domenica 10 luglio 2005

vaniloqui cattolici
le acrobazie del cardinale Schönborn su evoluzionismo e creazionismo

il papista Luigi Accattoli oggi sul Corriere della Sera (in prima pagina...) riprende i temi del cardinale arcivescovo di Vienna già apparsi il 7 sul NY Times.
Gianluca Cangemi ha procurato l'articolo originale apparso sul potentissimo giornale liberal americano che pubblichiamo subito di seguito.
«un esercizio acrobatico, dal NY Times, del cardinale Schönborn su evoluzionismo e creazionismo, nel quale, fingendo (malamente) di salvare capra e cavoli, rimarca con arroganza il dogma della creazione e della intelligenza divina ordinatrice di tutto, e dice infine che chi giunge a conclusioni contrarie a questa "abdica all'intelligenza umana"...
La questione è ripresa anche in prima pagina da Liberazione di oggi dal vaticanista del giornale Fulvio Fania
». Più sotto si può leggere anche quest'ultimo.
Il cardinale Schönborn
La Bibbia contro Darwin
di LUIGI ACCATTOLI

C’è una «teoria dell’evoluzione» che «può essere vera», ma c’è anche un «dogma neo-darwiniano» che «non lo è» e che la Chiesa cattolica considera «incompatibile» con la Bibbia e con la ragione: lo afferma il cardinale Christoph Schönborn, che in aprile era dato tra i papabili, con un articolo pubblicato il 7 luglio dal New York Times. Quell’uscita del cardinale - arcivescovo di Vienna e teologo di vaglia - sta provocando polemiche in America, tra chi l’applaude come una provvidenziale «chiarificazione» e chi l’accusa di mettere in «crisi di coscienza» gli scienziati cattolici. Il fuoco della disputa è sul «disegno» che si può «rintracciare» o meno nella «natura» e che costituisce una «guida» per la sua «evoluzione»: se c’è un disegno vuol dire che c’è Dio, ma se ci sono solo «variazioni casuali», allora si può fare a meno del Creatore. Il cardinale afferma che è «contrario alla ragione» affermare che l’evoluzione della vita sia «senza guida», nega che Papa Wojtyla avesse sdoganato il neo-darwinismo - come si sostiene in America - e racconta di aver esposto la sua posizione al cardinale Ratzinger, poco prima del Conclave, ricevendone un «incoraggiamento» a farla valere. La disputa su creazionismo ed evoluzionismo è sempre accesissima negli Stati Uniti.
Vi sono scienziati - anche di formazione cattolica - che affermano la «piena compatibilità» della dottrina dell’evoluzione con il cristianesimo e altri, cattolici ma soprattutto «evangelici conservatori», che la negano tenacemente.
La «compatibilità» era stata presentata con forza il maggio scorso, sul «New York Times», dal fisico Lawrence M. Krauss, della Case Western Reserve University. Gli oppositori di essa - quelli in particolare che collaborano con il Discovery Institute di Seattle - hanno creduto bene di provocare, in risposta, un intervento del cardinale di Vienna, a «chiarificazione» della posizione cattolica.
Ecco la tesi centrale dell’articolo di Schönborn: «L’evoluzione nel senso di una comune discendenza può essere vera, ma l’evoluzione nel senso neo-darwiniano - intesa cioè come un processo di variazione casuale e selezione materiale - non lo è». E ancora: «Un sistema di pensiero che neghi o tenti di confutare la palmare evidenza di un disegno biologico è ideologia, non è scienza».
Secondo il cardinale le teorie evoluzionistiche radicali - quelle cioè che non riconoscono l’esistenza di un «disegno» - «negano alla divina provvidenza ogni vero ruolo causale in riferimento allo sviluppo della vita nell’universo».
Ma Giovanni Paolo II non aveva «riabilitato» Darwin, come avevano titolato i giornali italiani in occasione di un suo discorso alla «Pontificia accademia delle Scienze», nell’ottobre del 1996? E dunque la Chiesa cattolica non ha già «accettato» l’intera dottrina dell’evoluzione, comprese le sue filiazioni radicali? «Non è vero» sentenzia il cardinale.
In quell’occasione il papa polacco aveva reinterpretato la condanna del «sistema evoluzionistico» che era stata formulata da Pio XII nel 1950, affermando che «oggi, dopo quasi mezzo secolo, le nuove conoscenze conducono a riconoscere nella teoria dell’evoluzione più che un’ipotesi», essendosi essa «progressivamente imposta» agli scienziati delle più varie discipline «a seguito di una serie di scoperte».
Tutto vero, scrive Schönborn, finché si tratta di «lasciare alla scienza la determinazione in dettaglio della storia della vita sulla Terra». In tale impresa la teoria dell’evoluzione può essere considerata «più che un’ipotesi», purché non si arrivi - radicalizzandola - a «negare il disegno».
Così delimitato, l’evoluzionismo può essere insegnato nelle scuole cattoliche - conclude il cardinale - facendo attenzione a presentarlo come «una delle tante teorie» che spiegano la storia della vita sulla Terra.
Anche questo punto, dell’insegnamento dell’evoluzionismo nelle scuole, vede un dibattito aspro in America e qualcosa di esso è riecheggiato da noi, quando sembrò che il ministro Moratti volesse escludere Darwin dai programmi scolastici.
Il «New York Times» di ieri tra i personaggi interpellati sul pronunciamento di Schönborn cita Francisco Ayala, un biologo della Irvine University (California), ex domenicano, che definisce l’intervento del cardinale «un insulto» a papa Wojtyla. Ma Schönborn non si scompone, precisa che quel discorso wojtyliano all’Accademia delle Scienze è «vago e poco importante», mentre il «vero insegnamento» di Giovanni Paolo II in materia va cercato in una serie di altri testi - che riporta puntualmente - e nel «Catechismo della Chiesa cattolica» (1992), dove si afferma che «il mondo non è il prodotto di una qualche necessità, né di un cieco destino, né del caso», ma è stato «creato dalla sapienza di Dio». Infine Schönborn cita Benedetto XVI, che nell’omelia dell’inizio del pontificato ha detto: «Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione».

