favore non solo delle élites letterarie, ma anche delle masse semi-illetterate francesi possiamo dunque includere anche il magnetismo animale?
In effetti, la versione popolare e sviluppata da certi seguaci di Mesmer, in particolare da Bergasse, mostra come idee astratte possono essere inglobate in un movimento che già ha riscontrato i favori del grosso pubblico, diventando in tal modo un eccellente veicolo per la diffusione e la copertura di una ideologia clandestina. Inoltre, non dimentichiamoci del ruolo che ebbe Bergasse nel corso della Rivoluzione francese.
Riferendosi, in particolare, proprio alla figura di Nicholas Bergasse e a quella di Jacques-Pierre Brissot, entrambi mesmeristi radicali, lei sostiene che il movimento si rivelava anche come una teoria politica (in parte derivata da una «semplificazione» di Rousseau) sotto mentite spoglie. Può chiarire questo punto?
Ovviamente, le idee mesmeriche di Bergasse e Brissot erano versioni annacquate e divulgative delle idee e dei concetti di Rousseau, eppure queste volgarizzazioni apparivano perfettamente adatte e funzionali alla larga diffusione presso un pubblico che cominciava a riscoprire natura e scienze della natura. Gli esponenti più radicali del movimento sostenevano che il mesmerismo offrisse lo spunto per un nuovo genere di scienza sociale, qualcosa che potesse infine aiutare i francesi a liberarsi dai troppi fardelli socio-politici che ancora si portavano addosso, e li conducesse a un ordine più «naturale». Se guardiamo bene, anche Condorcet stabilisce un parallelo simile tra scienze sociali e naturali, quantunque fosse uno strenuo oppositore del mesmerismo. Questo stesso modo di pensare abbracciava, d'altronde, ambiti molto diversi tra loro.
Il successo del mesmerismo tra i letterati potrebbe essere dovuto al fatto che rappresentava una sorta di apertura elementare verso tutte quelle forze invisibili e oscure che la scienza non era ancora in grado di descrivere. Come fu possibile che una figura controversa e atipica come Mesmer - da lei definito «il primo romantico ad attraversare il Reno» - riuscisse ad influire in maniera tanto forte sull'immaginario francese del XVIII secolo?
Non solo nel XVIII, anche nel XIX secolo il mesmerismo continuò ad attrarre alcune persone, e a respingerne altre. In particolare, suscitò una attrazione irresistibile su tutti quelli che si riconoscevano nello spirito del Romanticismo. Una volta che si acquista dimestichezza con i particolarissimi modi di pensare e il linguaggio, ricco di metafore, del mesmerismo, non è difficile ritrovarne le tracce in gran parte della letteratura europea dell'epoca. Lo troviamo un po' ovunque in Balzac, Hugo e in altre correnti intellettuali e movimenti di idee, dalla frenologia ai seguaci di Swedenborg. Lo potreste ritrovare in luoghi sorprendenti e inaspettati della letteratura inglese e tedesca. È certo che esercitò una grandissima attrattiva fra gli americani del XIX secolo. Certamente, l'opposizione nei confronti dell'establishment medico ufficiale, rappresentato dall'Accademia francese delle scienze, indirizzò molte persone verso il mesmerismo. I conflitti, le defezioni, i dissensi e gli scandali tennero vivo l'interesse per più di un secolo. Grazie alla scoperta dell'ipnosi da parte di Puysegur, uno dei più attivi discepoli di Mesmer, continuarono a sopravvivere diverse correnti di mesmerismo, talvolta sotto la superficie, in maniera nascosta e latente, nelle scienze mediche, pensiamo all'opera di Charcot. Da quando Freud studiò con Charcot ed esplorò l'ipnotismo su larga scala, con i suoi esperimenti e con i problemi connessi al transfert psicoanalitico, il mesmerismo ha trovato il modo di sopravvivere, in forme attenuate e latenti, anche nel XX secolo. Pensi che mi è capitato di essere stato invitato per una lezione, a Parigi, da alcuni psicoanalisti che pensavano fosse giunto il momento di lasciare perdere Freud e di tornare alla vera fonte delle sue più importanti intuizioni: Franz Anton Mesmer!
