giovedì 23 dicembre 2004

Ken Loach
religione, politica, istruzione

Liberazione 23.12.04
Il bacio interreligioso di Ken Loach
di Roberta Ronconi

Casim è un bel ragazzo anglo-pachistano nato a Glasgow, laureato a Glasgow, innamorato a Glasgow. Oggetto del suo amore è Roisin, irlandese, insegnante di musica presso la scuola pubblica in cui studia Tahara, sorella di Casim. A contrastare questo giovanile amore non è un problema di classe o di "razza". Ma di religione, ovviamente. Casim non è musulmano, o meglio, non è praticante. Ma la sua famiglia sì, e per lui ha già combinato un bel matrimonio con la cugina Jasmine. Roisin non è cattolica, ma insegna in una scuola cattolica (nonché pubblica) e se vuole mantenere il posto di lavoro deve dimostrare una stretta osservanza alle regole della sua chiesa.
Nel nuovo film di Ken Loach "Ae fond kiss" (primo verso di una lirica di Robert Burns del 1791, tradotto in italiano "Un bacio appassionato") il tema è dunque l'intolleranza religiosa, dell'una e dell'altra parte. E l'ingerenza profonda che questa esercita nella vita delle persone, in particolare dei giovani nel momento delicato delle scelte. Un tema tutt'altro che nuovo, soprattutto per la cinematografia del Regno Unito ("My Beautiful Laundrette" di Stephen Frears, "East is East" di Om Puri, "Sognando Beckam" di Gurinder Chadha) ma che in "Ae fond kiss" vede ripareggiare i conti. Se nei precedenti titoli, infatti, il problema dell'"integrazione" era sempre legato alla rigidità della struttura della famiglia musulmana, qui finalmente vediamo anche l'altra parte, ovvero le intransigenze cattoliche. Che possono non essere da meno. La necessità di tornare sull'antico e mai così attuale tema dello scontro religioso è partita, più che da Ken Loach, dal suo inseparabile sceneggiatore Paul Laverty che era a New York l'11 settembre del 2001. E ha visto come in poche ore in quella città, i tanti immigrati di origine musulmana, ormai perfettamente integrati, «siano ridiventati immediatamente degli "estranei"».
Un mondo pieno di identità fragili, dunque. Dove le appartenenze, spesso solo supposte, contano più di ciò che sei realmente, di ciò che fai, del tuo comportamento e delle tue idee. In particolare se parliamo di appartenenze religiose.
Loach, ha tentato di fare un film equidistante, di ridare un senso all'importanza di una convivenza laica?
Sì, anche se il tema va visto nella sua complessità. Per esempio, la famiglia di Casim attraverso la fedeltà ai precetti musulmani dimostra il bisogno di difendere la propria identità che, dopo la migrazione, si ricostruisce spesso attorno alla moschea. Mentre, per quanto concerne la fede cattolica, nel film mostriamo come ne possa esistere una versione estremamente rigida e un'altra molto più liberale. Per quanto mi riguarda, io sono un agnostico con tendenze atee.
Nello scontro tra uomini e civiltà in questi anni sembra che la religione abbia preso il posto della politica...
No, non penso sia così. Credo che da sempre sia la politica ad usare la religione per i propri fini. Gli inglesi hanno costruito un impero con la spada in una mano e la bibbia nell'altra.
In "Ae fonk kiss" lei non si tira indietro nel mostrare la difficoltà, della famiglia musulmana, ad avvicinarsi sia pure ad un simulacro di integrazione. Non c'è dunque speranza?