New York Times July 7, 2005
Christoph Schönborn, the Roman Catholic cardinal archbishop of Vienna, was the lead editor of the official 1992 Catechism of the Catholic Church.
Finding Design in Nature
By CHRISTOPH SCHÖNBORN

Vienna. EVER since 1996, when Pope John Paul II said that evolution (a term he did not define) was "more than just a hypothesis," defenders of neo-Darwinian dogma have often invoked the supposed acceptance - or at least acquiescence - of the Roman Catholic Church when they defend their theory as somehow compatible with Christian faith.

But this is not true. The Catholic Church, while leaving to science many details about the history of life on earth, proclaims that by the light of reason the human intellect can readily and clearly discern purpose and design in the natural world, including the world of living things.

Evolution in the sense of common ancestry might be true, but evolution in the neo-Darwinian sense - an unguided, unplanned process of random variation and natural selection - is not. Any system of thought that denies or seeks to explain away the overwhelming evidence for design in biology is ideology, not science.

Consider the real teaching of our beloved John Paul. While his rather vague and unimportant 1996 letter about evolution is always and everywhere cited, we see no one discussing these comments from a 1985 general audience that represents his robust teaching on nature:

"All the observations concerning the development of life lead to a similar conclusion. The evolution of living beings, of which science seeks to determine the stages and to discern the mechanism, presents an internal finality which arouses admiration. This finality which directs beings in a direction for which they are not responsible or in charge, obliges one to suppose a Mind which is its inventor, its creator."

He went on: "To all these indications of the existence of God the Creator, some oppose the power of chance or of the proper mechanisms of matter. To speak of chance for a universe which presents such a complex organization in its elements and such marvelous finality in its life would be equivalent to giving up the search for an explanation of the world as it appears to us. In fact, this would be equivalent to admitting effects without a cause. It would be to abdicate human intelligence, which would thus refuse to think and to seek a solution for its problems."

Note that in this quotation the word "finality" is a philosophical term synonymous with final cause, purpose or design. In comments at another general audience a year later, John Paul concludes, "It is clear that the truth of faith about creation is radically opposed to the theories of materialistic philosophy. These view the cosmos as the result of an evolution of matter reducible to pure chance and necessity."

Naturally, the authoritative Catechism of the Catholic Church agrees: "Human intelligence is surely already capable of finding a response to the question of origins. The existence of God the Creator can be known with certainty through his works, by the light of human reason." It adds: "We believe that God created the world according to his wisdom. It is not the product of any necessity whatever, nor of blind fate or chance."

In an unfortunate new twist on this old controversy, neo-Darwinists recently have sought to portray our new pope, Benedict XVI, as a satisfied evolutionist. They have quoted a sentence about common ancestry from a 2004 document of the International Theological Commission, pointed out that Benedict was at the time head of the commission, and concluded that the Catholic Church has no problem with the notion of "evolution" as used by mainstream biologists - that is, synonymous with neo-Darwinism.

The commission's document, however, reaffirms the perennial teaching of the Catholic Church about the reality of design in nature. Commenting on the widespread abuse of John Paul's 1996 letter on evolution, the commission cautions that "the letter cannot be read as a blanket approbation of all theories of evolution, including those of a neo-Darwinian provenance which explicitly deny to divine providence any truly causal role in the development of life in the universe."

Furthermore, according to the commission, "An unguided evolutionary process - one that falls outside the bounds of divine providence - simply cannot exist."

Indeed, in the homily at his installation just a few weeks ago, Benedict proclaimed: "We are not some casual and meaningless product of evolution. Each of us is the result of a thought of God. Each of us is willed, each of us is loved, each of us is necessary."

