giovedì 23 dicembre 2004

Ruini
l'odio cattolico per la ricerca scientifica
e la loro complicità con Kant

Corriere della Sera 23.12.04
LA CHIESA E L’ITALIA
«il Risveglio dell’Identità»

Pubblichiamo alcuni brani dell’editoriale che il cardinale Camillo Ruini ha scritto per il prossimo numero - in libreria dal 10 gennaio - di Vita e pensiero , la storica rivista di cultura e dibattito dell'Università Cattolica, diretta dal rettore dell’ateneo, Lorenzo Ornaghi
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Oltre alle tensioni geopolitiche divenute manifeste con l’attentato dell’11 settembre, un altro fattore di portata storica, che si può definire una nuova «questione antropologica», chiama oggi in causa la valenza culturale e sociale del cristianesimo. È in corso infatti, con una forza e una radicalità che si sono accresciute negli ultimi decenni, una trasformazione o ridefinizione dei modelli di vita, dei comportamenti diffusi e dei valori di riferimento, e sempre più anche delle scelte legislative, amministrative e giudiziarie, che cambia in profondità gli assetti sociali e i profili di una civiltà formatasi attraverso i secoli con il contributo determinante del cristianesimo.
Ciò avviene con particolare evidenza negli ambiti della tutela della vita umana, della famiglia, della procreazione e di tutto il complesso dei rapporti affettivi, che rappresentano, insieme al lavoro, al guadagno e al sostentamento, e naturalmente alla sicurezza del vivere, i fondamentali interessi e le preoccupazioni quotidiane della gente.
Con simili trasformazioni stanno sempre più interagendo, in questi anni, gli sviluppi delle scienze e delle tecnologie che riguardano il soggetto umano, in particolare il funzionamento del nostro cervello e i processi della generazione. L’uomo stesso si trova messo così radicalmente in questione, nella sua consistenza biologica come nella coscienza che ha di sé, e ciò non soltanto sul piano teoretico, come avveniva nel passato, ma anzitutto a livello del fare e dell’operare tecnologico. È facile inoltre, anche se poco giustificabile già sotto il profilo metodologico, farsi forti delle acquisizioni scientifiche e tecnologiche per cercare di ricondurre integralmente la nostra intelligenza e la nostra libertà al funzionamento dell’organo cerebrale e riproporne così una concezione dell’uomo puramente naturalistica, nella quale non c’è spazio per alcuna sua trascendenza, e tanto meno per una vita oltre la morte, ma diventa anche assai difficile fondare razionalmente quel ruolo centrale e quella dignità specifica del soggetto umano - da considerare sempre come un fine e mai come un mezzo, secondo la nota formula di Kant - che costituiscono il punto di riferimento decisivo della nostra civiltà.
È questo, per sommi capi, il quadro dell’attuale «questione antropologica», che esige una precisa capacità di risposta, certamente da parte della Chiesa e dei credenti, ma anche di tutti coloro che hanno a cuore il valore unico della persona e il carattere genuinamente umanistico della società a cui apparteniamo. Una tale capacità di risposta non può non articolarsi a molteplici livelli, così come tende ad essere globale la «questione antropologica»: dovrà riguardare pertanto i comportamenti concreti come la ricerca scientifica, la fede vissuta e la pastorale della Chiesa come il pensiero filosofico e teologico, la comunicazione sociale e le creazioni dell’arte, le scelte politiche, legislative ed economiche; in una parola, tutto ciò che forma la cultura di un popolo o di un insieme di popoli. (...)