mercoledì 21 gennaio 2004

La morte di Lenin/4

La Repubblica 21.1.04
parla lo storico Roj Medvedev
QUANDO IL LENINISMO ANNEGÒ NELL'UTOPIA
di GIAMPAOLO VISETTI


MOSCA. Nella dacia di Roj Medvedev, immersa nella neve poco fuori Mosca, alla luce delle sole candele la figura di Vladimir Ilic Uljanov detto Lenin risorge dalla penombra rossastra di centinaia di volumi che foderano le pareti in legno di betulla. Lo storico ex dissidente, 82 anni, getta un ciocco nella stufa e va diretto al 21 gennaio 1924. Torna indietro di ottant´anni, al funerale più stupefacente che la Russia abbia mai celebrato. «Lenin è stato un grande rivoluzionario - dice - e un grande intellettuale. La verità è che Lenin fece l´errore di morire troppo presto. Gli sono mancati vent´anni di vita, il tempo per raffinare la sua dottrina. Il socialismo è morto con lui, fallito prima di essere attuato».
Cosa salverebbe del pensiero di Lenin?
«L´idea di una nuova politica economica. Nel 1920 Lenin era un vincitore, ma in un paese in rovina. Concepì il progetto di un capitalismo socialista, un modello che potesse coniugare il capitalismo secondo la visione di Marx. Questo sogno di giustizia resta l´intuizione politica più rivoluzionaria partorita nel Novecento».
Perché il desiderio di giustizia degenerò in autoritarismo e violenza?
«Il leninismo è annegato nella sua utopia. Marx e Lenin avevano concepito una ideologia troppo complessa, una società ideale che prescindeva dalla realtà. E´ l´errore che il capitalismo non ha commesso. Quando si aprì lo spazio per applicare il modello, nessuno sapeva come fare. Non c´era esperienza, nessuno aveva idea di come passare dal feudalesimo al capitalismo. Stalin capì che l´edificio non reggeva: con un inesistente proletariato russo, dopo aver sterminato e deportato i contadini, non gli rimase che la crudeltà per restare al potere».
Il nuovo potere recupera Lenin, ma pure l´impero zarista, il comunismo, la fede nella Chiesa ortodossa: perché questa indistinta idealizzazione del passato?
«Putin è convinto che nella storia russa vadano trovate coerenza e continuità. E´ la dottrina del regime attuale: non ripudiare nulla, declinare il passato in positivo. L´obbiettivo è restituire un´identità al popolo per offrire un giorno anche una vita normale. E poi in Russia un vero sentimento anti-comunista non c´è».
Perché allora il culto di Lenin, o l´enorme consenso riscosso da Putin?
«Per il bisogno di obbedienza. Non si tratta di divinizzazione, ma della consuetudine ad essere fedeli a un potere. La Russia non ha conosciuto la democrazia: è passata dalla monarchia all´autocrazia e alla dittatura. Pensiamo agli anni in cui Breznev, o Cernienko, o Eltisn, erano ridotti a cadaveri ambulanti: si obbediva, c´era ordine. L´autorità resta indiscutibile: si serve il potere, tra indifferenza e rassegnazione».