domenica 6 febbraio 2005

Darwin

L'Unità 5.2.O5
Imputato Darwin, assolto
Pietro Greco


C’è, dunque, un giudice anche in Georgia. Capace di difendere Charles Robert Darwin e la sua teoria dell’evoluzione biologica per selezione naturale del più adatto dagli attacchi sempre più sofisticati, ma non meno proditorii, di quelli che l’antropologo Christopher P. Toumey ha definito «gli scienziati di Dio» e che Garry Wills, premio Pulitzer per la storia politica e culturale degli Stati Uniti, ha definito il collante della «maggioranza morale» che consegnato la vittoria a George W. Bush alle ultime elezioni presidenziali.
La storia del giudice che nello stato americano della Georgia tiene a bada i «guerrieri della Fede» - secondo l’autodefinizione che John D. Morris, presidente dell’Institute of Creation Research, propone di se stesso e dei suoi collaboratori - non è che l’ultima tappa di una vicenda lunga quasi un secolo, ma che oggi è in una fase di così rapida accelerazione da minacciare non solo l’autonomia della scienza e la libertà di insegnamento, ma anche la basi democratiche di una società multietica. Negli Stati Uniti. E fuori dagli Stati Uniti.
Cosa ha fatto il giudice in Georgia e cosa avevano fatto «gli scienziati di Dio», o se volete i «guerrieri della Fede», rivelatisi nei mesi scorsi il collante della «maggioranza morale» che ha riconsegnato la presidenza a Bush?
Per rispondere occorre raccontare, brevemente, la storia dall’inizio. Quando, nel 1925, i rappresentanti di alcuni gruppi evangelici riuniti nella «Anti Evolution-League» trascinano in un tribunale del Tennessee l’insegnante John Thomas Scopes colpevole di aver insegnato nelle scuole medie dello stato la teoria dell’evoluzione biologica di Charles Darwin, nemica della «dottrina del Disegno». La lega antievoluzionista rompe un’antica tradizione, che aveva portato la «Evangelic Alliance», in un convegno tenuto a New York nel 1873, a sostenere che il Protestantesimo può e deve interpretare Darwin, rendendolo compatibile con la propria teologia. E trova un’immediata eco politica nel governatore del Tennessee, Austin Peay, che si fa paladino della crociata contro l’«irrazionale tendenza a esaltare la cosiddetta scienza e a negare la verità della Bibbia che si verifica in molte scuole».
Gli antievoluzionisti questo vogliono: bandire dalle scuole la teoria scientifica dell’evoluzione per proporre la «dottrina del Disegno» e la narrazione biblica della creazione. Nel cuore della Mid-America il tentativo coglie qualche successo. Ma la faccenda è delicata. La Costituzione degli Stati Uniti promuove la scienza e non accetta che la religione venga insegnata nelle scuole pubbliche per volontà del governo.
È per questo che, dopo alterne vicende, negli anni ’80 intervengono le autorità federali riconoscendo che quella creazionista è un’ipotesi religiosa e che, come tale, non può essere insegnata nelle scuole, mentre l’evoluzione di Darwin è una teoria scientifica che nelle scuole può essere liberamente insegnata.
A questo punto i creazionisti cambiano tattica. E cercano di accreditare la loro ipotesi religiosa come «teoria scientifica», in modo che possa essere insegnata al pari (o magari al posto) della teoria darwiniana. Nascono degli istituti di ricerca, come appunto l’Institute of Creation Research, con l’obiettivo di screditare la teoria darwiniana e raccogliere prove a favore della narrazione biblica.
Ma anche il «creazionismo scientifico» fallisce. Nessuna delle tesi dei «guerrieri della Fede» viene accolta dalla comunità scientifica. La loro resta - e viene riconosciuta come tale - una proposta religiosa. Ciò impedisce ai gruppi evangelici più oltranzisti di entrare nelle scuole (pur con qualche eccezione), ma non di entrare nelle case. La loro capacità di convinzione e di mobilitazione tra la popolazione dell’intera fascia centrale degli Stati Uniti è tale da assumere una valenza politica. I repubblicani puntano proprio su di loro per coagulare intorno a George W. Bush una maggioranza tenuta insieme da un progetto morale: non all’aborto, no alle staminali embrionali, sì alla missione che Dio ha affidato agli Stati Uniti.
Dal gioco, piuttosto pericoloso, i repubblicani di Bush escono vincenti. Ma i creazionisti non si limitano a coagulare la maggioranza politica del paese. Continuano a perseguire la vecchia ambizione: cacciare Darwin dalle scuole (dalle scuole medie) e insediarsi al suo posto. Le sconfitte del passato consigliano di affinare la strategia. Che ora si articola in due punti: 1) quella di Darwin è una teoria, non è un fatto; 2) a quella di Darwin è possibile opporre un’altra teoria di pari valore culturale, quella del «disegno intelligente».
Questa strategia può contare su due ambiguità. Il diverso significato che la parola teoria assume nel linguaggio comune e nel linguaggio scientifico. E il fatto che molti studiosi, filosofi ma anche scienziati critici di Darwin, propugnano un «disegno intelligente» per spiegare l’evoluzione della vita.
