giovedì 3 luglio 2003

Grecia: la culla del pensiero

La Gazzetta di Parma 3.7.03
Torna in libreria «Paideia», capolavoro filosofico-filologico di Werner Jaeger (Bompiani)
La culla del pensiero
E dalla Grecia nacquero l'Europa e l'Occidente
di Giuseppe Marchetti

Le recenti polemiche sulla formulazione della Costituzione Europea, hanno fatto riemergere una delle più antiche e illustri discussioni circa la formazione umana, culturale, religiosa e politica del continente. Giscard d'Estaing, Jean-Luc Dehaene e Giuliano Amato hanno concepito e scritto un testo che, pur tenendo conto delle molteplici derivazioni dell'uomo europeo, non contemplerebbe - a detta del Vaticano e dei cattolici - cenni precisi e cospicui circa le radici cristiane del continente nel suo sviluppo storico e culturale. Giscard d'Estaing, Dehaene, Amato e gli altri costituenti avrebbero sottovalutato e sottaciuto l'apporto determinante della religione cristiana per indicare, invece, nelle idee dell'Illuminismo, di pretta marca francese, una delle componenti basilari del pensiero europeo.
Ha voluto il caso che, proprio nei giorni medesimi di questa polemica - che non si è ancora placata e che chissà per quanto tempo ancora durerà sempre alimentata dai contrasti che s'annidano fra idee laiche e idee religiose - arrivasse in libreria la ristampa di un'opera fondamentale della filosofia e filologia moderne, Paideia. La formazione dell'uomo greco di Werner Jaeger, edita da Bompiani nella ormai celebre collana «Il Pensiero occidentale» diretta da Giovanni Reale, che ha anche ampiamente introdotto questo testo smisurato tradotto da Luigi Emery e Alessandro Setti con indici curati da Alberto Bellanti.
Paideia - sulle pagine della quale si sono fermate nella seconda metà del Novecento intere generazioni di studiosi - apparve per la prima volta alla fine della seconda grande guerra a Berlino e poi a New York, e subito fu salutato e valutato come uno dei più vasti e decisivi contributi della filosofia e della storia contemporanea. Werner Jaeger, che era nato in Romani nel 1888 e che morì a Boston nel 1961, ha speso in quest'opera dalle vastissime dimensioni un tesoro di idee, proposte, interrogazioni, deduzioni, osservazioni, analisi e ipotesi di lettura e d'interpretazione, arrivando così a costruire una storia dell'uomo greco che risponde pienamente alla vocazione europea del vecchio continente e che _ per quanto si riferisce all'attuale Costituzione giscardiana _ smentisce in buona parte sia chi vorrebbe attribuire al cristianesimo le radici del pensiero europeo, sia chi, invece, le vede tutte inserite e vivificate nelle idee dell'illuminismo soltanto (che ebbe, come si sa, diversissime facce, e che perciò fu si francese in origine, ma anche milanese, napoletano, berlinese e russo).
Scrive senza tema di smentita Jaeger: «Un posto speciale spetta alla grecità. I Greci, considerati dal presente, rappresentano rispetto ai grandi popoli storici dell'Oriente un progresso radicale, un nuovo grado in tutto ciò che concerne la vita dell'uomo nella comunità. Questa è impostata presso i Greci, su fondamenti affatto nuovi. Per quanto altamente si apprezzi l'importanza artistica, religiosa e politica dei popoli anteriori, la storia di ciò che possiamo chiamare cultura, nel nostro senso consapevole, non comincia che coi Greci».
Parole chiare e semplici, sicure e meditate, che derivano da questa lettura totale e in profondità di un universo che comprende Omero e Esiodo, Solone, Teognide e Pindaro, i grandi tragici, Aristofane, Socrate, Platone, Senofonte, Aristotele, Isocrate e Demostene. Però, anche fatto questo elenco, non s'è detto ancora nulla o ben poco della bellezza e intensità narrativa di queste pagine che in qualche modo proseguono il loro itinerario in un'altra grande opera di Jaeger, Cristianesimo primitivo e paideia greca (1961) nella quale lo studioso tedesco immetteva l'analisi e i riscontri da lui fatti circa l'influenza di Platone e Aristotele sui grandi padri della Chiesa d'Occidente. Influenza che - scriveva Jaeger - «ha provocato una specie di neoclassicismo cristiano, che è più di un fatto puramente formale».
S'andava completando così quel progetto culturale del «terzo umanesimo» che in Germania in pieno Novecento ha fatto pensare ad una forte componente ideologica e politica. «Ma in verità - osserva Reale - il terzo umanesimo di Jaeger non ha nulla a che vedere con l'ideologia. Esso si colloca molto al di sopra dell'ideologia, almeno nel senso in cui oggi viene intesa in modo radicalmente riduttivistico, in ottica di genesi marxista». C'è molto, infatti, di più e di meglio, in Paideia; c'è lo sforzo pienamente riuscito di recuperare la dimensione del pensiero nel suo farsi, nel suo essere e nel suo manifestarsi. Con una lingua piana, precisa, mai falsamente dotta, Jaeger racconta e documenta il palpito del pensiero che come lo spirito spira dove e come vuole. Reale racconta: «A chi gli chiedeva perché dipingesse così lentamente, Zeusi rispose: Perché dipingo l'eterno».
Anche Jaeger cerca di rimeditare l'immenso influsso dell'uomo greco, del suo pensiero, della sua cultura e della sua politica sull'intero mondo occidentale: influsso dal quale derivarono poi, come sappiamo, un'infinità di circostanze ora qui lentamente ma pervicacemente seguite, descritte, analizzate e vissute le une dentro le altre lungo un corso di secoli e millenni che pare l'eternità stessa con il proprio imperscrutabile alternarsi di chiarezze e di torbidità di suggestioni e di contraddizioni, di glorie e di meschinità.
Da Sparta e Atene in pace e in guerra e dai personaggi che popolano questa dimensione dell'umanesimo classico, Jaeger trasse, come scrive Reale «una forza educativa che ha caratterizzato l'Occidente a partire dai Romani», e poi «più volte rinata con continue trasformazioni e col sorgere di nuove culture».
Dunque, qui stanno le radici di quella Costituzione europea che oggi si tenta di scrivere e che verrà firmata a Roma l'anno prossimo.