domenica 15 maggio 2005

il prof. Remo Bodei

La Stampa 15 Maggio 2005
IL FILOSOFO:
LE NUOVE PROSPETTIVE DELLA BIOTECNOLOGIA POSSONO STRAVOLGERE CONCEZIONI MILLENARIE
intervista
Bodei: siamo impreparati a una scelta drammatica
Luigi La Spina«
C’è il rischio di non raggiungere il quorum non solo per gli inviti della Chiesa, ma anche per l’insensibilità della maggior parte dei cittadini»
LA sua è una filosofia che non ha mai rinunciato a riflettere sui grandi temi dell’uomo: la sua identità, il suo destino, il rapporto tra ragione e fede. Remo Bodei, che insegna Storia della filosofia a Pisa, è alla vigilia di un viaggio in Russia e in procinto di trasferirsi in America, come docente in una università californiana. Proprio per questi suoi interessi, profondamente legati ai misteri più delicati dell’esistenza, chiediamo anche a lui di aiutarci a capire il significato dello scontro sui quattro quesiti del referendum per la legge sulla procreazione assistita.
Professore, come è stato per quello sul divorzio o sull’aborto, anche questo referendum divide gli schieramenti politici e le coscienze. Ma, in questo caso, si avverte nel clima della campagna propagandistica, più reticenza, imbarazzo, dubbio, persino timore che entusiasmo battagliero. Più voglia di riflessione che voglia di sfida. Perché?
«Perché è un tema che scuote tutte le nostre concezioni millenarie sulle questioni fondamentali dell’esistenza. Le nuove prospettive della biotecnologia possono stravolgerle: eravamo abituati a nascere con la procreazione sessuale, a vivere e a morire con tutti i nostri organi. Oggi, com’è capitato in California, si possono avere tre madri, quella biologica, quella portatrice del bambino e quella legale. Si può sopravvivere, con i trapianti, in una condizione di mezzo tra la vita e la morte. I momenti più solenni della nostra esistenza, quali il concepimento, la nascita, il matrimonio, la stessa morte se pensiamo all’eutanasia, sembrano poter sfuggire al destino per toccare un “anti-destino”, misterioso e inquietante».
Un anti-destino, come lo chiama lei, sul quale sembrano disputare, come una volta ma in forme nuove, laici e cattolici?
«In passato, quei momenti solenni della vita erano gelosamente riservati alle leggi dello Stato. Ora, certe decisioni si sono scaricate sull’individuo e spaccano le coscienze delle persone che non sono abituate a prenderle. Dubbiose tra l’osservanza ad alcune autorità morali, come la Chiesa, per cui la vita è sacra ed è come una livrea che il servo deve restituire al padrone alla fine del servizio, e una concezione laica per cui si guarda, più che alla sacralità della vita, alla qualità della vita. Così, nel caso di questo referendum, siamo davanti a una scelta drammatica, perché riguarda noi stessi nella prospettiva futura più delicata: la nostra discendenza».
Lei, che da tanti anni riflette su questi temi, come si comporterà?
«Io avrei preferito, come molti, che fosse stato dato alla gente più tempo di capire problemi, tra l’altro, di grande tecnicità. C’è il rischio di non raggiungere il quorum, a parte gli inviti della Chiesa, solo perché la maggior parte dei cittadini non è ancora abbastanza sensibile all’importanza di questi temi o si sente impreparata ad affrontare tali questioni morali e religiose. Comunque, in linea generale, sono favorevole a quattro sì, anche se ho qualche dubbio su quello per la fecondazione eterologa».
Anche lei si iscrive al partito, che mi pare sia in crescita, del cosiddetto tre più uno?
«Da una parte, comprendo il bisogno di una coppia che vuole un figlio, dall’altra sono indubbie le tensioni che si formano all’interno della famiglia con un bambino che è di lui e non è di lei o è di lei e non è di lui. Insomma, ci può essere un contrasto difficile con il costume, con la mentalità corrente...».
A questo proposito, non solo da parte cattolica, pare si stia assistendo a un ritorno della cosiddetta concezione del diritto naturale, non crede?
«C’è una dimensione storica della morale di cui è assurdo non tenere conto. Il diritto, secondo me, vale proprio perché, in certi casi, va contro le tendenze più arcaiche della natura umana: una maggior giustizia non sta scritta nei nostri cromosomi, come la tendenza a non aggredire, a non ammazzare. Il bello del diritto e della morale è proprio quello di imporre concezioni umane più alte. E su questi argomenti, pur con tutti i traumi, le contraddizioni, le difficoltà, si tratta di accettare come rischiosamente positivo il desiderio, maturo e consapevole, di voler essere padri e madri».
Perché “rischiosamente positivo”?
«Perché capisco le preoccupazioni della Chiesa per il pericolo di uno scivolo incontrollato verso la considerazione della vita come merce. Certo, ci vogliono regole, controlli, che, d’altra parte, ci sono già, contro i pericoli della clonazione, dell’eugenetica».
Limiti alla libertà assoluta della scienza che, secondo alcuni, possono essere solo fondati su una concezione religiosa della vita. Come dice Dostoevskij nella famosa frase: ”Se Dio non esiste, tutto è lecito”.
«Il confronto laici-cattolici, in Italia, è mutato e anche questa campagna referendaria lo dimostra. Nel campo religioso c’è una grande mobilitazione nei confronti del tema della vita. C’era, certamente, anche ai tempi del divorzio e dell’aborto. Ma, dopo quelle sconfitte, i cattolici ora si sono ricompattati e adesso vogliono estendere i diritti della persona fino al momento del concepimento. Di fronte all’inerzia e all’indifferenza dei laici su questi temi, c’è il tentativo di invadere quello spazio di neutralità che, in fondo, farebbe bene anche alla Chiesa. I cattolici hanno chiamato “relativismo” quello che, da una parte, dovrebbe essere un terreno fertile in cui si fa germogliare più libertà, più diritti e, dall’altra, è un campo che non tocca, tranne alcune minoranze quasi folkloristiche, la grande massa dei cittadini. La gente comune, si sente sostanzialmente soddisfatta da quanto ha ottenuto sul piano dei diritti civili e vive in una democrazia appagata e del tutto ripiegata sul presente».
Abbattute, finalmente, le grandi utopie dei secoli scorsi, foriere di altrettante grandi tragedie, sono solo i cattolici che paiono capaci di guardare al futuro?
«Pare di sì. Di fronte alla debolezza, all’incapacità progettuale, la Chiesa esercita una forma di supplenza alle nostre fiacche democrazie. Tocqueville, già nel 1840, preconizzava l’era del “materialismo onesto”. Un’èra in cui i cittadini, come uccelli impagliati, si ingozzano di conforti, di beni, di ogni cosa, proprio perché del domani non c’è certezza. Diceva ancora Tocqueville: “Quando il passato non getta la sua ombra sul futuro” dobbiamo essere molto preoccupati. Oggi, purtroppo, siamo in un questa condizione».