Liberazione 21.5.05
Un studio di Aldo Bronzo che aiuta a ripercorrere le radici dell'attuale situazione cinese.
Dalla rivoluzione del '49 al Grande balzo fino al massacro di Tienanmen che apre la strada al rilancio del capitalismo
Storia dei comunisti in Cina, per capire il colosso di domani
Salvatore Cannavò
La Cina è oggi all'attenzione di tutti i commentatori dell'economia mondiale. L'occidente guarda con stupore ai tassi di crescita altamente positivi del grande paese asiatico, ne teme le ripercussioni sull'economie capitalistiche occidentali e prova una punta di invidia per come quel sistema, che pur si richiama ufficialmente al comunismo, riesce ad estorcere profitti dai lavoratori. Quello odierno è un modo di funzionamento del colosso asiatico completamente diverso da quelli di alcuni decenni fa, eppure in quell'enorme paese non è caduto nessun muro, non ci sono stati mutamenti di rilievo improvvisi nei modi della gestione politica del potere. Come è potuto accadere tutto ciò? E' evidente che la risposta non può venire che da una puntigliosa analisi storica delle vicende politiche sociali ed economiche cinesi. A questo arduo compito certamente contribuisce l'opera di uno studioso serio, attento, puntiglioso, cioè di Aldo Bronzo, capace di delineare in un prezioso volume - "I comunisti in Cina. Dalla Fondazione della Repubblica Popolare Cinese al dopo Deng" edito alla fine dello scorso anno da Pagano Editore - una spiegazione lineare dell'evoluzione storica della Cina di mezzo secolo. Che non si tratti di un'opera affrettata è dimostrato dalle oltre mille citazioni e dall'enorme bibliografia, la maggior parte della quale su testi cinesi. Il volume, più che una lettura richiede uno studio, ma chi avrà avuto la pazienza di arrivare alla fine avrà certamente la soddisfazione di poter approcciare le problematiche attuali con la lente giusta.
La storia inizia da una data di importanza epocale: il primo ottobre del 1949, cioè più di mezzo secolo fa. Quel giorno dalla piazza Tienanmen Mao Ze Dong annunciava ad un mondo distratto, intento alla ricostruzione postbellica ma già timoroso di nuovi e più disastrosi conflitti, la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Delle radici storiche di tale evento Bronzo fa un breve riepilogo che certamente non può che rimandare ad un altro studio: quello del trentennio precedente, trattata dallo stesso autore più di venti anni fà, in due volumi, intitolata "I comunisti in Cina. Dalle origini alla presa del potere" (Nuove Edizioni Internazionali, 1983). Tornando allo storico 1949, il paese che i comunisti si impegnavano a governare era in terribili condizioni di arretratezza economica, sociale e culturale; eppure in tali condizioni non si tralasciano questioni sociali fondamentali come la riforma del matrimonio decretando la piena protezione degli interessi delle donne e dei figli, o la riforma agraria del '50 che toglie le terre ai latifondisti per darle ai contadini senza terra. Il decreto ovviamente non risolve i problemi: la questione agraria rimase a lungo un cantiere aperto alla sperimentazione e le varie forme cooperative trovarono attuazione senza le tragedie dell'estremismo staliniano del 1928. Leggendo il libro si capisce la particolare dinamica dell'evoluzione sociale ed economica cinese che fino alla rivoluzione culturale metteva insieme direttive verticistiche, verifica sul campo, rettifiche e controrettifiche cercando di trovare soluzioni empiriche anche senza mai ammettere gli errori precedenti. E' indubbio che una rivoluzione non può non commettere errori, ma è il modo in cui si ricercano le soluzioni che fa progredire un processo; spesso la direzione politica cinese ha praticato una logica burocratica a volte anche con sacrifici umani pesanti. Ma come analizzare un processo rivoluzionario senza incorrere in atteggiamenti assurdi da grillo parlante che agita testi classici senza accorgersi delle specificità di luogo e di tempo? Da questo punto di vista Bronzo ha innanzitutto il merito di fornire dati per poi avanzare, ma solo dopo, giudizi che sono sempre cauti e ponderati.
E' indubbio che l'analisi degli avvenimenti cinesi non può prescindere dall'intreccio di fenomeni nazionali ed internazionali e la rottura delle relazioni politiche, diplomatiche ed economiche con l'Urss all'inizio degli anni sessanta, produsse con l'isolazionismo, gravi conseguenze dei rapporti interni alla direzione politica cinese. Anche la politica estera risentì della lotta di potere in Cina (su questo punto il libro però non si cimenta).
Alla analisi delle trasformazioni sociali si sovrappone la ricostruzione degli scontri interni del gruppo dirigente come il tentativo nel 1971 di Lin Piao, delfino preindividuato al IX congresso, di un colpo di mano bonapartista per contrastare la rimonta di Ciu En Lai che, allo scopo di fronteggiare l'Urss, si riavvicinava in politica estera, agli Usa. L'episodio si concludeva in settembre con l'aereo di Lin Piao schiantatosi misteriosamente al di là della Grande Muraglia. Alla morte di Mao comincia il riemergere, prima lento e sommerso poi tumultuoso ed esplicito, di Deng Xiao Ping e delle sue idee "innovatrici". Si assiste ad una coesistenza negli anni 80 di meccanismi mercantili ed economia pianificata non in contraddizione tra di loro ma in un rapporto basato sulla divisione dei territori e delle attività. E' emblematico che i riferimenti ai principi socialisti non vengono messi in discussione ma "l'assimilazione di alcuni aspetti del capitalismo è adottata solo per accentuare lo sviluppo delle forze produttive", come scriveva Deng a metà degli anni 80. Forse a lui era chiaro il pericolo che queste dinamiche introducevano nella realtà cinese. Ma proprio le contraddizioni messe in moto dalla politica denghista dovevano portare nel giugno dell'89 a macchiare la piazza Tienanmen del sangue degli studenti che cantavano l'Internazionale di fronte ai carri armati. Quei giorni vengono narrati con dovizia di particolari e numerose citazioni ufficiali elogianti l'operato degli apparati repressivi. Gli inizi degli anni 90 sono ugualmente caratterizzati da contraddizioni nel gruppo dirigente tra conservatori ed innovatori, ma anche da contraddizioni tra le regioni geografiche e fermenti intellettuali. Infine nel marzo del ‘92 si consolida il gruppo dirigente stabilizzandosi intorno alla figura di Jang Ze Min. Ha così inizio la fase attuale, dalla storia si deve passare all'aggiornamento che solo la conoscenza del passato riesce ad interpretare.
A questo punto sorge una domanda: come accoglieranno il lavoro di Bronzo gli accademici delle università? Non credo che ciò all'autore interessi molto, perché ciò che lo interessa non è certo il "cultore della materia" quanto i giovani compagni, quelli che hanno intrapreso il compito di costruire un mondo migliore, quelli impegnati nel movimento antiglobalizzazione che hanno bisogno della storia come strumento di comprensione e non come sfoggio di erudizione. Bronzo è con loro, è uno di loro anche se di anni ne ha qualcuno in più.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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