mercoledì 21 gennaio 2004

ed ecco che - dal côté junghiano -
s'aggiunge il buon Carotenuto

La Gazzetta di Parma 21.1.04
La legge del desiderio
di Maria Mataluno


Uno spettro si aggira nella psichiatria contemporanea. Lo si può chiamare neurobiologia o, più in generale, neuroscienze, e a renderlo spaventoso agli occhi di molti è la sua asserzione fondamentale: il pensiero è l'insieme delle attività neuronali. Quel che chiamiamo anima, psiche, mente o Io, non sarebbe altro che l'insieme dei miliardi di cellule che costituiscono il nostro cervello e delle connessioni elettriche tra di esse.
Di fronte a questa soluzione di quello che i filosofi chiamerebbero il Mind-Body Problem, il problema del rapporto tra mente e corpo, insorgono le voci più autorevoli della psichiatria e della psicologia internazionale, rivendicando alla mente umana una componente che in nessun modo può essere identificata con una singola area o attività cerebrale: il sentimento. Nelle pieghe dell'anima, infatti, si nascondono le emozioni che danno senso alla vita: tristi o gioiose, ardenti o malinconiche, innate o culturali, chiare o indecifrabili, un mondo che Aldo Carotenuto esplora nel suo ultimo saggio, Il tempo delle emozioni (Bompiani, 265 pagine, 18,00 euro). Il noto psichiatra e psicanalista junghiano, docente di Psicologia della personalità all'Università «La Sapienza» di Roma, non si limita a rivendicare la natura immateriale di quella mente che i neurobiologici vorrebbero ridurre a mero cervello, ma sostiene che l'esperienza delle emozioni - anche quelle apparentemente negative, come rabbia, paura o solitudine - è indispensabile per la costruzione della personalità individuale.
Professor Carotenuto, il suo libro scardina definitivamente la tesi secondo cui esisterebbe una rigida distinzione tra pensiero ed emozione, tra ragione e sentimento. Quale relazione esiste invece, secondo lei, tra queste due dimensioni dell'esistenza umana?
«Le emozioni sono all'origine di ogni comunicazione interpersonale e consentono all'individuo di discernere tra bene e male. Questo ci permette di ipotizzare che esse siano implicate in tutte le attività della mente. È impossibile pensare a una vita psichica che non sia illuminata dalla luce energetica delle emozioni, quella luce che consente all'individuo di non brancolare nel buio e di ritrovare in sé stesso la strada della propria verità. E allora la classica e arcaica distinzione tra pensiero ed emozioni, cognizione e affetti, può definirsi ormai obsoleta e superficiale, perché l'emozione è l'energia che fa muovere l'intera esistenza umana. La sfera affettiva intreccia un ininterrotto scambio comunicativo con la dimensione più propriamente cognitiva della nostra psiche, ed è da questo rapporto che scaturisce la soggettività di ogni essere umano, con le sue peculiarità psicologiche, il suo modo di essere, di conoscere, di mostrarsi agli altri».
Anche le emozioni possono essere, dunque, strumenti di conoscenza. Ma che tipo di sapere è quello veicolato dagli affetti?
«Le emozioni sono la chiave di accesso per entrare in una dimensione psicologica superiore, dal momento che l'esplorazione del proprio abisso interiore è la più grande conquista evolutiva per l'essere umano. L'incontro con la propria dimensione oscura può essere fonte di profondo turbamento, ma evitarlo significa togliere il respiro alla propria vita, soffocare le emozioni con gli strumenti gelidi della ragione, e questa è la fonte primaria delle più acute sofferenze psicologiche. Rinunciare a conoscere la parte più nascosta di sé vuole dire rinunciare ad attingere dal fluido vitale che le emozioni sono in grado di offrirci e rassegnarsi a vivere in una dimensione nella quale non si intravede alcuna ragione che dia significato al proprio esistere».
Fra le tante emozioni che albergano l'animo umano, un posto di primo piano è occupato dal desiderio. Qual è la sua funzione nell'evoluzione della personalità di un individuo?
«Il desiderio è la forza motrice della nostra mente. Impalpabile e oscuro, detiene le redini del nostro agire, orientandoci verso i traguardi dettati dalle nostre più profonde aspirazioni. Guidandoci verso la realizzazione dei nostri ideali, esso contrasta ogni forma di divieto imposto dall'esterno e che miri a omologare le nostre aspirazioni a quelle della collettività, a risucchiare nel vortice della "comunanza dei beni" ogni intuizione personale, unica e innovativa. Il desiderio, insomma, ci libera dalla prigionia dell'esteriorità e del conformismo, perché è alimentato solo dalle inclinazioni psicologiche proprie di ciascun individuo. Colui che segue i propri desideri è colui che considera sé stesso come l'unico detentore della propria verità contro le verità illusorie e omologanti imposte dalla realtà esterna».
Le emozioni sono una componente innata della natura umana, e come tali ricorrono con le stesse caratteristiche e le stesse manifestazioni esterne in tutti i gruppi umani e in tutte le culture. È fatale, però, che l'ambiente sociale interagisca con la nostra emotività, influenzandone lo sviluppo. In che modo ciò avviene?
«La sfera emotiva di ogni uomo dev'essere compresa facendo sempre riferimento al tipo di dinamiche interattive che ciascuno stabilisce col contesto sociale e culturale in cui vive. Educazione e ambiente sono le due forze omologanti che la civiltà usa per indirizzare gli impulsi di ogni individuo verso fini altruistici, distogliendoli dal bene individuale per rivolgerli vero il bene collettivo. Naturalmente si tratta di un meccanismo costrittivo e repressivo, fondato sulla forza di leggi etiche e morali che, per effetto della trasmissione culturale, si cristallizzano nella personalità degli individui, portandoli a rispettarle. In questa maniera la società, adducendo come giustificazione la spinta al progresso, ha sempre più costretto i suoi membri ad allontanarsi dal loro patrimonio istintuale - e quindi dalle loro emozioni più profonde, - spingendoli verso un comportamento dettato da imposizioni collettive, di massa, che contrastano con la natura assolutamente individuale delle emozioni».
Le emozioni possono anche essere fonte di malattia e di nevrosi, qualora la realtà esterna contraddica le nostre inclinazioni e i nostri desideri. Nel suo libro, però, lei afferma che si può anche curare la mente attraverso l'emozione, e in particolare mediante quella particolare emozione che lei definisce «empatia». Di cosa si tratta esattamente?
«"Empatia" significa condividere, provare le stesse esperienze vissute da un altro essere umano, riuscire a identificarsi con esse per avvertire sulla propria pelle la qualità dei sentimenti che si agitano nella mente di un nostro simile. Per cogliere le sottili venature dell'animo umano, però, è necessario saper anche afferrare determinati contenuti mentali tramite l'intuizione. Empatia e intuizione, unite, si rivelano degli straordinari strumenti terapeutici».