martedì 1 febbraio 2005

citato all'Aula Magna del 29.1.05
neuropsicoanalisi...

La Repubblica 05-09-04, pagina 23
Si chiamano neuropsicanalisti, curano insieme cervello e anima
I nuovi medici della mente

Roma, un congresso internazionale segna l'alleanza tra discipline un tempo distanti: neuroscienze e psicanalisi Lo specialista preferito è lo psicologo, «meno impegnativo». Il «lettino» per molti è ancora un tabù da superare. La scelta è silenziosa
di CLAUDIA DI GIORGIO


ROMA - Psicoanalista, psicologo, neurologo o psichiatra? Mentre l'uomo della strada è ancora in imbarazzo nel distinguere tra le varie figure, ecco che dagli esperti emerge una proposta quasi rivoluzionaria: mettere insieme neuroscienze e psicoanalisi, superando le barriere che da sempre separano le due discipline che indagano sulla mente. Negli ultimi decenni, in realtà, via via che il rigore oggettivo degli studi fisiologici dei problemi mentali prendeva piede, il lettino di Freud ha perso di autorevolezza, e vi sono stati casi (esemplare quello dell' autismo) in cui l'interpretazione psicoanalitica ha fallito clamorosamente. Ma già da qualche tempo, in varie parti del mondo si sono formati gruppi interdisciplinari di neuroscienziati e psicoanalisti che rivedono le teorie freudiane alla luce degli studi di neurofisiologia. Questi gruppi sono poi confluiti nella Società Internazionale di Neuropsicoanalisi (Npsa) che sta tenendo il suo quinto congresso in questi giorni a Roma, e che annovera tra i suoi ranghi esperti del calibro di Antonio Damasio, V. S. Ramachandran o Joseph Le Doux e il premio Nobel Eric Kandel. Secondo l'inglese Mark Solms, che è un po' il profeta di questo progetto, l'integrazione delle due discipline è indispensabile: «Studiando il cervello solo come cocktail chimico si perde una parte importante di informazione. Il cervello è l'unico oggetto della natura che può essere interrogato e darci informazioni su di sé». D'altra parte, sono proprio alcune delle più recenti scoperte scientifiche sulle basi biologiche delle emozioni, così come di alcune patologie neurologiche, che stanno facendo tornare alla ribalta le idee di Freud. Al centro del congresso della Npsa, per esempio, vi sono le sindromi legate a lesioni all'emisfero cerebrale destro, a cominciare da uno tra i più bizzarri disturbi neurologici: l'anosognosia. Il nome suona ostico, ma in realtà è un problema che colpisce (spesso in modo temporaneo) tra il 20 e il 30% di chi è paralizzato in seguito a un ictus, quasi sempre con danni alla parte destra del cervello. In parole povere, il malato, pur avendo metà del corpo paralizzata, sostiene di poter muovere a piacimento il braccio sinistro (i danni un emisfero cerebrale si riflettono sulla parte opposta del corpo), di camminare normalmente, insomma di stare benissimo. Ma non si limita a dirlo: ne è convinto. E per spiegare come mai, per esempio, non ha eseguito la richiesta di alzare il braccio paralizzato, elabora spiegazioni plausibili, ma inventate, che possono andare da "ho un attacco di artrite" a "mi sono stufato dei suoi test" fino a "ma certo che lo sto alzando, non vede?" Le capacità cognitive di questi soggetti sono inalterate, la loro intelligenza è intatta: non sanno di essere paralizzati. Altre sindromi dell'emisfero destro che attirano l'attenzione dei neuropsicoanalisti possono essere ancora più bizzarre. Ci sono malati che, dopo un ictus, non riconoscono più la propria immagine allo specchio, e talvolta la aggrediscono verbalmente, sentendosene minacciati. C'è chi non riconosce più il proprio braccio o la propria gamba, e si chiede che ci facciano nel suo letto. Per citare Oliver Sacks, che si occupa da tempo di queste patologie, "per i pazienti con alcune sindromi dell'emisfero destro riconoscere i loro problemi non è solo difficile, è impossibile". Le lesioni all' emisfero destro provocano lesioni dell'ego, danneggiando la consapevolezza di sé e della propria identità attraverso un meccanismo di negazione profonda: ed ecco che da disturbi neurologici in senso più classico si sconfina nell'inconscio di Freud. Queste sindromi forniscono l'opportunità per studiare sperimentalmente, in modo oggettivo, i nostri meccanismi psichici più profondi. «Le neuroscienze studiano l' anosognosia come meccanismo, - afferma Mark Solms - Noi riteniamo che questo vada integrato da spiegazioni di tipo psicologico, perché se la base biologica è indubbia, le variabili emotive sono una parte importante di questi disturbi, in cui sono in gioco sono processi inconsci, che hanno a che vedere con la rimozione, la negazione, il narcisismo e il principio di realtà. Nel bene dei pazienti, e dell'umanità intera, abbiamo bisogno di fondere le due discipline in una sola: una nuova scienza della mente e dell'anima».