Corriere della Sera 10.7.05
In origine rifugio per ragazze in difficoltà, Umoja è ora un avamposto del femminismo africano
Kenia, il villaggio dei diritti delle donne
La matriarca: «Il rispetto dobbiamo pretenderlo, non possiamo restare zitte»
R. E.
C’è un villaggio in Africa in cui sono le donne a dettar legge. E gli uomini stanno a guardare, invidiosi e impotenti, dalle capanne vicine. Si chiama Umoja, che in swahili significa «unità», ed è stato fondato dieci anni fa da una comunità di donne stuprate e quindi ripudiate dai mariti. Un piccolo agglomerato di case di fango su un fazzoletto di erbacce al Nord del Kenia. Progressivamente trasformato in un esperimento di successo, economicamente florido, centro d’accoglienza per altre decine di ragazze in difficoltà e ora avamposto del femminismo africano.
«La donna non conta nulla nella nostra comunità - racconta al Washington Post la matriarca del villaggio, Rebecca Lolosoli -. Non possiamo rispondere agli uomini, né parlare davanti a loro, non importa se abbiamo torto o ragione. Tutto questo deve cambiare».
Rebecca riceve continue minacce di morte, ma va avanti, convinta della propria battaglia. L’ha iniziata casa per casa, bambina per bambina. Ha bussato alle porte dei villaggi vicini, ha fatto campagna nella cittadina di Archer’s Post. Fino ad arrivare, poco tempo fa, alla Conferenza mondiale sulle donne di New York. «I diritti dobbiamo pretenderli - dice - il rispetto arriverà di conseguenza. Se restiamo zitte, nessuno penserà che abbiamo qualcosa da dire». Bisogna superare le leggi tribali e le paure, è la sua lezione, dimenticando anche i legami di famiglia.
L’ultima protetta del villaggio è una adolescente di 13 anni, promessa sposa di un uomo che ha tre volte la sua età, e che è il fratello di Rebecca. Per la matriarca non conta: «Tu sei una ragazzina - dice alla nuova arrivata - e lui è un vecchio. Le donne non devono più accettare queste contraddizioni».
Gli uomini, naturalmente, non sono contenti. In aperta sfida con Umoja hanno fondato un villaggio tutto maschile. «L’uomo è la testa - spiega il capo, Sebastian Lesinik, ancora al Washington Post -, la donna è il collo. Come può un uomo prendere consigli dal collo?». Le attiviste del villaggio accanto sono «il segno dei tempi moderni - è la sua conclusione -: donne che causano problemi, come Rebecca». Una critica dura, che nasconde, però, anche una certa frustrazione.
Umoja vive del centro culturale, del campeggio e della vendita di artigianato destinato ai turisti della vicina riserva naturale di Samburu. Gli uomini del villaggio rivale hanno tentato di offrire gli stessi servizi, con analogo centro turistico. Un fallimento: molti son dovuti andare a cercar lavoro altrove.
La comunità di Rebecca, invece, va a gonfie vele. E le donne di Umoja hanno progressivamente conquistato un’autonomia economica che permette loro di mandare i figli a scuola, di rifiutare le offerte di dote per le spose bambine e di respingere tutte le altre richieste umilianti che la comunità in cui vivevano prima imponeva: dalle mutilazioni genitali, all’accettazione di altre mogli, fino allo stupro come pratica frequente e quasi sempre impunita.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»