domenica 10 luglio 2005

sinistra
un'intervista de La Stampa a Fausto Bertinotti

La Stampa 10 Luglio 2005
IL LEADER DI RIFONDAZIONE AMMONISCE IL CENTROSINISTRA IN VISTA DEL DIBATTITO PARLAMENTARE SUL RIFINANZIAMENTO DELLA MISSIONE
intervista
«Se l’Unione si dividerà sul voto forse andrò meglio alle primarie»
Federico Geremicca

ROMA. LO dice con la pacatezza dei momenti difficili, con l’argomentare che solitamente precede una rottura: la parte riformista dell’Unione ci pensi bene prima di portare al voto un documento che ammorbidisca il “no” al rifinanziamento della missione in Iraq. Ci pensi bene perché, intanto, determinerebbe una spaccatura dell’Unione in Parlamento, e poi perché «noi di Rifondazione potremmo trarne addirittura un vantaggio tattico, e Fausto Bertinotti potrebbe perfino ricavarne un buon viatico per le prossime primarie». A parlare, naturalmente, è Fausto Bertinotti stesso: e il tono non pare ancora quello della minaccia... Ma all’obiezione che forse è venuto il momento di farsi carico anche di una proposta, oltre che di un semplice no, dice: «Io ragiono proprio come se al governo ci fosse l’Unione: la proposta è il ritiro delle truppe. E non capisco perché una proposta in Spagna è tale ed in Italia invece diventa una cosa bislacca».
Segretario, davvero vede rischi di spaccatura per l’Unione?
«La mia preoccupazione è che possano intervenire iniziative di singole parti dell’Unione che, invece di puntare a mantenere l’unità costruita tra di noi sul no alla missione in Iraq e ribadire una posizione di netta alternativa tra la pace e la guerra, pensino ad escamotage inutili e dannosi. E allora, poiché sento queste tentazioni, vorrei testimoniare la necessità di una posizione che non pregiudichi una unità che è costata fatica ed è uno dei tratti distintivi dell’Unione».
Lo dice sapendo già, in realtà, che Fassino e Rutelli stanno pensando a un documento che avanzi anche delle proposte e spieghi i motivi del loro no...
«E io non lo capisco. Cosa va in discussione alla Camera? Va in discussione il rifinanziamento della missione. Questo, non altro. Stavolta è molto semplice: il sì è sì, il no è no. E qualora l’opposizione vedesse vincere la sua tesi, noi saremmo automaticamente di fronte alla decisione del ritiro dei nostri soldati dall’Iraq. Che è quello, mi pare, che chiediamo, no?».
Lei è quindi contrario a qualunque tipo di documento?
«Abbiamo già fatto così la volta precedente e non vedo novità che giustifichino cambiamenti. Vede, a volte c’è una sofisticazione della politica che spiega, poi, la sua distanza dalla gente comune. Nel linguaggio semplice e popolare, se tu sei contro la presenza degli italiani in Iraq sei per il ritiro. La forza del patto contratto tra Zapatero e i cittadini spagnoli sta proprio in questa connessione perfino sentimentale. Voi avete votato così, ha detto in fondo Zapatero, e io vi prendo in parola e ritiro le truppe».
Però, quando lei dice che non vede cambiamenti che giustifichino...
«Questo l’ha detto Prodi subito, non io. E’ la formula usata da lui. La mia era una citazione di Prodi»
E infatti il vostro feeling è spesso criticato... In ogni caso, nell’Unione c’è chi sostiene che è il momento di formulare delle proposte, come dire, quasi da coalizione di governo. Lei non è d’accordo?
