giovedì 3 luglio 2003

Emanuele Severino

L'Eco di Bergamo 3.7.03
Fede e ragione, prove tecniche di dialogo
EMANUELE SEVERINO

La sua opera intende mettere in questione la fede nel divenire entro cui l'Occidente si muove. Nato a Brescia nel 1929, Severino si è laureato a Pavia nel 1950 con Gustavo Bontadini, grazie a una tesi su «Heidegger e la metafisica». Docente in Filosofia teoretica e Filosofia morale, dal 1970 ha insegnato a Venezia, e oggi è docente all'Università del San Raffaele. Tra le sue opere più note, «Il destino della tecnica», «Essenza del nichilismo», «La gloria»
di Giulio Brotti.
MILANO È andato in scena uno spettacolo inusuale martedì sera a Palazzo Isimbardi, a Milano, nell'ambito della rassegna culturale «La Milanesiana»: Giovanni Reale, docente di storia della filosofia antica all'Università Cattolica, ed Emanuele Severino, docente di filosofia all'Università San Raffaele, hanno preso parte a un vero botta e risposta sul tema «Con Dio, senza Dio», moderato da Armando Torno, in cui sono tornate alla ribalta - contro la moda «minimalistica» oggi imperante - due grandi protagoniste della storia dell'Occidente, la «fede» e la «ragione» (necessariamente tra virgolette, viste le stratificazioni semantiche, i rapporti ora di prossimità e ora di feroce inimicizia che queste due dimensioni hanno assunto nel corso dei secoli).
Severino, certamente uno dei pensatori più originali nel panorama contemporaneo, ha ripresentato le sue tesi più note: ad esempio, che quella tra la fede cristiana e l'ateismo resterebbe una falsa antinomia, tra due posizioni apparentemente diverse, e in realtà comunque prigioniere del più grande «errore» della cultura occidentale. Questa concepisce il mondo nella sua totalità «come uno sporgere provvisoriamente dal nulla», ritiene che le cose che lo popolano (esseri umani inclusi) si originino dal niente e al niente poi sarebbero destinate a tornare (prospettiva catastrofica, madre di tutte le paure, contro la quale la fede in una provvidenza divina o nel potere salvifico della tecnica avrebbe un potere di rassicurazione oggigiorno sempre più scarso). Non dalla «fede», comunque intesa, ma dalla conoscenza filosofica verrebbe allora l'unica possibilità di salvezza: con la conversione tutta intellettuale all'evidenza originaria per cui il nulla «non è proprio nulla», semplicemente non è, e dunque la «nascita» e la «morte» delle cose rappresenterebbero solo due estremi di un'orbita, un gioco di apparizioni e nascondimenti che non comporterebbe la distruzione di alcunché.
Da posizioni evidentemente diverse, Giovanni Reale ha letto il testo di un suo saggio inedito, Senza Dio non si comprende il valore assoluto dell'uomo come persona : idea di fondo, che il concetto della «sacralità» di ogni essere umano sia di origine biblica e, particolarmente, un portato del cristianesimo, per cui l'«io» di ogni uomo sarebbe da sempre destinatario dell'amore di un «Tu» divino. «Proprio su questo punto - ha proseguito Reale - si dà una differenza abissale tra la fede e le elaborazioni anche più grandiose della semplice ragione umana
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