La Repubblica Salute 3.7.03
DEPRESSIONE
Il difficile compito del camice bianco: capire di quale forma si tratta e trovare la cura appropriata
di Claudia Felici*
La paziente è tornata in studio anche oggi. Nell’ultimo mese è venuta spesso, lamentando stanchezza, dolori muscolari, mal di testa e una certa difficoltà a dormire. Tutti gli esami effettuati sono risultati nella norma, e apparentemente la signora non ha patologie. «Non sto bene per niente, non riesco a dormire e la mattina non vorrei mai alzarmi. A dire la verità non ho voglia di fare niente, anche le cose che di solito faccio volentieri mi sembrano faticosissime. Tutti mi dicono che devo reagire, ma io non ne sono capace»!
Molte persone soffrono di disturbi dell’umore e di depressione. Non tutti, però, si rivolgono al medico, sentendosi in colpa per i sentimenti che provano o temendo di essere etichettati come "malati di mente". Altri invece presentano una serie di disturbi vaghi e mal definibili, (astenia, dolori muscolari, disturbi addominali o respiratori, cefalea…) che costringono il medico ad avviare lunghe indagini cliniche per escludere malattie organiche.
Nell’incontro con il paziente si percepisce una grande sofferenza: l’atteggiamento è dimesso, sconsolato, il tono della voce monocorde, la mimica facciale ridotta, il pianto improvviso. L’umore è depresso, il morale a terra. Domina l’infelicità, la malinconia, il senso di colpa. Non ci sono progetti per il futuro e la vita di tutti giorni appare troppo pesante per essere vissuta. Il paziente ha perso l’energia vitale, non prova più piacere nel fare le cose che un tempo lo gratificavano, è sempre più isolato, distante dal partner, dai familiari e dagli amici. Si sente stanco senza motivo, già dal primo mattino, tanto che il letto è visto come un miraggio per tutta la giornata. Il sonno, però, è molto disturbato e il risveglio è precoce e accompagnato da pensieri dolorosi. Non è raro che il paziente riferisca di pensare spesso alla morte, a volte invocandola come unico rimedio alla propria sofferenza.
E’ molto importante che il medico ascolti attentamente e con tranquillità il paziente, cercando di favorire la comunicazione e indagando, con delicatezza, su eventuali propositi di suicidio. La consapevolezza di essere compreso aiuta il paziente ad aprirsi ed è il primo passo per accettare la diagnosi di depressione, senza viverla come sinonimo di follia o come una colpa.
Le cause della depressione non sono ancora del tutto conosciute. Sono molti i fattori che concorrono nel determinarla: predisposizione genetica, modificazioni chimiche della neurotrasmissione, fattori socioambientali, vissuti psicologici.
Le donne si ammalano più facilmente degli uomini (circa tre volte più frequentemente), probabilmente a causa di una complessa interazione tra fattori ormonali, psichici e sociali.
Anche negli anziani la depressione è un evento molto frequente (15% degli ultra 65enni), ma difficile da diagnosticare, per la difficoltà e il pudore a riferire sintomi di disagio affettivo e psichico. La depressione non fa parte del normale processo di invecchiamento e la sua insorgenza provoca un notevole peggioramento della qualità della vita e delle altre patologie concomitanti. Quando viene diagnosticata va tempestivamente trattata con dosi adeguate di farmaci, anche in presenza di gravi malattie croniche.
Il trattamento delle depressione si basa fondamentalmente sull’utilizzo di farmaci antidepressivi e sulla psicoterapia.
La terapia farmacologia non è indispensabile in tutte le circostanze. Depressione e ansia sono reazioni fisiologiche di adattamento che, se mantenute entro limiti accettabili di intensità e durata, non risultano dannose. In molte situazioni, quindi, risulta più utile e corretto aiutare il paziente a portare alla luce i motivi del suo malessere e a parlarne liberamente.
* Medico di base, Asl E, Roma
I tipi più diffusi?