«Ma mi scusi: quella fatta in Spagna è una proposta o no? E perché in Spagna è una proposta e qui da noi sembra una cosa bislacca? Cosa c’è di più propositivo che chiedere il ritiro delle truppe? Guardi che io penso di comportarmi proprio come se fossi al governo: infatti credo che la prima cosa che dovrebbe fare un governo dell’Unione è contribuire alla rottura della spirale guerra-terrorismo. Ci sono altre cose che andrebbero fatte? Sì, certamente: per esempio, lavorare a una strategia di medio periodo per favorire il processo democratico in Iraq. Ma non si capisce perché questo discorso - che possiamo fare oggi, domani o fra un mese - dobbiamo farlo adesso e scriverlo in una mozione, quando la questione che ci viene posta è molto più semplice: ed è sì o no ai nostri soldati lì».
Forse perché - ed è la scoperta dell’acqua calda - tra voi ci sono sensibilità diverse su tutto questo, no?
«E allora rimaniamo al denominatore comune, che è un no nel voto: e poi, chi vuole, alla Camera si alza e spiega il suo no. Ma senza introdurre diversità nel voto. Come sarebbe di fronte a ordini del giorno che, francamente, mi sembrerebbero soltanto un’espressione di cattiva coscienza».
E se quegli ordini del giorno venissero comunque presentati?
«Noi ne porteremo al voto uno nostro, ovviamente. Ma si assumono la responsabilità di una rottura dell’Unione. Noi siamo tranquillissimi, perché la nostra sintonia col movimento della pace è così organica che, se guardassi a interessi di bottega, dovrei addirittura augurarmi che li presentino, quegli ordini del giorno».
Infatti si dice che lei li auspichi, è così?
«No, perché sono molto contrario a far pesare interessi di parte, rispetto a quelli dell’Unione, in passaggi politicamente significativi. Dividersi sarebbe irresponsabile. A meno che il tutto non serva a mostrare una qualche propensione neoblairiana, che considererei scelta politicamente infelice. Scelta, insisto, dalla quale Rifondazione potrebbe trarre un vantaggio tattico: perché presenteremmo un ordine del giorno limpidamente pacifista e Fausto Bertinotti potrebbe perfino ricavarne un buon viatico per le prossime primarie. Ma, per quel che posso, concorrerò a che questa rendita di posizione non mi sia attribuita...».
Prodi sembra pensarla come lei: non ne è rassicurato?
«Effettivamente mi pare che sul terreno della pace Prodi sia interprete dell’unica risultante unitaria possibile. Del resto, si sta annunciando la Perugia-Assisi... Mi chiedo: non sarebbe bene andarci avendo raccolto la domanda di dialogo che viene dalla Tavola della pace e dai movimenti della Perugia-Assisi?».
Non è che un ordine del giorno comprometta chissà che...
«Se rende incerta la lettura sul ritiro, non favorisce il dialogo. Guardi, il no al rifinanziamento tecnicamente equivale al ritiro immediato. E quindi mi auguro che quando si voterà non ci sia un voto tecnicamente irresponsabile».
Lei si dice a disagio, ma dovrebbero esserlo assai di più i fautori di un voto diverso dal «no», non le pare?
«E’ così. Per questo sono così compostamente unitario: perché in questo caso la mia istanza equivale all’istanza unitaria. Se poi qualcuno è a disagio oppure c’è stato... capita. A volte è capitato anche a me...».

