martedì 5 luglio 2005

un documento del Comitato nazionale di bioetica
sulla depressione post parto

Corriere della Sera 4.7.05
Un documento invita le strutture a non sottovalutare il problema: «Se ne parla solo dopo gli infanticidi»
«Gli ospedali curino la depressione post partum»
Il Comitato di bioetica: in Italia colpisce un terzo delle neomamme, nel 2 per cento dei casi è grave

ROMA - Mamma e neonato tornano a casa, dall’ospedale. Dovrebbe essere una festa, invece lei vive questo momento con angoscia e inclinazione al pianto. Paura di non saperlo accudire di non riuscire ad essere «mamma». L’ansia richiama insonnia e lacrime. E a volte il malessere profondo cronicizza in qualcosa di più serio che può condurre ad atti estremi, a cattiverie sul bambino. Queste forme vanno curate, bisogna prevenirle e ad occuparsene devono essere gli stessi ospedali, dopo il parto. È la raccomandazione espressa in un documento del Comitato nazionale di bioetica (Cnb).

LA DEPRESSIONE - Di depressione post partum soffrono in Italia il 20-30% delle donne, il 2% i casi gravi che sfociano nelle psicosi. Il «maternal blues», la forma più lieve e superabile, colpisce invece il 50% delle puerpere. Per la prima volta il Cnb ha affrontato il problema. «Sono condizioni che non vengono percepite come patologie sociali» dice il presidente del Cnb, Francesco D’Agostino spiegando il perché di questo intervento su questioni all’apparenza più mediche che morali. «L’Italia è ai primi posti nel mondo in ostetricia e ginecologia, mentre l’assistenza psicologica alla donna durante e dopo la gravidanza lascia a desiderare - aggiunge D’Agostino -. La necessità di maggiore cura a questi aspetti emerge solo se si parla di infanticidi».

LA RACCOMANDAZIONE - Il Cnb raccomanda attenzione. Depressione e psicosi della puerpera dovrebbero essere prevenute anche con adeguata terapia farmacologica o altri tipi di trattamento psicoterapico, compreso il ricovero. Il documento prende in esame altri aspetti della maternità e verrà discusso a metà luglio. In rilievo il «tema del disagio che può insorgere nel puerperio con manifestazioni che vanno dai mutamenti dell’umore, al blues, alla depressione fino alle psicosi». Il lavoro di cura e prevenzione dovrebbe coinvolgere tutti gli operatori: ginecologi, ostetriche, medici di base, psichiatri e psicologi.

GLI PSICOFARMACI - «Negli ultimi due anni abbiano assistito ad un’impennata di richieste di informazione sull’uso di psicofarmaci durante le prime settimane dopo il parto», segnala Maurizio Bonati, responsabile del servizio materno infantile del Mario Negri. Il British Medical Journal della scorsa settimana ha riportato una revisione sistematica degli interventi non farmacologici (psicodinamici e psicologici) concludendo che sono scarsamente efficaci.

LE CAUSE - Torino l’argomento è stato approfondito in un seminario organizzato da Sara Randaccio, responsabile del servizio di psicologia del Sant’Anna, 3.800 parti all’anno. «La letteratura scientifica indica i fattori di rischio in gravidanza. Sono la familiarità con disagi psicologici, precedenti gravidanze, la giovane età e la situazione della coppia, ad esempio una single è più esposta. Bisogna organizzare negli ospedali degli screening. Non è detto che chi è depressa si ammali».
Nel passare in rassegna gli aiuti terapeutici nelle patologie post partum non viene dimenticata la più lieve, il maternal blues. Per guarire «è spesso sufficiente un accudire affettuoso da parte del partner e di una buona figura materna che si occupi della mamma». Di solito in 7-14 giorni svanisce, ma può trasformarsi in qualcosa di più grave. Il consiglio è non tacere. A volte per tornare a sorridere basta la parola di un’infermiera o di un compagno sensibile.