Al contrario. Il padre di Casim in realtà è molto più integrato di quanto sia disposto ad ammettere. Fa il suo commercio, guadagna e vive nella società scozzese. I suoi figli li ha mandati tutti a studiare in una università di Glasgow. Non riesce a fare ulteriori passi, ma quelli li faranno i suoi figli, la seconda generazione. Sarà un processo naturale. E' già in corso.
Anche Roisin non è inglese né scozzese. E tantomeno cattolica. Una vittima anche lei.
La verità è che Roisin è la vera immigrata della storia. Lei è irlandese, e gli irlandesi arrivati in Gran Bretagna tra la fine del 1800 e la fine del '900 hanno vissuto una discriminazione durissima. Ricordo ancora, quando ero piccolo, i cartelli fuori dai negozi "no blacks, no irish".
Lei sa che la questione religiosa, soprattutto in relazione alla scuola, è tema di dibattito caldissimo in Italia in questi mesi?
Sì, lo so. E devo dire che il primo motivo per cui abbiamo fatto questo film è per ribadire la nostra convinzione profonda che religione ed educazione debbano essere separate. Non si può, non si deve mai parlare di bambino musulmano, cattolico, cristiano o che altro. Le loro famiglie hanno un'identità religiosa, ma non loro, che hanno il diritto di venire educati in modo a-confessionale.
In Italia la questione è spinosa. In Inghilterra?
Non in modo così evidente, ma a mio avviso lo è altrettanto. Nelle nostre scuole protestanti il gioco è più subdolo. Per accedere, ad esempio, alle classi o agli istituti migliori i genitori del bambino devono dimostrarsi buoni praticanti, altrimenti non hanno chance di iscrivere i figli. Ci sono tantissime coppie che si improvvisano religiose per mandare i figli nella scuola giusta. Il problema è che tutto questo avviene sulla testa dei bambini.
Eppure, c'è anche il caso francese in cui sono le ragazze stesse a chiedere di poter andare a scuola con il velo, mentre lo Stato francese lo vieta.
Lì credo che la questione sia diversa. Io ci sento, in quel caso, l'intenzione di attaccare la comunità musulmana in quanto tale. Insomma, ci sento un accenno di razzismo di cui le comunitrà musulmane in questo momento non hanno proprio bisogno.
Ho letto che "Ae fond kiss" è stato realizzato anche grazie ai benefit fiscali previsti dal governo per le aziende che investono in cinema. Beati voi! Da noi il governo sta tagliando tutti i fondi per la cultura, in particolare per il cinema.
Ma anche da noi le cose sembra stiano cambiando. C'è in discussione un progetto per cambiare questo benefit. Non ricordo i termini, ma mi sembra decisamente in peggio. Comunque, il punto è che le destre europee guardano al cinema e alle altre arti come attività puramente commerciali. E sarebbero felicissimi di assistere alla sparizione delle cinematografie nazionali, come quella italiana, francese, inglese.
Che si può fare? In Italia si sta scendendo in piazza per questo e i cineasti stanno cercando di costituire degli "Stati generali del cinema". In Inghilterra cosa state facendo?
Poco, troppo poco. Il nostro obbiettivo dovrebbe essere, prima di tutto, quello di riconquistare gli schermi. Ottenere dei finanziamenti per le vecchie sale che scelgono di proiettare solo film europei, ad esempio. Ora funziona esattamente al contrario, in Inghilterra come nel resto d'Europa. Vengono premiate le sale che proiettano i prodotti di Hollywood. Quindi, sono con gli italiani. Scendiamo di nuovo in piazza, anche per il cinema.