L'Unità 10 Luglio 2005
Em. Is.


Quale atteggiamento avere rispetto al decreto legge sul rifinanziamento della missione in Iraq? E sulla richiesta di ritiro immediato del contingente italiano? In vista del dibattito parlamentare della prossima settimana, l'Unione è pronta a confermare il suo no al rifinanziamento della missione a Nassirya. All’interno del centrosinistra, invece, si ripropongono, seppure attenuate rispetto ai mesi scorsi, le distinzioni tra chi chiede l’immediato disimpegno e chi si mostra favorevole all’ipotesi di uno sganciamento graduale e in tempi più lunghi dell’Italia dal teatro iracheno, pur sottolineando la necessità di date certe per il rientro. E, su queste basi, c’è chi non chiude le porte ad un confronto con il governo.
«Se ci presentassero un calendario per il ritiro, noi potremmo astenerci sul decreto per il rifinanziamento». È l’idea espressa dal vicepresidente del Senato, Lamberto Dini, che però non crede che il governo si presenterà in aula con un programma del genere. Sulla stessa linea, Umberto Ranieri, vicepresidente della commissione Esteri di Montecitorio: «sarebbe importante se ci fosse un impegno formale dell’esecutivo sul ritiro. Su queste basi - continua l’esponente Ds - si determinerebbero le condizioni per un positivo confronto parlamentare». Anche il segretario dello Sdi, Enrico Boselli annuncia che «in tal caso, ci potrebbe essere da parte nostra un atteggiamento di sostegno in qualche forma». Si spinge oltre Clemente Mastella, che esorta il governo ad avviare contatti reali con l’opposizione per verificare la possibilità di trovare un’ampia convergenza: «Ai colleghi dell’Unione - ammonisce il leader dell’Udeur - ricordo che un’opposizione di governo non può limitarsi a dire solo ‘no’ e a chiedere un ritiro puro e semplice».
Ma l’ipotesi di un piano cadenzato è definita «materialmente impossibile» dal sottosegretario alla Difesa, Francesco Bosi, perchè «non tiene conto delle oggettive necessità di assistenza e protezione del popolo iracheno».
Nessun dubbio invece sulla strategia da adottare nell’ala sinistra della coalizione. Secondo Bertinotti «sarebbe paradossale se l’Unione si dividesse in un momento in cui i fatti danno ragione a chi si è opposto alla guerra e ha chiesto il ritiro delle truppe». Idea condivisa dai verdi Cento e Pecoraro Scanio, che criticano ogni eventuale apertura ad intese bipartisan: «Oggi serve un doppio no: alla missione in Iraq e all’inerzia del governo. Ogni accordo sarebbe solo una trappola. I nostri elettori non capirebbero». E Pietro Folena, impegnato ieri nella presentazione di «Uniti a sinistra», ribadisce che non c’è la necessità di indicare «confusi periodi di transizione. La linea di condotta più giusta da adottare è di pronunciarsi in modo netto per il ritiro, come ha fatto il premier spagnolo Zapatero».

L'Unità 10 Luglio 2005
Per le primarie regole «antibroglio»
Domani l’Unione vara il regolamento. Ogni elettore dovrà fare una dichiarazione giurata
I candidati dovranno aderire ad un preambolo comune. Parisi: un bagno di democrazia
di Ninni Andriolo

