martedì 1 febbraio 2005

storia
«la leggenda del fascismo buono»

L'Unità 31 gennaio 2005
LA LEGGENDA DEL FASCISMO BUONO
Nicola Tranfaglia


Due cose mi hanno particolarmente colpito nel giorno della memoria che quest'anno ha avuto una particolare solennità non solo per i sessant'anni passati dalla liberazione di Auschwitz ma anche perché il tempo presente è purtroppoun tempo di guerra, di lutti, di barbarie difficili da accettare.
La prima é costituita dalle parole che il presidente dello Stato d'Israele Moshé Katzav ha pronunciato ad Auschwitz dinanzi a una quarantina di Capi dello Stato e primi ministri (alcuni dei quali, in un passato anche recente, hanno riabilitato a parole l'esperienza fascista): «Il mondo sapeva della distruzione degli ebrei e questo resterà come un marchio di infamia sulla fronte dell'umanità».
A questa tesi molti storici (penso tra gli altri a Walter Laqueur) erano arrivati da tempo con le loro ricerche ma il fatto che lo stesso concetto sia stato affermato dal presidente dello Stato d'Israele dinanzi agli eredi di quei governi che in Europa e negli Stati Uniti insieme con il Vaticano e la Croce Rossa Internazionale avevano assistito silenziosi al genocidio degli ebrei (di milioni di oppositori politici e religiosi, di zingari e di omosessuali) assume un significato particolare che non si può sottovalutare.
La seconda cosa che mi ha fatto riflettere é stata la pubblicazione avvenuta su questo giornale della prima pagina del 6 agosto 1938 del "Popolo d'Italia", il giornale ufficiale del regime, al quale Mussolini collaborò con editoriali e corsivi durante l'intero ventennio e che rifletteva ogni giorno il pensiero del dittatore. Quella pagina dovrebbe far pensare assai più di me, che ho trascorso una parte ormai grande della mia esistenza a studiare i fascismi e la prima parte del Novecento, tutti quelli che in questi anni hanno cercato con interventi televisivi e con articoli in tutte le sedi di accreditare, a livello di cultura di massa, una leggenda che si compone di due proposizioni di base. Il fascismo, secondo questa leggenda molto di moda in questo periodo, è rimasto fuori del cono d'ombra della persecuzione degli ebrei. Quindi non ha nulla a che vedere con la dittatura nazista e le fabbriche della morte come Auchswitz e deve essere visto come un regime autoritario ma benevolo, se si eccettua l'errore della guerra con Hitler negli ultimi tre anni. Ebbene la lettura attenta di quella prima pagina mette in crisi, una volta per tutte, una simile leggenda a cui storici di qualche rilievo hanno prestato fede coerentemente con le loro attuali opinioni politiche. Nell'apertura si ricorda che il razzismo antisemita di Mussolini e dei fascisti data dal 1919, anno di fondazione del movimento e riporta una frase tratta da un discorso del futuro Duce al primo congresso del PNF nel novembre 1921: «Intendo dire che il Fascismo si preoccupi del problema della razza; i fascisti devono preoccuparsi del problema della razza,con la quale si fa la storia». L'articolo prosegue portando come giustificazione della persecuzione contro gli ebrei italiani la ragione grottesca secondo cui il numero esiguo degli ebrei che stanno nel nostro paese (44 mila secondo gli ultimi calcoli) come se i diritti potessero dipendere dalle quantità e introducendo il principio pericoloso per cui la religione ebraica costituisce un impedimento alla piena cittadinanza italiana.
Non trascorsero che pochi mesi e quest'affermazione venne smentita dalle leggi razziali che previdero l'esclusione dalle scuole come dagli uffici di chiunque fosse di religione ebraica mentre procedeva il lavoro per un nuovo censimento in base al quale il regime avrebbe proceduto successivamente alla confisca dei beni.
Si é scritto spesso che il razzismo italiano, a differenza di quello tedesco, fosse di tipo culturale piuttosto che biologico ma la lettura di quella pagina é destinata a togliere anche questa illusione giacché, citando anche altri passi di Mussolini legati all'espansione in Etiopia, l'ossessione che prende corpo é quello della mescolanza del sangue italiano o meglio della nostra "razza ariana e mediterranea che a un dato momento si è sentita minacciata dall'esistenza di una tragica follia e da una favola mitica che oggi crolla a pezzi nel luogo stesso ove è nata." (1921) dove il riferimento agli ebrei é straordinariamente chiaro. E ritorna, per quanto riguarda i neri dell'Africa, con l'immagine paurosa, la "catastrofica piaga" del "meticciato", "la creazione di una razza bastarda, né europea né africana che fomenterà la disintegrazione e la rivolta".
I fascisti, insomma, per il "Popolo d'Italia" devono restare "puri" e fermare un processo di imbastardimento della razza che riguarda il colore della pelle (gli africani) ma anche la religione (gli ebrei per giunta, si aggiunge, a torto convinti di essere il popolo eletto del Vecchio Testamento). Ma si può parlare di fronte aqueste affermazioni di razzismo spirituale o diverso da quello nazista.
Ma se questo è vero,e mi sembra difficile negarlo, non ha senso sul piano storico ritenere il fascismo lontano dal nazionalsocialismo e da quello che avvenne durante la seconda guerra mondiale. Campi di concentramento nacquero in Italia e ne abbiamo finalmente la conferma da ricerche storiche documentate. E l'attiva complicità della Repubblica Sociale Italiana nel rastrellamento e nella deportazione di ebrei, oppositori e militari per la fabbrica della morte sparsa nei lager europei dovrebbe porre la parola fine ai tentativi goffi e spesso in malafede di diffondere la leggenda sul fascismo benevolo e su Mussolini buon padre di famiglia.