domenica 15 maggio 2005

l'opinione della neurolgia sullo stress

GALILEO 15.5.05
NEUROSCIENZE
La memoria dello stressdi Daniela Cipolloni

Sotto stress. Per un esame da sostenere, per un incontro che fa battere il cuore, per una scadenza di lavoro. Che sia positivo o traumatico, cronico o estemporaneo, lo stress è una condizione da mettere in conto, uno stato quasi ineliminabile della vita, al quale l'organismo è preparato a rispondere. Ma in che modo? Quali reazioni molecolari si scatenano nelle cellule nervose per effetto di uno stimolo stressante? Su Nature Neuroscience appare una ricerca dell'Istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare (Ibim) del Cnr di Palermo, condotta in collaborazione con l'Iserm di Bordeaux, che fa luce sui meccanismi cellulari dello stress e sulle conseguenze comportamentali che ne derivano. Come i vividi ricordi che si imprimono nella memoria nel caso di un'esperienza stressante.
Finora, di noto c'era che la reazione fisiologica a uno stimolo di stress culmina, al termine di una cascata di eventi, con l'aumento nel sangue dei livelli di glucocorticoidi, ormoni rilasciati dalla ghiandola surrenale. Il messaggio di una variazione ormonale in corso viene recapitato al cervello, nei distretti bersaglio capaci di accogliere lo stimolo. Infatti, su alcune cellule nervose, situate nella corteccia e nell'ippocampo, sono presenti i recettori dei glucocorticoidi che si attivano, a loro volta attivando nella cellula un sistema a catena di traduzione del segnale, capace poi di regolare tutte le risposte a valle. "La nostra scoperta", spiega Francesco Di Blasi dell'Ibim-Cnr, "consiste nell'aver individuato i target molecolari dei glucocorticoidi, ovvero la proteina chinasi attivata dal mitogeno, Mapk, e il fattore proteico Egr1. Entrambe hanno un ruolo fondamentale nelle reazioni fisiche e psicologiche legate allo stress".
Con sofisticate tecniche di biologia molecolare, i ricercatori hanno inibito selettivamente nei topi la proteina Mapk nei neuroni dell'ippocampo, regno della memoria e dell'apprendimento. Il ricordo, non a caso, è uno degli effetti maggiori indotti dalla secrezione dei glucocorticoidi. "Basti pensare allo studente che si prepara a un'interrogazione", osserva Di Blasi. "Vive un momento di stress, che tuttavia lo agevola, perché lo aiuta a tenere a mente le nozioni acquisite e mantenere più a lungo le capacità di attenzione". È così anche per gli animali. I topi, per esempio, se in passato hanno subito uno shock, ogni qualvolta tornano nello stesso ambiente manifestano una reazione di paura, anche quando la causa che li ha spaventati non c'è più. Ma inibendo la proteina Mapk il brutto ricordo se ne va: esposti nuovamente nel luogo che prima temevano, gli animali non reagiscono più. La traccia mnemonica dell'esperienza negativa è stata rimossa. Inibita insieme alla proteina.
"Nella risposta fisiologica allo stress, la relazione diretta, evidenziata da questo studio, tra i glucocorticoidi e il consolidamento della memoria di un'esperienza molto carica emotivamente rappresenta un meccanismo adattativo del sistema nervoso centrale", commenta Simona Cabib, psicobiologa presso la facoltà di Psicologia dell'Università "La Sapienza" di Roma. "La possibilità di mantenere una traccia mnestica è, infatti, una difesa naturale per l'organismo: se dimenticassimo le esperienze negative sarebbe come se non imparassimo mai, continueremmo ad affrontare le situazioni di pericolo senza percepirle come tali".
La stress attiva, quindi, una risposta positiva, di per sé utile e capace di autoregolarsi. Ma in casi particolari, in presenza di uno stimolo prolungato o in soggetti predisposti, tutto il sistema può andare in corto circuito. Così, quello che normalmente è fisiologico, può diventare patologico. "È il caso di chi soffre del disturbo post traumatico da stress" continua Cabib. "Dopo aver subito un evento traumatico, la persona comincia ad avere spaventose intrusioni di memoria nella vita quotidiana, che rendono difficilissima ogni altra attività". Anomalie nei livelli di glucocorticoidi sono state rilevate anche negli stati di depressione o nelle dipendenze da sostanze d'abuso.
Aver individuato i target molecolari coinvolti nello stress significa aver individuato punti di intervento specifici per alcune patologie. È un passo in avanti che potrà orientare la ricerca farmacologica nello sviluppo di strategie mirate contro sindromi, che sono legate allo stress. "In ogni caso", mette in guardia Cabib, "i farmaci di nuova generazione non serviranno in alcun modo a a proteggerci dallo stress quotidiano. Nello stress non c'è niente da curare. Lo scopo della ricerca è comprendere come intervenire in situazioni patologiche". E per fortuna, altrimenti, con molta probabilità, saremmo tutti da curare.