«DICHIARO SUL MIO ONORE di votare per il centrosinistra...». Prima di segnare sulla scheda il nome del candidato premier che preferisce, l’elettore dell’Unione firmerà una sorta di modulo salva-brogli. Un giuramento che, insieme al documento di riconoscimento e alla tessera elettorale da mostrare al seggio, dovrà costituire la prova provata che le primarie non si fanno per scherzo con «il primo che passa per strada e depone un foglio di carta nell’urna». Per garantire serietà hanno studiato anche l’antidoto contro gli ultras ansiosi di segnare lo stesso nome due o più volte. Gli elettori voteranno su base territoriale tenendo conto del domicilio e i seggi verranno accorpati per zone in modo da rendere possibile il controllo delle liste. Previsti anche comitati nazionali e provinciali dei garanti. Basterà? «Sì - giurano - nessuno è così folle da sottoscrivere il falso e da falsificare apertamente il proprio voto ripetendolo».
Si voterà anche nelle circoscrizioni, nei plessi scolastici, nelle sedi comunali, chiedendo espressamente l’autorizzazione ai Comuni e alle autorità pubbliche. Ma si voterà anche nei «luoghi di aggregazione», bar, ritrovi, case del popolo, strutture delle associazioni e dei partiti, Quest’ultima possibilità trova, ancora, qualche resistenza. Per i Ds «se si vuole aumentare la partecipazione bisogna portare i seggi dove la gente si riunisce, anche nelle sezioni quindi».
Al di là di alcuni dettagli, però, le regole sono pronte. Prodi e i leader dell’Unione le vareranno domani. «Giovedì il gruppo di lavoro si è concluso con un’impostazione comune - commenta il diessino Vannino Chiti - è stata una bella riunione, c’era un clima unitario e positivo». Si dovrebbe votare l’8 e 9 ottobre. Il condizionale è d’obbligo perché, alla fine, si potrebbe decidere un «leggero slittamento». Una settimana di tempo in più per mettere a punto una macchina organizzativa che non potrà girare a pieno regime nel mese di agosto. L’obiettivo è ambizioso: portare ai seggi non meno di 700.000 elettori del centrosinistra e c’è chi spera che si vada oltre il milione. «In Puglia ci aspettavamo 40000 persone e ne abbiamo avute il doppio...», ricordano dallo staff di Arturo Parisi, l’esponente della Margherita che presiede il comitato per le regole e scommette da tempo sulle primarie «di massa» per consacrare Prodi e la sua leadership. Il presidente dell’Assemblea federale Dl parla di «bagno di democrazia», di «evento senza precedenti in Italia», di «scelta chiara in direzione di un compiuto bipolarismo», di «decisione dalla quale in futuro non si potrà tornare indietro». Se l’Unione dovesse raggiungere il traguardo di un leader scelto da centinaia di migliaia di cittadini potrebbe contare su una pole position utilissima in vista della corsa per la conquista di Palazzo Chigi. Venticinque/trenta mila persone - presidenti, scrutatori, rappresentanti dei candidati - mobilitate in più di 5000 seggi rappresentano una formidabile forza d’urto in vista dello scontro 2006 con la Cdl. La gara, intanto, riguarderà il centrosinistra: Prodi, Mastella, Di Pietro, Bertinotti e Pecoraro Scanio, stando alle volontà espresse in queste settimane. Ciascuno di loro, o altri al posto loro, avranno tempo fino all’8 settembre per scendere in campo, supportati da 10.000 firme raccolte in 10 regioni diverse. Potranno organizzare la campagna elettorale come meglio vogliono, confrontandosi tra loro in pubblici dibattiti. Un meccanismo inedito. E lo spettacolo si preannuncia divertente a leggere le dichiarazioni del candidato premier Antonio Di Pietro che spiega la differenza tra lui, che vuole «il libero mercato», e Bertinotti che vuole «uno Stato comunista». Per evitare che il confronto si trasformi nella rincorsa alle differenze campate per aria, ogni «contendente» dovrà aderire a un preambolo comune ispirato ai valori dell’Unione da varare entro il 25 luglio. Ogni candidato dovrà poi definire le «priorità programmatiche» che lo caratterizzano. Prodi si atterrà al “Manifesto di Creta”. Se dovesse vincere avrà 60 giorni di tempo per scrivere il programma dell’Unione da presentare alla Conferenza del 16-18 Dicembre. Dovrà mostrare attenzione per le proposte dei perdenti che, da parte loro, si impegnano a sostenerlo come premier in pectore di tutto il centrosinistra.

L'Unità 10 Luglio 2005
FIRENZE
Da mercoledì la Fortezza si anima

di musica, cibo e tanta politica
Gi. Bo.

LA STORICA Festa de l’Unità di Firenze quest’anno sarà regionale e verrà dedicata alla Resistenza e alla Costituzione. I battenti della Fortezza da Basso apriranno mercoledì prossimo, 13 luglio, con un dibattito cui parteciperanno il segretario regionale dei Ds, Marco Filippeschi, e il direttore dell’Unità, Antonio Padellaro. Il programma politico della festa, che inizierà appunto mercoledì e si concluderà il 7 agosto, è molto ricco. Per far conoscere l’opportunità delle primarie ai sostenitori del partito è previsto un faccia a faccia fra Massimo D’ Alema e Fausto Bertinotti, il leader di Rifondazione Comunista, fra i candidati alle primarie di ottobre. Saranno presenti anche il segretario Piero Fassino e l’ex presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. La Festa vuole essere innanzitutto un momento di condivisione con il partito e, proprio per questo, si annuncia come il laboratorio della campagna elettorale dell’Unione. L’appuntamento fiorentino è diventato quindi uno strumento di partecipazione pubblica molto importante. La Fortezza si prepara ad accogliere centinaia di volontari e decine di migliaia di visitatori, oltre ai numerosi appuntamenti politici, culturali e musicali. Sarà proprio la musica a concludere la festa regionale de l’Unità con la voce di Fiorella Mannoia. Il costo del biglietto è di 8 euro e come in passato una parte degli utili del concerto sarà devoluta in beneficenza. Quest’anno i contributi saranno finalizzati a sostenere la campagna dei Ds nazionali e del forum Solint per l’Africa.