Nel corpo dei nervi da Mesmer a Charcot
Una fede febbrile
A centinaia si affollarono per curare mali di ogni tipo tramite il magnetismo animale
M. D.
Nato a Iznang, sulle sponde del lago di Costanza, il 23 maggio del 1734, Franz Anton Mesmer studiò teologia presso l'Università di Ingolstadt, in Baviera, dove si dedicò anche all'approfondimento della matematica e delle scienze naturali. Trasferitosi a Vienna, nel 1766 discusse presso la Facoltà di medicina una dissertazione di laurea sull'attrazione e l'influsso esercitato dagli astri nei confronti della «gravità animale». Fu approfondendo queste ricerche che Mesmer incontrò le teorie sulla «terapia attraverso i magneti» di Maximilian Hell, un estroso gesuita, professore di astronomia nell'università della capitale e astrologo alla corte di Maria Teresa. Ben presto Mesmer giunse ad affermare l'esistenza di un «fluido universale veicolato dagli esseri viventi, capace di passare da un corpo all'altro» e in grado, indipendentemente dalla presenza di magneti, di curare febbre, paralisi e innumerevoli malattie di origine nervosa, semplicemente «liberando», attraverso un rudimentale procedimento catartico, l'energia ostruita nell'organismo malato. Fu così che lo stravagante medico-filosofo, figlio di un modesto guardia bosco, balzò agli onori delle cronache per le «miracolose» - e, a quanto pare, costosissime e sospette - guarigioni di giovani epilettiche. Il giardino della sua casa, con vista su Prater e Danubio, si riempì di visitatori curiosi e di pazienti senza speranza provenienti da ogni dove. Maestro di teatralità, per allietare l'attesa dei suoi ospiti e stordire gli increduli, Mesmer organizzava spettacoli con giochi d'acqua e luci, o concerti per glassa harmonica, ammaliante strumento a cristalli rotanti che in quegli anni era stato perfezionato da Benjamin Franklin. Osteggiato dall'ufficialità medica che mal tollerava il suo disinvolto sincretismo e la sua crescente notorietà, nel febbraio del 1778, Mesmer decise di trasferirsi a Parigi, stabilendosi in Place Vendôme. Nei venti anni che precedettero la Rivoluzione, Parigi era tutto un fermento di logge massoniche «progressiste», di almanacchi astrologici e gazzette scientifiche che, mischiando divulgazione e scienza popolare, contribuivano a costruire una sorta di meraviglioso scientifico collettivo. Ma anche in Francia, a partire dal 1779, Mesmer fu oggetto di dure contestazioni. Al centro delle polemiche si trovava la «baquet», una delle «trovate» più feconde e pittoresche di Mesmer. Si trattava di una grande vasca di legno in cui i pazienti si immergevano per essere «magnetizzati» collettivamente attraverso conduttori metallici, come in un enorme condensatore elettrico. Un metodo che attraverso gli esperimenti sul «sonno ipnotico» del marchese di Puységur e di Joseph Philippe François Deleuze - autore, tra l'altro, di una Histoire critique du Magnétisme animal edita a Parigi nel 1813 - condurrà il mesmerismo a una sorta di «interiorizzazione», portandolo da un versante puramente meccanicistico di azione e reazione ad uno più «psicologizzante», legato al sonno, ai sogni e all'ipnosi È in questa forma che il «mesmerismo» giungerà fino a Charcot «suggerendo» la pratica ipnotica nel trattamento dell'isteria. Come osserva Alessandra Violi in un bel lavoro titolato Il teatro dei nervi. Fantasmi del moderno da Mesmer a Charcot, recentemente apparso per Bruno Mondadori (2005, pp. 249, euro 23), la teatralizzazione mesmerica della terapia riguarderebbe una sorta di «automatismo nervoso» per cui, in assenza del controllo vigile del soggetto preda della trance, «la macchina nervosa» darebbe «vita a un interscambio con l'esterno che oscilla ambiguamente tra attività e passività», rendendo «impossibile stabilire a chi appartenga quel corpo letteralmente sensazionale». La condizione di ipnosi mesmerica connoterebbe, in altri termini, «una esistenza informe, incompatibile con la nozione occidentale di identità» e induce a concludere che, all'epoca dì Mesmer e nel secolo successivo, «la logica della macchina nervosa» corrisponderebbe a quello che potremmo definire «un inconscio corporeo, calato cioè nel corpo materiale e nell'autonomia delle sue sensazioni». In questa prospettiva, la «terapia mesmerica» rappresenterebbe «il momento di massima esplicitazione di questo inconscio, lo spettacolo di un corpo nervoso sensazionale afflitto da un'attività inconsapevole e mimetica che solo il ricorso al sovrannaturale può intervenire a spiegare».