Reattiva, maggiore e "pessimismo"
La patologia è una questione di intensità dei sintomi
Come in tutte le malattie che riguardano la mente e l’affettività, non è sempre possibile distinguere tra normalità e patologia, e nell’ambito della stessa condizione si possono presentare diversi livelli di gravità. Il medico di famiglia e lo psichiatra, attraverso gli strumenti di cui dispongono, devono comunque cercare di raggiungere una diagnosi il più possibile precisa, per poter instaurare una conseguente terapia appropriata.
Il disturbo depressivo maggiore consiste in uno o più periodi caratterizzati dalla contemporanea presenza, durante un arco di almeno due settimane, di umore depresso o perdita di interesse e di capacità di provare piacere, insieme con una significativa perdita di peso, aumento o diminuzione dell’appetito, insonnia o ipersonnia, agitazione o rallentamento psicomotorio, mancanza di energia, sentimenti di colpa eccessivi o inappropriati, ridotta capacità di concentrazione, pensieri ricorrenti di morte. Il trattamento consiste sia nella terapia farmacologica che nella psicoterapia
Il disturbo depressivo maggiore deve essere accuratamente distinto dai disturbi depressivi bipolari (maniacale, ipomaniacale, ciclotimico) nei quali alle fasi depressive si alternano periodi di innalzamento abnorme dell’umore. I segnali caratteristici sono iperattività, disinibizione, perdita delle capacità critiche, con gravi conseguenze anche sul piano sociale. Queste forme particolari (a volte causate anche da malattie organiche o da farmaci e droghe), richiedono un trattamento complesso e specialistico. Anche in questo caso la distinzione con le oscillazioni dell’umore a cui tutti andiamo soggetti non passa attraverso una linea netta e precisa ma è solo una questione di intensità dei comportamenti.
La distimia invece è caratterizzata dal perdurare della sintomatologia depressiva, in forma lieve, continuativamente da almeno due anni, senza che si sia verificato un vero o proprio episodio depressivo maggiore. E’ un quadro di minore gravità ma caratterizzato da maggiore cronicità rispetto al disturbo depressivo maggiore. Spesso si manifesta già durante l’infanzia e l’adolescenza e molte persone non si rivolgono mai al medico, perché non sanno che il loro cattivo umore, il pessimismo, la tristezza di cui soffrono sono causati da una malattia curabile.
Una condizione comune è costituita dal disturbo dell’adattamento con umore depresso. E’ un episodio depressivo di entità lieve o moderata, conseguente ad un evento scatenante (licenziamento, pensionamento, separazione, o un sovraccarico di lavoro). La reazione depressiva può essere di breve durata ed estinguersi nel giro di pochi mesi oppure può evolvere verso una forma cronica, che deve essere trattata farmacologicamente o con la psicoterapia.
Il lutto non complicato, invece, è una comune reazione alla perdita di una persona cara. Una intensa fase depressiva è presente frequentemente, ma il paziente la vive come un evento normale, rivolgendosi la medico solitamente per alleviare i disturbi associati all’insonnia, alla diminuzione dell’appetito. Normalmente non dura più di due mesi e non necessita di terapia, ma anche in questo caso, il quadro può evolvere verso una forma depressiva più importante.
La depressione può essere associata ad altre malattie del sistema nervoso. La si riscontra frequentemente nel morbo di Parkinson e nella malattia di Alzheimer. A volte il sintomo depressivo precede, anche di anni, la comparsa del quadro caratteristico di queste malattie. Molte malattie sistemiche possono causare depressione: neoplasie (cerebrali e del pancreas), le infezioni del sistema nervoso centrale, la sclerosi multipla, le malattie della tiroide (sia ipotiroidismo che ipertiroidismo), le malattie delle ghiandole surrenaliche, il diabete. Queste condizioni devono essere sempre sospettate, soprattutto quando la depressione insorge improvvisamente, nei soggetti non più giovani. Non va dimenticato che il disturbo depressivo può essere dovuto, soprattutto nei pazienti più giovani, ad abuso di alcol o di droghe. Anche molti farmaci, quali i cortisonici, alcuni diuretici, antiipertensivi e preparati ormonali possono provocare episodi depressivi.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»