L'Unità 21.12.2004

Mai più Giulietta e Romeo
Intervista a: Ken Loach
a cura di Gabriella Gallozzi

Il diritto all’istruzione laica. La contrapposizione culturale tra musulmani e cattolici. La religione come limite alla libertà. E ancora le bugie della politica, vedi il caso Blair a proposito della guerra in Iraq. Ken Loach come sempre non si risparmia. Tanto più questa volta che, appena finito di girare il «collettivo» Ticket con Abbas Kiarostami e Ermanno Olmi, è in arrivo nelle nostre sale col nuovo Un bacio appassionato in cui prende di petto tutti questi argomenti con una storia sola. Quella di una coppia «mista» che vive in una Glasgow multietnica: lei irlandese cattolica che insegna in una scuola pubblica soggetta però alle volontà della curia locale, lui un dj pachistano di famiglia mussulmana col destino segnato da un matrimonio per procura voluto da una famiglia tradizionalissima. Come due moderni Romeo e Giulietta, insomma, i due ragazzi devono fare i conti con le contraddizioni, le ipocrisie e gli ostacoli imposti dalle diverse culture di provenienza, contro i quali l’unica soluzione è la ribellione.
Nell’ultimo «Sweet Sixteen», sempre ambientato in Scozia, aveva affrontato il dramma dell’adolescenza schiacciata tra lavoro precario e malavita. Cosa l’ha spinta adesso a puntare l’attenzione sul tema dell’integrazione e dello scontro tra culture?
Beh basta guardarsi intorno. Dopo l’11 settembre la comunità mussulmana è molto più vulnerabile, presa di mira perché viene associata genericamente ad Al Queida, al terrorismo. Allora è nata spontanea la voglia di indagare su cosa stia succedendo in questa comunità, nelle nuove generazioni di immigrati in cui i giovani si sentono con i piedi in due culture. E per questo vivono una vita di contraddizioni, tanto che sono soprattutto loro, i giovani pakistani, ad aver apprezzato il film. Un ragazzo, dopo una proiezione, mi ha detto: vorrei che lo vedessero tutti i miei zii e le mie zie così capirebbero quello che dobbiamo passare tutti i giorni.
Il film è un’analisi molto lucida e laica sullo scontro religioso. E alla fine appare evidente come la religione sia un impedimento al conseguimento della felicità...
La situazione è molto complessa perché spesso per gli immigrati la religione è lo strumento più diretto per mantenere la propria identità. La moschea, dunque, diventa il fulcro di tutto. Nel film, però, mostro anche del cattolicesimo le tante facce. Dal preside più laico che cerca di aiutare la giovane insegnante, al prete integralista che spinge a licenziare l’insegnante perché vive con un mussulmano. Che in questo contesto la religione sia d’ostacolo alla felicità dei protagonisti è evidente. Del resto io sono un agnostico con tendenze atee.
Eppure di questi tempi la religione è di nuovo in primo piano. Come se avesse preso il posto della politica...
Veramente, come è sempre accaduto, è la politica ad usare la religione per nascondere i suoi intenti. Del resto i britannici hanno costruito un impero con la Bibbia in una mano e nell’altra la pistola. Basta guardare alle bugie di Blair sull’Iraq, una guerra che ha violato il diritto internazionale e difeso gli interessi delle grandi imprese. Doveva essere un leader di sinistra, invece, ha dimostrato che in Gran Bretagna, ormai, ci sono solo partiti di destra... Ecco, un giorno mi piacerebbe fare un documentario come Fahrenheit 9/11, ma su temi europei e per il pubblico europeo. E forse il titolo potrebbe essere Bugiardi e imbroglioni.
E della nuova coalizione Respect, a cui aderisce, cosa può dire?
Ne fanno parte militanti di sinistra, ambientalisti, pacifisti. Ma per il momento dobbiamo tenere le dita incrociate perché creare e consolidare una coalizione di questo tipo non è facile. In giro per l'Europa si organizzano molti Social forum che sono momenti molto produttivi, poi però bisogna essere in grado di catalizzare questa grande energia in un'organizzazione, perché altrimenti si corre il rischio che tutto si dissolva.
Di questi tempi, infatti, si ha spesso l’impressione di tornare in dietro, piuttosto che di procedere in avanti. Qui in Italia, per esempio, siamo arrivati di nuovo a discutere sull’obbligo del crocefisso in classe e il ministro della pubblica istruzione ha invitato le scuole a fare il presepio.
Appunto, uno dei temi forti di Un bacio appassionato è proprio quello della necessità di separare l’istruzione dalla religione. Anche da noi si suppone che l'educazione pubblica debba essere laica, ma in Scozia o in Irlanda, per esempio come mostro nel film, i preti detengono ancora il potere di scegliere gli insegnanti in virtù del loro comportamento religioso e morale. E non diversamente vale per la chiesa protestante che può essere ugualmente repressiva e opprimente. In Inghilterra ci sono certe chiese protestanti, considerate tra le più importanti e rinomate del paese, dove i genitori degli alunni sono costretti ad andare a messa anche se non sono credenti per ottenere la frequenza per i propri figli. E la cosa più sconcertante, poi, è che si continui a parlare di bimbi mussulmani, cattolici invece che di figli di cattolici e mussulmani poiché dovrebbero essere loro ad avere il diritto di scelta una volta adulti...
Il diritto di scelta magari, però, è quello della ragazzina mussulmana che in Francia sceglie di andare a scuola con il velo, ma le è vietato...
Questo è ancora un altro discorso. Pur ritenendo la necessità di un’istruzione laica, sono convinto che la legge contro il velo sia stato un ennesimo attacco alla comunità mussulmana che è già abbondantemente sotto tiro.
Ma anche al centro di reazioni violente come l’uccisione del regista olandese Theo Van Gog ad Amsterdam..
Certo finché si continua con la violenza sarà sempre una spirale, un serpente che si morde la coda. Se il mondo mussulmano viene attaccato è chiaro che si difenda. Per questo credo che l’unica strada sia quella di intraprendere il cammino della solidarietà. Offrire solidarietà al popolo iracheno, solidarietà a tutti coloro che sono costretti a lasciare il loro paese per sfuggire alla violenza e alla miseria.