La Stampa 12 Luglio 2005
L’opinione
Perché mai resuscitare il plagio?
MICHELE AINIS
Al Senato è in dirittura d'arrivo la legge sulla «manipolazione mentale», che castiga con una pena da 2 a 6 anni di galera chiunque s'impadronisca della volontà altrui, soggiogandola alla propria. In breve, questa legge reintroduce - senza neppure l'onestà di nominarlo - il reato di plagio, che la Corte costituzionale aveva espulso nel 1981. Ne parlo qui sommessamente, e con un fil di voce: non vorrei che domani un pm mi accusasse d'aver plagiato i miei lettori.
Per la verità, a rileggere quella sentenza ormai lontana, il pericolo parrebbe scongiurato. Il plagio è un delitto impossibile, disse infatti allora la Consulta: perché nessuno può rendere un'altra persona totalmente succuba, e perché in caso contrario andrebbe punita ogni situazione di dipendenza psichica, come il rapporto fra due amanti, fra il maestro e l'allievo, fra il medico e il paziente. Del resto in oltre mezzo secolo di vigenza l'unico italiano condannato (nel 1968) per questo reato fu Aldo Braibanti, un ex partigiano colpevole d'intrattenere relazioni omosessuali con un giovane.
E allora perché mai resuscitare adesso quel fantasma? La risposta è nei dibattiti tenuti in Parlamento: serve un'arma contro le «sette», contro i predicatori del demonio. Eppure anche i cristiani delle catacombe vennero accusati di convertire usando sortilegi. Eppure la stessa accusa risuonò nel XVI secolo contro le streghe, nel XIX contro l'ipnotismo. Sarà per questo che l'anno scorso 47 studiosi di storia e sociologia delle religioni di ogni parte del mondo hanno scritto a Ciampi e Berlusconi, chiedendo di bloccare questa legge: senza precise garanzie giuridiche, essa potrà infatti colpire qualsiasi gruppo - sia religioso che politico - impopolare presso l'opinione pubblica. D'altronde le teorie del lavaggio del cervello hanno la propria scaturigine nella difficoltà d'accettare comportamenti anomali, fuori delle righe; non a caso, durante gli anni della Guerra fredda, la Cia affermava che nessuno diventa spontaneamente comunista.
Poi, certo, rimane l'esigenza di punire chi imbroglia, chi truffa, chi abusa della credulità popolare. Ma per questo esistono altre norme, dalla circonvenzione d'incapace alla riduzione in schiavitù. Come spesso accade, la libertà si garantisce con una legge in meno, non con una legge in più.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»