domenica 6 febbraio 2005

il confronto a sinistra

L'Unità 5.2.05
GAVINO ANGIUS, presidente dei senatori Ds
«Se Bertinotti insiste
torniamo a dividerci»
Osvaldo Sabato


ROMA La stoccata al segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti l’ha riservata proprio verso la conclusione: «Se insiste a candidarsi ci si divide» fa notare il presidente dei senatori diessini, Gavino Angius. Non poteva mancare nel suo intervento al terzo congresso nazionale della Quercia il riferimento alle primarie, che rischiano di diventare sempre di più una patata bollente per tutto il grande Ulivo. La scelta di Bertinotti di sfidare alle primarie Romano Prodi che i diesse ritengono sia l’unico candidato a premier del centro sinistra rende sempre più difficili i rapporti dentro la coalizione. «Guarda Fausto - ha poi aggiunto Angius nel palcoscenico di Diaco su Tv Iride - il problema non è la competizione tra di noi, ma l’intesa per governare il paese». In poche parole per il capogruppo dei Ds a Palazzo Madama il pericolo da evitare non è solo quello che ha portato il centro sinistra a perdere le elezioni del maggio 2001. Ma anche il 26 ottobre del 1998. Sia nell’uno che nell’altro caso la rottura con Bertinotti avrebbe poi avuto dei riflessi infausti su tutto il centro sinistra. Quindi quando si passerà a parlare di programmi «occorrerà avere coesione». Era stato proprio Angius ad accompagnare in mattinata Romano Prodi fin sotto il palco del palazzetto, attorniato da giornalisti e cameramen, con accanto Vannino Chiti e Giuliano Amato. Gli avrà fatto in un orecchio la stessa raccomandazione, che poi ha sottolineato davanti alla platea? «È molto difficile e assai rischioso ritenere che si possa governare una grande democrazia economica come l’Italia, con una coalizione di nove partiti. L’unità del centro sinistra è essenziale». Ma per governare avverte Angius «serve qualcosa in più: un forte timone riformista». Altra stoccata a Bertinotti. Sembra quasi che nella strategia di Gavino Angius ci sia il tentativo di mettere alle corde Bertinotti colorando con la matita rossa ciò che in questo momento divide i diesse da Rifondazione: la virata riformista del partito di Fassino e il no deciso alle primarie affollate «devono servire a rafforzare Prodi, non per contarsi dentro il centrosinistra, altrimenti è meglio non farle», taglia Angius. Sul fronte interno continuare il cammino della Fed ha un senso per il parlamentare sardo se lo sbocco è la costruzione di un partito democratico che rimanga nel campo del socialismo europeo. È la prospettiva della federazione dell'Ulivo che dovrà essere, a suo avviso, il timone riformista dell'alleanza di centrosinistra. «Vogliamo unire le forze del riformismo italiano», dice Angius in un progetto, che ha «valore e significato altissimi se ha come scopo ultimo, come obiettivo finale, la nascita di un grande partito democratico, che sia nel campo del socialismo europeo, la casa dei riformisti».

L'Unità 5.2.05
Prc attacca: «Non ci vogliono per le poltrone»
Rifondazione avvia la campagna elettorale con duri manifesti contro Martini e Toscana democratica
Vladimiro Frulletti