Throughout history the church has defended the truths of faith given by Jesus Christ. But in the modern era, the Catholic Church is in the odd position of standing in firm defense of reason as well. In the 19th century, the First Vatican Council taught a world newly enthralled by the "death of God" that by the use of reason alone mankind could come to know the reality of the Uncaused Cause, the First Mover, the God of the philosophers.

Now at the beginning of the 21st century, faced with scientific claims like neo-Darwinism and the multiverse hypothesis in cosmology invented to avoid the overwhelming evidence for purpose and design found in modern science, the Catholic Church will again defend human reason by proclaiming that the immanent design evident in nature is real. Scientific theories that try to explain away the appearance of design as the result of "chance and necessity" are not scientific at all, but, as John Paul put it, an abdication of human intelligence.

Liberazione 10.7.05
Darwin, il cardinale ridimensiona le aperture di Wojtyla
Sul "New York Times", nell'America dove i "creazionisti" vogliono espellere l'evoluzionismo dalle scuole, l'arcivescovo di Vienna Shonborn scrive «nessuna acquiscienza alle teorie neo-darwiniane»
Fulvio Fania

Shönborn, secondo il New York Times, ha raccontato che lo stesso Ratzinger, due o tre settimane prima del Conclave, lo incoraggiò ad affrontare l'argomento. Al centro della sua "revisione" del pensiero wojtyliano è un celebre messaggio che Wojtyla rivolse agli studiosi dell'Accademia pontificia per le scienze il 22 ottobre 1996. Il Papa, dopo aver ricordato che Pio XII nella Humani generis si era limitato alla considerazione dell'evoluzionismo come semplice ipotesi per nulla certa, osservò che invece «le nuove conoscenze conducono a non considerarla più una mera ipotesi». Il ragionamento, forse più da filosofo che da teologo, lo induceva a parlare di «teorie evoluzioniste» al plurale e a distinguere tra di esse quelle che per impianto filosofico «considerano lo spirito come emergente dalla materia»: solo quelle per lui erano davvero incompatibili con la fede.

E' un punto che ovviamente sta molto a cuore al cardinale di Vienna il quale, per ridimensionare le aperture woityliane a Darwin, bolla quella lettera del '96 come «abbastanza vaga e poco importante» a confronto di altri discorsi pronunciati a partire dal 1985. Proprio in quell'anno, infatti, Giovanni Paolo II intervenne ad un simposio internazionale su "Fede cristiana e teoria dell'evoluzione" presieduto proprio da Ratzinger e polemizzò contro il «materialismo» dell'evoluzionismo biologico, avvertendo la necessità di «un giusto di limite» nella convivenza tra fede e modello evoluzionista; un confine tracciato soprattutto per mettere al riparo dalle letture evoluzionistiche la dimensione spirituale dell'uomo.

Shönborn cita però altri passi del magistero di Wojtyla in cui si rimarca la «finalità interna», una «causa finale» nella realtà che dimostrrerebbe l'esistenza di una Mente superiore e non lascerebbe spazio a chi sostiene che l'universo è frutto di un «cieco fato». Avverte anzi che Wojtyla considerava «un'abdicazione all'intelligenza umana» le teorie che vedono all'origine soltanto «caso e necessità».

Quanti sperano in una retromarcia della Chiesa cattolica anche su questo fronte mettono in rilievo una frase del nuovo Papa. Durante la solenne messa di inizio pontificato Benedetto ha detto infatti: «Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell'evoluzione». Non si illudano - aggiunge Shönborn - coloro che ritengono il nuovo Papa un «soddisfatto evoluzionista». Le posizioni che l'allora cardinale bavarese sostenne nella Commissione teologica internazionale starebbero a dimostrare che la realtà è ben diversa.

L'editoriale del porporato austriaco sul New York Times appare in netta controtendenza rispetto ad un recente articolo dell'autorevole Civiltà cattolica, rivista dei gesuiti che passa al vaglio della Segreteria di Stato vaticana. Su quelle pagine, non più tardi dell'aprile scorso, padre Giuseppe De Rosa ha polemizzato proprio contro le posizioni «creazioniste», raccomandando ai cattolici di prestare attenzione all'evoluzione, sebbene anch'essa non sia priva di punti oscuri. Un conto è «l'ominizzazione» frutto dell'evoluzione, altro - secondo De Rosa - il raggiungimento della «soglia umana», quella dell'uomo pensante, in cui si esprime l'infusione divina. «L'azione di Dio - scrive il gesuita - non sopprime la contingenza, il fortuito, il caso ma nella sua provvidenza li dirige al fine». Una linea conciliante, che in termini pratici difende l'insegnamento di Darwin nella scuola, ma che nella Chiesa è stata messa a dura prova in parecchie occasioni. In un volumetto contro le New Age, pubblicato nel 2003 dal dicastero vaticano per la cultura, si sostiene che la «accettazione generale della teoria evoluzionistica di Darwin» ha fornito «la spina dorsale a molti aspetti» di queste nuove e temute teorie. Sebbene riesca difficile immaginare Darwin alle prese con fantasiose meditazioni spirituali.