martedì 1 febbraio 2005

elezioni

Corriere della Sera 1.2.05
Il partito degli «irriducibili»: urne farsa, non cambierà nulla
di Fa. Ro.


ROMA - I militanti del pacifismo italiano, certi cattolici, alcuni intellettuali di sinistra, hanno visto la televisione e non dev’essere stato facile ascoltare quelle voci di donna, quelle irachene in fila davanti ai seggi di Bagdad, senza velo e con i bambini tenuti per mano, mentre i mariti e i nonni già uscivano fieri e un po’ eccitati dall’idea di poter mostrare alle telecamere dei tigì occidentali il loro dito imbrattato di inchiostro. Hanno visto la televisione, o addirittura hanno telefonato giù, ad amici e conoscenti: eppure, la loro posizione sull’Iraq, sostanzialmente, non cambia. Irriducibili? Il verde Paolo Cento , sì. «Abbiamo sentito Bush, Blair e Berlusconi dirci che sono state elezioni democratiche: bene, anche se è dura, fingiamo di credergli... Ma allora, a questo punto, il governo italiano non ha più alibi e deve ritirare subito le nostre truppe dall’Iraq».
Poi, il giornalista Valentino Parlato . «Inattesa, certo... questa consultazione elettorale è stata inattesa. D’altra parte, è come se a Roma si fosse andato regolarmente a votare durante l’occupazione nazista e dopo l’attentato di via Rasella: ma va bene, gli iracheni sono andati e questo è il punto che deve interessarci. Ma perché sono andati? Perché hanno voluto darci un segnale della loro esistenza: si sono solo voluti riprendere l’Iraq... E allora, mi chiedo: il nostro esercito perché resta ancora laggiù?».
Su questo concetto - «far tornare a casa il contingente italiano» - concorda anche l’ala cattolica del mondo pacifista e di sinistra. Don Albino Bizzotto , presidente dei «Beati». «Non dobbiamo soffermarci troppo a riflettere sull’esito delle elezioni... Il problema era e resta l’occupazione militare del Paese: la gente non la sopporta davvero più». È della stessa idea anche Lisa Clark , responsabile dei «Beati i costruttori di pace»: «Mi sono commossa nel vedere quelle donne in fila fuori dai seggi... Purtroppo, ho un timore: tutto questo, con le forze d’occupazione ancora presenti, potrà davvero portare a un vero cambiamento politico?».
Il filosofo Gianni Vattimo , infatti, è incredulo. «Aspetto con curiosità che i clamorosi dati sull’affluenza alle urne vengano confermati: se così fosse, con il loro 60%, sarebbero gli iracheni a dare una lezione di democrazia agli americani, che come noto a votare ci vanno sempre meno... Ma è credibile tutto questo? Lo ammetto, resto scettico. Anche perché la democrazia dei carri armati va verificata nel tempo...».
Ecco, appunto: carri armati, bombardamenti e torture. Pur con sfumature diverse, queste immagini tornano anche nei discorsi di molti esponenti diessini, da Mussi alla Melandri, che pure sono rimasti sorpresi dall’esito della consultazione elettorale. Nichi Vendola , il candidato della Gad alla Regione Puglia, che non s’è perso un solo corteo pacifista, ironizza invece polemico: «Mi chiedo: gli iracheni, per fare un favore a me che sono pacifista e un dispetto agli americani, che sono invasori, avrebbero forse dovuto rifiutarsi di votare? Ma è logico?». E poi Sergio Staino , il papà del fumetto più amato dalla sinistra italiana, «Bobo»: «Quelle donne in fila davanti ai seggi non possono farci dimenticare i corpi di tanti civili straziati dalle bombe...».
La memoria. «Io, in queste ore, cerco di averne - dice Furio Colombo , direttore dell’ Unità - e mi chiedo: era possibile eliminare Saddam senza intervenire militarmente? Era possibile non credere alle bugie che ci raccontarono, pur di scatenare la guerra, Bush, Blair e Berlusconi?».

UNA NUOVA MOZIONE? - A lanciarla è Fausto Bertinotti: «Saranno i gruppi parlamentari a deciderlo, ma io la presenterei: i soldati devono rientrare subito». Ammette il segretario di Rifondazione comunista: «Ogni volta che si va alle urne è un fatto positivo. Però con la guerra e il terrorismo il voto non è libero». Risponde subito il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio: «Sono assolutamente favorevole». Sul rientro «immediato» pensano la stessa cosa anche i Comunisti italiani e la sinistra diessina, a partire da Pietro Folena.
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