«Sì, forse sono un po’ umorali, però...». Dario Danti che di Rifondazione comunista della Toscana è il numero due è come spiazzato. Se fosse stato per lui quei manifesti rossi fuoco non li avrebbe messi in giro. Almeno non in questo momento. Ma è il modo, lo stile, non è la sostanza a creargli imbarazzo. Perché quello che c’è scritto sui manifestai è quello che dentro Rifondazione comunista si pensa del no incassato da Toscana democratica per un accordo alle prossime regionali.
Prc all’attacco
È quello che il segretario nazionale del Prc, Fausto Bertinotti, ha ripetuto in una lunga intervista pubblica ieri dall’Espresso. E cioè che il rifiuto dell’Ulivo toscano dipende da una questione di poltrone. «C’è un rifiuto del centro-sinistra ad allearsi con noi - dice Bertinotti all’Espresso -. Leonardo Domenici e Claudio Martini ci hanno detto di no. L’oggetto del rifiuto è prendere quattro consiglieri in più». Insomma Bertinotti usa toni morbidi. Ma la sua opinione è riportata piuttosto fedelmente in quei manifesti apparsi per le vie fiorentine. E che, al di là delle parole usate, significano soprattutto una cosa: che la campagna elettorale per le regionali del prossimo 3 e 4 aprile è già cominciata. E Rifondazione ha capito che dovrà correre da sola. O meglio, non alleata con l’Ulivo come invece avverrà nelle altre 13 regioni chiamate al voto. Così ha lanciato la sua campagna mediatica inquadrando nell’obbiettivo le “proposte indecenti” del presidente della Regione Claudio Martini (i due posti in giunta nel 2006) per «tenerci buoni» e la fame di poltrone che regna nel centrosinistra.
Le accuse a Martini
Il riferimento dei manifesti del Prc è ovviamente all’idea di Martini, espressa anche al congresso regionale Ds, che Toscana democratica, dopo aver governato bene, non possa diventare minoranza in consiglio regionale. Cosa che avverrebbe per effetto della riduzione del premio di maggioranza in caso di accordo con il Prc. Con in più l’aggravante che quei seggi andrebbero a finire al centrodestra che, per Martini, «certo non se li merita». Da qui la proposta Martini di un accordo per il 2006, prima delle decisive elezioni politiche, con l’ingresso in giunta regionale del Prc. Proposta inaccettabile per il segretario regionale del Prc Mario Ricci (che al comitato politico del suo partito ha annunciato che non si ripresenterà alle regionali «per lasciare spazio a una donna») che spiega come quei manifesti non sono un attacco, ma una richiesta. «Gli stiamo chiedendo - dice - se vogliono o no la Gad anche in Toscana. Se vogliono cioè rispondere positivamente alla richiesta di unità che arriva dal nostro popolo di sinistra».
Sinistra spiazzata
Questi manifesti però più che Toscana democratica e Martini rischiano di impallinare chi sul dialogo a sinistra ha sempre puntato. «Non sono un buon viatico per l’assemblea del 9» ammette il segretario della Fiom toscana Mauro Faticanti che con altri (Arci, Funzione pubblica, Professori, sinistra Ds) ha promosso un manifesto pro-Gad e si è impegnato per tenere aperto un canale di comunicazione fra Prc, movimenti e Martini. Il 9, appunto, è (era?) previsto un incontro pubblico alla Casa del Popolo Fratelli Taddei in via Pisana a cui aveva garantito la propria presenza anche lo stesso presidente della Regione. «Purtroppo - nota Faticanti - siamo già in clima elettorale. Comunque noi andiamo avanti. E penso che occorrerebbe avere la capacità, da parte di tutti, di guardare anche al dopo-regionali».
Ds arrabbiati
Martini, informato del manifesto a Roma, dove sta seguendo il congresso Ds non ha voluto commentare, ha solo cercato di capire se l’iniziativa era un’idea del Prc di Firenze o di tutto il partito regionale. Dura invece la reazione del segretario regionale dei Ds Marco Filippeschi che parla di «caduta di stile». «Strano modo per cercare l’unità a sinistra - dice Filippeschi -. Questa caduta di stile evidenzia l’incapacità di Rifondazione a comprendere il senso del percorso che le avevamo proposto e le difficoltà nel gestire un delicato passaggio come questo con la dovuta serenità. Purtroppo - conclude Filippeschi - avevamo ragione nel ritenere che le distanze fra la coalizione di centrosinistra, Toscana democratica, e Rifondazione fossero difficili da colmare in poco tempo».

Corriere della Sera 5.2.05
SU «LIBERAZIONE»
«Piero come Amendola? Forse»


«Fassino come Amendola?». Rina Gagliardi, su Liberazione, propone il parallelo anche se il «glorioso leader della destra del Pci» non è mai stato citato «come del resto nessun altro dirigente storico», a differenza di «Kennedy, Mitterrand o Cicerone». Pazienza: «Chi altri, se non il pur dimenticato Giorgione , si è sforzato di introdurre nel fu-Pci una strada socialdemocratica?». Ora «l’asse dell’identità "riformista"» va nella stessa direzione. Il riformismo «non è la destra della sinistra», dice Fassino. Battuta di Liberazione : «In effetti il riformismo è la sinistra della destra...»