La prima ambiguità è stata risolta (ahimè, ne siamo certi, solo provvisoriamente) dal giudice della Georgia. Nel linguaggio comune il termine teoria è spesso sinonimo di mera ipotesi. Di un qualcosa di astratto e di soggettivo, ben distinto dai fatti concreti e oggettivi. Nel linguaggio scientifico il termine teoria non indica affatto una mera ipotesi, che vale come qualsiasi altra. Una teoria, nella scienza, è tale quando è in grado di «salvare i fatti». Ovvero di fornire una spiegazione logicamente coerente di tutti i fatti noti nell’ambito che vuole descrivere.
Si può discutere - e qualcuno lo ha discusso - il fatto che le teorie scientifiche si impongano solo sulla base di criteri oggettivi, ma anche grazie a pregiudizi metafisici o a contingenze storiche. Tuttavia nessuno contesta che una teoria scientifica è tale solo se è in grado di «salvare i fatti».
In questo senso la spiegazione dell’evoluzione biologica per selezione naturale del più adatto di Charles Robert Darwin è una teoria scientifica. L’unica in grado di «salvare i fatti» noti in ambito biologico. Ovvero di dare una spiegazione logicamente coerente In tutti gli ambiti biologici, dalla paleontologia (lo studio dei fossili) alla genetica.
Una teoria che volesse opporsi sul piano scientifico a quella di Darwin dovrebbe «salvare i fatti» noti. Ma anche essere falsificabile. Ovvero prevedere l’esistenza di nuovi fatti che possano falsificarla. Se scoprissimo, per esempio, un uomo vissuto prima dell’estinzione dei dinosauri, questo fatto sarebbe un colpo mortale per la teoria darwiniana, perché non è previsto nell’ambito di quella spiegazione.
La creazione per mano divina non è una teoria scientifica perché non può essere falsificata. La creazione per mano divina risalente a non più di diecimila anni fa, come asseriscono i «guerrieri della fede», non è una teoria scientifica perché in stridente e irreparabile contraddizione con i fatti noti.
Questo ci dice la filosofia della scienza. E questo ha riconosciuto il giudice della Georgia.
C’è, tuttavia, l’altra ambiguità. Quella relativa all’ipotesi del «disegno intelligente». Ovvero a quello che i filosofi della scienza chiamano l’ipotesi «teleologia». Questa ipotesi è piuttosto antica, anche se continuamente si rinnova. Nasce dal fatto che molti studiosi ritengono la vita e la vita intelligente forme di organizzazione della materia così straordinarie da non poter essere frutto del caso. Di un processo senza direzione. Per questo sono critici rispetto alla teoria di Darwin, che propone un processo cieco, privo di una direzione preferenziale, e sono alla ricerca di un processo direzionato, di un «disegno intelligente», appunto.
Molti scienziati hanno cercato questo «disegno intelligente» nell’ambito delle leggi note della fisica e/o della biologia.
Questa ricerca teleologica si protrae, con strategie diversissime, da molto tempo. Ma, finora, non ha mai prodotto risultati tali da «salvare i fatti», né fatti nuovi tali da screditare la teoria darwiniana. Potremmo addirittura dire che il tentativo, reiterato ma finora vano, di validare l’ipotesi teleologica si è rivelato un argomento forte e aggiuntivo a favore della teoria darwiniana.
In ogni caso le ipotesi di «disegno intelligente» di Thom o di Kauffman, mai divenute teorie, sono tutt’altro dall’ipotesi creazionista degli «scienziati di Dio». I primi cercano un «disegno intelligente» nell’ambito delle leggi fisiche e biologiche. Per i secondi il «disegno intelligente» è, semplicemente, quello di Dio e, in quanto tale, fuori dalle dimensioni della scienza. Thom, Kauffman e gli altri cercano di «salvare i fatti». I «guerrieri della fede» cercano di sovvertirli.
Per quanto più sofisticate delle precedenti, dunque, le nuove strategie dei Creazionisti autodefinitisi scientifici sono screditate dalla scienza e fondate solo sull’ambiguità del linguaggio.
Non sono, per questo, meno pericolose. Sia perché creano un cortocircuito tra scienza e fede che si risolve, sempre, in un attacco all’autonomia della ricerca. Sia perché confondono le acque a scuola, creando nei giovani un forte disorientamento e privandoli (cercando di privarli) di insegnamenti fondamentali. Ma anche e soprattutto perché i «guerrieri della fede», attraverso l’attacco a Darwin e schierandosi apertamente in politica, cercano di ottenere un’egemonia morale difficile da accettare in una società multietica. I «guerrieri della fede» diventano così i miliziani di uno stato etico.
Il problema non riguarda solo gli Stati Uniti d’America (e non sarebbe, comunque, poca cosa). Inizia a tracimare. Dal Brasile all’Olanda, iniziano a essere abbastanza i paesi in cui i «soldati di Dio» sono passati all’attacco. E anche in Italia ne abbiamo qualche sentore: ricordate il decreto con cui la signora Moratti lo scorso anno aboliva l’insegnamento dell’evoluzione biologica dalla scuole elementari e medie? E non c’è, anche, un pregiudizio antidarwiniano in molti degli argomenti con cui l’aspirante «maggioranza morale» del nostro paese cerca di difendere la legge indifendibile sulla procreazione assistita?
È anche per questi motivi che il 12 febbraio in vari centri di studio e di ricerca italiani sentiremo gridare in coro «Buon compleanno, Darwin!». Ci uniremo al coro.